La nostra collaboratrice Laura Tussi, saggista e attivista, approfitta della ricorrenza di oggi, 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, per riflettere sul tema del diritto – e dovere – alla pace. Dal cambiamento personale e interiore alla legislazione internazionale, le strade che portano a questo traguardo sono diverse. Incamminiamoci, dunque.
Nel corso dell’anno sono molteplici le date e le ricorrenze dedicate alla pace e alle sue derivazioni, alla nonviolenza, al disarmo nucleare e convenzionale in tutte le sue morfogenesi e tipologie. Due quelle che ricordiamo in data odierna: il 21 settembre è stata la Giornata internazionale ONU per la pace nel mondo e oggi, 2 ottobre, si celebra la Giornata mondiale della nonviolenza. Mai come in questa congiuntura storica, sociale, economica è necessario applicare e appellarsi a questi ideali: la pace e la nonviolenza.
SUL CRINALE DEL BARATRO
Il conflitto in corso in Ucraina rischia di portare l’umanità a una terza guerra mondiale, se non al tanto temuto crinale del baratro nucleare. Questo due termini non sono stati scelti a caso: li ha citati Alex Zanotelli. Il baratro è una condizione che toglie il respiro, che fa personalmente perdere l’equilibrio, mentre il crinale che rappresenta il limite assoluto del baratro. Così è spiegata benissimo la metafora del trovarci tutti, nessuno escluso, come umanità intera in questa precaria condizione collettiva e personale.
Riflettendo sulla metafora di “baratro” – che forse è più efficace degli epiteti biblici di “armageddon”, “apocalisse” oppure “olocausto” – tutti noi dobbiamo renderci conto che sul fronte dell’attuale guerra – così come delle tante in corso attualmente nel mondo – muoiono come sempre i più diseredati, i più deboli, i più fragili, gli ultimi: donne, vecchi, bambini e i lavoratori e gli operai costretti a combattere direttamente nello scontro fisico, equipaggiati con gli armamenti bellici con cui non hanno neanche confidenza.
DIRITTO ALLA PACE
Stiamo vivendo in un periodo di stagnazione di questo disastro armato perché non subentra nessuna volontà di negoziato. Eppure l’umanità ha il diritto e il dovere di vivere senza la minaccia e il terrore della guerra, dettata dalla deterrenza tra le nazioni e le superpotenze, con il diritto alla pace incardinato nel diritto internazionale. Diritto alla pace che prevede tra i molteplici documenti l’abolizione del nucleare come previsto esplicitamente dal trattato ONU TPAN/TPNW, che non è stato però ratificato dalle potenze belliche sotto l’egida Nato.
Il diritto alla pace rappresenta una rivoluzione etica altissima in questa nostra società globale dove prevale l’egoismo
Il diritto alla pace è la volontà, senza e oltre le barriere ideologiche, di attivare la ferma considerazione del valore e dell’aiuto e del sostegno umanitario per una svolta umanistica. Un valore alto e umanistico ancor prima che umanitario affinché il più debole, l’emarginato, l’oppresso siano redenti, salvati e valorizzati e portati in salvo con un ipotetico e virtuale, ma soprattutto un vero abbraccio che accoglie tutti, perché tutti vogliamo la pace.
Il diritto alla pace – che deve essere inserito nell’agenzia culturale scientifica dell’ONU, ossia l’UNESCO – rappresenta una rivoluzione etica altissima in questa nostra società globale dove prevale l’egoismo soprattutto e poi si declinano i sottoprodotti dell’individualismo, del suprematismo, del razzismo e della sete dissennata di potere che equivalgono alla subcultura del pensiero unico imperante veicolato dai mezzi di comunicazione di massa.
Questa mia sentita riflessione è appunto dedicata alle due ricorrenze del 21 settembre e del 2 ottobre, in quanto la pace è una imprescindibile condizione umana e la nonviolenza è il mezzo per ottenerla. Ce lo insegnano grandi personalità che si sono fatte portatrici di questi alti ideali tra cui Gandhi, Mandela, Martin Luther King e in Italia Montessori, Aldo Capitini, Danilo Dolci e moltissimi altri che hanno contribuito ad apportare nel mondo il bene inteso come una ricerca di benessere sociale, collettivo, di giustizia etica e al contempo individuale e interioristica.
Perché ogni persona deve essere portatrice di pace e nonviolenza nel suo intimo, nella propria introspezione e interiorità. Se ognuno di noi, se ogni componente del genere umano, fosse portatore di questo bene, ossia di pace e nonviolenza, potremmo aspirare a un mondo senza conflitti armati, ossia dotato di equilibrio tra giustizia sociale e il benessere di ogni singola persona. Questo vogliono affermare le celebrazioni per la pace e la nonviolenza.