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Sono morto come un vietcong. Leucemie di guerra

Sono morto come un vietcong. Leucemie di guerra

Giulia Spada, è autrice di un romanzo e soprattutto di un racconto di forte denuncia e coraggiosa presa di consapevolezza e di autentica decisione di assunzione di una grande responsabilità: la testimonianza per la pace.

di Laura Tussi

Una posizione netta, decisa e ferma contro la guerra. Giulia adesso scrive. Non si ferma e scrive “Sono morto come un vietcong”. Giulia si considera giustamente un’orfana di guerra. Suo padre è stato ucciso da una malattia che ha contratto nella zona di Teulada. Un territorio dal 1950 teatro di guerre chiamate “simulate”. E lei è convinta di questo omicidio causato dall’inquinamento bellico. Si spara, si bombarda, dal mare, da terra, dall’aria proprio ‘come in Vietnam’, in una geografia e tipologia della morte che è allucinante, inverosimile, macabra.

Un affronto, una ingiuria atroce alla Sardegna e alla salute di chi è costretto a respirare le polveri cancerogene della guerra, nelle zone militari e non solo, in un nefasto odore di morte. Ma Giulia non si arrende. Giulia scrive e denuncia. Proprio la morte del padre, ucciso nel 2003 da una leucemia, ha ispirato l’ultimo libro dell’ autrice da qualche tempo trasferita a Milano. Come tanti emigrati guarda con altri occhi una terra meravigliosa, la sua Sardegna, con tante potenzialità paesaggistiche, culturali, artistiche, turistiche e un patrimonio ambientale e umano unico che Giulia esprime soprattutto e in modo molto dettagliato e pertinente nel suo romanzo “Sono morto come un vietcong”.

Giulia era una bambina quando suo padre è morto. Nei discorsi nell’ambito della famiglia l’argomento provoca ancora troppo dolore, perché sembra ancora inverosimile morire di guerra, ma risulta sempre più una realtà spietata e più che mai di stringente attualità.

“Sono morto come un vietcong” è un romanzo e soprattutto un autentico e vero racconto di denuncia e testimonianza che vorrebbe aiutare i sardi e tutti gli attivisti per la pace a prendere coscienza di quel che accade. Lo Stato ha deciso di sacrificare una parte del territorio dell’Isola, che da Roma magari è lontano, ma che dalla geopolitica è giudicato scarsamente popolato, e quindi utile per certi scopi. Che per adesso sono solo militari, ma in futuro, molto probabilmente, teatro di guerra, di lutti, carneficine, massacri, stragi.

Il rischio non è solo quello di depositi di scorie nucleari in Sardegna.
I poligoni militari sono stati il primo passo.

Il caso di Quirra è sconcertante.

“Sono morto come un vietcong” è un viaggio di coraggio. E’ soprattutto un racconto di decisa e ferma denuncia nella Sardegna contemporanea militarizzata e colonizzata da eserciti di tutto il mondo, che testano le armi utilizzate nei vari teatri di guerra della Terra. La voce narrante è il padre dell’autrice. E’ un professore in un piccolo centro nel sud dell’Isola, che racconta ciò che accade intorno a lui: persone che muoiono di leucemie e tumori, animali che nascono deformi, a causa dell’attività della base militare vicina. L’autrice sceglie la forma del racconto e del romanzo per sollecitare una partecipazione sociale, al fine di dare un segnale di allarme alla comunità, per testimoniare la pace, per prendere, anche in prima persona, posizione netta contro la guerra, proprio intorno agli orrori della guerra nel nostro bel Paese, e per riflettere sul fatto che in questi luoghi non si muore solo di leucemie e tumori, ma di guerra appunto, e che dunque, chi rimane e continua a vivere nel dolore e nella terribile assenza, nel lutto, nell’odio, sono orfane, orfani, vedove e vedovi di guerra.

Giulia Spada, Sono morto come un vietcong. Leucemie di guerra.

Prefazione di Marilina Rachel Veca
Intervista di Paolo Carta
Edizioni “Sensibili alle Foglie”

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Su la Testa: Riace. Musica per l’Umanità

Rivista Su la Testa – Argomenti per la Rifondazione Comunista

 

Direttore: Paolo Ferrero

 

Riace. Musica per l’Umanità

REDAZIONE SU LA TESTA

RECENSIONI

 

 

di Oliviero Sorbini

 

Laura TUSSI e Fabrizio CRACOLICI (a cura di), Riace. Musica per l’Umanità, con intervista a Mimmo Lucano, Mimesis Edizioni, Milano 2019

Perché leggere un saggio corale, con contributi diversi fra loro per contenuti e obiettivi? La domanda è lecita, e me la sono posta prima di iniziare a leggere questo libro.

Oggi posso rispondere. Il testo in questione è una sorta di instant book, con molteplici e variegati contributi che come filo conduttore ha, nella prima parte, l’esperienza di Riace e quella conseguente patita da Mimmo Lucano. E altro ancora: la musica per l’umanità, la musica per la pace e la solidarietà.

Apre il libro Alex Zanotelli, con grande assertività e soffermandosi su due concetti apparentemente ben distanti fra loro: il pericolo nucleare e il rifiuto dell’Altro. Apparentemente!

Segue Vittorio Agnoletto, che si sofferma sulla storicità del fenomeno dell’immigrazione e il suo far parte dell’intero passato dell’umanità. E poi, di seguito: analisi contenutistiche e suggerimenti per riflettere; Adelmo Cervi, Alessandro Marescotti, Moni Ovadia e Gianmarco Pisa, fino ad arrivare all’intervista di Laura Tussi a Mimmo Lucano. Inutile riassumerla, meglio leggerla. Per spiegare cosa è stato e rappresenta il “modello Riace”, e chi è Mimmo Lucano, non servono le mie parole.

L’ultima parte del libro vede gli interventi di musicisti quali Agnese Ginocchio, Gianfranco D’Adda, Renato Franchi, Marino Severini, impegnati sui temi della pace, e del giornalista Daniele Biacchessi, coinvolto anch’egli in quello che potremmo definire il “movimento musicale pacifista”.

L’intervento di chiusura di Alfonso Navarra non è soltanto riepilogativo, ma anche propositivo, come si addice ad un attivista antinucleare impegnato da decenni. Il nuovo umanesimo è la nonviolenza: questo concetto è contenuto nella sua conclusione.

Durante la lettura, mi sono rivisto sedicenne ad ascoltare ore di interventi durante le riunioni dei collettivi. Non sempre capivo tutto, qualche volta ero in silenzioso disaccordo, altre volte in entusiastico accordo. A volte mi domandavo: che ci azzecca questo? E qualche volta rimanevo con il mio dubbio, ma in altre occasioni, solo continuando ad ascoltare, comprendevo poi la connessione. Così è stato per me, con questo libro.

Aver letto Riace. Musica per l’Umanità, con intervista a Mimmo Lucano è stato per me come aver preso parte a una riunione, un sano collettivo con molte eccellenze. Per questo, malgrado sia nato come instant book, lo ritengo un valido strumento per apprendere e riflettere, al di là del progredire delle vicende di Mimmo Lucano a cui sostanzialmente il testo è dedicato. Non dimentichiamo che una quota della vendita di ogni libro va in parte a sostenere il pagamento delle spese legali dei processi di Lucano.

Efficaci e dissacranti la cover e le illustrazioni di Giulio Peranzoni e Mauro Biani, celebri illustratori e vignettisti.

Tutti gli interventi hanno un loro “perché” oggi, e lo avranno domani. La storia del sindaco Lucano non è nata per caso – è quella di chi si impegna a proprio rischio per riaffermare i migliori valori e ideali degli esseri umani – e non sarà l’ultima. Quei valori che Moni Ovadia definisce, nel proprio intervento, propri di chi è prima di tutto un Mentsch.

Il libro, senza dubbio, suggerisce una prospettiva: l’uso delle arti, in questo caso la musica, da parte dei Mentsch per contrapporsi alla brutale forza delle armi. Attraverso le arti, i Mentsch possono crescere di numero e trovare, con la creatività, nuovo ottimismo e grande forza.

 

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Il Fatto Quotidiano: David Maria Turoldo, il Resistente

Recensione al libro

David Maria Turoldo, il Resistente

25 Aprile, il frate ‘resistente’ David Maria Turoldo che organizzò la lotta in convento: “È un modo di essere, dà ragione e concretezza alla fede”

24 aprile 2021

Alex Corlazzoli
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Recensione al libro David Maria Turoldo, il Resistente su Il Fatto Quotidiano

Di lui si è parlato e scritto parecchio dando lustro al suo spirito innovatore all’interno della Chiesa, alle sue opere poetiche, al suo sostegno alla cultura, ma non si mai detto più di tanto della sua partecipazione alla battaglia per la Liberazione. A farlo è un libro edito da Mimesis con un titolo assai eloquente: “David Maria Turoldo, il resistente” a cura di Guerino Dalola e dell’Associazione nazionale partigiani italiani di Franciacorta

 

Teologo, filosofo, scrittore, poeta ma anche antifascista impegnato in prima linea. David Maria Turoldo, il frate morto nel 1992, è stato un protagonista della Resistenza. Di lui si è parlato e scritto parecchio dando lustro al suo spirito innovatore all’interno della Chiesa, alle sue opere poetiche, al suo sostegno alla cultura ma non si mai detto più di tanto della sua partecipazione alla battaglia per la Liberazione e delle sue riflessioni sul fascismo.

A farlo è un libro edito da Mimesis con un titolo assai eloquente: David Maria Turoldo, il resistente a cura di Guerino Dalola e dell’Associazione nazionale partigiani italiani di Franciacorta. Non è un caso se gli autori non parlano di un frate “partigiano” ma di un monaco “che resiste” perché il fulcro del libro e del pensiero di Turoldo è proprio questo: “La Resistenza è un modo di essere, il solo che dia ragione e concretezza e pienezza alla fede: essere per sempre dalla parte dell’uomo”.

Un concetto che viene esplicitato anche dal giornalista Vittorio Gorresio che scrive l’introduzione ad un libro del frate: “Il fascismo è uno stato d’animo, dice Turoldo, prima di essere un partito politico e occorre innanzitutto esaminare certi atteggiamenti che non sono coscientemente fascisti, ma possono essere premesse di fascismo; per esempio la cosiddetta maggioranza silenziosa”.
Ma non vogliamo limitarci solo alle parole del monaco. Il suo impegno contro il fascismo è, infatti, concreto anche se poco conosciuto: Turoldo crea e diffonde dal suo convento il periodico clandestino l’Uomo. Nel convento di Milano avvengono riunione segrete del Comitato di liberazione nazionale per l’alta Italia e sempre tra le sacre mura si tiene la messa di suffragio per l’uccisione di Curiel.

Il libro rivela persino che sotto la cupola della Chiesa del Convento di San Carlo – proprio dove dormivano padre Turoldo e padre Camillo Dal Piaz – da ben prima dell’armistizio era incominciata la raccolta delle armi: “Non è un caso – afferma padre David Maria – che già nel luglio 43, proprio il giorno dopo la caduta di Mussolini, io e padre Camillo…abbiamo cominciato, senza attendere l’8 settembre, a organizzare la Resistenza con un gruppo dei nostri giovani di San Carlo”.

L’idea di un frate mite e solo letterato è distante dalla realtà. Il testo edito da Mimesis ricorda che la rivista Civiltà Cattolica nel novembre 1992, in occasione della morte di Turoldo. in un articolo scriveva: “È stato uno degli spiriti più vivaci del nostro tempo. Gli aggettivi che meglio lo qualificano sono quattro: ribelle, impetuoso, drammatico e fedele”. La Resistenza per Turoldo non si è mai conclusa: per lui è “l’avvio di un percorso di vita che non avrà mai fine sia perché la libertà non è definitiva e deve essere difesa e ricostruita giorno per giorno, sia perché coinvolge l’esistenza umana in tutte le sue espressioni”. La Resistenza per Turoldo non è mai finita, non è un episodio, deve essere una scelta di vita.

Note: Il Fatto Quotidiano – Recensione del libro di Guerino Dalola, David Maria Turoldo, il Resistente, Mimesis Edizioni. Prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/04/24/25-aprile-il-frate-resistente-david-maria-turoldo-che-organizzo-la-lotta-in-convento-e-un-modo-di-essere-da-ragione-e-concretezza-alla-fede/6175665/

La Provincia di Sondrio – Padre Turoldo, il Partigiano

https://www.peacelink.it/ospiti/a/48379.html

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Renoir: un viaggio intorno all’amore

Recensione al libro Renoir

Renoir: un viaggio intorno all’amore

Il nuovo avvincente libro di Massimo Laganà, narra accattivanti racconti di donne e uomini che emozionano, perché in essi trapelano le nevrosi del quotidiano. Nei vari racconti pone in risalto l’amore e la passione facendo emergere la condizione umana in tutte le sue sfaccettature psicologiche.

Renoir, il nuovo avvincente libro di Massimo Laganà, narra accattivanti racconti di donne e uomini che emozionano, perché in essi trapelano le nevrosi del quotidiano, le nevrosi di sempre: così dalla narrazione articolata nei vari racconti si evince la condizione umana in tutti i suoi risvolti e in tutte le sfaccettature psicologiche.

Il libro è introdotto dalla prefazione di Gabriella Kuruvilla e riporta le sapienti note dell’editore Morellini.

Renoir: nove storie con uno stile brillante che sviscerano i colori dell’animo umano, con cui l’autore dipinge geografie e tipologie delle tappe dell’esistenza come un abile ed esperto pittore, che pone in risalto amore e passione.

Il cuore dei protagonisti è segnato da addii e abbandoni, in rapporti affannati tra figli e genitori e poi ancora tra amanti mai amati, sospesi in viaggi e transizioni d’infinito. Personaggi che scoprono momenti di sospensione e pausa dell’umano, della vita, che ormai colma e satura di desideri, scopre quanto sia fondamentale il sentimento ultimo della felicità: il più importante.Recensione di Laura Tussi a Renoir, Libro di Massimo Laganà

In questa controversa mappa dei sentimenti, l’autore, Massimo Laganà, conduce il lettore con l’entusiasmo del cuore da Milano alla Sicilia, in un susseguirsi di vicende che racchiudono l’intimità del sentire umano e che coinvolgono il lettore nel trovare in se stesso e nell’altro da sé un proprio simile.

I dettagli sottili della narrazione, l’intimità del racconto si affollano e i confini umani si dissolvono e così, dalle crepe del reale, di una realtà commovente, si sprigiona l’anelito incessante e universale di un’umanità sospesa nell’infinito delle molteplici esistenze, degli amori inesausti, degli affetti sottesi nell’intimità dei gesti.

Nell’eterno.

Laganà sceglie per i suoi racconti luoghi suggestivi e inconsueti per iniziare a narrare le sue storie di sentimenti, persone, affetti. Di stati d’animo che comunque sempre riportano alla felicità. Sentimenti e condizioni umane che sempre conducono alla bellezza e all’amore.

La profondità psicologica dei testi è una scelta stilistica che permette a colui che legge di immedesimarsi nell’io dei protagonisti. Le storie, i sentimenti, gli umori, i pensieri che l’autore racconta, rivolgendosi a personaggi in parte vicini a lui e contemporaneamente lontani e irraggiungibili rappresentano la verità dell’umano.

Il linguaggio di Massimo Laganà assume energia e forza dalla tipica narrazione dei luoghi in cui è ambientata ciascuna storia.

E così permette l’immedesimazione in ciascuno dei personaggi come se fossero varie sfaccettature e interpretazioni di un unico attore, di un solo uomo o uomo solo.

Le storie raccontate trasportano il lettore in un giro dell’Italia da sud a nord, ma soprattutto in un percorso profondo intorno all’essere umano.

Intorno all’uomo.

Intorno all’amore.

Note: Massimo Laganà: Giornalista e scrittore, lavora per il settimanale Oggi, dove ha anche un blog, che si chiama L’informazione dilaga. https://www.morellinieditore.it/autore-massimo-lagana-162190.html 
Libro Renoir:
https://www.lafeltrinelli.it/libri/massimo-lagana/renoir/9788862988346

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Bruco blu: una favola contro la violenza

Recensione alla favola di Tiziana Di Ruscio

Bruco blu: una favola contro la violenza

L’autrice è sopravvissuta al femminicidio e in questa favola racconta una storia semplice ma didascalica per trasmettere alle nuove generazioni un messaggio contro la violenza in tutte le sue forme

Favola di Tiziana Di Ruscio. Recensione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici. Masciulli Edizioni 

Bruco blu: una favola contro la violenza

 

Bruco blu coltiva il sogno di creare una bellissima famiglia, ma improvvisamente precipita in un baratro oscuro a causa del camaleonte dai toni cupi.

Il camaleonte impedisce alle ali di bruco blu di spuntare. Il camaleonte impedisce a bruco blu di spiccare il volo verso la libertà con i suoi tre figlioletti.

Quella narrata da Tiziana Di Ruscio è una semplice, ma didascalica favola per bambini.

Certo è una favola, ma non una favoletta.

Una narrazione essenziale, ma efficace che contiene altissimi e nobili messaggi da tramandare e trasmettere alle nuove generazioni contro la violenza in tutte le sue forme.

Inclusa la violenza esercitata dagli esseri umani sulla Natura. E non a caso nelle favole per bambini i protagonisti sono per lo più animali, a testimonianza del fatto che la condizione infantile sente spontaneamente la vicinanza e l’affinità con gli altri esseri viventi, che poi l’educazione ad un certo tipo di civiltà tecnologica porta a perdere persino come percezione elementare.

Bruco è blu perché soffocato tra le mura domestiche, un’autentica prigione, a causa del colore prevalente del camaleonte che incute terrore e perpetra violenza. Ma bruco blu non serba alcun rancore. Non trasmette odio ai figlioletti. Vuole che anche il camaleonte si riscatti dal grigiore e dal blu della sua condizione. Bruco blu semplicemente un giorno, con i suoi tre piccoli, riesce a fuggire nel bosco.

Incontra un grande albero e uno scoiattolo che indicano una nuova casa, un alloggio per la famiglia.

Bruco blu: una favola per tutt***

Una nuova famiglia che in realtà è portatrice dei colori dell’arcobaleno.

I colori della pace. Le tinte vivaci della vita che colorano un mondo senza violenza, senza odio, senza guerre, senza rancore. Dove bisogna impedire al più forte di imporre la propria forza, prepotenza e supremazia contro gli ultimi, i più fragili, contro tutti coloro che sono costretti e imprigionati tra grigie mura domestiche.

Nelle case dell’orrore.

Che si trasformano in prigioni per le vittime.

Questo è l’alto messaggio di Tiziana Di Ruscio, che nella favola riesce a svincolarsi dal camaleonte, ossia dai colori spenti, grigi, lugubri della violenza e di tutto ciò che essa comporta per l’intera umanità martoriata.

La favola di Tiziana Di Ruscio rappresenta un alto messaggio di pace e nonviolenza, che va oltre la retorica e le banalità, per estendersi  a ogni tipo di violenza nel quotidiano di cui è impregnato questo nostro mondo di guerre e questa nostra umanità martoriata di cui la donna è sempre succube ed è la prima vittima nei conflitti armati e non solo. In tutte le guerre, lo stupro è sempre utilizzato come arma micidiale, letale contro il nemico.

Il costo della brutalità militarista imposta dall’uomo forte, dal maschio, dal dittatore di turno è sempre scontato dal genere femminile, dall’infanzia alle categorie più fragili dell’umanità intera.

E non dimentichiamo i più deboli tra i deboli: i nostri fratelli animali e le nostre sorelle piante. Dobbiamo rispettarli non solo nei racconti per i più piccoli.

L’arcobaleno delle ali di una farfalla che bambina e donna trasformerà l’umanità in una grande e unica famiglia di pace e nonviolenza: perché questo è il grande messaggio, il nobile monito di Tiziana, che sorvola, con le ali di farfalla città e paesi e nazioni, in un autentico e sentito messaggio internazionale e mondiale per la pace tra genti, popoli, minoranze. Un mondo senza discriminazioni, senza guerre, senza violenze: questo è il nostro sogno.

Perché tutti noi abbiamo un sogno.

E anche se il cammino della nonviolenza è in salita, è impervio e pieno di ostacoli e conflitti di ogni sorta, noi attivisti e testimoni di pace apriremo le nostre case con i colori dell’arcobaleno a bruco blu perché sempre possa, ogni volta, trasformarsi in farfalla, nel suo destino di riscatto e liberazione.

Tiziana è sopravvissuta al femminicidio. È testimone di Pace insieme a tutti noi amici della nonviolenza.

È ora di dire basta al militarismo, al riarmo, alla corsa agli armamenti, a tutte le guerre e le violenze sempre perpetrate dall’ideologia patriarcale, misogina e maschilista: fondamentalmente antiumana ed ecocida.

Dobbiamo dispiegare le nostre ali arcobaleno e coinvolgere l’umanità intera per mettere pace tra i potenti della terra, per porre fine a genocidi, massacri, femminicidi, a tutte le guerre: alla violenza in tutte le sue forme. Perché l’essere umano e la donna, in particolare, in tutte le parti del mondo si impegnino per questo nobile e supremo ideale: la pace.

Note: Il libro è Edito da Masciulli e lo potete prenotare a questo indirizzo:
https://www.masciulliedizioni.com/prodotto/bruco-blu/?fbclid=IwAR2Afqg0f6tEgPci1DnVZUrNmW5xTWoAjHvzhivnK3z3Tvc6w22IRFv-kq0

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Storia di una bambina farfalla di Gaza

Recensione

Storia di una bambina farfalla di Gaza

I bambini ci insegnano a volare! Recensione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici. Libro a cura di Gianna Pasini, con illustrazioni di Fogliazza e postfazione di Wasim Dahmash. Edito da Edizioni Q

Storia di una bambina farfalla di Gaza

Recensione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

Storia di una bambina farfalla di Gaza è un libro per bambini e adulti sensibili e impegnati nell’attualità di questo nostro triste presente. Il libello è a cura di Gianna Pasini, con le illustrazioni di Fogliazza e la postfazione di Wasim Dahmash, edito da Edizioni Q.

Un libro che mette a nudo quanto l’umanità sprofondi in un baratro di violenza e odio. Ma allo stesso tempo trasmette l’esistenza di un’altra umanità, vera e alternativa all’inferno di disperazione, che si mette in gioco per aiutare chi vive la malattia a Gaza, in Palestina dove la solidarietà fa parte della cultura di un popolo che lotta e soffre e sopravvive.

L’Epidermolisi Bollosa o EB è una malattia rara della pelle che comporta, una fragilità estrema e ipersensibilità del tessuto epiteliale di chi ne è affetto.

Immaginate un bambino che si ritrova nella condizione di non poter fare quasi nulla, in situazioni estreme e violente, dove imperversano le atrocità della guerra, soffrendo quotidianamente per le limitazioni e gli stati patogeni dovuti a questa terribile e rara malattia.

Questi bambini vengono chiamati “bambini farfalla” perché la loro pelle è fragile come le ali di una farfalla.

In occidente esistono casi di bambini farfalla che fortunatamente vengono assistiti e curati adeguatamente.

Il problema si aggrava quando questi bambini si trovano in luoghi poveri e martoriati da guerre e da violenza e da soprusi.

Loro, vivendo nella disgrazia, non hanno la fortuna di accedere a cure adeguate. Ricevono, quando possibile, cure tramite ONLUS che lavorano sul territorio di Gaza.

Storia di una bambina farfalla di Gaza non è solo un libro è un mezzo per sostenere PCRF – Palestine Children’s Relief Found Italia, una ONLUS che da anni aiuta il Popolo Palestinese e in modo particolare i suoi bambini a sviluppare progetti educativi e sanitari in una terra martoriata dall’odio, dalla guerra e da ogni forma di soprusi e violenze.

Gianna, la curatrice di questo libro è un’infermiera di Brescia che da anni si reca a Gaza per portare aiuto a queste “piccole stelle” e che ha pianificato il suo “post pensione” dedicandosi a questi bambini così speciali e fragili: bellissimi.

Una grande rete di solidarietà in Palestina che mostra “un altro mondo possibile” fatto di donne e uomini di Pace che con dedizione vogliono lenire i mali del mondo.

A queste realtà, nel 2012, si è unita la Fondazione “Vittorio Arrigoni” con mamma Egidia e Alessandra Arrigoni sorella di Vittorio che per la Palestina hanno dedicato e donato la propria vita.

Leggere in questo libro della solidarietà e dell’aiuto concreto al popolo Palestinese riempie il cuore e fa sentire tutti più appartenenti ad una realtà umana migliore, quella auspicata da Vittorio Arrigoni nel suo celebre adagio “Restiamo umani”.

Le parole della piccola Martina, l’esempio di Mahmoud Sarsak e ancora la storia di Fahed, Reema e Hazem piccoli grandi bambini o meglio piccole farfalline con un cuore tanto grande, sono tutto l’amore del mondo.

Le illustrazioni di Fogliazza donano all’opera quella genuinità e quella spontaneità che solo i bambini di tutto il mondo, e in particolare modo quelli di Gaza, sanno trasmettere.

Wasim Dahmash nella postfazione permette di comprendere il bene e il male e esprime con forza ed estrema e sensibile chiarezza che il Popolo Palestinese non merita l’indifferenza del mondo subissato dai poteri forti e dalla malvagità dei prepotenti.

Proprio per questo motivo consigliamo l’acquisto del piccolo e prezioso libro Storia di una bambina farfalla di Gaza: un libello per bambini e soprattutto per adulti impegnati, scritto per una causa nobile che invitiamo tutti a sostenere.

 

Per informazioni sul Libro:

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Il sale e gli alberi: recensione

Il Sito Volere la Luna, associazione diretta dal Magistrato Livio Pepino propone

Il sale e gli alberi: recensione

Basaglia, l’antipsichiatria, la chiusura dell’ospedale psichiatrico di Imola negli anni Ottanta. Di questo, e di molto altro, tratta “Il sale e gli alberi” di Ernesto Venturini: una piccola storia nella grande storia del processo di liberazione dell’essere umano, tra successi e contraddizioni.

Libro di Ernesto Venturini, Collaboratore di Franco Basaglia: "il sale e gli alberi", Negretto Editore, Mantova

Il sale e gli alberi. La linea curva della deistituzionalizzazione (edito nella collana Cause e affetti per la casa editrice mantovana Negretto) è un saggio di Ernesto Venturini dedicato al processo di liberazione promosso nel campo della salute mentale in Italia, con particolare attenzione agli eventi che portarono alla chiusura dell’ospedale psichiatrico di Imola, nonché della lotta contro la segregazione manicomiale in direzione della deistituzionalizzazione.

Ernesto Venturini ha conseguito la laurea in psichiatria a Roma. A Gorizia e Trieste ha collaborato con Franco Basaglia. Nel 1979 per Einaudi ha curato una lunga intervista e riflessione con Basaglia sulla allora recente legge 180 pubblicata in Il giardino dei gelsi. Ha concorso – in qualità di Direttore del DSM – alla chiusura dell’ospedale psichiatrico di Imola e ha condotto una significativa esperienza sulla salute mentale in vita comunitaria come esponente di un metodo di riforma che ha confidato nell’attuazione di comportamenti sociali solidali e accoglienti verso le persone più fragili. Il suo percorso biografico è fatto di importanti amicizie e collaborazioni tra cui l’incontro che portò, appunto, al sodalizio con Franco Basaglia.

Il sale e gli alberi racconta una piccola storia che è parte effettuale di una grande storia. La piccola storia riguarda il superamento degli ospedali psichiatrici di Imola negli anni ’80 e ’90: attraverso la partecipazione attiva delle varie componenti associative e istituzionali, diventa uno dei più chiari esempi di politica comunitaria nell’ambito della salute mentale. La grande storia è il processo di liberazione dell’essere umano che cerca, nelle contraddizioni storiche e sociali, i riferimenti ideali per promuovere i cambiamenti. In questa circostanza, l’orientamento di Venturini è il pensiero basagliano della deistituzionalizzazione: un processo dialettico che va oltre una semplice riforma e che cerca di dare concretezza ai valori di un’utopia concreta. È in gioco la ricerca di una rottura con ogni logica escludente di emarginazione che riflette e rifletteva una società di disuguali.

La deistituzionalizzazione si propone di trasformare la società, attraverso pratiche collettive che si muovono nelle correnti calde dell’immaginazione creativa. In questa prospettiva la vicenda di Imola degli anni ’80 continua a mantenere una forte attualità per il suo messaggio di speranza nella possibilità di riscatto e di emancipazione dell’essere umano.

Venturini si avvale di uno stile metaforico e di riferimenti e letture multidisciplinari: il lettore è condotto in ambiti diversi da quello della psicologia e della psichiatria, fino alla comprensione dei fenomeni che sostengono i processi della cura e della riabilitazione in psichiatria. In apertura del testo l’autore prende a prestito da uno dei più visionari architetti del Novecento, il brasiliano Oscar Niemeyer, la figura dell’onda per assumerla come rappresentativa del percorso di lotta contro l’esclusione dalla società dei suoi componenti più fragili: la deistituzionalizzazione non procede per linea retta, assumendo l’inflessibilità degli angoli retti, la durezza geometrica degli spigoli come propria natura. La visione aperta dalla linea retta è più capace di controllo a lunga distanza mentre la linea curva perde dominio di sguardo ad ogni svolta, ma lo svolgimento curvilineo acquista in creatività e in capacità di aderire alle pieghe imprevedibili del reale: «La curvatura abitua alla sorpresa – scrive Venturini –, consente di imbattersi nell’inaspettato, abitua all’imprevisto». In quest’ottica Venturini attua un’operazione intensa di commistione con il mondo della letteratura e dell’arte. Oltre al poeta Cavafis, il lettore potrà incontrare nel libro riflessioni su William Shakespeare, Italo Calvino, Jean-Paul Sartre, Giorgio Gaber, e molti altri: un modo per consigliare al lettore di percorrere la via lunga (aperta ai contributi dal basso dei cittadini tutti), non la via breve che pervenga da un potere che è tutto ancora da legittimare. Ovviamente il libro si muove anche tra le varie tendenze della psichiatria che accompagnarono la legge 180 spaziando da David Cooper, lo psichiatra sudafricano che utilizzò per primo, nel 1967, il termine antipsichiatria (divenuto presto un movimento eterogeneo che avversava la psichiatria vigente), allo psichiatra scozzese Laing (celebre per alcuni studi sulla psicosi che andavano contro l’ortodossia del tempo, ma che rifiutò sempre l’etichetta di antipsichiatrico) all’ungherese Thomas Szasz, vicino alle convinzioni dell’antipsichiatria, che sostenne la lotta all’istituto del manicomio e all’ospedalizzazione.

«La legge 180 – scrive Venturini – è stata una parte strutturale di una serie di storiche riforme civili dell’Italia negli anni ’70, risultanti sempre da una forte mobilitazione dell’opinione pubblica e della società civile: la legge sanitaria, per l’appunto, la legge sul divorzio, sull’aborto, sulla libertà alla contraccezione, lo Statuto dei lavoratori, la promozione – anche per gli istituti tecnici – di un decisivo accesso delle masse all’università. […] Non pensavamo naturalmente che Imola fosse diventata una società perfetta, dove fosse finita ogni forma di discriminazione, di sfruttamento di uomini su altri uomini. Infelicemente non era così. Ma quella città, e noi con lei, aveva raggiunto una ricchezza fondamentale: stava sperimentando la possibilità di una società senza manicomi. Noi eravamo testimoni che era possibile liberarci dalla nostra alienazione attraverso la liberazione delle persone fino a quel momento marginalizzate – i folli, ossia i più fragili, in questo caso».

Note: Dal Sito Volere la luna
https://volerelaluna.it/cultura/2020/12/29/il-sale-e-gli-alberi/

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Amore & Resistenza

Recensione al Libro di David Maria Turoldo. Il Resistente

Amore & Resistenza

Piccola recensione ritmica di Renato Franchi  & Gianfranco D’Adda, Musicisti, per il Libro “David Maria Turoldo. Il Resistente” di Guerino Dalola, con prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

David Maria Turoldo. Il Resistente, Libro di Guerino Dalola con Prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici. Recensione di Renato Franchi e Gianfranco D'Adda

Storie incredibili, straordinarie, di giustizia, speranza, libertà , amore, paura e coraggio, si incontrano nel leggere le pagine memorabili della resistenza partigiana: ragazzi, donne e uomini di ogni ceto sociale, che indignati e sopraffatti si ribellarono, salendo sulle montagne, lasciando case e affetti, per combattere la crudeltà del fascismo mussoliniano, ignorante e vigliacco, e l’invasore germanico con il suo terrificante e folle nazismo hitleriano, orrendo e feroce !

 

Una stagione di lotta armata per dare la libertà al nostro paese e alle generazioni future !!! Una libertà da cui nacque la nostra Costituzione e la democrazia!

 

In queste vicende che legano con un filo rosso questa straordinaria umanità, con la sua fede, la sua cultura profonda, l’amore per la poesia, la musica e l’incapacità di rimanere inerte di fronte al terrore, il crimine e le atrocità della guerra con le sue vittime, le macerie e il dolore, incontriamo la  figura religiosa ma emblematica e carismatica di  Padre David Maria Turoldo.

 

Un Prete “Resistente”, come cita il titolo del bellissimo e avvincente libro edito da Mimesis, curato da Guerino Dalola, dall’Anpi Franciacorta con la preziosa prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici e il contributo di importanti testimonianze di persone e amici che lo hanno conosciuto, stimato e apprezzato per il suo impegno sociale anche dopo la stagione della Resistenza!

 

In queste belle pagine, ci troviamo nei passaggi di tempo e di vita di questo sacerdote che scopriamo un po’ ribelle e controcorrente.

 

Siamo di fronte a un sognatore, un poeta, scrittore e autore  di opere saggistiche e letterarie, che senza sparare un colpo di fucile s’impegnò con tutta l’anima e il cuore nella stagione straordinaria della Resistenza.

 

“Resistenza”, parola sacra per Padre Turoldo, come sacro fu il suo cammino, in cui non accettava barbarie e ingiustizie, non definendosi mai Partigiano ma semplicemente “un resistente”.

 

Comportamento coerente intriso di pensiero culturale e sociale molto profondo, che nella lacrima di Dio lo contraddistinse per tutta la sua vita, con non pochi ostacoli da superare.

 

Alcuni momenti difficili, come la sua posizione controcorrente sul voto contro l’abrogazione della legge sul divorzio ne sono una testimonianza concreta e emblematica!

 

Straordinario il suo pensiero evangelico… così riassunto è ricordato nel libro …“ i principi religiosi non possono essere imposti a chi non crede: la religione va proposta e spiegata. Non imposta con una legge”.

 

E così il suo tentativo, nella stagione del terrorismo e degli anni di piombo, di avviare una trattativa con le brigate rosse per la liberazione di Aldo Moro, presidente della democrazia cristiana, azione che gli fu impedita e bloccata dalle gerarchie superiori.

 

Tra i tanti citiamo questi episodi significativi, che delineano la coerenza e la saggezza sociale, politica e religiosa di David Maria Turoldo.

 

Prima di continuare ad addentrarci oltre, ci teniamo scrupolosamente a precisare il fatto che io, Renato Franchi e Gianfranco D’Adda, siamo musicisti da una vita e non è il nostro mestiere scrivere recensioni di libri, in particolare come questo, che tratta un tema importante….siamo più avvezzi e allenati ovviamente a scrivere e comporre canzoni e testi e musiche e ritmi.

 

Ma quando Laura Tussi ci chiese e ci propose di scrivere il nostro pensiero, una breve recensione sul libro e sulla figura di Turoldo, ci sentimmo onorati, ma anche preoccupati di non riuscire nel compito prezioso che ci veniva affidato.

 

Ora ringraziamo Laura e Fabrizio per averci spronato a farlo, perché come a volte succede, qualcosa fa accendere la luce nella stanza buia e illumina gli occhi che si mettono a viaggiare e vanno oltre l’apparenza oggettiva delle difficoltà, e così è avvenuto questa volta, ed eccoci qui, con le nostre riflessioni nate dopo aver letto il libro!!

 

La lampadina, la luce, il lampione si accesero quando arrivammo a pagina 19  del testo, davanti agli occhi apparve una poesia, tra le tante scritte da padre Turoldo nel 1947, dedicata alla città di Milano, ancora ferita e sconvolta dagli avvenimenti bellici.

Il titolo, a nostro giudizio, e il contenuto poetico e sincero di quelle parole scritte con il cuore ancora sanguinante e addolorato ci hanno colpito profondamente.

 

Ecco alcuni frammenti del testo:

 

“Mia Povera Patria”

 

Parole,inerti, macerie

brandelli di esistenza disamorate,

panorama del mio paese …..

 

E i poeti non hanno più canti

non un messaggio di gioia

nessuno una speranza

 

E non più alberi

sulle nostre strade disperate …

 

Le vie non hanno più linee

gli archi sono cemento

 

e dentro le case

ognuno è solo con la sua diffidenza …

 

giorni che non sono che polvere

agli orli delle macerie

 

Questa non è più una città!

 

Fummo letteralmente folgorati da quelle parole immense, piene d’amore, sgomento e dolore, ma anche di un desiderio di rinascita, di vita! Pensieri che ci riportano direttamente ai nostri giorni, al tempo che viviamo, ai problemi sociali che stiamo attraversando!

 

Così si è accesa la scintilla per me e Gianfranco che ci ha portato a trovare la strada e il coraggio di scrivere questa breve recensione.

 

Con le parole di questa  poesia ci siamo trovati catapultati lì, sulle montagne, con gli occhi gonfi di paura a vivere la nostra Resistenza con Padre Turoldo, scalzi, senza un fucile, senza una pistola, una mitragliatrice, senza un colpo da sparare, un nemico da abbattere, ma soltanto una penna, un computer e così siamo salpati nell’oceano, sul vascello e nelle scarpe di questo prete ribelle e resistente, che come si racconta nel libro, le indossò per la prima volta a tredici anni.

 

La nostra barca del pensiero approda così ai giorni nostri alla riva di una canzone che sembra scritta da Padre Turoldo; la celeberrima “Povera Patria” di una toccante e dolorosa invettiva del maestro Franco Battiato, altra figura importante del panorama culturale e musicale italiano con cui si è collaborato attraverso Gianfranco che ha suonato in tanti suoi album e in un centinaio di live.

 

Povera patria (F. Battiato)

 

Povera patria

schiacciata dagli abusi del potere

 

Di gente infame

che non sa cos’è il pudore

 

Si credono potenti

e gli va bene quello che fanno

e tutto gli appartiene

 

Tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni

Questo paese è devastato dal dolore

Ma non vi danno un po’ di dispiacere

Quei corpi in terra senza più calore?

 

Non cambierà, non cambierà

No, cambierà, forse cambierà

 

Ma come scusare le iene

negli stadi e quelle dei giornali?

Nel fango affonda lo stivale dei maiali

Me ne vergogno un poco e mi fa male

Vedere un uomo come un animale

 

Non cambierà, non…

 

Pur  con temporalità e condizioni sociali diverse, si avverte una micidiale analogia e similitudine tra la dolorosa descrizione di Battiato di una patria alla deriva, che necessita di un freno al cinismo, di un cambiamento e di una svolta per evitare di precipitare nel baratro della distruzione sociale!

 

Anche qui però con la speranza sempre accesa che la primavera anche se tarda ad arrivare, prima o poi arriverà.

 

Come nella poesia di Turoldo, che fotografa una realtà di distruzione che richiede un bisogno e una forte volontà di ricostruire dalle macerie… anche, come la primavera di Battiato, prima o poi doveva arrivare!!

 

Questo per noi è un collegamento diretto del pensiero di chi non accetta e lotta contro le ingiustizie, ben descritto nel libro.

 

Canzoni, poesia , arte, cultura, valori profondi che accomunano  il pensiero dei pacifisti e degli antifascisti!!

 

Nelle belle pagine di questa pubblicazione in memoria di Padre Turoldo, nelle storie e nei racconti resistenti, troviamo i valori del cammino di questo sacerdote, così come altre figure di vari ceti sociali, dell’umanesimo contadino, del mondo ecclesiastico, che lo hanno visto protagonista sui sentieri  della straordinaria stagione della Resistenza partigiana … e non solo …assunti con coerenza, senza se e senza ma.

 

Il libro descrive con preziosi dettagli molte situazioni in cui Padre Turoldo si impegnò a costruire con tenacia, caparbietà e determinazione i suoi ideali di giustizia, il più delle volte combattendo contro l’ottusità e la prepotenza delle gerarchie e del potere!

 

Potremmo dire che in quelle scarpe indossate per la prima volta a 13 anni e in quella poesia sono racchiusi i valori dell’antifascismo, del pacifismo, che lo videro forte e determinato negli anni della guerra del golfo in Iraq, della nonviolenza, dei ragazzi di Nomadelfia di Don Zeno Santini, nel rispetto e nella lotta contro le ingiustizie e le diseguaglianze, per il mondo del lavoro, degli umili e degli sfruttati, delle fasce più fragili e deboli della società, e per l’immenso dolore per i morti durante la guerra e nei campi di concentramento nazifascisti, la sua passione per l’arte, la conoscenza, la musica e la cultura.

 

David Maria Turoldo, il Resistente, un libro da tenere con amore sul cuore… e anche se Padre David non amava definirsi Partigiano, ma solo Resistente, io e Gianfranco gli diciamo: tranquillo padre .. non temere … questo comunque è un libro Partigiano. Tu sei un Partigiano, perché racconti le tue scelte, il tuo coraggio, il tuo amore per la gente, perché come dice De Gregori nella sua bella canzone… sempre e per sempre da questa parte ci ritroveremo … la parte che, come hai fatto tu, si batte contro le ingiustizie per rendere migliore il mondo e la vita!!

 

Ciao Resistente

 

Renato Franchi – Musicista/Cantautore

Gianfranco D’Adda – Musicista/Batterista

 

Grazie a Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

 

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“L’onda nera nel Lambro” Libro di Marco Fraceti

Recensione del libro di inchiesta di Marco Fraceti

“L’onda nera nel Lambro”

Il caso Lombarda Petroli e lo sversamento di idrocarburi del 2010 nel fiume Lambro. Prefazione di Vittorio Agnoletto. Mimesis Edizioni, collana Eterotopie.
Laura Tussi15 agosto 2020

Libro di Marco Fraceti

“L’onda nera nel Lambro. Il caso Lombarda Petroli e lo sversamento abusivo di idrocarburi” è un importante libro di inchiesta scritto dall’amico Marco Fraceti di cui ci ha fatto personalmente dono con una dedica che dimostra tutta la sua stima, per continuare a credere in “un altro mondo possibile”, parafrasando e ricollegandosi alla vita di impegno e sacrificio del nostro comune amico Vittorio Agnoletto.Vittorio Agnoletto, medico in prima linea contro lo strapotere e le ingiustizie perpetrate dalla giunta della regione Lombardia, ha scritto la prefazione di questo libro che denuncia e racconta, attraverso una narrativa che esplica con forza e coraggio le vicende di un territorio dominato dalla malavita, inquietanti domande sui perché del “mondo di mezzo” che purtroppo ostacola prepotentemente la pace, il destino e la vita del nostro martoriato paese.

L’autore Marco Fraceti è giornalista e scrittore impegnato in inchieste sulle infiltrazioni mafiose in terra di Brianza. Ha collaborato con Radio Popolare e è direttore dell’Osservatorio Antimafia di Monza e Brianza intitolato a Peppino Impastato. Fraceti racconta e denuncia che nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 2010 una consistente, una mortifera, una abnorme onda nera, una quantità di tremila tonnellate di idrocarburi si riversa nel fiume Lambro, fuoriuscendo dai serbatoi di una azienda, la Lombarda Petroli a Villasanta, in provincia di Monza e Brianza.

In quella terribile e devastante notte, avviene uno degli scempi ambientali più disastrosi e gravi del nostro paese e il tutto con l’assenza di responsabilità e responsabili ancora ad oggi.

Marco Fraceti percorre indagini tramite piste non ancora battute che illuminano una vicenda davvero molto intricata, dove non si riescono a trovare i responsabili e a capire chi è stato e a dare risposte certe e concrete e attendibili. L’Autore effettua un’inchiesta autonoma e un’indagine parallela a quella svolta dalla Magistratura perché non si sofferma sulle apparenze e sulle risposte semplicistiche e non presta attenzione alle casualità e alle coincidenze.Il disastro ambientale sul fiume Lambro nel 2010

Con un impegno di indagine meticoloso e metodico e puntuale, l’autore verifica e analizza l’immane quantitativo di testimonianze e dati raccolti negli archivi e nei fascicoli giudiziari e li sovrappone con informazioni sul campo e con un’ampia mole di documenti e fascicoli di archivio provenienti da ulteriori inchieste giudiziarie condotte contro la criminalità organizzata nello stesso territorio: la Brianza.

Dalle indagini dell’autore risulta, trapela e si pone in rilievo una impressionante cartina di tornasole di collusioni tra illegalità, politica e bieche manovre affaristiche che deviano e disturbano una condizione di pace nella vita della benestante provincia brianzola, in apparenza tranquilla e serena.

Marco Fraceti dedica il libro alle ragazze e ai ragazzi di Fridays For Future che con le loro azioni e il loro altruismo e attivismo costituiscono un’alternativa vera, valida e costruttiva per un mondo, una madre terra e per un’umanità sull’orlo del tracollo e del collasso.

Note: Recensione realizzata con Fabrizio Cracolici

La vicenda https://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_ambientale_del_fiume_Lambro

La sentenza della Cassazione
https://www.ilcittadinomb.it/stories/Cronaca/petrolio-nel-lambro-e-stato-disastro-colposo-la-cassazione-conferma-le-condann_1243871_11/