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2018: Auguri all’Umanità per evitare il disastro climatico e nucleare

Propositi di „rivoluzione disarmista ed ecologica“ (Carlo Cassola) nel 2018 che ci viene incontro

Noi DE agiamo nell’ambito della “rivoluzione disarmista” (Carlo Cassola): la denuclearizzazione non è un pranzo di gala ad uso dei balletti diplomatici. Sono necessari profondi cambiamenti, che hanno il loro motore nella rivolta geopolitica degli Stati (attualmente in fase embrionale) sostenuta dalla mobilitazione di base (anche qui siamo molto al di sotto del necessario). L’ordigno (non arma) nucleare, inserito nel suo apparato globale, cambia la natura del potere e della guerra. Non è equivalente alle “armi di distruzione di massa” che pure sono state usate: le chimiche in particolare in modo diffuso durante la prima guerra mondiale. Il potere nucleare crea un differenziale di potenza che fa fare un salto di qualità allo Stato che possiede gli ordigni “atomici”. Si ha una differenza di status e di rango nell’agone internazionale che le armi chimiche (ma anche quelle biologiche) non procurano. La guerra nucleare inoltre non è guerra ma uno sconvolgimento distruttivo di altra natura, da paragonare, nell’uso limitato, alle catastrofi naturali, nell’uso bellico ai cataclismi planetari. L’uso dell’arma chimica non cambia la natura della guerra, il suo modo fondamentale di combatterla, i suoi scopi, il suo senso. (Questo vale a maggior ragione per altre categorie di armi proibite: le mine antiuomo, le cluster bombs). Questi concetti però non sembrano chiari per chi afferma: togliere le armi nucleari non è poi così turbativo dell’ordine vigente, non richiede grossi cambiamenti. La stessa NATO si potrebbe, a loro avviso, denuclearizzare e rimanere nella sostanza tale e quale. Il presupposto dei pacifisti ispirati al marketing americano è: „queste armi sono dinosauri di un’epoca tecnologica trascorsa, se volete preparare ed eventualmente fare la guerra avete modi più moderni ed efficaci (anche se noi e voi ovviamente preferiamo la pace)“. Il 19 maggio nell’incontro internazionale di Milano ci sforzeremo di chiarire ed approfondire perché questo punto di vista è erroneo e fuorviante. E paradossalmente in ciò siamo confortati dal pensiero militare più avveduto e scaltrito: cito in proposito il generale Fabio Mini di “Che guerra sarà”, Il Mulino, 2017, che ho appena letto con estremo interesse. Uno dei punti che Mini spiega e sottolinea è che per le due massime potenze nucleari la tensione è rivolta verso la guerra preventiva, alla ricerca del primo colpo nucleare vincente: se ne facciano una ragione tutti coloro che parlano in modo sempliciotto di disarmo nucleare liscio e facile. L’obsolescenza del nucleare potrebbe scattare se, come si accennava, altre forme di armi e di guerra potessero provocare lo stesso differenziale di potenza: la capacità teorica di chi ne è dotato di annientare totalmente, e senza ripercussioni, chi non ne è dotato. Mini si chiede se la cyberguerra può raggiungere la stessa capacità e funzione: ma al momento la risposta è negativa. Essa – cyberguerra – è attualmente integrata nel sistema della potenza che ha al suo cuore il nucleare, e ne aumenta il rischio. Per Mini una futura guerra nucleare è più che probabile, se si sta alle logiche ed alle tendenze in atto, che di fatto la preparano e la avvicinano. L’altro punto che ci differenzia è la centralità del rischio nucleare, che in noi prevale sui ragionamenti geopolitici e giuridici. Vale a dire che per noi, in ragione del pericolo mortale – incombente e concretissimo – che occorre scansare, la denuclearizzazione, ed in particolare il disarmo nucleare, è la priorità delle priorità. Nessun ragionamento geopolitico (il disarmo favorirà negli equilibri di potenza questo o quello?) o giuridico (per rimuovere le „atomiche“ si deve chiedere il permesso, a livello internazionale e/o nazionale, alla legge X o alla procedura Y?) può essere messo prima. Quando parliamo con gli Stati NATO a noi non interessa sapere se la denuclearizzazione la indebolirà – la NATO – oppure se essa – denuclearizzazione – è compatibile con lo statuto dell’Alleanza e le sue strategie. Noi prospettiamo ai governi NATO, come a chiunque, il punto di vista dell’Umanità che vuole sopravvivere liberandosi da un rischio mortale. Spetta poi ai governi gestire il processo di eliminazione del rischio, se lo ritengono, conservando (o tentando di conservare) vecchi quadri giuridici e di alleanze politico-militari. Non è compito nostro avere preoccupazioni o dare consigli in merito. Ad ognuno il suo ruolo ed il suo mestiere. Quello che anima i DE è la consapevolezza ma anche il sentimento della minaccia esistenziale che è un imperativo categorico neutralizzare. E‘ il sentimento – non scontato – di chi pone l’amore ed il rispetto della vita (= la convivenza armonica tra società umana e Natura) come valori centrali. Ma anche la consapevolezza che la minaccia esistenziale globale ha tre inneschi innestati: 1) il nucleare, sia civile che militare; 2) lo squilibrio ecologico, con al centro il riscaldamento globale da combustibili fossili; 3) la diseguaglianza sociale crescente che la tecnologia della potenza sta trascinando persino sul livello biologico: lo stesso Mini ci ricorda che il Supersoldato sta trainando il Superuomo! Riguardo alla strategia politica internazionale abbiamo posto il problema della centralità del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari rispetto al Trattato di Non Proliferazione delle stesse. Il ritmo lento delle ratifiche (solo 3 ufficiali dopo 5 mesi mentre l’accordo di Parigi sul clima dopo 4 era già entrato in vigore! Ed è, questo di Parigi, un accordo che ha aperto una vera faglia geopolitica!) ci deve spingere a riflessioni e probabilmente a riconsiderazioni. Cassola è sempre lì ad ammonirci sul rischio di Patti alla Briand-Kellog (nel 1928 la guerra venne dichiarata fuori legge!): quindi occhio alla Nuclear Free Zone globale, il nostro obiettivo è il disarmo nucleare totale ed effettivo. Vediamo cosa succederà questo 2018 quando il „fronte del TPAN“ (speriamo si riveli tale e che almeno non ci siano defezioni tra i 122 Stati che il 7 luglio a New York lo anno adottato!) si confronterà con il „fronte del TNP“, intendendo con questa espressione le potenze che di esso si fanno scudo per giustificare il loro „oligopolio atomico“. Noi abbiamo comunque sempre giocato una seconda carta da proporre come complementare: affiancare il „percorso umanitario“, oggi premiato dal Nobel per la pace, con il „percorso di Parigi“: dobbiamo aiutare la maturazione della consapevolezza e dell’impegno che la difesa della vita e del Pianeta da tutte le minacce esistenziali esige una limitazione della sovranità degli Stati nel senso del bene comune. La rivoluzione disarmista, cioé l’Internazionale dell’Umanità, il federalismo mondiale che – nella cooperazione che crea sicurezza comune – abolisce frontiere ed eserciti nazionali, per noi è anche una rivoluzione ecologista: al cuore di essa ci sta la rapida transizione verso il „modello energetico rinnovabile al 100%“: e qui trova spazio e senso l’azione locale, territoriale, che deve inserirsi in un obiettivo globale con un coordinamento internazionale. Per questo, promuovendo „Il Sole di Parigi (www.ilsolediparigi.it)“, partecipiamo alle COP dell’ONU contro il riscaldamento globale e ora stiamo lavorando per portare la „Coalizione per il Clima“ a lavorare per il TPAN anche alla COP 24 che si terrà nel novembre 2018 in Polonia. Nel sito www.disarmistiesigenti.org ci presentiamo così: „I “Disarmisti esigenti” sono un progetto politico di attiviste e attivisti e personalità nonviolente, nonché di organizzazioni internazionali, nazionali e locali che lavorano per la pace e il disarmo. La nostra nascita nel 2014 avviene in risposta alla chiamata dell’appello di Stéphane Hessel ed Albert Jacquard ad “esigere un disarmo nucleare totale”. Abbiamo quindi dato vita e gambe ad un accordo operativo che si costituisce come strumento culturale e politico per contribuire al movimento mondiale antinucleare, impegnato a liberare l’umanità dalla principale minaccia esistenziale che pende sulla sua testa. Ciò significa e comporta, tra l’altro, radicare in Italia la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, con l’ambizione, da parte nostra, che sia condivisa a livello globale la necessità di una rapida transizione dalla proibizione giuridica (processo aperto dal Trattato del 7 luglio 2017) alla loro totale eliminazione fisica. Questo obiettivo, incoraggiato dal conferimento del premio Nobel per la pace ad ICAN (www.icanw.org), richiede una strategia ed un lavoro con un’ottica internazionale che rappresenta il nucleo della nostra ragion d’essere.” Le organizzazioni fondatrici del progetto, la LOC, la LDU, la Campagna OSM-DPN, con i loro stretti partner (WILPF Italia, PeaceLink, Energia Felice, Accademia Kronos, la francese Armes Nucléaires STOP), sono di natura nonviolenta. Questo spiega il tentativo di un metodo di lavoro aperto, inclusivo, attento al lavoro di base, che prende ispirazione dall’esperienza del vero erede di Aldo Capitini, il nostro caro Alberto L’Abate, appena scomparso, ma compresente. L’ancoraggio a questo metodo ci ha fatto lanciare, grazie alla collaborazione della senatrice Loredana De Petris, l’11 dicembre scorso, con una conferenza stampa al Senato, la campagna „Siamo tutti premi Nobel“. Per noi ICAN non è un feudo di lobbysti del pacifismo, ma la casa di tutte le attiviste e gli attivisti che si sono battuti ed intendono battersi per la denuclearizzazione, con lotte ad ogni livello, alcune risalenti a decenni fa. L’appello è a tutti i soggetti collettivi dell’associazionsimo, grandi, medi, piccoli, a diventare membri ICAN. E’ stato, da noi diffuso, in quella occasione, con i No Guerra NO NATO, e con Pax Christi, un comunicato comune (vai su: https://www.petizioni24.com/impegnodisarmistaparlamentari ) che costituirà anche la base per una richiesta di impegno coerente per i candidati nelle forze politiche che si presentano alle prossime elezioni politiche del 2018. L’impegno richiesto specifica che promuovere la firma e la ratifica, da parte del Governo italiano, del TPAN comporta, per conseguenza logica, politica ed etica, la rimozione di tutto il dispositivo del nucleare militare dal territorio italiano e la fuoriuscita dalla condivisione nucleare NATO.

Alfonso Navarra – portavoce Disarmisti Esigenti Milano 30 dicembre 2017

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3-SUN: a Catania nuovi pannelli con finanziamento europeo

Il progetto è finanziato dal programma europeo di ricerca e innovazione Horizon 2020 European Call LCE-09-2016-2017, finalizzato all’incremento della competitività delle industrie Europee nel fotovoltaico, è coordinato da 3SUN.

AMPERE ha l’obiettivo di sviluppare una linea pilota completamente automatizzata per la produzione di moduli basati su una tecnologia innovativa ad alta efficienza. Il nuovo modulo sarà di tipo bifacciale a eterogiunzione di silicio amorfo e cristallino, una soluzione che garantisce alte performance, in termini di efficienza e produttività e un basso deterioramento dei pannelli. I nuovi moduli saranno realizzati nella prima metà del 2018, per arrivare rapidamente a una produzione massima di 240 MWp nel 2019.

L’importo del finanziamento per il consorzio AMPERE ammonta a 14 milioni di euro (di cui 8,3 per 3SUN e 0,5 per Enel Green Power) destinati all’acquisizione e installazione di attrezzature automatizzate presso l’impianto di 3SUN, per la realizzazione di una linea produttiva di celle in tecnologia ad eterogiunzione.

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Rischio perdite da 22 miliardi di euro nel 2030 per le centrali a carbone europee

Carbon Tracker:  rischio perdite da 22 miliardi di euro nel 2030 per le centrali a carbone europee

Carbon Traker, uno dei più importanti “think tank” europei con sede a Londra, ha pubblicato uno studio “Lignite of the living dead” nel quale si indicano possibili perdite nei prossimi anni per le aziende europee che gestiscono centrali a carbone. Già adesso 196 delle 619 centrali a carbone è in perdita, senza calcolare i danni ambientali.

La previsione scaturita da una attenta analisi degli indici economici (BAU) delle principali aziende europee che operano nel settore della produzione di energia con centrali a carbone indica che nel 2030, nello scenario di applicazione degli accordi Parigi sul clima (B2DS) , saranno quasi tutte in rosso. Chiuderle, come indica lo studio, eviterebbe perdite per ben 22 miliardi di euro.

Interessanti alcuni dati che emergono dal rapporto per alcuni paesi: la Germania, che è il paese con il maggior numero di centrali a carbone, chiudendole eviterebbe 12 miliardi di perdite, la Polonia dove si svolgerà il prossimo anno la COP24 eviterebbe perdite per 2,2 miliardi. Per l’Italia che già prevede la dismissione delle 6 centrali a carbone esistenti i costi sono quasi a zero ma con una significativa riduzione dell’inquinamento ambientale e della emissione di CO2.

Giuseppe Farinella