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Andreacarlo. Le mie “Canzoni resistenti”

di Laura Tussi (sito)

 Intervista di Laura Tussi

su FARO DI ROMA

Chi è Andreacarlo?

Sono un cantautore, ma prima ancora sono una persona che ha sempre vissuto con la musica dentro, sin da quando mio padre, che aveva una azienda di import-export di strumenti musicali, mi portava “in ditta”, a vedere gli amplificatori Mesa Boogie, o mi regalava volantini di Bon Jovi o dei Living Colour, che usavano gli strumenti che vendeva lui, in Italia.

Quando hai cominciato a cimentarti con le note e a suonare i primi strumenti musicali?

A quattordici anni invece che avere in regalo un motorino, magari, come tanti, ho avuto la mia prima chitarra elettrica Hamer. Scrivo canzoni da allora, e parliamo di oltre trent’anni fa, perché ho bisogno di raccontare, di mettere a fuoco. Vengo da esperienze diverse: in passato ero il leader della band Decò, con la quale ho pubblicato un EP nel 2007. Ho fatto esperienze come sound designer, creato colonne sonore per cortometraggi, piccole pubblicità, mostre fotografiche, videogiochi stand-alone, quelli dei bar.

Qual è la tua idea musicale più matura e recente?

Poi, nel 2021, dopo la pandemia e la paternità, ho pubblicato il mio primo EP da solista, Alle 4 del mattino. Ma è con Canzoni resistenti che ho sentito di aver messo davvero a punto un’identità musicale più matura, più consapevole. Questo disco è, in un certo senso, un punto di partenza e di arrivo.

Come nasce Canzoni resistenti?

È un progetto che ha richiesto tempo e cura. Alcuni brani erano già nati da anni, altri sono venuti fuori in modo più urgente negli ultimi mesi. Suonare live con Renato Franchi per quasi un anno e mezzo, portando dal vivo il progetto “17 fili rossi + 1”, disco corale che oltre a Renato e me vede come protagonisti Alessio lega, Yo Yo Mundi, La casa del vento e altri musicisti e monologhisti (come Moni Ovadia) dedicato alla strage di Piazza Fontana che, vorrei ricordare, è arrivato secondo alle targhe Tenco, categoria “Miglior album a progetto”, mi ha sollecitato. Renato ha un ampio bagaglio di canzoni “impegnate” da offrire e in qualche modo ascoltarlo e lavorare con lui mi ha spinto a dire la mia su temi importanti, alcuni dei quali sono saliti a maggior ribalta proprio durante la stesura del disco: tra il 2022 e il 2023.

Perché il filo conduttore è la Resistenza?

È un disco che raccoglie nove canzoni, alcune inedite, altre già pubblicate e qui riproposte in versioni nuove o rimasterizzate. Il filo conduttore è la parola “resistenza”, intesa in senso ampio: resistenza politica, esistenziale, emotiva, musicale. L’album è stato reso possibile anche grazie al sostegno di tante persone che hanno partecipato al crowdfunding. Per me è stato un gesto concreto di fiducia, un modo collettivo di far nascere qualcosa che da solo, forse, non avrei potuto portare a termine.

Perché questo titolo, “Canzoni resistenti”?
Perché ogni brano, a suo modo, è un atto di resistenza. Contro l’indifferenza, la rimozione, l’abitudine a girarsi dall’altra parte. Ma anche contro il tempo che passa e prova a cancellare certi ricordi, certe emozioni.
Sono canzoni che vogliono restare, che non vogliono lasciarsi dimenticare facilmente. E che provano a restituire voce a chi spesso resta inascoltato.

Tu vuoi comporre musica di protesta?

Trovo che oggi nessuno affronti più certe tematiche scomode, a parte i “grandi vecchi” della canzone di protesta. La mia generazione certamente no, imperversano temi più “leggeri”, sia da parte di chi scrive, che da parte di chi ascolta. Ho voluto fare un disco che in qualche modo prendesse posizione, anche nella forma: alcune tracce durano più di 6 minuti, come Padre nostro, che chiude il disco con una lunga preghiera laica. L’ultima parola di questa canzone, e quindi dell’album, è “resiste”.

C’è un brano che senti più emblematico?

Più di uno. Forse Ghost Rider, che è anche il singolo principale. È ispirato alla storia di Sebastian Galassi, un rider morto sul lavoro e poi persino licenziato via SMS, ma in realtà parla di tutti i rider. È una canzone diretta, dura, che però ha ricevuto una grande attenzione da parte delle radio: è in rotazione da settimane su oltre 100 emittenti locali, ed è entrato anche nella Top 100 indipendenti italiane.

E la poesia?

Sì. infatti ci sono anche brani più poetici, come La canzone precedente, che riflette su come è cambiato il nostro modo di vivere e sentire. O Due lune, dedicato al tema del femminicidio, nato dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. Ogni canzone ha una storia, un’urgenza, e anche un punto di vista, ritengo, personale e originale.

Com’è stato lavorare alla produzione del disco?
Bellissimo, ma anche molto impegnativo. Ho avuto la fortuna di collaborare con una squadra di musicisti fantastici: Sami Zambon alla chitarra elettrica, Francesco Bacigalupo al basso, Alessandro Diegoli alla batteria, miei sodali da tempo, due di loro erano con me nei Decò. Alcuni ospiti speciali hanno impreziosito il disco, come il Maestro Angelo Antoniani alla tromba o Gianfranco D’Adda (storico batterista di Battiato) alle percussioni in Due lune, oppure, sempre in Due lune, l’intervento vocale femminile di R.E.D.

E gli arrangiamenti?

Ho curato in prima persona anche gli arrangiamenti dei brani, da questo punto di vista sono un po’ maniaco del controllo. Di solito inizio con i demo, come tutti, e procedo per stratificazione e sostituzione, nel senso che su uno scheletro che normalmente “resta” vado a sostituire le parti “demo” con quelle registrate professionalmente. In un certo senso l’idea di come dovrebbe suonare il brano c’è già, sempre, dall’inizio, e il lavoro che faccio, e che facciamo poi con i musicisti, è avvicinarsi il più possibile a quell’idea. Ci sono alcune eccezione, brani che con la band hanno un po’ deragliato dal mio arrangiamento iniziale, migliorandosi grazie al loro contributo. Infine c’è il mix e master di Marino De Angeli, ormai per me un riferimento “di fiducia”, a completare il lavoro.

Qual è il legame tra musica e impegno civile, per te?
Per me è un legame recente. Credo che faccia parte di una maturazione del mio modo di scrivere. In passato ero più legato a tematiche intimiste, in pieno stile Eighties/Nineties potremmo dire, sono sempre stato un appassionato di new wave. Ma già nel mio debutto solista Alle 4 del mattino, nonostante sia un disco nato e che ruota intorno al concetto di paternità, si vedono tracce di un voler guardare “fuori”, per esempio nel brano Stella (che poi è diventato il nome di mia figlia), una canzone che ha alcune tematiche in comune, per esempio, con Ballando nel buio, contenuta in Canzoni resistenti.

Anche un brano dedicato a Pasolini?

Il primo semino è stato il brano PPP, dedicato a Pier paolo Pasolini, contemporaneo all’uscita del mio primo EP ma escluso da esso, il cui testo è stato scritto da Claudio Ravasi. Lavorare su quel testo mi ha fatto capire che potevo allargare i miei orizzonti, e poi, come detto, c’è stato il brano Oggi no inserito in 17 fili rossi +1e i concerti con Renato Franchi. Non cerco la canzone “militante”, quanto un punto di vista generazionale su temi che classicamente son sempre stati affrontati da militanti. Se una canzone ti fa fermare a pensare, anche solo per un attimo, allora ha già fatto molto. Oltre a Oggi no e PPP, C’era un ragazzo è ispirata a Carlo Giuliani e ai fatti di Genova 2001.

Come sta andando l’album, dopo l’uscita?
Molto meglio di quanto mi aspettassi, soprattutto a livello di passaggi radio. Ghost Rider ha superato i 21.000 ascolti mensili stimati in FM secondo EarOne, ed è ancora in rotazione. Ho fatto diverse interviste radio, alcune disponibili anche online sul mio sito personale. E piano piano sta crescendo anche l’interesse attorno all’intero progetto: abbiamo debuttato live a metà maggio e sono previste cinque date tra giugno e luglio, e altre proposte stanno arrivando.
Su Spotify l’andamento è più lento – non è la mia “piazza” ideale – ma il successo in radio e l’interesse tramite il sito personale sono riscontri sinceri.

Progetti per il futuro?

Intanto portare live il più possibile Canzoni resistenti. Poi il piano prevede l’uscita di altri due singoli, se non tre, da qui a novembre, diciamo che si prospetta un anno resistente, quindi probabilmente anche le date live si allungheranno fino all’inverno. Anticipo che il prossimo singolo, che quindi dovrebbe essere in radio da metà giugno circa, sarà La canzone precedente. Nel frattempo, sto lavorando sul secondo disco, i brani son già terminati e siamo nella fase di registrazione, l’obiettivo è terminarlo entro fine 2025 per poi decidere quando farlo uscire, presumibilmente sempre con Latlantide, editore di Canzoni resistenti. Infine, anche se questo non è un progetto musicale, a novembre uscirà il mio primo romanzo, edito da Bolis, che troverete in libreria con il mio nome e cognome completo, Andrea Carlo Caverzaschi. Un anno pieno di progetti!

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Riflessioni per un Trattato su Johan Galtung

di Laura Tussi (sito)

Salvatore Deiana, Trasformare i conflitti, promuovere la pace. Per una lettura pedagogica della proposta nonviolenta di Johan Galtung, con un contributo di Erika Degortes, Edizioni ETS, Pisa 2025.

di Laura Tussi su FARO DI ROMA

Per una prospettiva pedagogica sui conflitti, la violenza, la pace.

Johan Galtung era un sociologo e matematico noto per i suoi studi sulla pace e la risoluzione dei conflitti. È considerato uno dei fondatori della ricerca sulla pace e ha sviluppato la teoria della “trasformazione dei conflitti”. Fece il carcere come obiettore di coscienza e fu molto importante per lui il contatto con il noto pedagogista Danilo Dolci.

Questo valido e significativo trattato di Salvatore Deiana, con lo specifico e puntuale contributo di Erika Degortes, è volto prevalentemente a rendere fruibile il pensiero del grande sociologo Johan Galtung in termini e in aspetti pedagogici del sapere.

La Risoluzione e il Trascendimento e la Trasformazione dei conflitti e delle controversie per riuscire a costruire la pace in ogni contesto comunitario e sociale e a livello planetario.

La proposta teorica e pratica elaborata da Galtung si costituisce esplicitamente entro un campo di studi di azione e di educazione avente come oggetto la pace ed è volta ad affrontare i conflitti in un’ottica di trascendimento e trasformazione nonviolenta e a cercare di costruire la pace prima di tutto con mezzi pacifici.

Nel senso comune, la problematica dei conflitti è associata all’idea di una loro connotazione violenta, tanto da essere considerati espressamente come sinonimo della guerra. È un’operazione opinabile, che sollecita un più attento e qualificato approfondimento della questione.

L’importanza di un approccio nonviolento per travalicare le illogiche dinamiche belliciste e militaresche.

Questo approccio può rivelarsi perciò utile ed efficace, proprio per affrontare e superare le dinamiche della violenza, confrontarsi con concezioni diverse, come le proposte di matrice nonviolenta e cercare di comprendere come queste si pongano rispetto alla violenza e alla guerra e la loro alternativa positiva, ossia la pace.

Johan Galtung, noto sociologo e studioso norvegese che ha dedicato la sua intera vita ai temi della pace, ha sviluppato una teoria sulla risoluzione dei conflitti e la costruzione della pace che enfatizza l’importanza di trascendere i conflitti piuttosto che semplicemente risolverli. Secondo Galtung, la pace non è solo l’assenza di violenza, ma anche la presenza di relazioni positive e di giustizia sociale.

La gestione costruttiva e con dinamiche di nonviolenza di tutti i conflitti, tramite approcci di creatività, attraverso l’empatia, per costruire e creare la pace a ogni livello della società e in ogni contesto mondiale.

Nella Teoria dei conflitti, Galtung sostiene che i contrasti e le controversie sono inevitabili e possono essere positivi se gestiti in modo costruttivo. Tuttavia, se non gestiti bene, possono degenerare in violenza e odio e distruzione.

I Tipi di violenza per Galtung si identificano in tre modalità.

Violenza diretta: violenza fisica o verbale volta contro individui o gruppi.

Violenza strutturale: violenza incorporata nelle strutture sociali ed economiche che causano ingiustizia e disuguaglianza.

Violenza culturale: violenza che si manifesta attraverso la cultura, come ad esempio attraverso stereotipi, pregiudizi e miti che legittimano la violenza.

Trascendere i conflitti significa per Galtung che, per creare la pace, è necessario superare e oltrepassare i conflitti stessi, ovvero andare oltre la semplice risoluzione della controversia e del dissidio e del contrasto e lavorare per creare relazioni positive e di giustizia sociale in ogni parte del mondo e della società a partire dalle singole individualità e dai vari e molteplici ambiti comunitari.

Tutto questo portato di idee e ideali richiede empatia ossia comprendere le prospettive e le esigenze di tutte le parti coinvolte, con creatività per trovare soluzioni innovative che soddisfino le esigenze di tutte le parti e i soggetti in questione, tramite nonviolenza al fine di utilizzare metodi nonviolenti per risolvere i conflitti.

La Costruzione della pace secondo Galtung enfatizza l’importanza di costruire l’accordo attraverso la creazione di relazioni positive e di giustizia sociale.

Tutto questo apparato di ideali e di contenuti sociologici e educativi richiede varie componenti pedagogiche.

Il dialogo al fine di promuovere l’interscambio dialogico e la comunicazione tra le parti coinvolte e favorire la cooperazione e la collaborazione tra le parti tramite il potenziamento, ossia il rafforzare le capacità e le competenze dei soggetti coinvolti.

In sintesi, la teoria di Galtung sulla risoluzione dei conflitti e la costruzione della pace enfatizza l’importanza di trascendere i conflitti e lavorare per creare relazioni positive e di giustizia sociale.

Teoria della trasformazione dei conflitti di Galtung. Come trascendere il disappunto e il dissidio e il contrasto che possono condurre all’odio e trasformarsi in varie tipologie di violenza.

Questa teoria comporta il conflitto come opportunità. Galtung vede i conflitti come opportunità per il cambiamento e la crescita, piuttosto che come problemi da risolvere.

Secondo Giovanni Salio, noto collaboratore di Galtung, possiamo distinguere principalmente che esistono tre approcci ai conflitti come la gestione dei conflitti stessi, ossia gestire le controversie per ridurre la violenza e i danni e la risoluzione dei conflitti e contrasti e controversie finalizzata a risolvere i conflitti eliminando le cause sottostanti. La Trasformazione dei conflitti consiste invece nel trasformare i conflitti, i contrasti e le controversie in opportunità per il cambiamento positivo e la crescita.

E molto importante per il suo assetto teorico e pratico la Pace positiva. Galtung distingue tra “pace negativa” (assenza di violenza) e “pace positiva” (presenza di giustizia, uguaglianza e benessere).

Creare la pace secondo Galtung tramite l’empatia e l’approccio creativo tra tutti i soggetti e le parti in disaccordo e in contrasto.

Risulta necessario capire le cause dei conflitti e identificare le cause sottostanti dei contrasti per poterle affrontare, inoltre sviluppando l’empatia, promuovendo la comprensione e l’accordo tra le parti in disaccordo.

Tutto questo con la creazione di soluzioni appunto creative al fine di trovare soluzioni innovative e trasformative e creative per risolvere i conflitti.

Per Galtung è precipuo costruire la pace, ossia lavorare per costruire una pace duratura e sostenibile, basata sulla giustizia e sulla cooperazione.

La teoria di Galtung sulla trasformazione dei conflitti e la creazione della pace è stata influente nel campo della ricerca sulla pace e della risoluzione dei conflitti a ogni livello della società e delle istituzioni.

Per una lettura pedagogica della proposta nonviolenta di Johan Galtung, possiamo considerare i seguenti punti chiave.

Per esempio l’Educazione alla pace, ossia l’approccio di Galtung può essere visto come un modello educativo per promuovere la pace e la risoluzione nonviolenta dei conflitti, attraverso lo Sviluppo di competenze e l’enfasi sulla creatività, l’empatia e la nonviolenza che può essere utilizzata per sviluppare competenze sociali ed emotive negli studenti, con il tramite dell’Analisi critica dei conflitti, perchè l’approccio di Galtung può essere utilizzato per analizzare criticamente i conflitti stessi e comprendere le loro cause profonde.

Promozione della giustizia sociale oltre le dinamiche di guerra e di violenza e di odio.

L’enfasi sulla giustizia sociale e sulla costruzione della pace può essere utilizzata per promuovere la consapevolezza e l’impegno per la giustizia sociale e la cooperazione tra persone e genti e popoli e minoranze.

Attività pedagogiche possibili. Tramite la cooperazione e la progettualità di empatia e di contesti di creatività.

Role-playing: utilizzare il role-playing per simulare conflitti e praticare la risoluzione nonviolenta.

Discussione e dibattito: organizzare discussioni e dibattiti su temi come la nonviolenza, la giustizia sociale e la costruzione della pace.

Analisi di casi: analizzare casi di conflitti reali e discutere possibili soluzioni nonviolente.

Progetti di gruppo: lavorare su progetti di gruppo che promuovano la cooperazione e la risoluzione nonviolenta dei conflitti.

Obiettivi pedagogici. Per rendere la pace fruibile e auspicabile attraverso il sapere formativo e educativo e in buona sostanza pedagogico.

Gli obiettivi pedagogici consistono in questi aspetti tra cui sviluppare competenze sociali ed emotive e promuovere l’empatia, la creatività e la nonviolenza, per agevolare la consapevolezza critica per analizzare criticamente i conflitti e comprendere le loro cause profonde e favorendo l’impegno per la giustizia sociale e così promuovere la consapevolezza e l’impegno per l’equità a tutti i livelli della società e la costruzione della pace in ogni contesto.

In sintesi, l’approccio di Galtung può essere utilizzato per promuovere l’educazione alla pace e la risoluzione nonviolenta dei conflitti, sviluppando competenze sociali ed emotive e promuovendo la consapevolezza critica e l’impegno e la cooperazione tra popoli e genti e minoranze e per una risoluzione delle guerre e dei genocidi in atto nel mondo. Questo articolo è stato pubblicato qui

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Mobilità tutta elettrica in 10 anni é possibile.

Quanta energia serve?

Per stimare l’energia elettrica necessaria per far circolare tutte le automobili in Italia, dobbiamo considerare diversi fattori, tra cui il numero di automobili, il consumo medio di energia per chilometro e la distanza media percorsa annualmente.

-1. Numero di automobili in Italia secondo dati recenti, in Italia ci sono circa **40 milioni di automobili**.

-2. Distanza media percorsa annualmenteLa distanza media percorsa da un’automobile in Italia è di circa **12.000 km all’anno**.

-3. Consumo medio di energia elettrica per chilometroUn’auto elettrica moderna consuma in media **0,15-0,20 kWh per chilometro**. Prendiamo un valore medio di **0,18 kWh/km**.-

4. Calcolo dell’energia totale Necessaria moltiplichiamo il numero di automobili per la distanza media percorsa e per il consumo medio di energia:\[\text{Energia totale} = \text{Numero di automobili} \times \text{Distanza media} \times \text{Consumo medio}\]\[\text{Energia totale} = 40.000.000 \times 12.000 \, \text{km} \times 0,18 \, \text{kWh/km}\]\[\text{Energia totale} = 86.400.000.000 \, \text{kWh} = 86,4 \, \text{TWh}\]### 5. Confronto con il consumo elettrico italianoIl consumo elettrico totale in Italia è di circa **320 TWh all’anno**. Quindi, l’energia necessaria per far circolare tutte le automobili elettriche rappresenterebbe circa **27%** del consumo elettrico nazionale.### Considerazioni aggiuntive- **Efficienza energetica**: Le auto elettriche sono più efficienti di quelle a combustione interna, quindi il passaggio all’elettrico ridurrebbe il consumo energetico complessivo.- **Infrastruttura di ricarica**: La transizione richiederebbe un potenziamento della rete elettrica e delle infrastrutture di ricarica.- **Fonti energetiche**: Per massimizzare i benefici ambientali, l’energia dovrebbe provenire da fonti rinnovabili.

In sintesi, servirebbero circa **86,4 TWh all’anno** per far circolare tutte le automobili in Italia con veicoli elettrici.

E SI POTREBBE PRODURRE TUTTA L’ENERGIA NECESSARIA CON LE RINNOVABILI!

L’Italia è chiamata a un significativo incremento delle energie rinnovabili nei prossimi 10 anni per rispettare gli obiettivi climatici dell’UE (riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 e neutralità carbonica entro il 2050) e ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, soprattutto dopo la crisi energetica legata alla guerra in Ucraina. Ecco una panoramica delle previsioni e delle sfide:

—Obiettivi e Scenario Attuale**

– **Attuale produzione da rinnovabili**: Nel 2023, le rinnovabili coprivano circa **35-40%** del consumo elettrico italiano (idroelettrico dominante, seguito da solare ed eolico).

– **Target 2030**: Il **PNIEC** (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) aggiornato prevede di raggiungere **65-70% di elettricità da rinnovabili** entro il 2030, con un incremento di **70 GW di capacità installata** (soprattutto solare ed eolico).—

Fattori Chiave per la Crescita

-1. **Solare Fotovoltaico** – **Obiettivo**: Aggiungere **40-50 GW** entro il 2030 (oggi: circa 25 GW). – **Strategie**: – Sviluppo di **agrovoltaico** (pannelli integrati in terreni agricoli). – Incentivi per l’autoconsumo e le **comunità energetiche**. – Semplificazione delle autorizzazioni per impianti su tetti e aree industriali.2. **Eolico** – **Obiettivo**: Raggiungere **20-25 GW** (oggi: circa 12 GW). – **Focus**: – Eolico **offshore** nel Mediterraneo (primi progetti pilota in Sicilia e Sardegna). – Repowering degli impianti onshore esistenti per aumentare l’efficienza.3. **Idrogeno Verde** – **Piano Italiano**: Produrre **2-3 GW di idrogeno verde** entro il 2030, legato a settori come l’industria pesante e i trasporti. – Progetti come l’**Hydrogen Valley** in Puglia.4. **Bioenergie e Geotermia** – Valorizzazione di biomasse sostenibili e geotermia in Toscana.5. **Riqualificazione della Rete Elettrica** – Investimenti in **smart grid** e accumuli (batterie) per gestire l’intermittenza delle rinnovabili.—### **Sfide Principali**1. **Burocrazia e Autorizzazioni** – Tempi lunghi per le approvazioni (fino a 5 anni per l’eolico offshore). – Il decreto **Semplificazioni Bis** (2024) cerca di accelerare i processi, ma l’implementazione è ancora lenta.2. **Opposizioni Locali (NIMBY)** – Contrasti su eolico e grandi impianti solari per impatto paesaggistico.3. **Infrastrutture Inadeguate** – Rete elettrica obsoleta, soprattutto al Sud, dove si concentrano sole e vento.4. **Finanziamenti e Competitività** – Necessità di attrarre **70-100 miliardi di €** di investimenti entro il 2030. – Il PNRR stanzia **59 miliardi** per la transizione verde, ma servono anche capitali privati.—### **Opportunità Economiche e Sociali**- **Lavoro**: Si stima la creazione di **300.000 nuovi posti** nel settore delle rinnovabili entro il 2030 (fonte: IRENA). – **Indipendenza Energetica**: Riduzione delle importazioni di gas (oggi ~40% del mix energetico). – **Innovazione**: Leadership in settori come l’agrovoltaico, l’idrogeno e le tecnologie per l’accumulo.—### **Progetti Iconici in Cantiere**1. **Sicilia e Sardegna**: Hub per eolico offshore e idrogeno verde. 2. **Puglia e Basilicata**: Mega-parco solare da 3 GW (tra i più grandi d’Europa). 3. **Toscana**: Ampliamento della geotermia e progetti di biogas. 4. **Piemonte e Lombardia**: Comunità energetiche rurali e industriali.—### **Conclusioni**L’Italia ha il potenziale per diventare un leader europeo nelle rinnovabili, ma deve superare **burocrazia, resistenze locali e gap infrastrutturali**. Con politiche chiare, semplificazioni e investimenti mirati, l’obiettivo del 65-70% di elettricità verde entro il 2030 è raggiungibile. Il successo dipenderà dalla collaborazione tra governo, imprese e cittadini, trasformando la transizione energetica in un motore di crescita sostenibile.

INCREMENTARE AL 70% LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI SIGNIFICA AUMENTARE LA PRODUZIONE DELLA STESSA QUANTITÀ NECESSARIA PER ALIMENTARE TUTTE LE AUTO.

Mobilità tutta elettrica in 10 anni é possibile!