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Un canale video per la cultura della pace del XXI secolo

Rivista .eco, l’educazione sostenibile

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Rivista .eco, direttore Mario Salomone e segretario generale WEEC International, tratta di ambiente, pace e disarmo

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Il canale YouTube Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con ICAN – Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, premio Nobel per la pace 2017

 

Il canale video siamo tutti premi Nobel per la pace con ICAN, promosso dai Disarmisti esigenti, membri italiani di questa rete internazionale, nasce per supportare l’iniziativa antinucleare globale: questo anno ha ottenuto la storica entrata in vigore, il 22 gennaio scorso, del Trattato di proibizione delle armi nucleari! Adesso questo progetto comunicativo si estende e qualifica come intervento culturale ambizioso per promuovere la “Rete per l’educazione alla terrestrità”, con una didattica della memoria proiettata sul futuro della “nonviolenza efficace”

 

di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici – Progetto Memoria e Futuro, Disarmisti Esigenti

 

La direttrice esecutiva di ICAN, Beatrice Fihn, nel ricevere per ICAN, la campagna internazionale per la proibizione delle armi nucleari (500 associazioni diffuse in 100 Paesi), il premio Nobel per la pace 2017, ha dichiarato: “È un onore immenso: è un premio importantissimo per tutti coloro che lavorano alla lotta contro le armi nucleari, un tributo ai sopravvissuti di Hiroshima e anche alle vittime dei test nucleari”.

Il premio per tutti gli attivisti antinucleari, come lo ha definito Beatrice Fihn, attribuito per aver ottenuto l’adozione da parte ONU del Trattato di proibizione delle armi nucleari, ha dato vita all’idea, lanciata e realizzata dai Disarmisti esigenti, tra i membri ICAN in Italia, di organizzare un canale video su youtube volto a sostenere l’obiettivo della rete degli attivisti antinucleari e ad allargare e approfondire l’impegno di organizzazioni e cittadini italiani nel perseguirlo.

Nel canale ospitiamo le dichiarazioni di personalità italiane a favore di ICAN: citiamo, tra gli altri Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Luigi Ciotti, Vittorio Agnoletto e inseriamo le “conversazioni disarmiste”. Queste conversazioni sono incontri di approfondimento con il portavoce Alfonso Navarra ed esperti come Luigi Mosca, fisico nucleare, già direttore del Laboratorio sotterraneo di Modane.

Affrontiamo la situazione e le prospettive del disarmo nel mondo, cercando di offrire elementi conoscitivi e analitici seri e fondati, seguendo il percorso che dovrà condurci dall’abolizione giuridica all’eliminazione effettiva degli ordigni nucleari, dopo l’effettiva entrata in vigore del Trattato, il 22 gennaio di quest’anno, allo scattare della 50esima ratifica dell’Honduras.

Ora, in coerenza  con la definizione che identifica la “nonviolenza efficace con i progressi del diritto internazionale” (dovuta a Papa Francesco che parafrasa Gandhi), questo canale si sta estendendo e qualificando come strumento di lavoro culturale, come piattaforma web rivolta alle scuole in primis, al mondo complesso dei formatori e dell’attivismo sensibile al tema dell’educazione alla pace, ponendosi come strumento della costruzione di una “Rete per l’educazione alla terrestrità”, collegata alla iniziativa della “Carta della Terra”, fatta propria dall’UNESCO (il segretariato internazionale è presso l’Università della pace ONU in Costarica).

La “Terrestrità” è un termine che diventa quasi un neologismo nell’interpretazione innovativa attribuita da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti, nonviolento “storico”, attuale segretario della Lega per il Disarmo unilaterale fondata dallo scrittore Carlo Cassola.

“Terrestrità”  potrebbe apparire come l’aggiornamento scientifico di una concezione ancestrale mitologica: la specie umana appartiene alla Terra, e non è il contrario, non può arrogarsi di essere “padrona” della Natura.

L’innovazione sta nel mettere insieme internazionalismo sociale (sfruttati e oppressi di tutti i Paesi unitevi!), responsabilità comune verso l’unico ecosistema planetario, ed infine ordinamento internazionale come affermazione della forza del diritto e dei diritti a livello mondiale, che deve prevalere sul diritto della forza armata e la sovranità assoluta degli Stati nazionali.

La terrestrità è, in sostanza, cittadinanza globale, ma nutrita di coscienza ecologica con la volontà di trasformare le istituzioni e il diritto internazionale riconoscendo i diritti dell’Umanità e i diritti della Natura.

La prospettiva di questo salto culturale, che si affianca alla attività politica in senso stretto, ma alla ricerca delle ragioni e dell’impegno politico quotidiano, è quella di diventare una web TV con vari canali tematici.

In questi temi comprendiamo anche il modello universale e sociale di Riace esportabile in tutto il mondo. Inoltre sono predisposti materiali e archivi storici dalla fondazione Massimo Sani, uno dei più grandi registi di storia contemporanea che ha collaborato moltissimo con la Rai, fino al progetto “Per non dimenticare” sulla deportazione politica con oltre 220 videotestimonianze di deportati civili per motivazioni politiche nei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti e un archivio su Genova 2001, che comprende materiali video sul movimento altermondialista in opposizione al summit del G8 svoltosi a Genova nel 2001, in collaborazione con Vittorio Agnoletto.

Abbiamo anche una sezione ‘musica di impegno civile’ con cantautori per la pace e un archivio di pedagogia della memoria con centinaia di articoli pedagogici, libri, scritti e eventi e locandine di eventi delle innumerevoli presentazioni in pubblico dei libri prodotti,  soprattutto con Mimesis Edizioni.

Sono previsti anche corsi di formazione di didattica della memoria. E qui possiamo agganciare, in ultimo ma non da ultimo, il progetto Memoria e futuro, che si ricollega alla Rete per l’educazione alla terrestrità quale suo pilastro tematico.

Nel nostro progetto faremo confluire la parte vitale dell’esperienza del progetto “Per non dimenticare”, un importante archivio di materiale di testimonianze e di documentazione sulla memoria della deportazione politica – dovuto anche al lavoro decennale di Fabrizio Cracolici con la collaborazione della sottoscritta – e intendiamo ribadire la collaborazione con gli ambienti ANPI che continueranno a rappresentare un circuito importante per i nostri incontri culturali in pubblico.

Uno strumento scientifico e culturale che promuoverà la Rete di educazione alla cultura della “Terrestrità” è il libro “Memoria e futuro”, Mimesis Edizioni.

In questo libro, di cui gli autori sono Alfonso Navarra, Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, e che contiene il saggio dello scienziato Luigi Mosca “Il lungo cammino dell’Umanità per uscire dalla barbarie”, si sottolinea l’antifascismo sociale come punto importante della cultura della terrestrità.

L’antifascismo sociale è tutt’uno con l’internazionalismo per un’umanità unica che deve e ha l’obbligo di salvaguardare e tutelare la specie vivente e la “Madre Terra” in base a una coscienza ecologica planetaria.

Questi punti, lo ripetiamo, devono essere riconosciuti, e in parte già lo sono, dal diritto internazionale che coincide con la nostra prospettiva e visione di nonviolenza efficace: i progressi del diritto internazionale contro il sovranismo assoluto degli Stati.

Un principio già contenuto nell’articolo 11 della Costituzione italiana che afferma: “(l’Italia) consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Tutte queste premesse e spunti e argomenti rientrano nel grande lavoro e percorso della pace del XXI secolo di cui il Trattato ONU di Proibizioni per le Armi Nucleari e le COP per il clima – gli accordi di Parigi per la decarbonizzazione entro il 2050 – sono solo un tassello, insieme alle Costituzioni Nazionali nate dalla lotta al nazifascismo e alla dichiarazione universale dei diritti umani, alla Carta della terra e l’Agenda Onu 2030.

Il progetto Memoria e Futuro, all’interno della Rete per l’educazione alla “Terrestrità”, è formalmente un “settore” dell’associazione Kronos Pro Natura, la quale fa appunto parte della coalizione dei Disarmisti Esigenti. A Kronos fa capo anche il bollettino telematico Il Sole di Parigi, diretto da Giuseppe Farinella, che si propone  come strumento dell’osservatorio sull’attuazione degli accordi internazionali sul clima globale.

La missione di Memoria e futuro, consiste nella condivisione e nella valorizzazione del grande patrimonio inestimabile della memoria della resistenza al nazifascismo con uno sguardo rivolto a un futuro possibile, a “un altro mondo possibile”: all’insegna della Terrestrità collegata e correlata ai temi della pace, dell’ambiente e della giustizia sociale.

Canale video “Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con Ican”:

https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

Rivista .eco:
https://rivistaeco.it/un-canale-video-per-la-cultura-della-pace-del-xxi-secolo/

Note: Rivista .eco:
https://rivistaeco.it/un-canale-video-per-la-cultura-della-pace-del-xxi-secolo/

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Libro di Tiziana Di Ruscio. Introduzione di Rita Trinchieri. Prefazione di Laura Tussi. Contributo di Mizar Specchio. Illustrazioni di Mauro Biani, Giulio Peranzoni, Francesca Quintilio. Postfazione di Fabrizio Cracolici.

Mimesis Edizioni

Prefazione al Libro “La violenza non è il mio destino”, Mimesis Edizioni

 

Tiziana Di Ruscio, bambina, ragazza e adesso donna e madre.

La sua storia di vita, narrata in questo libro di drammatica verità, rasenta però l’incredibile e l’indicibile.

È un susseguirsi di eventi di violenza sia psicologica sia fisica sia sessuale che accomuna molte donne nel mondo e nella storia dell’umanità.

Donne che diventano succubi del potere e della violenza perpetrati dal sistema patriarcale, maschilista, misogino.

La prima legge innovativa sulla violenza sessuale è la numero 66 del febbraio 1996 dopo anni di lotte nell’ambito della tutela delle donne, come riporta nella sua introduzione l’amica Rita Trinchieri.

Rita Trinchieri, in stretta collaborazione con Tiziana, ha fondato l’associazione contro la violenza di genere “Il nastro rosa” e insieme con la ferma testimonianza, la forza della verità, la legge dell’amore propongono questa terribile narrazione, che rasenta l’inverosimile, in varie scuole per sviscerare e raccontare l’accaduto, senza preamboli, pudori, reticenze anche alle nuove generazioni.

Il titolo del libro è “La violenza non è il mio destino” .

La violenza non è il mio destino - Libro di Tiziana Di Ruscio

Un titolo fortemente vissuto dall’autrice che subisce la violenza come un “baratro” esistenziale, un annientamento della vita, un annullamento della sua dignità e identità di donna.

Tiziana vive un nuovo “destino” una rinascita, dopo aver preso la sua vita in mano, dopo essersi riappropriata di se stessa, in seguito alla denuncia alle autorità e, scrivendo questo suo libro, denuncia i misfatti di violenza sessuale e fisica perpetrati e subiti da parte del marito. ‘Violenza’ e ‘Destino’ sono i due vissuti, i due archetipi ambivalenti e nettamente contrastanti che Tiziana descrive molto bene in questo racconto autobiografico.

La storia di Tiziana è da lei descritta in modalità narrative crude e dirette perchè “la violenza non deve essere romanzata”, la violenza non va edulcorata con parole che potrebbero renderla più accettabile e giustificabile: la violenza deve essere solo e esclusivamente denunciata.

Un grido di dolore scaturisce da queste pagine che comunque lasciano, alla fine, trapelare un nuovo “destino”, un cambio di rotta, una speranza nel futuro. Un futuro di pace e nonviolenza, all’interno della famiglia con i suoi figli, nel rapporto con le persone, con gli amici, con tutti coloro che possono aiutare Tiziana a uscire dal baratro della violenza.

Da queste pagine trapela un senso profondo di fiducia nel futuro, nel destino, nell’intima bontà dell’essere umano, per apportare un significativo contributo di pace, nonviolenza e serenità che dovrebbero prendere spazio nel nostro tessuto sociale, nel mondo, a partire dalla famiglia, che spesso, al contrario si trasforma in una gabbia, in una prigione psicologica dove vengono perpetrate violenze di ogni tipo, a partire dalla violenza sessuale.

Tiziana ha vissuto gli anni che dovevano essere i più belli e spensierati della sua esistenza, la sua età giovanile, sotto tortura, sotto minaccia, concependo ben tre figli che sono diventati per lei il frutto positivo di una nuova vita, di una bella speranza in un futuro di rinascita.

Un destino senza violenza: perchè, come sostiene l’autrice “La violenza non è il mio destino” e non deve essere nemmeno il passato, il presente e il futuro per tutte le donne che sono i pilastri della nostra martoriata umanità.

Tiziana dopo vent’anni di soprusi psicologici e violenze fisiche e sessuali prende coraggio e riesce a denunciare e in seguito a testimoniare anche attraverso la scrittura che diventa per lei un atto liberatorio, un’azione di libertà. Tiziana ha scritto questo libro. Il suo libro. Una vera liberazione.

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Bruco blu: una favola contro la violenza

Recensione alla favola di Tiziana Di Ruscio

Bruco blu: una favola contro la violenza

L’autrice è sopravvissuta al femminicidio e in questa favola racconta una storia semplice ma didascalica per trasmettere alle nuove generazioni un messaggio contro la violenza in tutte le sue forme

Favola di Tiziana Di Ruscio. Recensione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici. Masciulli Edizioni 

Bruco blu: una favola contro la violenza

 

Bruco blu coltiva il sogno di creare una bellissima famiglia, ma improvvisamente precipita in un baratro oscuro a causa del camaleonte dai toni cupi.

Il camaleonte impedisce alle ali di bruco blu di spuntare. Il camaleonte impedisce a bruco blu di spiccare il volo verso la libertà con i suoi tre figlioletti.

Quella narrata da Tiziana Di Ruscio è una semplice, ma didascalica favola per bambini.

Certo è una favola, ma non una favoletta.

Una narrazione essenziale, ma efficace che contiene altissimi e nobili messaggi da tramandare e trasmettere alle nuove generazioni contro la violenza in tutte le sue forme.

Inclusa la violenza esercitata dagli esseri umani sulla Natura. E non a caso nelle favole per bambini i protagonisti sono per lo più animali, a testimonianza del fatto che la condizione infantile sente spontaneamente la vicinanza e l’affinità con gli altri esseri viventi, che poi l’educazione ad un certo tipo di civiltà tecnologica porta a perdere persino come percezione elementare.

Bruco è blu perché soffocato tra le mura domestiche, un’autentica prigione, a causa del colore prevalente del camaleonte che incute terrore e perpetra violenza. Ma bruco blu non serba alcun rancore. Non trasmette odio ai figlioletti. Vuole che anche il camaleonte si riscatti dal grigiore e dal blu della sua condizione. Bruco blu semplicemente un giorno, con i suoi tre piccoli, riesce a fuggire nel bosco.

Incontra un grande albero e uno scoiattolo che indicano una nuova casa, un alloggio per la famiglia.

Bruco blu: una favola per tutt***

Una nuova famiglia che in realtà è portatrice dei colori dell’arcobaleno.

I colori della pace. Le tinte vivaci della vita che colorano un mondo senza violenza, senza odio, senza guerre, senza rancore. Dove bisogna impedire al più forte di imporre la propria forza, prepotenza e supremazia contro gli ultimi, i più fragili, contro tutti coloro che sono costretti e imprigionati tra grigie mura domestiche.

Nelle case dell’orrore.

Che si trasformano in prigioni per le vittime.

Questo è l’alto messaggio di Tiziana Di Ruscio, che nella favola riesce a svincolarsi dal camaleonte, ossia dai colori spenti, grigi, lugubri della violenza e di tutto ciò che essa comporta per l’intera umanità martoriata.

La favola di Tiziana Di Ruscio rappresenta un alto messaggio di pace e nonviolenza, che va oltre la retorica e le banalità, per estendersi  a ogni tipo di violenza nel quotidiano di cui è impregnato questo nostro mondo di guerre e questa nostra umanità martoriata di cui la donna è sempre succube ed è la prima vittima nei conflitti armati e non solo. In tutte le guerre, lo stupro è sempre utilizzato come arma micidiale, letale contro il nemico.

Il costo della brutalità militarista imposta dall’uomo forte, dal maschio, dal dittatore di turno è sempre scontato dal genere femminile, dall’infanzia alle categorie più fragili dell’umanità intera.

E non dimentichiamo i più deboli tra i deboli: i nostri fratelli animali e le nostre sorelle piante. Dobbiamo rispettarli non solo nei racconti per i più piccoli.

L’arcobaleno delle ali di una farfalla che bambina e donna trasformerà l’umanità in una grande e unica famiglia di pace e nonviolenza: perché questo è il grande messaggio, il nobile monito di Tiziana, che sorvola, con le ali di farfalla città e paesi e nazioni, in un autentico e sentito messaggio internazionale e mondiale per la pace tra genti, popoli, minoranze. Un mondo senza discriminazioni, senza guerre, senza violenze: questo è il nostro sogno.

Perché tutti noi abbiamo un sogno.

E anche se il cammino della nonviolenza è in salita, è impervio e pieno di ostacoli e conflitti di ogni sorta, noi attivisti e testimoni di pace apriremo le nostre case con i colori dell’arcobaleno a bruco blu perché sempre possa, ogni volta, trasformarsi in farfalla, nel suo destino di riscatto e liberazione.

Tiziana è sopravvissuta al femminicidio. È testimone di Pace insieme a tutti noi amici della nonviolenza.

È ora di dire basta al militarismo, al riarmo, alla corsa agli armamenti, a tutte le guerre e le violenze sempre perpetrate dall’ideologia patriarcale, misogina e maschilista: fondamentalmente antiumana ed ecocida.

Dobbiamo dispiegare le nostre ali arcobaleno e coinvolgere l’umanità intera per mettere pace tra i potenti della terra, per porre fine a genocidi, massacri, femminicidi, a tutte le guerre: alla violenza in tutte le sue forme. Perché l’essere umano e la donna, in particolare, in tutte le parti del mondo si impegnino per questo nobile e supremo ideale: la pace.

Note: Il libro è Edito da Masciulli e lo potete prenotare a questo indirizzo:
https://www.masciulliedizioni.com/prodotto/bruco-blu/?fbclid=IwAR2Afqg0f6tEgPci1DnVZUrNmW5xTWoAjHvzhivnK3z3Tvc6w22IRFv-kq0

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Libro “E anche questa è la mia vita”

Libro di Rita Trinchieri

Il libro dal titolo “…E anche questa è la mia vita…” di Rita Trinchieri è una profonda autobiografia di una giovane che vive il dopoguerra, il 1968, gli anni di piombo con il ricordo e le narrazioni del padre, un internato militare italiano, sopravvissuto all’orrore nazifascista, con le ferite che portava dentro per la deportazione e l’internamento in un Lager.

Rita è una vera amica e con lei abbiamo organizzato varie presentazioni del libro “Un racconto di vita Partigiana” con il Deportato Partigiano Emilio Bacio Capuzzo nostro grande e comune amico e maestro e padre mitico e storico. Per questo motivo, per questo profondo legame intellettuale e ideale che ci unisce, ho deciso di dedicare una mia recensione a questa profonda e vissuta opera autobiografica di Rita Trinchieri.

A questo ‘parto’ intellettuale e culturale ho deciso convintamente di dedicare questo mio scritto, perchè si tratta di una autobiografia travagliata che narra di una esistenza, di più esistenze, di persone che hanno vissuto i disagi e le sofferenze e le difficoltà di un passato tremendo e difficile da dimenticare: che anzi tutti noi dobbiamo costantemente contemplare e studiare, perchè esso è il nostro passato, la nostra Storia….per non dimenticare.

L’immagine di copertina del bellissimo e importante libro è tratta da sporadiche elucubrazioni pittoriche in cui Rita si è cimentata dopo essere andata in pensione.

È la sua prima tela e lei la considera un prodigioso evento creativo dal momento che prima non aveva mai preso in mano una matita e un colore per disegnare. Ha voluto rappresentare un percorso, un viaggio, il suo procedere affannato nella vita, l’avvicendarsi dell’esistenza attraverso spazi solitari che le permettessero di incontrare se stessa come ha cercato di mettere in evidenza in questa sua opera autobiografica: una storia nella Storia. Questo racconto molto intimo, personale e importante, che si evince anche dal dipinto nella copertina, mantiene fermo il contatto con la natura di cui Rita sente costantemente esigenza. Il libro come il dipinto rappresentano la sua vita colma di vuoti e di pieni, spazi affollati, silenzi solitari e vitali: tante presenze e assenze che riempiono i suoi pensieri, le sue giornate. Vivere oggi con l’insegnamento di ieri e andare avanti verso il domani con la voglia di esserci…

Su una cosa non aveva dubbi Rita quando era giovane: non sarebbe mai stata come lei, sua madre “una normale”, una che rispecchiava i canoni tradizionali che la società imponeva.

Rita voleva cambiare il mondo.

Aveva questa missione e nella sua testa di ventenne negli anni del 1968, gli anni di piombo, delle tensioni e rivendicazioni e lotte sociali, voleva fare grandi cose, lasciare un segno su questa terra.

Voleva fare la rivoluzione.

Lei puntava più in alto di sua madre: voleva diventare giornalista per far sapere in modo veritiero al mondo ciò che accadeva e che l’informazione del sistema teneva nascosto.

Voleva fare l’ambasciatrice. Voleva impegnarsi a portare cibo e acqua in quelle parti del mondo dove per mancanza di questi elementi si moriva soprattutto.

Era il sogno nel cassetto di milioni di giovani: chi più convinto, chi per moda o per noia, alla fine i giovani come Rita si ritrovavano sempre per parlare di ciò che non piaceva, che non funzionava e come fare per cambiare il sistema di potere e parlavano e disquisivano davvero tanto sul mondo che li circondava e su quello che poteva esistere forse solo nei pensieri, nei loro pensieri.

Rita in questa sua lunga autobiografia descrive le nonne Vittoria e Giulia; la vita in famiglia con il ricordo di un bombardamento del palazzo del sole durante la guerra e gli anni del dolore per la sua famiglia e per il padre internato militare in un campo di concentramento e di sterminio nazifascista. Descrive i segni del Lager, la tragica esperienza del padre; si sofferma sulla sua amica ansia, la sua amica curiosità, il suo bisogno di condivisione, la sua libertà e poi sostanzialmente i suoi viaggi e poi…c’è il mondo.

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L’Agenda delle idee

A scuola con Agenda Onu 2030

L’Agenda delle idee

Progetti di sviluppo dell’educazione all’attivismo partecipativo in base agli obiettivi di Agenda Onu 2030

Agenda Onu 2030 a scuola

A scuola con Agenda Onu 2030A scuola con progetti di sviluppo dell’educazione all’attivismo partecipativo in base agli obiettivi di Agenda Onu 2030

Un progetto di sviluppo dell’educazione alla cittadinanza attiva con Agenda ONU 2030, in itinere, a partire dall’Istituto Comprensivo Margherita Hack di Nova Milanese, vuole nascere con l’obiettivo di dare vita a processi di lavoro cooperativi, partecipativi e democratici attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. L’attività può essere organizzata come uno spazio interattivo e alternativo per la partecipazione e lo scambio tra studenti di differenti realtà geografiche, culturali, economiche e sociali, attraverso l’uso delle tecnologie informatiche e comunicative.

Il filo conduttore di questa proposta è la pretesa di contribuire a formare alla cittadinanza globale, considerando che intendiamo cittadini nella cittadinanza globale coloro che si caratterizzano per essere coscienti della complessità del mondo e per avere una consapevolezza del proprio ruolo come abitanti dello stesso e con i propri diritti e doveri. Di conseguenza, noi stessi come cittadini attivi siamo capaci di provare indignazione di fronte a qualunque ingiustizia sociale, di rispettare e valorizzare la diversità come fonte di arricchimento umano, conoscere come funziona il mondo a livello economico, politico, sociale, culturale, tecnologico e ambientale: ci sentiamo e siamo responsabili delle nostre azioni, al fine di partecipare, impegnarci, contribuire con la nostra comunità, a livello locale e globale nello scopo di ottenere un mondo più equo e sostenibile.

Gli obiettivi generali che si propone un progetto sulla cittadinanza attiva con Agenda ONU 2030 sono molteplici, come promuovere un’esperienza di partecipazione politica in cui i ragazzi e le ragazze abbiano l’opportunità di conoscere vari strumenti democratici attraverso il dialogo interculturale di contesti sociali, economici e geografici diversi, per promuovere uno spazio di lavoro cooperativo attraverso le tecnologie informatiche e comunicative, a partire dal ragionamento sul proprio contesto e dalla conoscenza della realtà del resto dei partecipanti, prendendo coscienza della povertà e della distribuzione ineguale delle risorse del nostro pianeta, per elaborare insieme una proposta di impegno per sradicarle.

Con la collaborazione tra alunni e insegnanti di scuole di diversi luoghi geografici per favorire la conoscenza reciproca, condividere realtà diverse e scoprire problemi comuni ci si basa sul motto “pensare globalmente e agire localmente”.

La proposta educativa ruota intorno a un tema rilevante legato alla cittadinanza globale che ci permette di lavorare sugli obiettivi stabiliti e i temi trattati sono: diritti del lavoro, diritti umani, pace, povertà, acqua, cambiamento climatico, disarmo nucleare.

La proposta elaborata riguarda l’attuale modello di sviluppo, focalizzandosi soprattutto su energie, pace e disarmo. Lo svolgimento di un progetto sulla cittadinanza attiva si struttura in varie fasi.
Una prima fase consiste nella formazione degli insegnanti partecipanti ed è finalizzata a far familiarizzare i docenti con l’ambiente virtuale e con le attività educative proposte oltre che a farli entrare in contatto con i colleghi che partecipano da altre scuole di vari paesi.

Poi sussiste la fase che si basa su una proposta di telematica di lavoro con gli studenti. Le attività sono concepite per essere realizzate in Internet, ma tutto il lavoro che viene sviluppato si basa su azioni e attività necessarie in classe e spesso anche sul territorio. I partecipanti hanno la possibilità di conoscere diversi modi di intendere il mondo, ma devono anche saper discutere e giungere a punti di incontro con i partecipanti virtuali e soprattutto con i propri compagni di classe.

Attraverso il dibattito e il ragionamento, si cerca di elaborare un impegno collettivo che contribuisca alla costruzione di una società più giusta e solidale. La somma del lavoro svolto in classe e di quello realizzato in Internet permetterà di arrivare a punti di convergenza che aiutino proprio a elaborare le conclusioni e gli impegni finali.

Il progetto prevede un nuovo paradigma di conoscenza che viene costruito insieme dagli insegnanti e dagli alunni dove gli alunni sono produttori attivi, scopritori e creatori della propria conoscenza. L’apprendimento è sociale e necessita di un contesto di comunità per generare una motivazione intrinseca e gli scambi personali e relazionali tra alunni, e tra insegnanti e alunni sono proficui attraverso l’apprendimento cooperativo in classe con altre comunità scolastiche.

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Fili concettuali e teoremi virtuali dei vissuti di pace

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Con i miei scritti, imparo la relazione nell’azione educativa e di attivismo e di impegno civile, in rapporto con l’altro da me

Teoremi di Pace

Propongo di lavorare alla tessitura, all’incrocio costruttivo dei fili concettuali e dei teoremi virtuali costituiti dai nostri vissuti come educatori e attivisti di pace e nell’impegno per la nonviolenza nelle nostre riflessioni e nei nostri scritti.In quest’ottica, vivo esperienze educative su valutazioni scaturite dall’osservazione critica di diversi percorsi riconducibili all’indicazione dell’educazione per una cittadinanza attiva e globale, consapevole  dell’utilità di trattare in rete temi cruciali e di rilevanza globale come diritti umani, discriminazione e integrazione, cambiamento climatico, consumo critico, rispetto dell’ambiente naturale, energie alternative, disarmo nucleare, e di quanto sia importante per le compagne e i compagni di viaggio muoversi con maggiore conoscenza e coscienza del mondo interconnesso in cui viviamo.

Se la democrazia la imparo soprattutto praticandola a partire da me stessa, questo può essere importante e generare cambiamenti, in giovani e meno giovani, che contribuiscono a renderli cittadini responsabili, attivi e solidali, cittadini consapevoli e con i piedi ben piantati nel XXI secolo, capaci di trasformare in meglio e in direzione democratica “ostinata e contraria” la società. Altrettanto importante è analizzare come sono organizzate la scuola e la società, come si sta in classe e nel mondo, come si sta insieme, come si costruisce l’apprendimento e come si gestiscono le dinamiche relazionali. Così appare cruciale una pratica di insegnamento, e al contempo di attivismo civile di pace, che permetta il protagonismo di chi, mentre apprende, costruisce il proprio percorso di autonomia.

Prospetto così l’importanza del ruolo dell’insegnante e dell’attivista sociale, facilitatrice e facilitatore del processo di apprendimento, e non veicolo di contenuti preconfezionati.

Un altro punto fondamentale mi appare lo stare dentro il gruppo, predisponendomi ad apprendere e a riportare i contenuti nei miei scritti, stimolata dalle persone con le quali mi vado a relazionare nell’azione educativa, di attivismo e di impegno civile. Può crearsi un circolo virtuoso la cui forza centripeta è la voglia di apprendere dalla situazione vissuta e nello stesso senso lavorare in rete tra attiviste e attivisti, educatrici e educatori. Non tanto un modo per difendere e diffondere dei saperi, quanto un modo, un tempo e uno spazio per costruire apprendimenti sulla base di una forte visione comune e per continuare a formare sé stessi, riversandosi nei propri scritti.

Rivivo delle esperienze fatte, proposte educative, percorsi, valutazioni, riflessioni di insegnanti e compagni attivisti, insomma di tutto ciò che, a partire dalla pratica scritta, può anche offrire a chi legge spunti per ragionare sull’efficacia e sulla coerenza delle azioni rispetto ai convincimenti teorici, ed anche sulle difficoltà dell’essere coerenti all’atto pratico del fare scuola, così come all’atto del realizzare qualsiasi altra azione civile. L’intento può essere quello di fornire esperienze modello magari da replicare, ma soprattutto nell’ottica di stimolare il pensiero critico su quanto accade nella pratica reale, tra cose positive e negative, punti deboli e punti di forza dei percorsi e processi educativi che vogliono contribuire a formare persone capaci di imparare come poter lottare contro ingiustizie e iniquità. Anziché proporre  modelli, può essere più interessante provare a mettere al centro l’apprendimento che scaturisce dalla pratica e dallo sviluppo dell’esperienza stessa e dalla sua lettura a posteriori: un apprendimento che può portare la costruzione autonoma, ma non autarchica e prevaricatrice, del proprio originale scritto da rimettere continuamente in discussione, passando dal vaglio di esperienze future che solo relazioni reciproche possono favorire.

Nello scambiarsi le esperienze, vi sono anche dei rischi, come quello di presentarle sempre come buone pratiche.

Ma cos’è una buona pratica? Forse quella che vede compiersi ciò che si era previsto inizialmente, o invece quella grazie a cui, non ottenendo quanto pensato e programmato, si è potuto apprendere molto? A volte nella distanza tra il progetto e il processo, nello scarto tra ciò che avrei voluto realizzare e ciò che effettivamente ho realizzato sta la parte potenzialmente più arricchente della mia esperienza di attivista e di giornalista. A condizione che ci sia un ripensamento critico sul cammino fatto. Una lettura del processo della mia esperienza tramite una analisi scritta può consentire di andare più in là della fotografia di ciò che resta dopo un percorso didattico e di attivismo, di costruire riflessioni teoriche, apprendimenti da scambiare. Lo scritto mi obbliga a decostruire e ad interpretare quanto accaduto, a sfidare me stessa. Mettere soprattutto in comune apprendimenti per poi riflettere insieme è considerevolmente diverso dal fare resoconti di azioni educative, o di alcune azioni civili realizzate.

Quanto scrivo diventa un contributo qualitativamente differente grazie alla condivisione stessa (di riflessioni, ragionamenti, emotività, e tutto ciò diventa uno scambio intimo che contribuisce alla creazione di relazioni) e per i risultati, potendo  imparare dal pensiero di un altro educatore, da un’azione che mai intraprenderò e dal confronto. E allora provo ad alimentare lo scambio e gli scambi futuri ripartendo da pratiche e percorsi educativi svolti con esperienze molto diverse tra loro, in quanto tipologia di pratica, in quanto innovazione, impegno richiesto nel coinvolgimento di altri attori, e molto probabilmente anche in quanto incisività, ma accomunando il tutto con l’altro da me e con i mezzi a mia disposizione, cercando di contribuire all’intento di creare la costruzione di una cittadinanza globale responsabile, attiva e solidale.

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Questa non è una semplice agenda, maneggiare con cautela! Si chiama eduCARE, fa incontrare l’arte di educare, per andare oltre e aprire nuove strade, con l’azione dell’I care, del prendersi cura, del non fare il menefreghista. L’EquAgenda presenta concetti sparsi che pensiamo utili per guardare con rinnovato coraggio e vigore il cambiamento che ci attende e che sembra spaventarci.

Insegnanti, scrittori, poeti, genitori, pedagogisti, attivisti, volontari e cittadini ci regalano perle di saggezza che vogliamo condividere con voi.

Contributi di:

Edoardo Albinati, Giuseppe Bagni, Danilo Dolci, Francoise Dolto, Paulo Freire, Giulio Girardi, Janusz Korczak, Alex Langer, Mario Lodi, Franco Lorenzoni, Loris Malaguzzi, Alberto Manzi, Lorenzo Milani,  Maria Montessori, Daniel Pennac, Clotilde Pontecorvo,  Massimo Recalcati, Gianni Rodari, Scuola degli Adulti delle Piagge, Bruno Tognolini, Simone Weil, Mariapia Veladiano.

 

Abbiamo pensato di chiederti se puoi ordinare una o piú copie di EquAgenda per fare un bel regalo in occasione delle feste ad amici. E’ un bel regalo equo! Il tema quest’anno è “EduCare”.

Viva la solidarietà !!! Questo anno, oltre che finanziare i soliti progetti di tutti gli anni, soprattutto con i due uragani, ETA e IOTA, che hanno distrutto tutto il Nicaragua e il Centroamerica, ci sarà ancora piú bisogno di aiuti umanitari ed invece ci troveremo con meno entrate!

 

 

La puoi acquistare  al prezzo di 10 €

presso la Bottega “Laboratorio della Solidarietà”

Prenotala subito per non perderla!

Cell.: +39-3409675268  (Mauro Rubichi) – Email: oltrequatore@gmail.com

Il ricavato sosterrà i vari progetti dell’Associazione Ita Nica Cooperazione

Associazione Ita – Nica

IBAN del conto di Banca Etica:  IT17W0501802800000011333622

Potete anche pagare con un bonifico a Associazione Ita – Nica  Cooperazione con IBAN: IT17W0501802800000011333622  e comunicare a me l’ordine per mail o telefono cell. N. 3409675268 (anche con messaggio watsapp) mandando l’indirizzo per farvela recapitare. Grazie

 

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Sezione Pace per l'umanità nel sito della storica rivista Tempi di Fraternità

In collaborazione con Fabrizio Cracolici, è stato creato un ambito, un nuovo spazio, in un innovativo settore culturale dal titolo Pace per l’umanità dagli amici e compagni della storica rivista delle comunità e delle realtà di base, nata sulla scia del concilio Vaticano secondo, dal titolo emblematico Tempi di fraternità, per ampliare il sito della rivista che si occupa e tratta approfonditamente vari temi importanti, dall’ecumenismo al dialogo interculturale e interreligioso.

Con Fabrizio Cracolici, all’interno di questo sito nel nuovo ambito dal titolo Pace per l’umanità, scriviamo e pubblichiamo articoli riguardanti i più svariati temi della pace e della nonviolenza, dell’antifascismo, dell’accoglienza, della non discriminazione, delle pari opportunità, affrontando anche le grandi questioni relative all’ampio panorama del disarmo nucleare, della denuclearizzazione dal basso e della proibizione delle armi nucleari a livello di trattati internazionali Onu. Gli amici e compagni di Tempi di Fraternità ci hanno regalato una grande opportunità: un importante spazio e ambito culturale da coltivare nell’ambito del sito della rivista Tempi di Fraternità al fine di porre in risalto le competenze, i concetti e le azioni, tradotte in buone pratiche in tutti questi anni di attivismo sociale e civile per crescere nella costruzione, da realizzare insieme, di un’educazione alla cittadinanza attiva e globale a partire dai grandi obiettivi dell’agenda ONU 2030 e della carta della terra: la pace per l’umanità.

 

Sezione Pace per l’Umanità all’interno del sito della Rivista Tempi di Fraternità:

https://www.tempidifraternita.it/public/pace/indice_art.htm

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Laura Tussi e Fabrizio Cracolici - PeaceLink

Intervista di Fabrizio Cracolici a Laura Tussi

L’importanza degli amici e compagni di viaggio per migliorare la realtà. Raccontati.

 

La mia esperienza di attivismo per la pace è nata a partire da fondamentali punti convergenti: un contesto sociopolitico dinamico e attraente, una pratica e un’attitudine verso un impegno disinteressato, una disposizione all’apprendimento e all’azione nonviolenta condivisa e una modalità di intervento operativa e non burocratica.

Con tanti compagni di viaggio, ci siamo dovuti coordinare per rispondere a questa sfida che era più grande di noi: l’impegno per migliorare la nostra realtà.

E ci siamo riusciti impegnandoci intensamente, ma lentamente, quotidianamente, senza precipitarci nel darci delle strutture organizzative, accettando compiti e responsabilità enormi con la convinzione che insieme avremmo potuto affrontarli con leggerezza. Abbiamo inventato programmi di formazione, fatto ricerche, recuperando memoria storica, prodotto materiale educativo, realizzato laboratori, seminari, incontri e presentazioni in pubblico.

 

Il lavoro in rete per l’attivismo di pace nel tessere relazioni e complicità costruttive: quali sviluppi comporta?

 

Il lavoro in rete per l’attivismo di pace è un modo di fare le cose che presuppone il mettersi a tessere relazioni, apprendimenti, complicità avanzando nella realizzazione di uno spazio comune, aperto e diversificato dove si possono sommare nuove iniziative, proposte e impegni. Il lavoro in rete per la pace presuppone il dedicare particolare attenzione al processo di costruzione degli spazi di incontro ed azione comune e non alla struttura organizzativa, la quale diventa secondaria e funzionale alle dinamiche dei processi individuali e dei percorsi collettivi.

Il fattore dinamizzante del lavoro attivista è trainato da obiettivi e traguardi strategici e non dal lavoro in rete in se stesso. Il senso di una rete non consiste nel rivolgersi al proprio interno, nel ripiegarsi su se stessa, ma è piuttosto in ciò che si fa verso l’esterno: qui sta la sua efficienza e la sua efficacia.

 

Il rispetto, la valutazione e la valorizzazione delle differenze. Quale importanza hanno?

 

Lavorare in rete per l’attivismo di pace presuppone, per quanto detto in precedenza, il rispetto, la valutazione e la valorizzazione delle differenze e delle diversità insite e implicite in ogni attivista e soggetto coinvolto. Queste costituiscono un fattore di rafforzamento, nella misura in cui si rispettano e si utilizzano senza imporre determinate peculiarità a discapito di altre. Per questo sono importanti il dibattito, la pianificazione e la strutturazione di obiettivi e azioni, così come la specializzazione degli incarichi, per rendere possibile la complementarità di sforzi e capacità, senza escludere, senza esclusioni e ostracizzazioni di sorta.

 

Accordi e disaccordi: qual è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere?

 

Non dobbiamo dare per scontato che tutte le persone appartenenti a organizzazioni attorno a un medesimo proposito generale siano già completamente d’accordo. Occorre promuovere le opere di espressione di tutte le idee e visioni per trovare quelle convergenze che danno un’identità all’impegno, ma anche per conoscere le divergenze.

Un disaccordo trascurato può tradursi in fattore di conflitto che scoppia proprio per essere stato tenuto in uno stato di tensione latente per molto tempo. Troppo tempo.

E può diventare un fallimento.

Per questo, bisogna sforzarsi di trovare tutti i punti di convergenza possibili, cercando di costruire consensi di base che siano inclusivi, procedendo per accordi minimi fondati sul criterio che nessuno ha tutta la ragione né tutto il torto e occorre sempre prestare attenzione a quella parte di accordo che possa tenere insieme le varie posizioni. Promuovere una dinamica e uno spirito di apprendimento e azione reciproco implica una disposizione a condividere ciò che ognuno conosce, ma anche una disponibilità ad ascoltare e comprendere quello che altre e altri sanno: le progettualità, le idee, le istanze innovative.

 

Che significa condividere esperienze?

 

È importante perciò un’azione riflessiva critica e autocritica, che renda possibile non solo uno scambio di descrizione o racconto delle esperienze particolari, ma conduca a una condivisione degli insegnamenti che le esperienze stesse hanno lasciato. Questo compito, frutto di un processo di sistematizzazione è fondamentale, poiché permette la costruzione di un pensiero proprio condiviso a partire dai contributi di ognuno.

In tal senso, il lavoro in rete per l’attivismo di pace significa la costruzione di condizioni e disposizioni per l’apprendimento e l’azione nonviolenta.

Creare di fronte a ogni contesto, un ambito teorico che permetta la produzione di una conoscenza critica del vissuto: delle sue caratteristiche, interrelazioni, radici e esigenze. È molto importante promuovere processi e meccanismi di accumulo dell’esperienza: utilizzare registri e socializzare memorie di quanto è stato realizzato, riassumere gli accordi, lasciare una testimonianza delle valutazione dei progetti. Molte volte non compiendo tali operazioni si vanno a ripetere errori già fatti. Non si costruiscono nuovi gradini dai quali ripartire per rilanciare nuove sfide. Questa è la base per un processo di sistematizzazione delle esperienze, inteso come appropriazione critica del processo vissuto, per ricavarne i propri apprendimenti e le azioni specifiche su una determinata attività, e su molteplici iniziative in atto.

 

Il processo di attivismo non è lineare, né regolare, ma è asimmetrico e variabile. Perchè?

 

Il processo di costruzione del lavoro in rete per l’attivismo non è lineare, né regolare, ma è asimmetrico e variabile.

È fondamentale mantenere una dinamica comunicativa molto intensa, che alimenti la possibilità di restare in contatto, di apportare e ricevere contributi utilizzando tutte le forme e i mezzi possibili: scritti cartacei e elettronici, incontri personali, assemblee, riunioni, incontri, webinar per accomunare avvenimenti e socializzare proposte e decisioni. Occorre stare bene attenti: tutto ciò che si pratica deve essere trasparente nei confronti del collettivo, senza temere di evidenziare gli errori e le difficoltà.

Non può esistere lavoro per l’attivismo di pace se non è fondato sulla fiducia reciproca. Ma la fiducia non si concede gratuitamente, la fiducia si costruisce come parte di una relazione, di una sinergia, di un accordo e persino di modalità di affetto e sentimento che accomunano su ideali condivisi.

L’onestà, la franchezza e la disposizione alla critica consolidano le relazioni di una rete. Considero necessario poter contare su forme e istanze di animazione e coordinamento perché l’attivismo di pace non funziona da solo, ma come un prodotto di iniziative, proposte, relazioni, accordi e disaccordi che possono diventare strategie d’azione.

Quanto più distribuiti sono i compiti di animazione e coordinamento, con la maggior ripartizione possibile delle responsabilità, tanto più il lavoro in rete sarà dinamico e appartenente a tutti coloro che vi partecipano. Tuttavia avere linee guida o punti di riferimento è fondamentale per poter contare su legami di riferimento comuni. Legami forti, condivisi, di stima, amicizia, amore.

 

Legami forti, condivisi, di stima, amicizia, amore: legami di pace?

 

 

Credo nella relazione orizzontali, democratiche e reciprocamente esigenti, dove ognuno contribuisca in parità di condizioni, ma dove esistono anche dei ruoli di direzione, animazione, orientamento, articolazione e decisione.

Nel lavoro in rete circolano anche relazioni di potere, come in ogni ambito della vita. Ma queste relazioni di potere non devono essere le stesse che predominano nelle nostre società capitaliste, inique, escludenti, autoritarie, emarginanti e sopraffatte dal pensiero unico neoliberista. Possono essere relazioni di potere democratiche, sinergiche ovvero dove il potere di ognuno alimenti il potere degli altri e delle altre e dell’insieme nel suo complesso.

Relazioni di amore e legami di pace.

Dove le capacità si amplificano allo stesso modo per tutti e non solo per un gruppo che esercita e impone le sue decisioni.

Relazioni dove l’unione delle nostre capacità collettive offrano come risultato maggiore possibilità di azione di quelle che avremmo avuto singolarmente e grazie alle quali usciamo dall’incontro e dall’incarico arricchite e arricchiti da nuove risorse utili per affrontare i nuovi problemi e le complesse sfide.

 

La nostra crescita come persone, società, collettività e umanità. Tue riflessioni?

 

In sintesi l’attivismo implica una cultura e una visione di trasformazione e espressione. Per questo possiamo parlare della rete per la pace come di una cultura organizzativa. Ma non solo come nozione generale e teorica, ma come creazione quotidiana, che attraverso gli spazi di vita, la quotidianità dei rapporti e dell’esistenza, chiede di trarre da noi stessi il meglio che abbiamo, contribuendo così alla nostra stessa crescita come individui, come società, come collettività e umanità.

In tal modo, potremmo essere capaci di trasformarci come persone, nella misura in cui ci vedremo coinvolti in processi trasformatori delle relazioni sociali, economiche, politiche e culturali del contesto nel quale ci è toccato vivere.

 

Uniti affrontiamo le sfide globali della nostra epoca. Per arrivare dove?

 

Le sfide della nostra epoca sono immense e vanno oltre la lotta per la giustizia, l’equità, la pace, i diritti umani.

Questo XXI secolo, segnato da contraddizioni e dinamiche planetarie, marcato dal predominio di un modello economico, sociale, politico e culturale non universalizzabile, non sostenibile, chiede anche a quanti credono che “un altro mondo sia possibile” di lavorare con un’altra cultura politica e di costruire relazioni di potere non prevaricatrici, ma orizzontali, condivisibili e arricchenti, differenti in tutti i terreni in cui ci troviamo. Con un’altra etica, centrata sull’essere umano e una coscienza planetaria, il lavoro per la pace può diventare un’opzione efficace e efficiente per realizzare i cambiamenti a livello locale e globale.

Dal lavoro comunitario, con l’organizzazione settoriale, il consolidamento delle comunicazioni elettroniche con tutto il pianeta, l’articolazione di organizzazioni, istituzioni e movimenti sociali, il lavoro in rete si presenta come un’opportunità significativa per affrontare l’esclusione sociale, l’emarginazione, il disagio fisico e psichico, le difficoltà esistenziali e costruire cittadinanze globali e locali in qualunque angolo del pianeta.

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Arrivederci Piergiorgio! Arrivederci Direttore!

Ci ha lasciati Piergiorgio Cattani, Direttore di UNIMONDO

Arrivederci Piergiorgio! Arrivederci Direttore!

Viviamo un misto di dolore per la tua improvvisa partenza e di gratitudine per aver camminato insieme per tanti anni godendo della tua amicizia, competenza e insaziabile amore per la vita. Siamo vicini alla tua famiglia, ai tanti che ti hanno voluto bene.

Arrivederci caro Pier, Piergiorgio.

Viviamo un misto di dolore per la tua improvvisa partenza e di gratitudine per aver camminato insieme per tanti anni godendo della tua amicizia, competenza e insaziabile amore per la vita. Siamo vicini alla tua famiglia, ai tanti che ti hanno voluto bene. Siamo sconvolti ma consolati dalla tua vicinanza, anche adesso che fisicamente non ci sei. Nel nostro impegno per un mondo più equo e solidale continueremo sulle strade tracciate insieme, anche quando le difficoltà sembreranno insormontabili.

Perché ci hai sempre fatto capire che “niente sta scritto”.

Arrivederci Piergiorgio!

Gli amici e colleghi di Fondazione Fontana e Unimondo.

I collaboratori presenti e passati della tua redazione hanno voluto lasciarti alcuni ricordi: 

“Caro Piergiorgio, caro Direttore, Ti scrivo direttamente perché sono certo che, ovunque tu sia, mi leggerai. La rete internet dell’anima per uno come te, che ha dato linfa intellettuale e morale alla vita di tante persone, non si spegne mai. Non ci siamo mai incontrati di persona e in questo momento il rammarico é forte. Colpa della pandemia che da troppo tempo impedisce movimenti e incontri, o, forse, del “maktoub” (il destino) come prevale in un sentimento diffuso nella cultura araba del Maghreb, Regione dalla quale ti scrivo.  “Maktoub” é anche la tua improvvisa partenza verso nuovi lidi, che rattrista il cuore, ma che, sono certo, nel tempo rinfrancherà lo spirito, dei tanti che come me, non ti hanno conosciuto di persona, ma potranno usufruire di un lascito enorme: i tuoi scritti, i tuoi pensieri, le tue parole. In un periodo in cui c’é chi sostiene che gli anziani non sono più produttivi, sorrido riconoscente, quando penso che, dopo un primo articolo per Unimondo, che ti inviai circa 1 anno e ½ fa, non ti soffermasti alla mia età di pensionato settantenne, ma mi spronasti a continuare il racconto dell’area nord africana nella quale vivo. Non ci fu bisogno di tante parole fra di noi: l’intuito da Direttore ti fece capire subito il mio desiderio di porre in prosa quanto la mia decennale esperienza lavorativa e umana in questa area del mondo, aveva accumulato.Cosi é stato, e mi hai accolto nella redazione di Unimondo. Da allora é nata anche un’amicizia epistolare durante la quale non mi sono mai sentito “ vecchio”, ne , tanto meno, ho mai percepito la tua “disabilità” fisica, incapsulata come era in una vivida intelligenza e in una sottile ironia.  Il sapere porsi senza sovrapporsi. Arrivederci caro Direttore. Con affetto”. Ferruccio Bellicini

“Caro Direttore,proprio oggi le parole, queste nostre compagne di vita, mi hanno abbandonata. Avrei voluto scrivere qualcosa di te, per te, ma non riesco a dare forma al senso di vuoto nel saperti partito.È come se mi avessero rubato quella penna che tu, con pazienza e dedizione, mi stavi insegnando ad usare.Scrivere è un lavoro da artigiani. E tu mi stavi insegnando questo nobile mestiere, dandomi ciò che io per prima ho spesso mancato di avere: fiducia.Perché se c’è una cosa di te che ho sentito e ammirato fin dalla prima lettera è la tua fiducia per gli altri, di più, la tua fiducia per la vita.Oggi voglio pensare che gli incontri che facciamo non sono “per caso” e perciò ringrazio il tuo, il nostro giornale che ci ha fatti incontrare. Perché incontrare te è stato incontrare un esempio di come la vita vada vissuta pienamente, nonostante tutto. Non potrò più dirti grazie di persona, ma spero che il mio grazie ti arriverà, ovunque tu sia.Fai buon viaggio Direttore, le tue parole rimarranno scritte nei miei pensieri”. Maddalena D’Aquilio

“Piergiorgio Cattani non c’è più. Chiunque abbia vissuto a Trento sa bene chi fosse: un giornalista, un intellettuale; una voce importante, che aveva saputo farsi udire nonostante le difficoltà di espressione dovute alla malattia, la distrofia muscolare di Duchenne: patologia degenerativa che colpisce circa 6000 persone in Italia (e ne coinvolge ancora di più, tra parenti e sanitari). Se n’è andato all’improvviso, tra lo stupore di chi gli voleva bene e lo ammirava per la caparbietà e la lucidità di pensiero. Uno stupore che è autentica impresa, se si considera che Piergiorgio doveva essere già morto, e da tempo. Lo aveva raccontato lui stesso nel libro “Guarigione, un disabile in codice rosso” (Il Margine, 2015), lettura che consiglio. Chi è affetto da distrofia muscolare di Duchenne, infatti, raramente arriva ai 44 anni. Eppure, lui ci aveva illuso che fosse assolutamente normale e che potesse restare con noi per tanti anni ancora, alla faccia delle previsioni. Da parte mia resta la gratitudine per un uomo che mi ha indicato una direzione: fu lui, quand’ero all’università, ad avvicinarmi al giornalismo; passione che ha le sue radici nell’affetto per mio nonno Felice, anch’egli giornalista, ma che fino a quel momento era rimasta sopita. Quello che ha trasmesso a me sono sicuro lo abbia trasmesso a tanti altri, perché Piergiorgio era così: un uomo tutt’altro che involuto e ripiegato su se stesso come quel corpo martoriato, ma anzi proteso verso la comunità. Una comunità che ha saputo servire in molti modi: Unimondo.org, il quotidiano Il Trentino, l’attivismo politico; o forse nello stesso modo: con la fatica dello studio e l’entusiasmo di condividere con gli altri ciò che si è appreso. Se fosse qui, sono sicuro che riderrebbe di questo mio ricordo. Mi scriverebbe in privato per prendermi in giro. Non accadrà: gli uomini passano. A chi rimane tocca tenere viva la memoria e farsi carico delle battaglie”. Omar Bellicini

“Un abbraccio al grande Piergiorgio. Una preghiera”. Paolo Merlo

“Non so dirti quanto tu sia stato importante per me, un amico, un punto di riferimento e un esempio in tutti questi anni di lavoro assieme in quella piccola grande casa che è Unimondo. Una delle prime persone ad aver avuto fiducia in me e per questo non ti ringrazierò mai abbastanza. Mi mancherai Piergiorgio, è stata davvero una fortuna conoscerti”. Anna Toro

“Ogni tanto venivo a casa tua e parlavamo per un’ora. Ricordo l’accoglienza allegra dei tuoi genitori e le chiacchiere a tutto campo. Io ti chiedevo soprattutto dei tuoi studi in filosofia e dei libri che avevi scritto. Eri soprattutto tu, però, che mi facevi domande: ti informavi sul mio punto di vista in materia di religione, mi chiedevi cosa ne pensassi della politica italiana, della politica internazionale, della mia generazione, dei miei studi. Avevi solo dieci anni più di me, ma eri come quei personaggi illuminati che compaiono nei libri, quelli che ti aiutano a guardarti intorno e capire come funziona la società. Mi piace pensare di essere stato speciale, ma la verità è che facevi così con tutti. Nonostante tutte le difficoltà, usavi la tua libertà per dare fiducia a giovani insicuri, costruire relazioni umane e avviare progetti entusiasmanti.Ti dobbiamo moltissimo”. Lorenzo Piccoli

“Ciao Piergiorgio, vorrei dire, dirti e raccontare di te così tanto che non so da dove iniziare.Molti di noi vivono di parole… le mie, grazie a te, sono diventate più sicure e autentiche. Eri, sei, un maestro che sa essere rude, un uomo dal carattere spigoloso e mai domo, sei, su tutto, un amico sincero e dolcissimo, un amico vero. Sursum corda Pier! E ti prego, continua a seguirci, ne abbiamo bisogno. Grazie di tutto”. Fabio Pizzi

“A te, Piergiorgio, ci siamo visti, scritti poco ma sono stati incontri in presenza e/ o telematici di una grande profondità e scambio di idee e progetti insieme. Grazie perché sei stato per me un riferimento nella pedagogia della Curiosità come mi ha insegnato Paulo Freire. Grazie per il camminare insieme nel nostro modo di fare giornalismo indipendente, partecipativo e pieno di cittadinanza planetaria!I ragazzi dell’Agenzia di Stampa Giovanile ti ringraziano insieme a me per la tenerezza e gli insegnamenti!un abbraccio planetario”. Paulo Lima

“Non si é mai preparati a ricevere queste notizie. Ce ne sono tante di frivole e ridondanti che si ripetono sui giornali, tanti avvenimenti uno uguale all’altro. Questa é una di quelle che paralizza, che traccia una linea indelebile tra il passato e il presente. Quando mi é stato detto che Piergiorgio ci aveva lasciato non ci volevo credere. Come é possibile. Cosí giovane, colto, audace e sempre positivo con chiunque. Come tanti altri, credo, ci ho messo del tempo a capire che era successo veramente. Piergiorgio non ha mai voluto autocommiserarsi, e noi ci siamo sempre un pó “dimenticati” della sua malattia. Non c’era nulla di artificioso in tutto ció, era la cosa piú naturale del mondo. Una persona accogliente e calorosa, un affermato giornalista, attivo su mille fronti, nel sociale e nella politica, che bisogno c’è di soffermarsi sugli altri aspetti?Personalmente sono sempre stato colpito dalla tua enorme umanitá, dallo spirito profondo e acuto, mai banale, con cui accompagnavi i nostri scambi di email, e nei, ahimé rari, incontri di persona, in cui ce la siamo raccontata. Che ricordi. Trovavi sempre il modo di abbracciare simpatia e professionalitá, dote straordinaria per un direttore. Fin dal primo incontro – mi avevi avvertito solo pochi minuti prima della tua malattia degenerativa, e giá questo in qualche modo destabilizza – mi avevano sorpreso la caparbietá, l’animo nel pormi tante domande, la voglia di viaggiare insieme a me, ma anche la lucida e paziente capacitá di anticipare risposte che io ancora cercavo chissá dove. E poi un inaspettato pragmatismo, un’incredibile meticolositá nel lavoro: appena presentati mi hai chiesto di scrivere del Guatemala, dell’America Latina, di economia e finanza, di politica, di corruzione, addirittura di narcotraffico. Io non sapevo di poter scrivere, ma tu mi hai iniettato quella fiducia iniziale, mi hai sostenuto, hai scardinato antiche serrature e hai canalizzato il mio desiderio di espressione ed esplorazione. Hai reso possibile tutto ció. E te ne sono cosí grato. Mi hai accolto in UM e hai fatto germogliare tanti splendidi momenti e riflessioni. “Perché non scrivi un pó di bitcoin e blockchain”, la tua curiositá era pressoché illimitata, altro eterno insegnamento che ci hai trasmesso. Mi sento ingenuo per aver creduto che ció potesse durare per tanto tempo ancora. Che ci si potesse vedere piú avanti, approfondire, elevare la nostra amicizia, ricevere ancora tante dritte da te, in tutta calma, adesso che ero tornato stabile in Trentino. Mi sento ingenuo di aver procrastinato un’apertura verso tutto ció.Sono tanto triste, ma in realtá sono sicuro che saprai insegnarmi/insegnarci ancora tanto. Mi affascinano, come sempre, le tue parole: “nonostante le nostre fragilitá, possiamo scegliere di essere una risorsa per noi stessi e per gli altri; siamo tutti di passaggio e dobbiamo imparare ad usare l’ironia e l’autoironia, non come forma di consolazione, ma come percorso di consapevolezza, per provare a vivere seriamente, senza mai prendersi troppo sul serio.” Piú le leggo e piú mi viene voglia di leggerle agli altri. E piú mi rendo conto che mancherá il suo infaticabile contributo a questo mondo, il suo esempio. E noi staremo uniti per riempire questo vuoto.Ciao Piergiorgio. Grazie”. Marco Grisenti

“Oggi ci ha lasciato il grande amico Piergiorgio Cattani, Direttore di Unimondo. Aveva solo 44 anni. Una grave perdita per il Trentino e per tutti noi… Ti ricorderemo sempre per il tuo acume intellettivo, per la tua spiccata intelligenza e per la tua generosa bontà d’animo.Felice di collaborare con Unimondo e affranta per la perdita di una grande persona e un amico di arguta e rara intelligenza e spiccata bontà d’animo come Pier, Piergiorgio di cui non mi dimenticherò mai e noi tutti faremo tesoro della sua presenza che ci guiderà per sempre. A presto”. Laura Tussi

“Dovrei essere una “professionista” dell’uso della lingua, capaci di piegarla ai pensieri in testa e magari a dar loro forma. Eppure in queste circostanze è difficile per me scrivere qualche riga di interesse, sarà la tastiera arrugginita da un anno ormai di assenza dalla redazione di UM, o lo sgomento di aver pensato che Pier ci sarebbe stato ancora per tanto nella mia vita. Un’arroganza quella di pensare di rimandare incontri, scambi di pensieri e battute con quell’amico che era il trentino più ironico che ho mai conosciuto a un “domani” che poi è sfuggito, come oggi abbiamo visto. Grazie di quanto fatto, detto, scritto, …”. Miriam Rossi

“TESTAMENTO

 Quando se ne andrà il respiro piantate alberivoglio lasciare ossigeno:dai semi d’amore gettatinella terra buona tutt’intera un giorno la mia vita risorgerà.

Dalla raccolta “Azzurro e Polvere”,  di Piergiorgio Cattani

Ti auguro tanta luce Pier!” Francesca Bottari

“Mi aggiungo solo ora alle vostre parole, ma non ne ho tante da condividere. Un po’ per il groppo in gola che incastra la tastiera, un po’ perché avete già scritto tanto voi e mi sembra di rivedere Pier in ognuno dei vostri ricordi. Perché lui era proprio così, e anche se ciascun* di noi ha un pezzettino personale da aggiungere, alla fine ne esce sempre Pier, con quel suo sguardo sornione e perspicace sul mondo, quel suo modo di dare sempre un contributo prezioso, anche quando poteva risultare scomodo. Lui, che a molti di noi ha dato la possibilità di incamminarci su quella strada che aveva intravisto, prima che noi stessi ce ne accorgessimo. Ci mancherà eccome. E forse il nostro compito sarà proprio quello di continuare insieme a difendere questo suo progetto di costruire, piccole o grandi che fossero, comunità consapevoli, ironiche, mai sazie di curiosare e crescere nonostante tutto, e nonostante questo “tutto”, oggi, ci sembri ancora più pesante e insopportabile. Un abbraccio stretto”. Anna Molinari

Caro PGC,ho avuto anch’io la fortuna di collaborare con te scambiandoci peraltro il posto in Unimondo. Collaborare per modo di dire… perché non eravamo quasi mai d’accordo! Nello spazio del “quasi” ci sta il mondo! Come suonava il telefono rispondevo: “ogni cosa purché non sia politica”! E tu: “figurati; quando mai”! E il quando mai si trasformava in quasi sempre! Mi mancheranno anche i caffè a casa tua! Ce l’hai combinata proprio grossa, stavolta! Non so se ti perdoneremo! Non so se ti dimenticheremo!”. Fabio Pipinato

“Ci sei?” mi domandava ogni giorno, più volte al giorno. “Ci sei ancora?” mi domandava quando l’orario era buono ormai più per la cena che per il lavoro. Era a quell’ora che spesso mi diceva “Ho un’idea”. Qui io prendevo sempre un po’ paura, e lo sapeva, per questo mi rassicurava “Non ti preoccupare, tu non devi fare niente. Quasi niente”. Piergiorgio Cattani lavorava sempre, lavorava tanto, lavorava bene, lavorava più di me, perché conoscere e scrivere era la sua “terapia” e poi “Io sono fortunato – mi diceva – posso lavorare, mica devo andare a fare la spesa come te”. Per questo, a me che la spesa la dovevo fare, Pier “agitava” letteralmente la vita. Le sue idee diventavano incombenze, le sue riflessioni progetti, le sue intuizioni varianti variabili, buone per un’altra idea. Quando c’era il tempo e anche quando non c’era, il suo lavoro, dentro e fuori dalla redazione di Unimondo, diventava l’occasione per un confronto, un contraddittorio, una critica, una proposta, lo spunto per un suo editoriale, l’occasione per rivedere la bozza di un suo libro, per consigliarmene uno, per farsene consigliare un altro, “ma non romanzi però, saggi”. Spesso quando la sua vera passione, la politica e l’esperienza come presidente di Futura Trentino, gli lasciava ancora del tempo libero, la chiacchierata prendeva una piega teologica, poi filosofica, poi morale, e tra una citazione latina “vediamo se lo hai studiato bene al liceo…”, un ideogramma cinese e una frase in arabo, si concludeva con il link ad una canzone: Battiato, De André, Guccini, Gaber, De Gregori, Fossati, Brunori Sas, Einaudi, la musica classica… La sua curiosità e la sua vastissima cultura sono stati per me “pane quotidiano”. “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”, così ho fatto, in tutti questi anni e non posso che rendergli grazie. Gli rendo grazie anche per tutti i “Come stai?”, “Come va?”, “Tutto a posto?” e “Mangi?” che mi ha dedicato, non quelli di circostanza, voleva testare il mio benessere, come stava il mio morale e quello della sua redazione, non gli bastava un “bene”, voleva capirlo “in una scala da 1 a 10?”. E dopo il morale il fisico. Non c’è un solo stupidissimo acciacco patito del quale non mi abbia chiesto resoconto, cura, cartella clinica ed eventuale “Guarigione”, per me il suo libro più bello. Lui, che al mio “Come stai tu?” rispondeva “Sai che sono complicato”, mi ha insegnato, tra le altre, non solo e non tanto la tenacia e la voglia di vivere, ma a lamentarmi senza provare vergogna, a raccontare la montagna senza imbarazzo (“mandami una foto!” così, come fosse un ordine. E lo era!), perché la disabilità troppo spesso sta negli occhi di chi guarda. Nella vita poi “Niente sta scritto” e nonostante le nostre fragilità tutti possiamo scegliere di essere una risorsa per noi e per gli altri. Mentre io teorizzavo lui era già prassi. E non c’era tempo da perdere, bisognava farlo subito, farlo in fretta. “Pier, porta pazienza, non ti sto dietro”, sei un “modello di collaboratore” ma “sei lento – diceva prendendomi in giro – eppure vai a correre quasi tutte le sere”. Pier andava di fretta, sapeva come tutti noi di essere di passaggio, ma lo sapeva da prima, lo sapeva meglio. Anche per questo usava l’ironia e l’autoironia, non come forma di consolazione, ma come un percorso di consapevolezza, vivendo seriamente, ma senza mai prendersi troppo sul serio. Quattro anni fa mi scriveva “devo vivere almeno fino alla mancata rielezione di Trump”. Sabato sera era sollevato “non devo aspettare per forza un altro mandato”. Domenica se n’è andato e oggi è lunedì ed è il primo giorno di lavoro senza il “mio direttore” (anche se a volte si portava avanti già la domenica sera con un messaggio: “Scusa, so che è domenica… Ci sei?”). Mi mancherai e mi spaventa capire quanto, sul lavoro e fuori. Allora oggi mentre ti immagino volare “Su Vitebsk” e un po’ su di noi come in quel poster di Chagall che hai appeso in camera tua, prendo per un attimo il tuo posto e questa volta ti chiedo e mi chiedo: “Ci sei?”. Per fortuna in tutto quello che mi hai lasciato, che è molto più di quello che ho potuto darti, ci sei e per questo ti sono infinitamente grato! Adesso ti rimando l’ultima foto che mi hai chiesto, con quella tua solita urgenza “mi serve una foto autunnale”, e poi ci ascoltiamo una canzone. L’autore lo scegli tu, ma la canzone e gli interpreti questa volta li scelgo io, “E ti vengo a cercare. Anche solo per vederti o parlare. Perché ho bisogno della tua presenza. Per capire meglio la mia essenza…”. Inshallah PGC Piergiorgio Cattani, io non smetterò di cercarti, tu non smettere mai di farti trovare. Alessandro Graziadei

“Condivido con voi il mio dispiacere. Mi dispiace non essere riuscita a conoscere Piergiorgio di persona; mi avrebbe fatto molto piacere. Lo ringrazio dentro di me per avermi letta e per avermi dato la possibilità di dar voce ai miei pensieri. Di fatto, credo che mi abbia cambiato la vita…  arrivederci Piergiorgio”. Lucia Michelini

“Abbiamo parlato varie volte al telefono e attraverso brevi messaggi, ma l’ho incontrato solo una volta, a Trento per un piccolo convegno e anche quella volta il tempo per poter parlarci di persona (e non di lavoro) è stato breve. Per questo voglio ringraziarvi per le vostre testimonianze che – me ne rendo conto adesso – mi stanno facendo conoscere una persona con cui, pur essendo in contatto, di fatto non conoscevo. E che mancherà a tanti. Anche a me. Perchè – come ha scritto Ale – anche a me ogni tanto arrivava un suo messaggio per chiedermi “Ci sei? Come stai? Ti va di scrivere un articolo” e – lo confesso – l’ho sempre sentito come un messaggio di stimolo e apprezzamento. Ecco, forse non ho conosciuto Piergiorgio, ma una cosa posso dirla: credo che apprezzasse tutti noi, il nostro lavoro, il nostro impegno. Ma soprattutto ci apprezzava come persone. E questo penso sia il regalo più bello che ha fatto a noi e a tanti. Non ha chiesto “pietà”, ha dato dignità. Quella dignità che rivendicava per sè e per tutti, soprattutto per i più deboli e dimenticati.  Grazie Piergiorgio! Un forte abbraccio”. Giorgio Beretta

“Quella con Piergiorgio è stata un’amicizia di lavoro iniziata un decennio fa quando sono entrata in Fondazione Fontana e si è poi solidificata, anche se “virtualmente” considerate le distanze fisiche (Trento-Padova dove lavoro e Conegliano dove risiedo), da quando è diventato il Direttore di Unimondo. Me lo ricordo quel momento di passaggio. Pier ha saputo leggere ed intercettare il mio desiderio di continuare a “stare” in Africa anche se ero rientrata e le occasioni di fare ricerca sul campo sarebbero diminuite. E così è stato! Mi ha trascinato dentro riflessioni partendo sempre da domande scomode che mi aprivano gli occhi, ogni volta. Con lui non potevo permettermi di “rallentare”. Mi incalzava continuamente…dovevo rimanere aggiornata anche nei momenti più pieni. Incalzata, sollecitata, talvolta rimproverata per non riuscire a rispettare i tempi… “Piergiorgio, non ti sto dietro!”. Questo gli dicevo…  e poi giocava ad interrogarmi “Ma tu lo sapevi che…?”. E quante volte mi ha trovato impreparata!!Quattro anni fa abbiamo fatto Quarant’anni insieme. Sì, siamo della stessa classe. Io di marzo, lui di maggio 1976. Quella volta abbiamo “festeggiato” insieme, a casa sua, davanti ad una super torta. Me la ricordo ancora. In quell’occasione mi ha regalato un libro stupendo, “Resistenti. Storie di uomini e donne che hanno lottato per la giustizia” di Todorov. “Tra quei Resistenti ci sei anche tu, Piergiorgio Cattani. Uomo straordinario, studioso d’eccezione, pensatore, giornalista, direttore. Non ci credo ancora, ma domani mattina non sarà un lunedì come gli altri. Resisteremo, ce la faremo. Sarai sempre il nostro Direttore!” Questo breve messaggio l’ho scritto ieri. Questa mattina non è stato un lunedì come gli altri. Non è arrivata la domanda via Whatsapp “Ci sei?”… Ma vorrei dirti che”Ci sono e che scriverò i pezzi che non ho ancora scritto!”. Sara Bin

“… è strano vivere in un mondo senza Pier. Provo un po’ di (sano) smarrimento: abbiamo condiviso progetti, sogni, idee, momenti di confronto – perché lui così faceva – non solo con me, ma con tutti e tutte. Era un punto di riferimento come pochi nella vita; e c’è da essere grati per il tempo che abbiamo avuto a disposizione con lui.  Adesso sì, tocca a noi raccogliere il testimone e andare avanti. Domani però, o magari dopodomani: il tempo di smaltire il dolore. Forse non così in fretta come avrebbe fatto lui, ma si sa, di Pier ce n’era uno. Novella Benedetti

Grazie per tutti questi ricordi affettuosi. Anche se a volte non ne condividevo pienamente le posizioni, ammiravo molto la lucidità e l’intelligenza brillante di Pier. L’ultima volta l’ho visto tre anni fa, in occasione del suo compleanno, con una torta e tante persone a condividere un momento di festa nel giardino di casa sua, alla vigilia della mia partenza per una nuova avventura in Portogallo. Ed era curioso e sempre mi chiedeva “dove sei adesso”? Perché dov’ero, da quando l’ho conosciuto, non era mai scontato, nemmeno per me.  Ma é soprattutto attraverso i racconti del mio caro amico Ale che ho conosciuto tanti aspetti del suo carattere, come la sua insofferenza verso chi lo trattava con pietismo per la sua condizione fisica (memorabile l’episodio delle suore), la sua meravigliosa pungente ironia e l’immensa vastità delle sue conoscenze. E quindi é anche Ale che ringrazio, per avermi regalato pezzettini di Pier, che per me e per tutt* noi resteranno sempre vivi. abbracci. Michela Giovannini

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