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Riflessioni interculturali per l’attuale genocidio a Gaza

di LAURA TUSSI

La relazione interculturale e l’Agenda Onu 2030 contro la guerra.

Il genere umano possiede risorse creative inesauribili nella possibilità di una nuova creazione di cittadinanza planetaria e globale, attraverso l’educazione della trasmissione del passato, nel recupero della memoria storica e, al contempo, apertura della mente per accogliere il nuovo, il cambiamento, al centro della innovativa missione di una progressiva progettualità interculturale, secondo gli obiettivi dell’Agenda 2030 emanata dall’ONU.

Il ripudio dell’Onu da parte dei poteri forti nell’attuale genocidio in atto a Gaza.

L’Onu è l’Organismo le cui risoluzioni di pace sono attualmente respinte dai poteri forti soprattutto nel conflitto in atto in Medio Oriente con il genocidio in corso a Gaza. E ultimamente i rappresentanti Onu sono stati vittime dei bombardamenti e massacrati e il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres è stato addirittura sbeffeggiato e maltrattato su una questione così cruciale come la guerra contro i più fragili del pianeta, come i bambini di Gaza.

Nessun popolo può arrogarsi il diritto di supremazia su altri popoli.

Nessun popolo può arrogarsi il diritto di una priorità cronologica e superiorità qualitativa, perché ogni civiltà si costituisce su un terreno interculturale, ossia come la risultante di interazioni transculturali, in quanto ogni cultura si è sempre formata grazie alla complessiva intermediazione con altri saperi, valori, idee e culture diverse e differenti da sé. Ogni specifica cultura non è univoca ed unica, ma plurale, prodotta da una molteplicità dinamica di differenziazioni, scambi, ibridazioni, commistioni, contaminazioni e innesti. 

Nell’ attuale guerra in Medio Oriente è disprezzata e calpestata la predisposizione al dialogo interculturale.

L’approccio interculturale si propone come dialogo, ossia come semplice confronto tra opinioni definite e consolidate, dove gli interlocutori sono disposti a mettere in discussione tutti i loro presupposti, gli impliciti preconcetti e persino se stessi.

La globalizzazione e il neoliberismo e il pensiero unico veicolano disvalori fascisti che impongono le guerre.

La globalizzazione, realizzando un unico orizzonte per una molteplicità di realtà locali, potrebbe apparire come la migliore occasione per intendere la cultura a livello interculturale. Al contrario, le tendenze che caratterizzano la globalizzazione conducono all’azzeramento ed all’omologazione delle differenze e quindi all’eliminazione della molteplicità che determina lo sviluppo di ogni singola cultura. 

I migranti fuggono da guerre, terrorismo, disastri ambientali, manovre economiche. Ma la fortezza Europa li respinge in nome del riarmo e dell’incremento delle spese militari.

La globalizzazione dei mercati rischia di esasperare l’incidenza del fenomeno migratorio, se non si attua un miglioramento generalizzato della condizione dei lavoratori dei paesi del sud del mondo, costretti comunque ad emigrare alla ricerca di condizioni di vita migliori. L’aumento del divario tra i paesi del nord e del sud del mondo e le nuove condizioni di instabilità e di tensione tra i popoli hanno visto pesantemente compromessa la possibilità di scambio e di dialogo tra versioni culturali differenti, apparse irriducibilmente contrapposte per certi aspetti.

L’educazione alla pace è una visione e una pratica nonviolenta ad ampio raggio e con distanze spazio-temporali.

L’educazione alla pace interculturale rappresenta il riconoscimento del valore della pari dignità e opportunità delle diversità da promuovere, rispettare e valorizzare e per questo costringe a ripensare le molteplici e quotidiane manifestazioni di razzismo, intolleranza, incomprensione intersoggettiva tra individui, contro genti e minoranze, come il genocidio in atto a Gaza, con persistenti azioni di discriminazione e violenza, con squilibri evidenti tra gruppi sociali, tra le culture ricche e articolate e le realtà del silenzio, depresse e dimenticate.

Il pregiudizio e la retorica di regime imposti dal potere nell’attuale genocidio in Medio Oriente.

Oltre il muro del pregiudizio, del limite della discriminazione, del confine intersoggettivo del razzismo occorre costruire un pensiero transculturale che transiti oltre le singole culture, con la sottoscrizione di intenti comuni e valori condivisi per poter pensare e realizzare un progetto di coesistenza pacifica in cui assicurare ai singoli, ai gruppi e ai popoli, i fondamentali diritti alla libertà, alla creatività, alla conoscenza, al rispetto delle proprie differenze di lingua, cultura e religione, per costruire un’autentica inter-trans-cultura, fondata su un grande investimento pedagogico che coinvolga le varie istituzioni educative nell’elaborazione di un progetto formativo finalizzato ad educare nella differenza, al dialogo e al confronto interculturale.

Resistenza e Nonviolenza creativa per la risoluzione dei conflitti.

Un pensiero inter-trans-culturale è capace di contrastare l’uniformità, l’omologazione, il conformismo e la chiusura culturale, cause di massificazione, intolleranza e assenza di progettualità per il futuro, e spesso di odio e violenza.  L’intercultura è un modo di essere del pensiero che si conquista a livello di conoscenza, di comprensione e di interpretazione dell’alterità, nella pratica del pensiero plurale, nella relazione creativa, al fine di apprendere e ragionare in forma esplorativa e transitiva, esaltando la propria componente critica e creativa che attiva la propria natura complessa e multiforme.

I dogmi e gli stereotipi della propaganda guerrafondaia e violenta occidentale, impostata sull’odio della differenza.

L’intercultura è un pensiero problematico capace di pensare la complessità e di muoversi dialetticamente e dialogicamente tra i molteplici piani esistenziali e culturali del reale, per educare metacognitivamente in maniera complessa, trasversale, transcognitiva, sviluppando una conoscenza della conoscenza e sapendo gestire i saperi e le informazioni del piano reale dell’esistenza, in modo da confutare, a livello pratico e dialettico, pregiudizi, dogmi e stereotipi, fonte di vari razzismi e discriminazioni e guerre e conflitti e in genere violenza strutturale tra popoli.

Per approfondire:

Pinto Minerva F., Intercultura, Laterza 2002

Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis 2022

Sitografia:

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Gaza: è catastrofe umanitaria. E la responsabilità degli intellettuali?

DI LAURA TUSSI 

 Ripudiamo la supremazia dei poteri forti che impongono il neoliberismo più depravato e il capitalismo a oltranza che ancora dichiara le guerre e si muove esclusivamente per intenti economici e per il “dio” denaro.

Ripudiamo ogni guerra con l’adagio “Restiamo Umani” di Vittorio Arrigoni.

È un momento in cui dobbiamo chiamare a raccolta tutte le nostre risorse emotive e difese psicologiche per continuare a credere nell’umanità, per mantenere la speranza, per praticare la pace e affermare la nonviolenza. Un conflitto che impregna anche l’aria e l’acqua della Palestina è esploso con una violenza senza precedenti e ora più che mai abbiamo il dovere di riflettere, comprendere e agire, senza voltare la testa dall’altra parte, come siamo tristemente abituati a fare. Come diceva Vittorio Arrigoni, che proprio fra le strade di Gaza ha trovato la morte, “Restiamo umani”.

Un genocidio contro i più fragili del pianeta.

Anche gli Stati Uniti hanno votato contro il cessate il fuoco. E’ davvero vergognoso, anzi abominevole.

Nelle manifestazioni a sostegno di Gaza, interviene sempre la polizia in assetto antisommossa per bloccare i manifestanti che protestano solo perché vogliono la pace.

Ormai il potere, tutti i governi occidentali e non solo, sostengono il dominio e la prevaricazione di Israele su un popolo inerme e costituito perlopiù da bambini e adolescenti.

Gli occhi del mondo.

In modalità vigliacche, costantemente vengono attaccati e decimati i più fragili. A partire dai bombardamenti degli ospedali ormai senza più nemmeno carburante per mantenere le macchine che fanno stare in vita i malati terminali. Un mio amico ha adottato una bambina di Gaza di soli 12 anni di cui non si hanno più notizie. E non si hanno più notizie dei bambini-farfalla a Gaza. E così di altre, molte, troppe povere persone.

Ripudiamo ogni guerra con gli scritti per la nonviolenza.

E’ direi di vitale importanza la diffusione di questi nostri libri e articoli contro la guerra, per ripudiare ogni conflitto armato, per la dignità di tutti noi antifascisti e ecopacifisti che vogliamo la pace sopra ogni cosa.

E’ importante scrivere e denunciare fino a quando attivisti di buona volontà gestiscono ancora quei pochi siti online e spazi e ambiti editoriali liberi soprattutto dall’odio e dalla propaganda bellicista e militaresca. Perché la pace è vita. E, ripeto, oggi, adesso, in queste ore è in atto un genocidio perpetrato ai danni di un popolo quasi tutto costituito di bambini e adolescenti e quindi civili tutti innocenti e inermi.

Gli occhi dei bambini di Gaza che Resistono.

Un genocidio perpetrato dai poteri forti compresi soprattutto noi occidentali. E questo genocidio peserà come un crimine, un macigno sulle nostre coscienze. Sempre se si può ancora parlare di coscienza. Sono certa di essere compresa. Noi non siamo né con Hamas né con Israele, ma contro la guerra e la violenza oscurantista che sta ottenebrando le menti di tutti noi, società presunta civile. Sempre che si possa parlare ancora di civiltà nel sonno della ragione che genera mostri. Mai più odio. Mai più guerra. Mai più violenza dettata e imposta dal neoliberismo più becero e bellicista e militaresco.

L’abolizione della violenza strutturale nel conflitto in Medio Oriente.

La violenza deve essere abolita da entrambe le parti di coloro che sono agli antipodi, che si contrappongono, che si odiano, che sono in conflitto nel corso di una guerra, di una controversia armata.

Hamas, attaccando e massacrando gli israeliani nei Kibbutz ha risvegliato l’ira funesta e furibonda dei poteri forti: di Israele.

Hamas non è certo amico della libertà e della pace per il popolo palestinese in quanto si sospetta sia stato infiltrato da agenti e cellule iraniane, da elementi degli Hezbollah. E quindi di certo, il governo di Israele e l’Occidente e l’America non vogliono uno stato di equilibrio, ma impongono costantemente di mietere vittime, utilizzando le armi incrementando così il commercio degli ordigni bellici più mortiferi e sofisticati per fatturare e incrementare le vendite di armi mortali. Una logica militaresca e guerresca, ma soprattutto di potere economico.

Una guerra imposta dai governi di Israele e non dal popolo.

Noi dobbiamo sempre dire che non è il popolo di Israele a volere la guerra, ma i governanti, i vari governi formati e costituiti dal potere militare, dai militari che impongono la controversia armata e letale dal 1948, assediando la striscia di Gaza e delimitando i suoi confini.

Dal 2009 si assiste a una fase più letale della recrudescenza del conflitto armato. Perchè si sono insediati governi sempre più retrivi e reazionari fino a arrivare all’apice di questa crudeltà con l’operazione piombo fuso in cui ha trovato la morte il grande pacifista Vittorio Arrigoni.

Le scuole di pace a Gerusalemme: una speranza per l’umanità intera.

I Parent’s Circle e esperienze come Neve Shalom sono impostati come idealità di costruzione di una pace profonda tra le due popolazioni. Queste esperienze di nonviolenza creativa e attiva vogliono far incontrare le vittime di entrambe le parti in dissidio, in guerra, che si dichiarano nemici. Ma in realtà la maggior parte del popolo sia israeliano e sia palestinese non crede più nei governi militari, né a Hamas, ma vuole per buona parte una risoluzione delle controversie armate che mietono migliaia e decine di migliaia e centinaia di migliaia di vittime tra donne, bambini, vecchi e uomini innocenti. Civili innocenti. Un popolo, anzi due popoli, su cui viene sempre esercitato uno stato di terrore. Due popoli deprivati totalmente e profondamente del diritto alla felicità. Deprivati di tutto. Di ogni diritto.

Vogliamo la Pace.

Perché la pace è innanzitutto bene, gioia e volontà di stare al mondo senza persecuzioni e odi etnici, atavici conflitti e guerre sanguinarie. La maggior parte della popolazione di Gaza è costituita da bambini e ragazzi quasi adolescenti che vivono nel terrore costante, succubi di uno stato di psicosi mentale perenne.

Vivono mutilati nei corpi e nelle menti.

L’Onu viene completamente ignorata. E massacrata…

E questo è un grave crimine contro l’umanità. Dove l’ONU non è stata mai ascoltata nonostante l’emanazione delle sue principali e importanti risoluzioni, sempre ignorate e disattese. Quindi accogliamo e promuoviamo uniti tutte le manifestazioni per la pace, per la nonviolenza, che si svolgono sia nei due stati belligeranti sia nel mondo intero, sia nelle maggiori capitali internazionali, da Milano, Roma, da Parigi a Francoforte a Londra.

Il crimine dell’Europa.

L’Europa dovrebbe lanciare appelli di aiuto per questi due popoli dilaniati e non pensare a fomentare ulteriormente la guerra come tra Ucraina e Russia e Nato. L’Europa sostiene i poteri forti, quindi i vari governi di Israele invece di appellarsi all’ONU e al diritto internazionale, che è stato creato dai padri Partigiani delle Costituzioni antifasciste nate dalla Resistenza in Italia e in tutta Europa. E quindi tutti noi che abbiamo la facoltà e ancora la possibilità di scrivere e denunciare e condannare dobbiamo per forza continuare a dichiarare le nostre posizioni pacifiste e nonviolente e servirci di tutti i mezzi a nostra disposizione.

L’impegno degli intellettuali e dei giornalisti per “Ricomporre l’infranto”.

Noi amici della Pace dobbiamo utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione per denunciare le violenze e ripudiare ogni guerra, di entrambe le fazioni belligeranti, a partire dalle testate giornalistiche pacifiste che ancora ci accolgono e ci permettono di svolgere la nostra mission.

La missione e il diritto e il dovere di attuare il pacifismo.

La missione e il diritto e il dovere di appellarci al pacifismo, con le dichiarazioni di pace e del ripudio di ogni violenza e di ogni guerra e poi portare questi nostri scritti, gli articoli di denuncia nelle piazze e nelle manifestazioni internazionali di tutto il mondo a partire dalla realtà locale. Quindi pensare globalmente e internazionalmente e agire localmente sempre interconnessi tra le varie parti del mondo che possono aiutarci nella denuncia e nel ripudio della guerra e della violenza.

Il diritto alla pace. Resistenza: non resilienza.

Perché il fine ultimo dell’umanità è la propria felicità e il bene derivante da questa condizione che scaturisce da contesti pacifici nonviolenti di amore, amicizia, creatività, gioco, interscambio, e ancora amore tra culture e religioni diverse: ripudiamo la supremazia dei poteri forti che impongono il neoliberismo più depravato e il capitalismo a oltranza che ancora dichiara le guerre e si muove esclusivamente per intenti economici e per il “dio” denaro.

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STOP. Il commercio con le colonie illegali

STOP. Il commercio con le colonie illegali

IL COMMERCIO CON LE COLONIE ILLEGALI
di Luisa Morgantini e Laura Tussi

AssopacePalestina invita a firmare per l’Iniziativa Cittadini Europei (ICE) per il blocco del commercio delle merci prodotte degli insediamenti illegali. Per farlo e avere ulteriori informazioni andate qui
http://www.stoptradewithsettlements.org
#StopTradeWithSettlements
L’ICE non è solo una campagna per la raccolta delle firme, una semplice petizione, ma uno strumento di partecipazione e di democrazia diretta, una sorta di legge di iniziativa popolare che chiede all’Unione europea coerenza e la formulazione di una legislazione che ponga fine all’importazione di merci provenienti dalle colonie nei territori occupati come quelli Israeliani in Palestina o quelli del Marocco nel Sahara Occidentale.
La campagna per essere valida e far sì che la Commissione Europea formuli iniziative legislative, richiede la raccolta di un milione di firme a livello europeo (58.000 per l’Italia).
Basta affari con le colonie, è tempo di regolamentare le transazioni commerciali dell’Europa con entità basate su territori illegalmente occupati secondo il diritto internazionale.
La campagna durerà un anno, ed è promossa dal coordinamento europeo per la Palestina con l’adesione di una rete di oltre cento organizzazioni non governative europee e internazionali, movimenti di base cittadini dell’Unione e Sindacati.
«La Ue considera gli insediamenti illegali un ostacolo alla pace e alla stabilità internazionali. Nonostante ciò, la Ue autorizza il commercio con tali entità. Un commercio che genera profitto dall’annessione e che contribuisce all’espansione di insediamenti illegali nel mondo», spiega la campagna.
Per l’Italia, tra i tanti promotori dell’iniziativa oltre ad AssopacePalestina ci sono La Fiom-Cgil, Arci, AssopacePalestina, Cospe, Libera, Medicina democratica, New Weapons Research Group, ECO – Ebrei contro l’occupazione, Fondazione Basso, Un ponte per…, Cultura è Libertà. Potete trovare la lista completa, italiana e internazionale,
#StopTradeWithSettlements
dove ogni cittadino e cittadina italiana può depositare la propria firma. Anche le adesioni sono sempre aperte. Firmate e fate firmare con un gesto di responsabilità e coerenza affinché il rispetto del diritto internazionale non resti sulla carta, ma venga applicato.

per info: lmorgantiniassopace@gmail.com

su Blog ODISSEA:
https://libertariam.blogspot.com/2022/04/il-commercio-con-le-colonie-illegali.html?spref=fb&fbclid=IwAR1dgXyy6h-SjsRJuXggdRJnpKJi7GclGFmd88L0yVA-6DCWVppJA-g7IDI

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Stop al commercio con gli insediamenti illegali
di Laura Tussi e Luisa Morgantini

Stop al commercio con gli insediamenti illegali
#StopTradeWithSettlements
di Luisa Morgantini e Laura Tussi

Gli insediamenti illegali sono una violazione del diritto internazionale.
L’Unione Europea e i suoi stati membri hanno l’obbligo di non riconoscere e non favorire queste violazioni e di adeguare la loro legislazione al diritto internazionale.
Contrariamente alle sue dichiarazioni, l’UE continua a favorire l’espansione degli insediamenti illegali, intrattenendo con essi rapporti commerciali.

Stop al commercio Ue con gli insediamenti illegali.
L’UE si oppone all’annessione e considera gli insediamenti illegali nei territori occupati un ostacolo alla pace e alla stabilità internazionali. Ma anche se gli insediamenti illegali costituiscono un crimine di guerra, l’UE acconsente il commercio con essi. Tale commercio consente profitti dall’annessione e contribuisce all’espansione degli insediamenti illegali in tutto il mondo.

Richiesta di Legge.
Chiediamo una legge dell’UE che metta fine al commercio con insediamenti illegali una volta per tutte. Questa legge si applicherà ovunque ai territori occupati, tra cui il Territorio della Palestina Occupata e gli insediamenti illegali di Israele lì.
La legge invierà anche un potente segnale in tutto il mondo che l’UE non ricompenserà più l’aggressione territoriale con scambi e profitti.

L’iniziativa dei cittadini europei.
Firma la petizione qui sotto per una legge storica che interrompe il commercio con gli insediamenti illegali.
Fai sentire la tua voce sulle politiche che riguardano la tua vita. L’iniziativa dei cittadini europei è uno strumento unico per contribuire a plasmare l’UE, chiedendo alla Commissione europea di proporre nuovi atti legislativi. Quando un’iniziativa raccoglie un milione di firme la Commissione decide quale azione intraprendere. Guarda le varie tappe
Se pensi di avviare un’iniziativa, consulta il Forum dell’iniziativa dei cittadini europei per una consulenza giuridica e pratica.
L’iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) può obbligare l’UE a vietare i rapporti commerciali con gli insediamenti illegali ovunque essi si trovino.
L’iniziativa dei Cittadini Europei è uno strumento democratico ufficiale che consente ai cittadini dell’UE di contribuire a plasmare l’Europa.

La petizione con la raccolta di un milione di firme.
Con la raccolta di un milione di firme, la Commissione Europea ed il Parlamento Europeo dovranno esaminare l’atto legislativo richiesto dalla petizione.
Se raccoglieremo un milione di firme la Commissione Europea dovrà prendere in esame un atto legislativo che vieterà i rapporti commerciali con gli insediamenti illegali.
Questo consentirà di inviare un forte segnale che l’UE non riconoscerà più le aggressioni territoriali con profitti derivanti dai commerci.

da Blog ODISSEA:
https://libertariam.blogspot.com/
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Evento con Padre Alex Zanotelli

“Riace. Musica per l’umanità”. Un nuovo umanesimo integrale contro ogni legge ingiusta.

17 aprile 2021 ore 17:30

Online with Facebook Live ()

La vicenda di Riace ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica alcuni interrogativi che, in un periodo come quello che stiamo vivendo, non possono più essere ignorati. Le leggi devono essere sempre rispettate, anche quando ingiuste, oppure la disobbedienza civile può ancora incidere sulla nostra società? Riace e il suo sindaco hanno offerto un modello di convivenza pacifica e plurale, oltre che virtuosa per il territorio.
Ne parliamo con i curatori del volume, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, e alcune delle figure che, negli ultimi anni, si sono contraddistinte per il loro impegno civile, padre Alex Zanotelli e Alfonso Navarra. Musica di Resistenza di Renato Franchi.

 

Il ricavato del libro Riace, Musica per l’Umanità sarà devoluto al progetto in aiuto dei bambini farfalla di Gaza

#riace #mimmolucano #integrazione #immigrazione #mimesiseditore #resistenza

Per maggiori informazioni: evento su Facebook

 

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Storia di una bambina farfalla di Gaza

Recensione

Storia di una bambina farfalla di Gaza

I bambini ci insegnano a volare! Recensione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici. Libro a cura di Gianna Pasini, con illustrazioni di Fogliazza e postfazione di Wasim Dahmash. Edito da Edizioni Q

Storia di una bambina farfalla di Gaza

Recensione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

Storia di una bambina farfalla di Gaza è un libro per bambini e adulti sensibili e impegnati nell’attualità di questo nostro triste presente. Il libello è a cura di Gianna Pasini, con le illustrazioni di Fogliazza e la postfazione di Wasim Dahmash, edito da Edizioni Q.

Un libro che mette a nudo quanto l’umanità sprofondi in un baratro di violenza e odio. Ma allo stesso tempo trasmette l’esistenza di un’altra umanità, vera e alternativa all’inferno di disperazione, che si mette in gioco per aiutare chi vive la malattia a Gaza, in Palestina dove la solidarietà fa parte della cultura di un popolo che lotta e soffre e sopravvive.

L’Epidermolisi Bollosa o EB è una malattia rara della pelle che comporta, una fragilità estrema e ipersensibilità del tessuto epiteliale di chi ne è affetto.

Immaginate un bambino che si ritrova nella condizione di non poter fare quasi nulla, in situazioni estreme e violente, dove imperversano le atrocità della guerra, soffrendo quotidianamente per le limitazioni e gli stati patogeni dovuti a questa terribile e rara malattia.

Questi bambini vengono chiamati “bambini farfalla” perché la loro pelle è fragile come le ali di una farfalla.

In occidente esistono casi di bambini farfalla che fortunatamente vengono assistiti e curati adeguatamente.

Il problema si aggrava quando questi bambini si trovano in luoghi poveri e martoriati da guerre e da violenza e da soprusi.

Loro, vivendo nella disgrazia, non hanno la fortuna di accedere a cure adeguate. Ricevono, quando possibile, cure tramite ONLUS che lavorano sul territorio di Gaza.

Storia di una bambina farfalla di Gaza non è solo un libro è un mezzo per sostenere PCRF – Palestine Children’s Relief Found Italia, una ONLUS che da anni aiuta il Popolo Palestinese e in modo particolare i suoi bambini a sviluppare progetti educativi e sanitari in una terra martoriata dall’odio, dalla guerra e da ogni forma di soprusi e violenze.

Gianna, la curatrice di questo libro è un’infermiera di Brescia che da anni si reca a Gaza per portare aiuto a queste “piccole stelle” e che ha pianificato il suo “post pensione” dedicandosi a questi bambini così speciali e fragili: bellissimi.

Una grande rete di solidarietà in Palestina che mostra “un altro mondo possibile” fatto di donne e uomini di Pace che con dedizione vogliono lenire i mali del mondo.

A queste realtà, nel 2012, si è unita la Fondazione “Vittorio Arrigoni” con mamma Egidia e Alessandra Arrigoni sorella di Vittorio che per la Palestina hanno dedicato e donato la propria vita.

Leggere in questo libro della solidarietà e dell’aiuto concreto al popolo Palestinese riempie il cuore e fa sentire tutti più appartenenti ad una realtà umana migliore, quella auspicata da Vittorio Arrigoni nel suo celebre adagio “Restiamo umani”.

Le parole della piccola Martina, l’esempio di Mahmoud Sarsak e ancora la storia di Fahed, Reema e Hazem piccoli grandi bambini o meglio piccole farfalline con un cuore tanto grande, sono tutto l’amore del mondo.

Le illustrazioni di Fogliazza donano all’opera quella genuinità e quella spontaneità che solo i bambini di tutto il mondo, e in particolare modo quelli di Gaza, sanno trasmettere.

Wasim Dahmash nella postfazione permette di comprendere il bene e il male e esprime con forza ed estrema e sensibile chiarezza che il Popolo Palestinese non merita l’indifferenza del mondo subissato dai poteri forti e dalla malvagità dei prepotenti.

Proprio per questo motivo consigliamo l’acquisto del piccolo e prezioso libro Storia di una bambina farfalla di Gaza: un libello per bambini e soprattutto per adulti impegnati, scritto per una causa nobile che invitiamo tutti a sostenere.

 

Per informazioni sul Libro:

CLICCA QUI

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Egidia Beretta Arrigoni: in Viaggio con Vittorio

Intervista a Egidia Beretta madre di Vittorio Arrigoni – Vik Utopia

Egidia Beretta Arrigoni: in Viaggio con Vittorio

“Questo figlio perduto, ma vivo come forse non lo è stato mai, che, come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi”

Laura Tussi con Egidia Beretta Arrigoni

Intervista di Laura Tussi a Egidia Beretta madre di Vittorio Arrigoni

 

“Questo figlio perduto, ma vivo come forse non lo è stato mai, che, come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi. Eravamo lontani con Vittorio, ma più che mai vicini. Come ora, con la sua presenza viva che ingigantisce di ora in ora, come un vento che da Gaza, dal suo amato Mediterraneo, soffiando impetuoso ci consegni le sue speranze e il suo amore per i senza voce, per i deboli, per gli oppressi, passandoci il testimone.”

 

Bellissime riflessioni: quando le hai scritte?

 

Scrissi di getto queste parole all’indomani del funerale di Vittorio e oggi, nove anni dopo, so che questo seme è fiorito e ha fruttificato.

Quel testimone continua ad andare, passando di mano in mano, di cuore in cuore, come un fiume inarrestabile.

Vittorio è la sorgente; io, solo la portatrice d’acqua che la alimenta.

 

La perdita e la memoria del figlio amato hanno inciso profondamente nella tua esistenza.

 

Questo è diventata la mia vita.

Per questo viaggio, instancabilmente, da nove anni e racconto a chi ha orecchie per ascoltare e cuore per accogliere, la sua, di vita, i sogni e le utopie.

 

Tutto questo deve essere un percorso doloroso, ma che comporta gesti d’amore.

 

Non è mai facile. Prima di ogni incontro, ho bisogno di silenzio e di meditazione. E, alla fine, mi sento svuotata, aliena alla realtà che mi circonda.

Il gesto d’amore che mi ha spinto a scrivere “Il Viaggio di Vittorio”, si ripete quando, partendo da quelle pagine, vado a dispiegare il filo della sua esistenza, dall’infanzia, alla giovinezza, all’età adulta, variegato e multiforme, ma sempre teso alla ricerca del senso del proprio vivere, fino alla raggiunta consapevolezza che solo la ricerca e la lotta per la giustizia, per la pace, sempre dalla parte degli oppressi, dei dimenticati, potevano dare significato al suo essere al mondo.

 

Quali argomenti tratti nel tuo libro “Il Viaggio di Vittorio”?

 

Narro del bambino che scrive di San Francesco e Martin Luther King, del ragazzo che stima Falcone e Borsellino, della grande passione per la musica, la lettura e la scrittura, dei primi Viaggi di volontariato a soccorrere e conoscere genti e luoghi al di fuori, finalmente, dai confini “recinti spinati”, consapevole che, attraversandoli, mettendosi alla prova, scorgerà la meta.

Mostro i suoi video e li riguardo anche io con la trepidazione della prima volta e colgo, attraverso gli occhi di chi guarda e ascolta, la mia stessa empatia ed emozione.

 

Vittorio ha sempre denunciato in forma nonviolenta tutte le ingiustizie e atrocità che accadono a Gaza.

 

Oltre le mie parole, voglio si veda e si ascolti Vittorio, l’esuberanza, la passione che lo muove, gli affanni, la gioia, la sofferenza, le denunce, la testimonianza diretta di quel che ha vissuto in Palestina, in Gaza.

E’ qui che il mio racconto si conclude, dove si è concluso il suo Viaggio.

Nella terra che lo ha accolto come figlio e fratello, là dove la tormentata ricerca del perché esistere ha infine trovato ragione.

Leggo i suoi scritti, che ci immergono in realtà altrimenti sconosciute.

E adempio così un preciso dovere che, sento, Vittorio mi ha affidato.

Non dimenticare mai la Palestina, raccontare, attraverso i suoi anni in Cisgiordania e in Gaza. Questo popolo, oppresso, ma coraggioso, resistente, generoso.

 

Un Viaggio quasi “iniziatico”…

 

In questo mio andare, ho percorso innumerevoli strade, città e piccoli paesi, lungo tutta la penisola, in luoghi i più diversi, biblioteche, parrocchie, centri sociali, culturali, feste Anpi, scuole.

E ogni volta, sento Vittorio presente a sostenermi nel trovare le parole giuste per chi mi ascolta, adulti, giovani, studenti, anche bambini.

Gli sono riconoscente perché, attraverso questi incontri, ho contemplato meraviglie di arte e natura mai visti, sono nate amicizie, soprattutto ho conosciuto un’umanità solidale che non immaginavo, persone generose e accoglienti, felici di incontrare “la mamma di Vik” e onorarlo onorando me.

 

Con questo Vostro Viaggio, riuscite, tu e Vik a cambiare le coscienze…

 

E quando, a posteriori, ricevo testimonianze di come la sua vita abbia cambiato la vita di tanti, specie di giovani, che, sulla sua traccia, stanno compiendo scelte ugualmente importanti, il mio cuore è felice e l’anima piena di gioia.

A chi vuole conoscere meglio e di più Vittorio, suggerisco di visitare il sito www.fondazionevikutopia.org, di leggere soprattutto le pagine del suo ”Gaza Restiamo Umani”, scritte a Gaza durante il massacro di Piombo Fuso, la graphic novel “Guerrilla Radio – la possibile Utopia” di Stefano Piccoli e infine, a chi volesse immergersi nei sogni del piccolo Vik, il racconto “Il bambino che non voleva essere un lupo”, scritto e illustrato da Sabina Antonelli, pubblicato a cura della Fondazione Vittorio Arrigoni “Vik Utopia” Onlus.

 

E’ nata questa importante Fondazione Vik Utopia in memoria di Vittorio

Parlo della Fondazione, nata per onorare la sua memoria e continuare la sua azione di impegno civile a servizio del bene comune, dei diritti umani e della giustizia.

I progetti che abbiamo sostenuto, vanno in questa direzione. Collaborando con diverse Associazioni, che operano in paesi nel mondo dove situazioni difficili di povertà o di discriminazione, colpiscono i più deboli, donne e bambini, seguiamo la strada che Vittorio ha tracciato.

E’ verso i bambini, soprattutto, che va il nostro impegno, consapevoli di quanto essi fossero nel suo cuore.

Continuerò ad andare, quindi, fino a quando avrò voce e forze per testimoniare, e, con Vittorio, annuncerò: “Faremo delle nostre vite poesie, fino a quando libertà non sarà declamata sopra le catene spezzate di tutti i popoli oppressi”.

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Intervista a una giovane attivista per la Palestina: Vane Marinello

Un messaggio di pace, solidarietà e uguaglianza tra esseri umani

Intervista a una giovane attivista per la Palestina: Vane Marinello

“Sono arrivata ad un punto in cui non riuscivo più a stare zitta. Continuavo a pensarci e mi sono detta bisogna cogliere l’opportunità di cambiare qualcosa. Così ho cominciato a studiare, a leggere e informarmi, ad usare i social per comunicare, per far capire e informare le persone.
su PeaceLink: https://www.peacelink.it/ospiti/a/47978.html

L'impegno per la PalestinaQuali motivi ti hanno reso un’attivista per la Palestina?

“Perché lo fai? Come hai iniziato?” Sono mesi che mi rivolgono queste domande; sicuramente e purtroppo non è cosa comune interessarsi a certi argomenti come la Palestina.
Non sono cresciuta con queste idee; in proposito la società odierna non ti dirà mai cosa è successo, non ti racconterà mai la storia com’è andata veramente.

Tu collabori con molte associazioni per la Pace nel mondo e ti occupi di divulgazione sui social; qual è la tua esperienza?

Sono nata ad Aosta il 17 marzo del 1994 e mi sono diplomata nel sociale, in scienze sociali. Dopo un’infanzia e un’adolescenza travagliata sono partita per l’estero perché volevo viaggiare. Dall’Egitto alla Turchia dal Vietnam alle Canarie alla Tunisia. Ho conosciuto nazionalità, culture e lingue diverse. Ho iniziato a lavorare come Animatrice e nelle Relazioni pubbliche di vari hotel ma ascoltando lamentele futili per cose inutili 24 ore su 24, ho cominciato a riflettere su cosa è davvero importante nella vita.
Il mio ultimo viaggio nel febbraio del 2020 è stato proprio in Vietnam, con l’associazione “Volunteers for Peace Vietnam”: è un’organizzazione di volontariato senza scopo di lucro fondata nel 2005 con l’obiettivo di promuovere il volontariato come mezzo di scambio culturale ed educativo tra le persone per generare pace e amicizia, e come approccio per affrontare le questioni sociali. La visione di VPV è un mondo di pace, in cui tutte le persone convivono con rispetto reciproco, hanno pari opportunità per svilupparsi al massimo del loro potenziale e hanno rispetto per l’ambiente.
Questo il sito di riferimento: http://www.vpv.vn/
Con un gruppo di ragazz*, per un mese, nella zona di Sapa, abbiamo aiutato a costruire una scuola per le/i bambin delle elementari, vivendo assieme, preparando piatti tipici del posto, giocando con loro.

Perché la Palestina?

La parola Palestina non è mai facile da pronunciare, come non è facile essere donna e parlare di politica. Dicono che una delle cose più importanti per farsi accettare dalla società è di non imporre le tue idee politiche sulla gente. Ce lo inculcano fin da subito. Durante la mia vita, ho sempre sentito gente dire “stanne fuori, non immischiarti in politica e nell’attivismo perché una brava ragazza non impone le sue opinioni sugli altri; una brava ragazza sorride saluta e dice grazie! Una brava ragazza non mette a disagio le/gli altr* con le proprie opinioni”.
Sono arrivata ad un punto in cui non riuscivo più a stare zitta. Continuavo a pensarci e mi sono detta “la prossima volta che hai l’opportunità di cambiare qualcosa devi coglierla, sapendo cosa e chi vuoi rappresentare e che cosa vuoi dire”.
Così ho cominciato a studiare, a leggere e informarmi, ad usare i social per comunicare, un messaggio di pace, solidarietà e uguaglianza tra esseri umani per far capire e informare le persone.
Infatti, non basta dire “sono di destra o di sinistra” per sentito dire, ma occorre farsi una propria opinione politica studiando e leggendo senza farsi influenzare nel pensiero e nelle scelte.

Quali sono stati i tuoi riferimenti più importanti?

Rispetto alla Palestina, sono grata a un amico esperto della materia, che mi ha introdotto nell’argomento perché, come accennavo prima, conoscere la storia moderna della Palestina non è purtroppo una cosa scontata. Mi è bastata una serata di approfondimento e l’ascolto di molte storie per innamorarmi della questione, iniziare a studiare e informarmi.
Il mio primo libro è stato “Gaza. Restiamo Umani” del grande Vittorio Arrigoni (Manifestolibri, 2011) e dopo aver letto un libro così non puoi assolutamente rimanere indifferente. Volevo impegnarmi e dopo qualche ricerca ho contattato la magnifica associazione “Gaza Freestyle Festival” che opera nella Striscia Di Gaza dove ha in costruzione una rampa da skateboard per le/i Gazaw* e d’insegnare varie arti e attività sportive, come fotografia, calcio e altro. Il Covid-19 ha rimandato la mia partenza e nell’attesa di realizzarla mi sto dedicando alla divulgazione, anche nelle piazze, durante le manifestazioni, della questione palestinese.
Sono un’attivista di “Giovani e Palestina” che fa parte dei Giovani Palestinesi d’Italia.
Questo il Link di riferimento: https://www.facebook.com/giovanipalestinesi.italia/
Scrivo ogni tanto degli articoli per la pagina Facebook dei “Giovani palestinesi d’Italia”: un’associazione indipendente di ragazz* palestinesi o di origine palestinese presenti in tutta Italia. Penso che sia importante continuare a parlare della causa palestinese perché in mezzo a tutte le censure noi non molliamo; questa è una cosa che ho imparato dal popolo palestinese, la resilienza nonostante tutto.

Quali sono i tuoi programmi e quelli della tua associazione?

Non sento ancora la necessità di sistemarmi (di lavorare e di avere un lavoro fisso) e di fermarmi in un posto. Mi piace cambiare, conoscere sempre gente nuova e moltiplicare le esperienze.
Sono sicura che, la Palestina un giorno sarà libera, ma nel frattempo dobbiamo continuare a parlarne.
Da quando ho iniziato ad usare i social, per la causa palestinese, ho ricevuto molti messaggi di ringraziamento da chi non la conosceva e che adesso, grazie alle nostre parole, conosce e ne è più cosciente. Non dobbiamo aver paura di parlare e raccontare le cose come stanno. Dobbiamo manifestare e urlare i nostri pensieri. Dobbiamo batterci per la libertà della Palestina perché non c’è cosa più resiliente e meravigliosa del popolo Palestinese. Dobbiamo difendere i giusti livelli di informazione che esistono nella nostra società, dobbiamo parlare di politica. Voglio essere d’aiuto e ringraziare chi mi ha ispirato: voglio essere d’aiuto alla causa palestinese, non stare zitta; battermi, continuare a parlare nonostante mi si chieda di chiudere la bocca ed essere “una brava ragazza”.

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L’attivismo per la Palestina

Un popolo distrutto dallo strapotere di un governo occupante e criminale

L’attivismo per la Palestina

Gaza vive ancora grazie a questo Mosaico di Pace attivista e alle tante associazioni filopalestinesi che spendono e dedicano la vita a una causa nobile come è la sopravvivenza ed esistenza del popolo palestinese e di tutti i popoli del mondo, nel filo rosso dell’amore per l’umanità intera
Laura Tussi2 giugno 2020

Palestina libera !

L’impegno civile e l’attivismo sociale dell’associazionismo filopalestinese si pongono il nobile intento di solidarizzare e aiutare e soprattutto di cercare di salvare un popolo da una condizione di brutale e indescrivibile oppressione da parte di una nazione occupante e di una situazione perversa di dominio da parte di uno strapotere prepotente e assassino.

Gaza vive ancora grazie a questo Mosaico di Pace attivista e alle tante associazioni filopalestinesi che spendono e dedicano la vita a una causa nobile e meritevole come è la sopravvivenza ed esistenza del popolo palestinese e di tutti i popoli del mondo, nel filo rosso dell’amore per l’umanità intera. L’impegno filopalestinese è un’attività costruttiva perché si prodiga e volge verso gli altri e lotta per difendere la vita sopra ogni altra cosa e per creare solidarietà e cercare voci, braccia, menti, cuori e persone al plurale evitando il soggettivismo e l’individualismo. Perché “solo tutti insieme ci si salva e non uno per uno”. E un ‘assolo’ riceverebbe più forza e spinta vitale compartecipando in percorsi collettivi e plurali con tutti coloro che sono impegnati nella causa più alta della salvezza dell’umanità.

Le associazioni a favore della Palestina fanno informazione e controinformazione, in quanto vi è necessità di raccontare la Palestina, sfidando censure e compensando ciò che dovrebbero fare i grandi media.

L’attivismo per la Palestina è una realtà umanitaria e anche umanistica, in quanto riguarda l’essere umano, la sua vita, la cultura, le sue radici. È volto a convertire l’io in un noi pluralista e solidale con tutti. Declinando il singolo al plurale per vivere il dono dell’azione non alla maniera individualistica di una sfida personale, ma come progetto compartecipato di trasformazione che accomuna e rende liberi e felici e uguali, in cui anche il singolo nutre gli ideali e l’animo più nobili, in quanto elimina l’egoismo che vive in natura.

Una realtà importante insieme al mosaico di pace di tutti gli attivisti impegnati per le cause della salvezza dei popoli dell’umanità e in particolare di un popolo umiliato e depredato e sottomesso e massacrato come quello palestinese.

Un popolo distrutto dallo strapotere di un governo occupante e criminale.

Ma la Palestina e Gaza hanno le risorse per R-esistere e gli attivisti per la Palestina sono tra queste grandi opportunità.

 

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Moni Ovadia si ricollega e riflette sul tema di Agenda Onu 2030 – Obiettivo “Pace, Giustizia e Istituzioni solide” con molteplici spunti di approfondimento nonché analizzando la vignetta dell’acuto vignettista Vauro che ritrae un padre e un figlio palestinesi a Gaza. 

In una vignetta del mio amico Vauro, i missili israeliani piovono da tutte le parti. Il bambino dice a suo padre: “Papà ho paura” il padre risponde: “Perché hai paura? Non siamo mica a New York”. Noi abbiamo tolto a una parte dell’umanità persino il diritto alla paura. Abbiamo visto milioni di volte la ripetizione dell’efferatezza che ha portato alla distruzione delle Torri Gemelle con 2890 morti circa, ma non abbiamo visto con la stessa frequenza le immagini dei morti innocenti iracheni e afghani delle cosiddette “guerre umanitarie”.

Parto da questa considerazione perché ci sono paesi i cui governi, ma anche una parte considerevole dei cittadini, sono gravati – anche se la parola è impropria – dalla logica del privilegio, ossia che noi abbiamo diritto a essere come siamo, non è un privilegio dovuto al luogo di nascita.

Che merito abbiamo per essere nati in un posto invece di un altro? Nessuno. 

Non esiste un merito. Infatti anche Mimmo Lucano e Alex Zanotelli dicono di non chiedere mai a una persona da dove viene: “L’ha portata il vento”…

La legalità internazionale è stata, da parte di ripetuti governi israeliani, calpestata con una indecenza che non ha limiti. Consideriamo che nessun governo israeliano ha fatto quello che doveva essere il dovere sacrale di un governo democratico, ossia stabilire i confini dello Stato di cui quel governo è governo. Lo Stato di Israele non ha una costituzione. Quindi non ha stabilito i suoi confini. Per cui l’arbitrio è la regola in tutte le cose che riguardano il conflitto israelo-palestinese. In particolare, il conflitto con i paesi arabi ha altre modalità ancorché si basa comunque su questa politica dello stato dei fatti compiuti. Politica del totale dispregio per le risoluzioni internazionali e, conseguentemente, per le istituzioni internazionali preposte alla pace. E tutto questo ad opera del governo e dell’autorità militare di un paese in cui il saluto comune è pace, invece di dire “Ciao”, “Buongiorno” si dice “Shalom” cioè Pace. La pace è addirittura iscritta nelle priorità della lingua.

Nei Link l’intervista a Moni Ovadia di Laura Tussi: testi integrali

https://www.peacelink.it/pace/a/47552.html

https://www.peacelink.it/ospiti/a/47600.html

su Invicta Palestina: Centro di Documentazione sulla Storia, Cultura, Tradizioni della Palestina

https://www.invictapalestina.org/archives/38974

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