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Tempi di Fraternità – Vittorio Agnoletto: democrazia e umanità

Tempi di Fraternità – Intervista per il lancio del Libro “Senza Respiro”

Tempi di Fraternità – Vittorio Agnoletto: democrazia e umanità

Tempi di Fraternità – Intervista a Vittorio Agnoletto sul suo ultimo Libro “Senza Respiro” con prefazione del Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Intervista di Laura Tussi a Vittorio Agnoletto. Video di Fabrizio Cracolici

Vittorio Agnoletto: democrazia e umanità

Intervista:

La democrazia necessita di umanità: intervista a Vittorio Agnoletto

 

Intervista su Tempi di Fraternità a Vittorio Agnoletto sul suo ultimo Libro “Senza Respiro” con prefazione del Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

Intervista di Laura Tussi a Vittorio Agnoletto.

Video di Fabrizio Cracolici.

 

https://www.youtube.com/watch?v=PHSGQxRd6V0

 

Domanda 1 – La democrazia ha bisogno di umanità, come scrive nella prefazione al libro “Senza respiro” il presidente brasiliano Lula. Lui si ricollega anche all’assassinio di George Floyd, vittima della violenza e dello strapotere poliziesco negli Stati Uniti, nella società americana squassata dalle ingiustizie, al pari di tutte le società nel mondo, ciascuna in gradi e forme diverse.

Una Umanità vessata che ovunque implora di diventare più umani, rispettosi dei diritti e della dignità della vita. Perché Lula ha accettato di scrivere una prefazione al libro dell’amico Vittorio Agnoletto?

 

Risposta 1
Grazie per questa domanda che mi permette di ragionare su alcuni aspetti del libro che in genere non vengono approfonditi. Ho conosciuto Lula al Forum Sociale Mondiale (WSF) di Porto Alegre nel 2001 e  ci siamo rivisti all’interno del Consiglio Internazionale del WSF. Ho pensato di chiedergli di scrivere la prefazione a questo mio libro “Senza respiro” per vari motivi: primo perché siamo di fronte a una pandemia cioè a qualcosa che non riguarda solo e unicamente l’Italia, l’Europa, un continente, ma riguarda tutto il mondo e in Lula vedo una persona che è capace ed è stato capace di guardare l’orizzonte globale del mondo, ma anche tenendo i piedi molto ben piantati per terra nel suo paese e cioè in Brasile.

E quindi quando parla della pandemia – e anche in diversi discorsi recenti ha parlato della pandemia – per esempio riesce a mettere in luce un aspetto in genere che non si considera e cioè che la lotta contro il Coronavirus deve legarsi all’impegno per “costruire un mondo di opportunità uguali per tutti, in cui la vita, i diritti umani e l’ambiente siano valori reali e impossibili da spezzare.” Infatti, il virus ovviamente può colpire tutti: sia la persona ricca come la persona povera; ma l’evoluzione della malattia dipende dai determinanti sociali e cioè da come una persona vive nella sua vita quotidiana. Se deve andare al lavoro o può lavorare da casa in smart-working e recarsi a lavoro con un mezzo proprio o andarci con un mezzo pubblico: in questo momento mezzi pubblici sono un ambito molto a rischio per le infezioni. Oppure se vive in una grande casa; oppure se vive in 40 metri quadri con quattro persone, solo per fare degli esempi. Le condizioni di vita incidono molto sulla possibilità o meno di evoluzione della malattia. Lula in vari suoi interventi ha descritto la situazione che esiste in Brasile, per esempio, le condizioni delle popolazioni dell’Amazzonia abbandonate completamente a sé stesse senza nessuna assistenza sanitaria. Nella prefazione al libro Lula alza lo sguardo e si domanda come sia possibile che l’ONU non abbia assunto il coordinamento degli sforzi mondiali per fronteggiare la pandemia e perché il Fondo Monetario Internazionale non ha cominciato a fare prestiti agevolati ai Paesi che ne hanno maggior necessità. E’ una domanda, credo, assolutamente legittima che ovviamente rimane senza risposta. Poi si evidenzia un altro aspetto importante nelle riflessioni di Lula quando scrive: “Il futuro post pandemia non è garantito per nessuno. E’ oggetto di conflitto. Coloro che si affrettano a annunciare il ritorno alla vecchia normalità si riferiscono con tale espressione alla piena restaurazione dell’iniquità del passato e di un presente caduco che la pandemia ha squadernato e ingigantito” e prosegue “non ci sono precedenti di un ritorno alla normalità dopo una rottura dell’intensità e dell’ampiezza di una pandemia o di una guerra” e aggiunge che chi, come noi, vuole cambiare la situazione attuale ha di fronte una grande missione.  Qui si evidenzia un ragionamento che riguarda tutti noi. La pandemia non è una parentesi della Storia, superata la quale è sufficiente tornare a come il mondo era in precedenza. E’ proprio quello specifico modello di sviluppo – fondato sullo sfruttamento della natura in ogni angolo della terra, sul disboscamento e sugli allevamenti intensivi, solo per fare degli esempi – che produce i cambiamenti climatici e che ha favorito il salto di specie di vari agenti infettivi tra i quali quello che ha prodotto questa pandemia.

Quindi non dobbiamo tornare indietro, ma andare in avanti verso un mondo diverso; i cambiamenti nel modello di sviluppo devono viaggiare parallelamente ad una differente redistribuzione della ricchezza mettendo al centro l’uguaglianza e le libertà di tutti.

Domanda 2 – Il presidente Lula sostiene che la nostra comune umanità deve agire in modo coordinato, solidale e cooperativo per non rimanere “Senza respiro”, che non è solo un sintomo del virus pandemico, ma è una metafora dei nostri tempi affannosi, alla ricerca di soluzioni globali, di salde svolte a livello planetario. Come può avvenire, secondo te, che sei stato portavoce del Social Forum globale, tutto questo grandioso processo umano, che aveva mosso i suoi primi passi con il movimento alter-global arrestato durante la brutale repressione e soppressione dei movimenti e degli attivisti ecopacifisti che manifestavano contro il G8 di Genova 2001?

Risposta 2
Il libro “Senza respiro” è una cosa vera.

Rappresenta un’immagine reale. Non è solo una metafora. Ho intitolato il libro “Senza respiro” perché purtroppo molte persone durante questa pandemia, anche qui da noi in Italia, in particolare in Lombardia, sono decedute abbandonate a sé stesse e sono state “scartate” dalla possibilità di utilizzare le terapie disponibili perché non esistevano abbastanza macchinari per tutti e i miei colleghi hanno dovuto scegliere tra chi assistere e chi abbandonare al proprio destino.

Il libro si apre con una drammatica testimonianza di un primario che è interrogato da un familiare di una persona ricoverata e infettatasi in ospedale con il Coronavirus; il familiare ha l’impressione che suo fratello sia stato messo da parte e spostato su una “corsia laterale”, trasferito in un ospedale dove non esiste un dipartimento di emergenza e che si sia rinunciato a curarlo.

Il primario risponde al familiare: “Suo fratello se sta qui è morto. Se dovesse peggiorare, non potremmo più intubarlo. La dove andrà, abbiamo allestito un reparto protetto ma voglio dirle una cosa a proposito della sua domanda sulle scelte. Io sono un credente e nei giorni scorsi sono andato dal mio confessore e ho chiesto tramite lui perdono a Dio. Ho chiesto perdono per le scelte che sarò costretto a fare. Mi creda non è il caso di suo fratello. Faremo di tutto per tenerlo da qui, sotto osservazione, ma sarà tremendo per me…” Il medico sta spiegando che deve scegliere a chi somministrare le terapie e chi invece sarà lasciato al suo destino.

Quindi “Senza respiro” è qualcosa di reale che è accaduto, che abbiamo vissuto e che stiamo sperimentando in questi mesi.

“Senza respiro” però è anche l’immagine di un pianeta di un mondo che non riesce a respirare. Cosa accade quando noi respiriamo? Inspiriamo ossigeno, introiettiamo nuove energie che permettono di rimettere in moto tutto il nostro organismo.

E’ quello che il nostro pianeta non riesce più a fare.

Il livello di sfruttamento che gli esseri umani hanno praticato sulla terra e sugli altri viventi è andato oltre ogni limite. Ma il titolo “Senza Respiro” è metafora anche di un’altra realtà: di una umanità che rischia di non avere più prospettive e la pandemia è un segnale su quale scenario futuro potrebbe aspettarci se noi scegliessimo di andare avanti con questo modello di sviluppo.

Siamo noi, l’umanità, che non respiriamo e Lula giustamente riporta il discorso collettivo anche a un esempio individuale e singolo, l’immagine di George Floyd, fissando nella mente di ciascuno un’immagine, un evento che tutti quanti ormai conosciamo. Ecco perché la lotta contro questa pandemia è indissolubilmente legata alla lotta per un mondo diverso. Ma in questa tragedia vi è anche un altro messaggio importante che arriva a noi tutti. Davanti a una pandemia nessuno può risolvere la questione da solo. Possiamo cercare di risolvere la pandemia solo mettendoci tutti insieme e durante la pandemia scopriamo, ma io direi, tocchiamo con mano, qualcosa che abbiamo sempre detto, ma purtroppo in molti ci hanno accusato di essere idealisti o ideologici. No. Tocchiamo con mano una cosa semplicissima: se io metto la mascherina difendo la mia salute, ma difendo anche la tua e la vostra salute. E se tu metti la mascherina difendi te stesso, ma difendi anche me. Esiste un destino che ci lega attraverso dei comportamenti individuali e collettivi. La storia recente dell’umanità dimostra che, di fronte a tutte le epidemie sostenute da agenti infettivi trasmissibili, conta molto anche l’assunzione di responsabilità individuale e collettiva delle persone. Quest’aspetto può fare la differenza. E’ interessante osservare come la pandemia è gestita in altri Paesi dove vi è molta più abitudine ad agire collettivamente e dove la cura della salute non è solo delegata agli esperti, ma fa parte anche dell’esperienza quotidiana delle persone attraverso una maggior attenzione alle regole della convivenza sociale, attraverso percorsi di formazione realizzati durante il corso della vita di ciascuno.

Penso a quello che ad esempio sta accadendo a Cuba, ne abbiamo avuta una testimonianza indiretta attraverso l’esperienza delle brigate di medici cubani che sono arrivate in nostro aiuto. Da questa epidemia dobbiamo trarre anche un insegnamento che per noi diventa un incoraggiamento: serve un progetto generale collettivo a livello globale; per questa ragione sono stati molto utili i collegamenti online che abbiamo realizzato con rappresentanti della società civile organizzata e dei movimenti un po’ in tutto il mondo, dal Nicaragua fino all’Iraq; la prospettiva che ci aspetta è quella di un impegno comune. Non è un caso che le esperienze maturate nella lotta all’epidemia saranno al centro del prossimo Forum Sociale Mondiale che si realizzerà nel 2021 in Messico, per una parte dei messicani in presenza e per gli altri, ovviamente via web.

Domanda 3 – La crisi planetaria è alimentata da biechi e beceri dettami di potere del capitalismo neoliberista, nelle sue varie declinazioni, dagli squilibri tra ecosistemi ambientali che ormai arrancano sotto le pressioni e i misfatti dell’”uomo forte”, dall’assenza di controllo sanitario e dalle ingerenze negative della società che ha smarrito ogni senso del limite, e dal mancato controllo popolare sulla sanità dominata da Big Pharma, le multinazionali farmaceutiche. La nostra comune umanità e il sentimento e il sentire umano della nostra specie sono chiamate a affrontare e risolvere le gravi sfide globali, l’intreccio tra minaccia nucleare-militare, ecologica-climatica e della disuguaglianza e delle oppressioni sociali. La pandemia da covid come si inserisce in questo quadro?  

 

Risposta 3
Non vi è dubbio, come ho già detto, che questa pandemia è un prodotto dell’attuale modello di sviluppo. Leggerei alcune frasi che ho riportato nel libro, frasi profetiche scritte da David Quammen nel famoso libro “Spillover” “Non c’è alcun motivo di credere che l’AIDS rimarrà l’unico disastro globale della nostra epoca, causato da uno strano microbo saltato fuori da un animale. Qualche Cassandra ben informata parla addirittura del Next Big One il prossimo grande evento come di un fatto inevitabile. Sarà causato da un virus? Si manifesterà nella foresta pluviale? O in un mercato cittadino della Cina meridionale? Farà 30 o 40 milioni di vittime?

L’ipotesi ormai è così radicata che potremmo dedicarle una sigla: NBO. La differenza tra HIV e NBO potrebbe essere per esempio la velocità di azione. NBO potrebbe essere tanto veloce a uccidere quanto l’AIDS è relativamente lento. Gran parte dei virus nuovi lavorano alla svelta”.

E’ impressionante pensare che queste righe, che risultano una vera e propria profezia, siano state scritte nel 2012; il medesimo autore scrive, in un’altra occasione, questa frase che, pur nella sua sinteticità, ci aiuta a capire la nostra realtà: “Invadiamo foreste tropicali e altri paesaggi selvaggi che ospitano così tante specie di animali e piante e all’interno di quelle creature così tanti virus sconosciuti. Tagliamo gli alberi, uccidiamo gli animali o li mettiamo in gabbia e li mandiamo ai mercati.

Distruggiamo gli ecosistemi e liberiamo i virus dai loro ospiti naturali. Quando ciò accade hanno bisogno di un nuovo ospite. Spesso siamo noi”. E insiste “Noi abbiamo prodotto l’epidemia di coronavirus. Potrebbe aver avuto inizio con un pipistrello in una grotta ma l’attività umana l’ha scatenata”. E credo che su questo argomento non ci sia assolutamente null’altro da aggiungere. Mentre mi pare che possiamo approfondire l’altra riflessione che hai sviluppato.

Noi siamo stati totalmente impreparati a fronteggiare questa pandemia anche per un’altra questione. Cioè per il modello di sanità dominante nei nostri Paesi.

E’ un modello di sanità tutto centrato sul profitto dove il nostro corpo è trasformato in merce a disposizione dei grandi capitali che hanno investito nel mondo sanitario. Non dimentichiamo che le strutture sanitarie private rispondono alle logiche comuni a tutte le aziende private: massimizzare i profitti. E come massimizzano i profitti? Quante più malattie e quanti più malati ci sono, tanto più guadagnano e quindi non è paradossale affermare che per le strutture sanitarie private la prevenzione non ha alcun interesse, ma non solo, è una antagonista perché sottrae malati e malattie al loro business. Ma la sanità privata è parte integrante ormai di tutti i sistemi sanitari dell’Occidente compreso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano per non parlare della nostra regione. In Lombardia il 40% della spesa corrente sanitaria pubblica va ad aziende private convenzionate con il SSN e ovviamente queste scelgono anche quali reparti convenzionare con il settore pubblico, quelli che producono maggiori profitti, come la cardiologia, l’alta chirurgia e quelli destinati alle cure delle patologie croniche. Il sistema è totalmente disinteressato a investire in dipartimenti di emergenza e a investire nei pronto soccorsi. Il disastro – e qui arriviamo all’ultimo segmento della tua domanda – è che chi gestisce la sanità pubblica molte volte, e in Lombardia è accaduto questo, ha introiettato dentro di sé il modello di sviluppo e i disvalori della sanità privata e gestisce la sanità pubblica come se dovesse gestire la sanità privata. Il che è un controsenso anche dal punto di vista economico. Perché nella sanità pubblica quanto più si investe nella prevenzione tanto meno ci sono malati e malattie e tanto più si risparmia in termini di finanza pubblica. Mentre invece chi gestisce la sanità pubblica ha scelto un modello privato. Il risultato è la distruzione della sanità territoriale considerata sanità di serie Z: assenza completa della sorveglianza sanitaria e dell’epidemiologia, abbandono dei medici di base, non realizzazione dei tamponi come strumento per individuare la diffusione del virus, finanziamenti minimi per l’assistenza domiciliare e attivazione di un numero esiguo delle Usca, le Unità Speciali di continuità assistenziale, rivolte specificatamente ai malati di Covid. Tutte queste non sono scelte casuali. Ecco perché noi abbiamo in Lombardia una sanità di eccellenza se parliamo delle ultime terapie, degli ultimi trial clinici ancora in via di sperimentazione e degli interventi chirurgici complessi e ad alta specializzazione, ma sicuramente non abbiamo una sanità di eccellenza se invece guardiamo le urgenze che noi abbiamo oggi e che richiedono un altro tipo di priorità.

Vi è inoltre un altro aspetto fortemente “patologico”: la direzione della nostra sanità, tutta la catena di comando, dipende unicamente da scelte dettate in base alla vicinanza al politico e al partito che in quel momento sono al potere. I direttori generali delle Asl e degli ospedali (che in Lombardia si chiamano ATS o ASST) sono tutti di nomina politica e a loro volta i direttori generali scelgono i direttori sanitari e quindi si realizza una catena di fedeltà e non di competenza; ne consegue che le indicazioni che vengono date non si basano sull’autorevolezza conquistata sul campo, ma sul potere che deriva dalla forza del legame che lega il dirigente al potere politico.

 

Domanda 4 – Perché nel libro si paragona il virus pandemico globale a una bomba nucleare prevedibile?

 

Risposta 4
Di fronte allo sfascio e all’incapacità della sanità lombarda di rispondere al virus, l’assessore al welfare e alla sanità della Lombardia Giulio Gallera ha cercato di giustificarsi dicendo che non potevano fare altro, che era arrivata una bomba nucleare e nessuno poteva e avrebbe potuto agire meglio di loro. Questa è una grande ed enorme bugia; se proprio si vuole paragonare l’epidemia ad una bomba nucleare, allora dobbiamo dire che era una bomba nucleare prevedibile, perché in tutti questi anni sono stati lanciati vari allarmi da ricercatori, scienziati e intellettuali.

Nel 2009 dopo l’epidemia da H1N1 l’Unione Europea ha chiesto ai governi nazionali e alle regioni di aggiornare i piani pandemici nel caso ci si dovesse trovare di fronte ad una nuova epidemia. Nel 2010 la regione Lombardia fa un audit, cioè affida a soggetti esterni l’analisi del proprio piano pandemico; questa analisi termina con un documento che, se lo leggiamo adesso, fa venire i brividi perché sono elencate tutte le cose da fare e sono esattamente gli interventi che sarebbero stati necessari e utili per fronteggiare il coronavirus. Ma nulla è stato realizzato. Per esempio, vi è scritto che il meccanismo di comunicazione tra le RSA e la sanità pubblica non funziona correttamente, non è chiaro di chi sono determinate responsabilità; vi sono indicazioni precise sia per le RSA sia per le strutture pubbliche sulla necessità di accantonare le mascherine e tutti i dispositivi di protezione individuale; si sottolinea la necessità di rafforzare l’azione dei medici di medicina generale eccetera.

Non è vero che la pandemia era un evento assolutamente imprevedibile. Ma non hanno tenuto in considerazione nessuna delle raccomandazioni arrivate da settori importanti del mondo scientifico e dalle istituzioni sovranazionali; alla fine la situazione è quella che viviamo.

 

Domanda 5 – “Un altro mondo è necessario, è urgente e quindi è possibile”. Rimanere senza respiro, come scritto da Lula nella prefazione, è una metafora del nostro tempo. Con lo sfruttamento feroce delle risorse di madre terra con il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra (Earth Overshoot Day), che vede un modello di sviluppo irrispettoso degli equilibri tra tutti gli esseri umani e tra le specie viventi, l’umanità ha messo a rischio la propria sopravvivenza con le grandi problematiche che incombono su di essa: la disuguaglianza sociale, i dissesti climatici e l’attività militare che trova la sua massima espressione in una possibile e irreversibile guerra nucleare.

Risposta 5
Abbiamo affrontato questo tema. Solo una cosa vorrei aggiungere. L’Earth Overshoot Day quest’anno è arrivato quasi un mese più tardi.

E’ il giorno entro il quale, secondo gli scienziati di tutto il mondo, noi consumiamo la quantità di risorse che il pianeta è in grado di riprodurre in un anno. Tutto quello che noi consumeremo da quel momento in poi non è riproducibile dalla terra e quindi andiamo sempre verso una maggiore impoverimento del pianeta e delle sue risorse. Quest’anno quel giorno è arrivato quasi un mese più tardi dello scorso anno. Come mai? Le misure che in tanti Paesi del mondo sono state assunte con il lockdown hanno limitato il consumo di energia e lo sfruttamento del pianeta. Ma non possiamo pensare di vivere in lockdown per sempre. Non possiamo pensare di vivere chiusi in casa, per chi la casa ce l’ha. Però è un’indicazione; si può imparare a consumare di meno anche conducendo una vita quotidiana decente, senza restare chiusi in casa. E’ un messaggio importante, una riflessione che viene offerta a tutti noi.

In conclusione io direi che oggi – mentre stiamo registrando questa intervista – siamo ancora nel pieno del disastro e della tragedia e ogni sera ascoltiamo il bollettino dei morti. Per farcela, abbiamo bisogno anche di pensare al futuro con la capacità di cogliere i segnali e i messaggi che, dalla tremenda esperienza di questa pandemia, ci possono arrivare per trarre delle indicazioni sulla direzione che collettivamente dobbiamo prendere per restituire al pianeta una prospettiva di futuro.

Se avremo questa attenzione e queste capacità, tutto quello che è accaduto avrà almeno lasciato qualche messaggio di incoraggiamento e di speranza oltre a messaggi di morte. “Senza Respiro” vuole provare a dare un contributo in questa direzione.

Vorrei ringraziarvi, Laura e Fabrizio, perché in tutti questi anni state facendo un lavoro importantissimo di sollecitazione e di raccolta di testimonianze attorno ai grandi temi della nostra epoca; non sono molte le persone che, come volontari, dedicano tempo e capacità a studiare i grandi scenari che si rivelano all’umanità intera e quindi grazie a Laura e Fabrizio.

Parole chiave: vittorio agnolettoagnolettocovidcoronavirussenza respirolulasanitàintervistasolidarietàlibrolibri

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Intervista a Vittorio Agnoletto sul suo ultimo Libro “Senza Respiro” con prefazione del Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

Intervista di Laura Tussi a Vittorio Agnoletto.

Video di Fabrizio Cracolici.

 

https://www.youtube.com/watch?v=PHSGQxRd6V0

 

Domanda 1 – La democrazia ha bisogno di umanità, come scrive nella prefazione al libro “Senza respiro” il presidente brasiliano Lula. Lui si ricollega anche all’assassinio di George Floyd, vittima della violenza e dello strapotere poliziesco negli Stati Uniti, nella società americana squassata dalle ingiustizie, al pari di tutte le società nel mondo, ciascuna in gradi e forme diverse.

Una Umanità vessata che ovunque implora di diventare più umani, rispettosi dei diritti e della dignità della vita. Perché Lula ha accettato di scrivere una prefazione al libro dell’amico Vittorio Agnoletto?

 

Risposta 1
Grazie per questa domanda che mi permette di ragionare su alcuni aspetti del libro che in genere non vengono approfonditi. Ho conosciuto Lula al Forum Sociale Mondiale (WSF) di Porto Alegre nel 2001 e  ci siamo rivisti all’interno del Consiglio Internazionale del WSF. Ho pensato di chiedergli di scrivere la prefazione a questo mio libro “Senza respiro” per vari motivi: primo perché siamo di fronte a una pandemia cioè a qualcosa che non riguarda solo e unicamente l’Italia, l’Europa, un continente, ma riguarda tutto il mondo e in Lula vedo una persona che è capace ed è stato capace di guardare l’orizzonte globale del mondo, ma anche tenendo i piedi molto ben piantati per terra nel suo paese e cioè in Brasile.

E quindi quando parla della pandemia – e anche in diversi discorsi recenti ha parlato della pandemia – per esempio riesce a mettere in luce un aspetto in genere che non si considera e cioè che la lotta contro il Coronavirus deve legarsi all’impegno per “costruire un mondo di opportunità uguali per tutti, in cui la vita, i diritti umani e l’ambiente siano valori reali e impossibili da spezzare.” Infatti, il virus ovviamente può colpire tutti: sia la persona ricca come la persona povera; ma l’evoluzione della malattia dipende dai determinanti sociali e cioè da come una persona vive nella sua vita quotidiana. Se deve andare al lavoro o può lavorare da casa in smart-working e recarsi a lavoro con un mezzo proprio o andarci con un mezzo pubblico: in questo momento mezzi pubblici sono un ambito molto a rischio per le infezioni. Oppure se vive in una grande casa; oppure se vive in 40 metri quadri con quattro persone, solo per fare degli esempi. Le condizioni di vita incidono molto sulla possibilità o meno di evoluzione della malattia. Lula in vari suoi interventi ha descritto la situazione che esiste in Brasile, per esempio, le condizioni delle popolazioni dell’Amazzonia abbandonate completamente a sé stesse senza nessuna assistenza sanitaria. Nella prefazione al libro Lula alza lo sguardo e si domanda come sia possibile che l’ONU non abbia assunto il coordinamento degli sforzi mondiali per fronteggiare la pandemia e perché il Fondo Monetario Internazionale non ha cominciato a fare prestiti agevolati ai Paesi che ne hanno maggior necessità. E’ una domanda, credo, assolutamente legittima che ovviamente rimane senza risposta. Poi si evidenzia un altro aspetto importante nelle riflessioni di Lula quando scrive: “Il futuro post pandemia non è garantito per nessuno. E’ oggetto di conflitto. Coloro che si affrettano a annunciare il ritorno alla vecchia normalità si riferiscono con tale espressione alla piena restaurazione dell’iniquità del passato e di un presente caduco che la pandemia ha squadernato e ingigantito” e prosegue “non ci sono precedenti di un ritorno alla normalità dopo una rottura dell’intensità e dell’ampiezza di una pandemia o di una guerra” e aggiunge che chi, come noi, vuole cambiare la situazione attuale ha di fronte una grande missione.  Qui si evidenzia un ragionamento che riguarda tutti noi. La pandemia non è una parentesi della Storia, superata la quale è sufficiente tornare a come il mondo era in precedenza. E’ proprio quello specifico modello di sviluppo – fondato sullo sfruttamento della natura in ogni angolo della terra, sul disboscamento e sugli allevamenti intensivi, solo per fare degli esempi – che produce i cambiamenti climatici e che ha favorito il salto di specie di vari agenti infettivi tra i quali quello che ha prodotto questa pandemia.

Quindi non dobbiamo tornare indietro, ma andare in avanti verso un mondo diverso; i cambiamenti nel modello di sviluppo devono viaggiare parallelamente ad una differente redistribuzione della ricchezza mettendo al centro l’uguaglianza e le libertà di tutti.

Intervista per il lancio del libro di Vittorio Agnoletto "Senza Respiro"

Domanda 2 – Il presidente Lula sostiene che la nostra comune umanità deve agire in modo coordinato, solidale e cooperativo per non rimanere “Senza respiro”, che non è solo un sintomo del virus pandemico, ma è una metafora dei nostri tempi affannosi, alla ricerca di soluzioni globali, di salde svolte a livello planetario. Come può avvenire, secondo te, che sei stato portavoce del Social Forum globale, tutto questo grandioso processo umano, che aveva mosso i suoi primi passi con il movimento alter-global arrestato durante la brutale repressione e soppressione dei movimenti e degli attivisti ecopacifisti che manifestavano contro il G8 di Genova 2001?

Risposta 2
Il libro “Senza respiro” è una cosa vera.

Rappresenta un’immagine reale. Non è solo una metafora. Ho intitolato il libro “Senza respiro” perché purtroppo molte persone durante questa pandemia, anche qui da noi in Italia, in particolare in Lombardia, sono decedute abbandonate a sé stesse e sono state “scartate” dalla possibilità di utilizzare le terapie disponibili perché non esistevano abbastanza macchinari per tutti e i miei colleghi hanno dovuto scegliere tra chi assistere e chi abbandonare al proprio destino.

Il libro si apre con una drammatica testimonianza di un primario che è interrogato da un familiare di una persona ricoverata e infettatasi in ospedale con il Coronavirus; il familiare ha l’impressione che suo fratello sia stato messo da parte e spostato su una “corsia laterale”, trasferito in un ospedale dove non esiste un dipartimento di emergenza e che si sia rinunciato a curarlo.

Il primario risponde al familiare: “Suo fratello se sta qui è morto. Se dovesse peggiorare, non potremmo più intubarlo. La dove andrà, abbiamo allestito un reparto protetto ma voglio dirle una cosa a proposito della sua domanda sulle scelte. Io sono un credente e nei giorni scorsi sono andato dal mio confessore e ho chiesto tramite lui perdono a Dio. Ho chiesto perdono per le scelte che sarò costretto a fare. Mi creda non è il caso di suo fratello. Faremo di tutto per tenerlo da qui, sotto osservazione, ma sarà tremendo per me…” Il medico sta spiegando che deve scegliere a chi somministrare le terapie e chi invece sarà lasciato al suo destino.

Quindi “Senza respiro” è qualcosa di reale che è accaduto, che abbiamo vissuto e che stiamo sperimentando in questi mesi.

“Senza respiro” però è anche l’immagine di un pianeta di un mondo che non riesce a respirare. Cosa accade quando noi respiriamo? Inspiriamo ossigeno, introiettiamo nuove energie che permettono di rimettere in moto tutto il nostro organismo.

E’ quello che il nostro pianeta non riesce più a fare.

Il livello di sfruttamento che gli esseri umani hanno praticato sulla terra e sugli altri viventi è andato oltre ogni limite. Ma il titolo “Senza Respiro” è metafora anche di un’altra realtà: di una umanità che rischia di non avere più prospettive e la pandemia è un segnale su quale scenario futuro potrebbe aspettarci se noi scegliessimo di andare avanti con questo modello di sviluppo.

Siamo noi, l’umanità, che non respiriamo e Lula giustamente riporta il discorso collettivo anche a un esempio individuale e singolo, l’immagine di George Floyd, fissando nella mente di ciascuno un’immagine, un evento che tutti quanti ormai conosciamo. Ecco perché la lotta contro questa pandemia è indissolubilmente legata alla lotta per un mondo diverso. Ma in questa tragedia vi è anche un altro messaggio importante che arriva a noi tutti. Davanti a una pandemia nessuno può risolvere la questione da solo. Possiamo cercare di risolvere la pandemia solo mettendoci tutti insieme e durante la pandemia scopriamo, ma io direi, tocchiamo con mano, qualcosa che abbiamo sempre detto, ma purtroppo in molti ci hanno accusato di essere idealisti o ideologici. No. Tocchiamo con mano una cosa semplicissima: se io metto la mascherina difendo la mia salute, ma difendo anche la tua e la vostra salute. E se tu metti la mascherina difendi te stesso, ma difendi anche me. Esiste un destino che ci lega attraverso dei comportamenti individuali e collettivi. La storia recente dell’umanità dimostra che, di fronte a tutte le epidemie sostenute da agenti infettivi trasmissibili, conta molto anche l’assunzione di responsabilità individuale e collettiva delle persone. Quest’aspetto può fare la differenza. E’ interessante osservare come la pandemia è gestita in altri Paesi dove vi è molta più abitudine ad agire collettivamente e dove la cura della salute non è solo delegata agli esperti, ma fa parte anche dell’esperienza quotidiana delle persone attraverso una maggior attenzione alle regole della convivenza sociale, attraverso percorsi di formazione realizzati durante il corso della vita di ciascuno.

Penso a quello che ad esempio sta accadendo a Cuba, ne abbiamo avuta una testimonianza indiretta attraverso l’esperienza delle brigate di medici cubani che sono arrivate in nostro aiuto. Da questa epidemia dobbiamo trarre anche un insegnamento che per noi diventa un incoraggiamento: serve un progetto generale collettivo a livello globale; per questa ragione sono stati molto utili i collegamenti online che abbiamo realizzato con rappresentanti della società civile organizzata e dei movimenti un po’ in tutto il mondo, dal Nicaragua fino all’Iraq; la prospettiva che ci aspetta è quella di un impegno comune. Non è un caso che le esperienze maturate nella lotta all’epidemia saranno al centro del prossimo Forum Sociale Mondiale che si realizzerà nel 2021 in Messico, per una parte dei messicani in presenza e per gli altri, ovviamente via web.

 

Domanda 3 – La crisi planetaria è alimentata da biechi e beceri dettami di potere del capitalismo neoliberista, nelle sue varie declinazioni, dagli squilibri tra ecosistemi ambientali che ormai arrancano sotto le pressioni e i misfatti dell’”uomo forte”, dall’assenza di controllo sanitario e dalle ingerenze negative della società che ha smarrito ogni senso del limite, e dal mancato controllo popolare sulla sanità dominata da Big Pharma, le multinazionali farmaceutiche. La nostra comune umanità e il sentimento e il sentire umano della nostra specie sono chiamate a affrontare e risolvere le gravi sfide globali, l’intreccio tra minaccia nucleare-militare, ecologica-climatica e della disuguaglianza e delle oppressioni sociali. La pandemia da covid come si inserisce in questo quadro?  

 

Risposta 3
Non vi è dubbio, come ho già detto, che questa pandemia è un prodotto dell’attuale modello di sviluppo. Leggerei alcune frasi che ho riportato nel libro, frasi profetiche scritte da David Quammen nel famoso libro “Spillover” “Non c’è alcun motivo di credere che l’AIDS rimarrà l’unico disastro globale della nostra epoca, causato da uno strano microbo saltato fuori da un animale. Qualche Cassandra ben informata parla addirittura del Next Big One il prossimo grande evento come di un fatto inevitabile. Sarà causato da un virus? Si manifesterà nella foresta pluviale? O in un mercato cittadino della Cina meridionale? Farà 30 o 40 milioni di vittime?

L’ipotesi ormai è così radicata che potremmo dedicarle una sigla: NBO. La differenza tra HIV e NBO potrebbe essere per esempio la velocità di azione. NBO potrebbe essere tanto veloce a uccidere quanto l’AIDS è relativamente lento. Gran parte dei virus nuovi lavorano alla svelta“.

E’ impressionante pensare che queste righe, che risultano una vera e propria profezia, siano state scritte nel 2012; il medesimo autore scrive, in un’altra occasione, questa frase che, pur nella sua sinteticità, ci aiuta a capire la nostra realtà: “Invadiamo foreste tropicali e altri paesaggi selvaggi che ospitano così tante specie di animali e piante e all’interno di quelle creature così tanti virus sconosciuti. Tagliamo gli alberi, uccidiamo gli animali o li mettiamo in gabbia e li mandiamo ai mercati.

Distruggiamo gli ecosistemi e liberiamo i virus dai loro ospiti naturali. Quando ciò accade hanno bisogno di un nuovo ospite. Spesso siamo noi“. E insiste “Noi abbiamo prodotto l’epidemia di coronavirus. Potrebbe aver avuto inizio con un pipistrello in una grotta ma l’attività umana l’ha scatenata“. E credo che su questo argomento non ci sia assolutamente null’altro da aggiungere. Mentre mi pare che possiamo approfondire l’altra riflessione che hai sviluppato.

Noi siamo stati totalmente impreparati a fronteggiare questa pandemia anche per un’altra questione. Cioè per il modello di sanità dominante nei nostri Paesi.

E’ un modello di sanità tutto centrato sul profitto dove il nostro corpo è trasformato in merce a disposizione dei grandi capitali che hanno investito nel mondo sanitario. Non dimentichiamo che le strutture sanitarie private rispondono alle logiche comuni a tutte le aziende private: massimizzare i profitti. E come massimizzano i profitti? Quante più malattie e quanti più malati ci sono, tanto più guadagnano e quindi non è paradossale affermare che per le strutture sanitarie private la prevenzione non ha alcun interesse, ma non solo, è una antagonista perché sottrae malati e malattie al loro business. Ma la sanità privata è parte integrante ormai di tutti i sistemi sanitari dell’Occidente compreso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano per non parlare della nostra regione. In Lombardia il 40% della spesa corrente sanitaria pubblica va ad aziende private convenzionate con il SSN e ovviamente queste scelgono anche quali reparti convenzionare con il settore pubblico, quelli che producono maggiori profitti, come la cardiologia, l’alta chirurgia e quelli destinati alle cure delle patologie croniche. Il sistema è totalmente disinteressato a investire in dipartimenti di emergenza e a investire nei pronto soccorsi. Il disastro – e qui arriviamo all’ultimo segmento della tua domanda – è che chi gestisce la sanità pubblica molte volte, e in Lombardia è accaduto questo, ha introiettato dentro di sé il modello di sviluppo e i disvalori della sanità privata e gestisce la sanità pubblica come se dovesse gestire la sanità privata. Il che è un controsenso anche dal punto di vista economico. Perché nella sanità pubblica quanto più si investe nella prevenzione tanto meno ci sono malati e malattie e tanto più si risparmia in termini di finanza pubblica. Mentre invece chi gestisce la sanità pubblica ha scelto un modello privato. Il risultato è la distruzione della sanità territoriale considerata sanità di serie Z: assenza completa della sorveglianza sanitaria e dell’epidemiologia, abbandono dei medici di base, non realizzazione dei tamponi come strumento per individuare la diffusione del virus, finanziamenti minimi per l’assistenza domiciliare e attivazione di un numero esiguo delle Usca, le Unità Speciali di continuità assistenziale, rivolte specificatamente ai malati di Covid. Tutte queste non sono scelte casuali. Ecco perché noi abbiamo in Lombardia una sanità di eccellenza se parliamo delle ultime terapie, degli ultimi trial clinici ancora in via di sperimentazione e degli interventi chirurgici complessi e ad alta specializzazione, ma sicuramente non abbiamo una sanità di eccellenza se invece guardiamo le urgenze che noi abbiamo oggi e che richiedono un altro tipo di priorità.

Vi è inoltre un altro aspetto fortemente “patologico”: la direzione della nostra sanità, tutta la catena di comando, dipende unicamente da scelte dettate in base alla vicinanza al politico e al partito che in quel momento sono al potere. I direttori generali delle Asl e degli ospedali (che in Lombardia si chiamano ATS o ASST) sono tutti di nomina politica e a loro volta i direttori generali scelgono i direttori sanitari e quindi si realizza una catena di fedeltà e non di competenza; ne consegue che le indicazioni che vengono date non si basano sull’autorevolezza conquistata sul campo, ma sul potere che deriva dalla forza del legame che lega il dirigente al potere politico.

 

Domanda 4 – Perché nel libro si paragona il virus pandemico globale a una bomba nucleare prevedibile?

 

Risposta 4
Di fronte allo sfascio e all’incapacità della sanità lombarda di rispondere al virus, l’assessore al welfare e alla sanità della Lombardia Giulio Gallera ha cercato di giustificarsi dicendo che non potevano fare altro, che era arrivata una bomba nucleare e nessuno poteva e avrebbe potuto agire meglio di loro. Questa è una grande ed enorme bugia; se proprio si vuole paragonare l’epidemia ad una bomba nucleare, allora dobbiamo dire che era una bomba nucleare prevedibile, perché in tutti questi anni sono stati lanciati vari allarmi da ricercatori, scienziati e intellettuali.

Nel 2009 dopo l’epidemia da H1N1 l’Unione Europea ha chiesto ai governi nazionali e alle regioni di aggiornare i piani pandemici nel caso ci si dovesse trovare di fronte ad una nuova epidemia. Nel 2010 la regione Lombardia fa un audit, cioè affida a soggetti esterni l’analisi del proprio piano pandemico; questa analisi termina con un documento che, se lo leggiamo adesso, fa venire i brividi perché sono elencate tutte le cose da fare e sono esattamente gli interventi che sarebbero stati necessari e utili per fronteggiare il coronavirus. Ma nulla è stato realizzato. Per esempio, vi è scritto che il meccanismo di comunicazione tra le RSA e la sanità pubblica non funziona correttamente, non è chiaro di chi sono determinate responsabilità; vi sono indicazioni precise sia per le RSA sia per le strutture pubbliche sulla necessità di accantonare le mascherine e tutti i dispositivi di protezione individuale; si sottolinea la necessità di rafforzare l’azione dei medici di medicina generale eccetera.

Non è vero che la pandemia era un evento assolutamente imprevedibile. Ma non hanno tenuto in considerazione nessuna delle raccomandazioni arrivate da settori importanti del mondo scientifico e dalle istituzioni sovranazionali; alla fine la situazione è quella che viviamo.

 

Domanda 5 – “Un altro mondo è necessario, è urgente e quindi è possibile”. Rimanere senza respiro, come scritto da Lula nella prefazione, è una metafora del nostro tempo. Con lo sfruttamento feroce delle risorse di madre terra con il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra (Earth Overshoot Day), che vede un modello di sviluppo irrispettoso degli equilibri tra tutti gli esseri umani e tra le specie viventi, l’umanità ha messo a rischio la propria sopravvivenza con le grandi problematiche che incombono su di essa: la disuguaglianza sociale, i dissesti climatici e l’attività militare che trova la sua massima espressione in una possibile e irreversibile guerra nucleare.

Risposta 5
Abbiamo affrontato questo tema. Solo una cosa vorrei aggiungere. L’Earth Overshoot Day quest’anno è arrivato quasi un mese più tardi.

E’ il giorno entro il quale, secondo gli scienziati di tutto il mondo, noi consumiamo la quantità di risorse che il pianeta è in grado di riprodurre in un anno. Tutto quello che noi consumeremo da quel momento in poi non è riproducibile dalla terra e quindi andiamo sempre verso una maggiore impoverimento del pianeta e delle sue risorse. Quest’anno quel giorno è arrivato quasi un mese più tardi dello scorso anno. Come mai? Le misure che in tanti Paesi del mondo sono state assunte con il lockdown hanno limitato il consumo di energia e lo sfruttamento del pianeta. Ma non possiamo pensare di vivere in lockdown per sempre. Non possiamo pensare di vivere chiusi in casa, per chi la casa ce l’ha. Però è un’indicazione; si può imparare a consumare di meno anche conducendo una vita quotidiana decente, senza restare chiusi in casa. E’ un messaggio importante, una riflessione che viene offerta a tutti noi.

In conclusione io direi che oggi – mentre stiamo registrando questa intervista – siamo ancora nel pieno del disastro e della tragedia e ogni sera ascoltiamo il bollettino dei morti. Per farcela, abbiamo bisogno anche di pensare al futuro con la capacità di cogliere i segnali e i messaggi che, dalla tremenda esperienza di questa pandemia, ci possono arrivare per trarre delle indicazioni sulla direzione che collettivamente dobbiamo prendere per restituire al pianeta una prospettiva di futuro.

Se avremo questa attenzione e queste capacità, tutto quello che è accaduto avrà almeno lasciato qualche messaggio di incoraggiamento e di speranza oltre a messaggi di morte. “Senza Respiro” vuole provare a dare un contributo in questa direzione.

Vorrei ringraziarvi, Laura e Fabrizio, perché in tutti questi anni state facendo un lavoro importantissimo di sollecitazione e di raccolta di testimonianze attorno ai grandi temi della nostra epoca; non sono molte le persone che, come volontari, dedicano tempo e capacità a studiare i grandi scenari che si rivelano all’umanità intera e quindi grazie a Laura e Fabrizio.

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Chiara Castellani: “Pensare al proprio prossimo”

Intervista sulla solidarietà al tempo della pandemia

Chiara Castellani: “Pensare al proprio prossimo”

“O si entra in questa dimensione di voler pensare agli altri e ciascuno di noi entra in questa prospettiva anche di globalizzazione della solidarietà con gli altri, o non riusciremo a salvarci tutti assieme, in questo dovremmo imparare anche dall’Africa”.
Laura Tussi22 settembre 2020

Intervista a Chiara Castellani a cura di Laura Tussi e Fabrizio Cracoliciin collaborazione con Emanuele Cusimano e Paolo Moro

 

 

Il mondo si scopre improvvisamente colpito da un virus che sta letteralmente cambiando il modo di vivere e di concepire la vita della stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta.

Quali pratiche occorre attivare per risolvere a livello planetario e locale emergenze che sempre più coinvolgono l’intera umanità?

 

In pratica sintetizzerei in una sola parola: pensare al proprio prossimo. Perché se le mascherine, come le abbiamo qui in Congo, che sono mascherine esclusivamente chirurgiche, ma confezionate con stoffe che proteggono gli altri ma non te dagli altri, o si entra in questa dimensione di voler pensare agli altri e ciascuno di noi entra in questa prospettiva anche di globalizzazione della solidarietà con gli altri, o non riusciremo a salvarci tutti assieme, in questo dovremmo imparare anche dall’Africa.

Perché nei mesi in cui la pandemia era particolarmente cruenta, ho ricevuto tantissimi, non solo messaggi, ma espressione di tutti i tipi di solidarietà con il Paese, con l’Italia di viva solidarietà con la mia famiglia. La gente mi mandava, pur essendo povera, quei centesimi che mi servivano per poter chiamare l’Italia. Mi dicevano “ti ho mandato un credito per poter chiamare la tua famiglia”. In Congo si è percepita questa solidarietà globale, invece altrove proprio non riesci a percepirla. Qui in Europa sento che questa solidarietà globale, questo volere essere solidali con i morti del Brasile, con i morti dell’India non è così forte come invece l’ho sentita da parte dei miei fratelli congolesi. O si rientra in questa dimensione di solidarietà globale, o non sapremo approfittare di questa che in fondo è una sfida di salute universale e solidarietà globale. Questo dovrebbe insegnarci sostanzialmente una cosa: o ci si salva tutti o non si salva nessuno. Se invece si utilizza la pandemia, come purtroppo vedo, in certi politici qui in Italia e a livello mondiale, per voler dire il “virus cinese” e voler per forza cercare dei colpevoli e dei corresponsabili, dei capri espiatori, se si vuole per forza trovare i colpevoli di questa pandemia, invece di capire quello che è veramente importante, ossia è la solidarietà globale e mondiale e universale, avremo in fondo perso una grandissima occasione per ristabilire un mondo fondato sulla pace e sulla solidarietà e sulla nonviolenza e si sarà ulteriormente accentuata la bellicosità dei nostri governanti.

 

Come l’umanità deve attivarsi per invertire questa rotta e per ricominciare a costruire una socialità, una convivenza e modelli di solidarietà vicini alle esigenze e necessità di una Madre Terra sempre più in difficoltà?

 

Proprio comprendendo che probabilmente, tra l’altro, la radice di quella epidemia sussiste: è la violenza che abbiamo perpetrato alla nostra Madre Terra. Questi cambiamenti climatici e ambientali hanno fatto in modo che dei virus animali, e non soltanto il covid, ma anche l’Ebola, dei virus che prima erano prettamente del mondo animale, stanno in questo momento contaminando l’uomo. Forse perché si è violato quell’equilibrio uomo e ambiente, che finché rispettavamo la natura, rispettavamo il microclima, non si era alterato.

Stiamo alterando l’equilibrio mondiale. Questo prospetta già adesso, con questa pandemia, una dimensione apocalittica che possiamo invertire soltanto cercando di stabilire nuovi modelli di sviluppo che evitano il surriscaldamento ambientale e climatico e che evitano lo sfruttamento non controllato della natura, del territorio e della Madre Terra.

 

Le spese militari nel mondo aumentano e i servizi sanitari vengono drasticamente ridotti. E ne risentono anche i settori della formazione e della cultura in genere.

Come attivarsi per un’inversione di questa tendenza?

 

Sarebbe sufficiente la volontà politica, ma anche proprio una inversione radicale di rotta. Se avessimo imparato dal covid a praticare una solidarietà globale e mondiale e universale, saremmo più tentati a cambiare rotta di fronte a un virus che ci sta colpendo tutti e in modo indistinto e indiscriminato, ma di cui le vittime sono soprattutto i più poveri e i più deboli: e adesso con l’esempio del Brasile e del Sudafrica e anche dei paesi poveri e già bistrattati da altre epidemie come la malaria, come l’AIDS.

Se entrassimo invece nell’ottica di non voler cercare i colpevoli e i capri espiatori, se usciamo dalla mentalità del “virus cinese”, e capiamo che i cinesi sono stati vittime, le prime vittime come lo siamo stati Tutti noi in questa solidarietà fra gli oppressi, si può invertire questa catastrofe mondiale e si può anche evitare di incidere ulteriormente sulla corsa agli armamenti. Stiamo purtroppo perdendo un’occasione planetaria, per cercare di dirigere l’umanità verso la Pace.

E stiamo invece cercando di costruire sempre nuove guerre, nuovi conflitti e nuove conflittualità che non possono portare ad altro che alla corsa agli armamenti.

 

Come possiamo da questa tragica esperienza trarre nuova energia per affrontare le grandi sfide del Terzo Millennio?

 

Proprio cercando di cogliere questa sfida per la solidarietà globale. Questa sfida e questo insegnamento molto grande dell’epidemia che parla chiaro: o ci si salva tutti o ci ammazziamo tutti. E se invece di saper rispondere a questo appello della solidarietà globale a cui ci chiama la pandemia, noi rispondiamo con conflittualità e con la ricerca di colpevoli e con la ricerca di nuovi conflitti, non solo avremmo perso una grande occasione per la pace nel pianeta, ma avremo ulteriormente aizzato guerre fredde che prima o poi diventeranno calde e se diventano calde diventano nucleari.

 

La cronaca giornaliera ci dà delle indicazioni di giovani soprattutto che sono refrattari all’uso della mascherina e alle regole e non riescono a capire che dobbiamo cambiare modello di vita perché questa pandemia ci condizionerà per molto tempo, se non adottiamo le dovute pratiche preventive. Come possiamo convincere queste persone a seguire le regole?

 

Purtroppo il negazionismo non esiste soltanto per il covid. In Congo sono stata testimone del negazionismo nei confronti dell’AIDS.

Una sindrome inventata.

Quando senti che il rischio di contagio e il rischio di infezione limita la nostra libertà, si può soprattutto avere questo rischio tra i giovani che vorrebbero avere la loro libertà sul piano sessuale, nel caso dell’AIDS, sul piano anche sociale, dove viene imposta la cosiddetta distanza sociale che poi comunque è comprensibile con delle relazioni umane.

Però appunto questa limitazione è sentita come una trappola come addirittura un bavaglio. Ossia “se ci mettono la mascherina è come una museruola”. No, la mascherina non è una museruola. Dobbiamo ritornare al punto di partenza in questa mentalità che la mascherina serve per proteggere l’altro. Devo mettere la mascherina per proteggere gli altri. E se voi ragionate alla stessa maniera, non ci sarà più diffusione del virus. E riusciamo a controbilanciare. Ma se voi dite che la mascherina non serve a niente perché non protegge allora significa che si agisce per egoismo. Un conto è il desiderio di libertà dei giovani, un conto è l’egoismo che si può solo condannare.

Per altruismo dobbiamo indossare la mascherina. Perché dobbiamo avere preoccupazione degli altri e soprattutto i giovani devono avere la preoccupazione per gli anziani, per i loro nonni, per i loro genitori e per tutte le persone che li hanno preceduti nella costruzione di questa società di cui facciamo parte e che è giusto proteggere proprio perché i nostri anziani ci hanno lasciato in fondo questa Madre Terra in eredità.Laura Tussi con Chiara Castellani (a destra)

Parole chiave: castellani chiarachiara castellanicoronavirusspese militari

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La scuola al centro del cambiamento

Costruire un mondo giusto a partire dalla scuola

La scuola al centro del cambiamento

L’insegnante e l’educazione al cambiamento per una cittadinanza attiva, globale e universale nell’ottica di una innovativa cultura della Terrestrità
Laura Tussi

https://www.peacelink.it/ospiti/a/47932.html

Rete Educazione alla TerrestritàPuò l’educazione aiutare le bambine, i bambini, i giovani a prendere coscienza di se stessi e del mondo in cui viviamo? può l’educazione aiutarci a comprendere le cause della povertà e degli interessi che portano la distruzione dell’ambiente e dell’intero assetto ecosistemico? può aiutare a combattere il razzismo, il maschilismo, l’omofobia e qualunque tipo di esclusione sociale? dunque aspiriamo mediante l’educazione a coltivare per i nostri giovani un certo senso di rispetto per l’interdipendenza e la responsabilità globale e universale e per una innovativa cultura della Terrestrità.

Siamo entrati in un’epoca nuova caratterizzata da numerosi fenomeni e processi che risultano particolarmente complessi da interpretare, che hanno introdotto nelle nostre vite numerose e pervasive novità, non solamente materiali, ma anche concettuali e addirittura paradigmatiche.

Infatti questo nostro tempo è caratterizzato da insicurezza, instabilità, senso di angoscia a tutti i livelli e ambiti: a livello di riconoscimento e ruolo sociale e persino a livello di prospettive interpersonali e planetarie soprattutto sotto l’influenza della pandemia covid.

Come sottolineano alcuni tra i pensatori più caustici dei nostri tempi, l’aumento delle libertà individuali e i dispositivi di tutela del singolo da parte della collettività alimentano l’ansia e la paura che sono così sbalzate dalla dimensione della sicurezza personale. Tutto questo a causa dello smottamento dovuto al crollo delle certezze e della sicurezza collettiva per questi fenomeni apocalittici, le tre minacce che incombono sull’umanità, ossia l’attività militare che potrebbe sfociare nella guerra nucleare, i gravissimi dissesti climatici e l’ingiustizia sociale globale. In tale contesto, mentre le tecnologie sembrerebbero poter risolvere qualsiasi problema, aumentano invece le differenze tra chi ha la possibilità di accedere alle conoscenze e alle tecnologie stesse e chi non ce l’ha. Se da un lato aumentano le possibilità di spostamento, dall’altro si diffonde il senso di precarietà e di disagio personale e anche psicologico. Mentre il mercato globalizzato dà la possibilità di procurarsi prodotti provenienti da luoghi lontani e disparati, le differenze tra ricchi e poveri si acuiscono e non senza conseguenze. Nello stesso momento in cui ci sembra di conoscere bene persone che non abbiamo mai incontrato, ci ritroviamo a non avere l’abitudine di condividere opinioni e cose con chi vive materialmente con noi lo spazio quotidiano. Mentre ci sembra di avere sempre un parere su tutto ciò che accade nel mondo, consideriamo spesso la politica un reparto riservato a troppo pochi soggetti che prendono le decisioni importanti. Le dinamiche del mondo contemporaneo e la nostra condizione attuale di esseri umani impongono un ripensamento delle stesse basi su cui poggiano i nostri concetti psicologici e pedagogici di individuo, di società, di solidarietà, di cittadinanza, di identità: di Terrestrità.

Intanto cresce la consapevolezza dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo il quale ha portato e continua a portare a una lunga serie di scompensi e di controindicazioni tanto a livello culturale quanto a livello psicologico, economico, a livello sociale e politico così come a livello ecologico, ambientale e ecosistemico soprattutto.

L’educazione in tutto ciò è cambiata? e sta cambiando? dovrebbe cambiare? educare oggi può essere considerato un compito identico a quello che era qualche decennio fa?

Ma come si può costruire e praticare un’educazione adeguata e una didattica pedagogica alternativa e introspettiva ai tempi che stiamo vivendo e come permettere che questa educazione in prospettiva di medio termine contribuisca sostanzialmente a migliorare i nostri stessi contesti e il contesto globale.

La scuola ha bisogno di mettere al centro queste domande, di approfondire quelle analisi che promettono di rileggere criticamente il nostro presente e di riflettervi pedagogicamente e psicologicamente per elaborare nuovi modi di svolgere appieno il suo compito sociale e culturale. La scuola non può rimanere isolata da ciò che accade fuori da essa. Deve collegarsi alla vita del territorio in cui si trova in una prospettiva che tenga ben presente l’inevitabile rapporto tra dimensione locale e dimensione universale: la dimensione anche psicologica e interioristica di Terrestrità e di ‘comunanza terrestre’ come sostiene Edgar Morin e riprende l’ecopacifista Alfonso Navarra.

È necessario che la scuola si ponga nelle dinamiche complesse del mondo di oggi come parte della soluzione non come parte del problema: proponendosi di formare dei soggetti autonomi, critici, dall’immaginario libero, indipendente, non omologato, per sostenere un nuovo modello di cittadinanza attiva, globale, universale. Questo significa andare oltre le frontiere e il sovranismo e la sovranità degli Stati e basare la propria azione sulla piena coscienza della dignità intrinseca all’essere umano e alla sua Terrestrità, sulla sua appartenenza a una ‘comunità terrestre’ locale e globale e sulla sua appartenenza a Madre Terra e sul suo impegno attivo per costruire un mondo più giusto e sostenibile che significhi sostenere e praticare un’idea e un ideale di cittadinanza globale.

La proposta pedagogica dell’educazione per una cittadinanza globale, universale e per una cultura della Terrestrità aspira dunque a integrare in una visione coerente e problematizzante tutte queste direttive educative mantenendo uno stretto legame tra questi ambiti e fra gli esseri umani in un pianeta la cui sostenibilità è minacciata e l’intera Madre Terra e l’umanità nella sua complessità si trovano addirittura al tracollo e al collasso.

Approfondimenti

Approfondimenti su Cittadinanza attiva e Cittadinanza Globale

Edgar Morin su Terra-Patria e Comunanza Terrestre

Progetti didattici e pedagogici sul portale per la scuola Funzione Obiettivo

Note bibliografiche:
Alfonso Navarra, Mario Agostinelli, Luigi Mosca “La follia del nucleare. Come uscirne con la rete ICAN” con prefazione di Alex Zanotelli. Introduzione di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, Mimesis Edizioni

Alfonso Navarra – Portavoce Associazione Disarmisti Esigenti http://www.disarmistiesigenti.org/2019/12/30/terrestrita/  e Laura Tussi
“Antifascismo e Nonviolenza” Mimesis Edizioni

Canale video “SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN”

Intervento di Alfonso Navarra – coordinatore Rete Educazione alla Terrestrità

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Laura Tussi

https://www.peacelink.it/ospiti/a/47932.html

Rete Educazione alla TerrestritàPuò l’educazione aiutare le bambine, i bambini, i giovani a prendere coscienza di se stessi e del mondo in cui viviamo? può l’educazione aiutarci a comprendere le cause della povertà e degli interessi che portano la distruzione dell’ambiente e dell’intero assetto ecosistemico? può aiutare a combattere il razzismo, il maschilismo, l’omofobia e qualunque tipo di esclusione sociale? dunque aspiriamo mediante l’educazione a coltivare per i nostri giovani un certo senso di rispetto per l’interdipendenza e la responsabilità globale e universale e per una innovativa cultura della Terrestrità.

Siamo entrati in un’epoca nuova caratterizzata da numerosi fenomeni e processi che risultano particolarmente complessi da interpretare, che hanno introdotto nelle nostre vite numerose e pervasive novità, non solamente materiali, ma anche concettuali e addirittura paradigmatiche.

Infatti questo nostro tempo è caratterizzato da insicurezza, instabilità, senso di angoscia a tutti i livelli e ambiti: a livello di riconoscimento e ruolo sociale e persino a livello di prospettive interpersonali e planetarie soprattutto sotto l’influenza della pandemia covid.

Come sottolineano alcuni tra i pensatori più caustici dei nostri tempi, l’aumento delle libertà individuali e i dispositivi di tutela del singolo da parte della collettività alimentano l’ansia e la paura che sono così sbalzate dalla dimensione della sicurezza personale. Tutto questo a causa dello smottamento dovuto al crollo delle certezze e della sicurezza collettiva per questi fenomeni apocalittici, le tre minacce che incombono sull’umanità, ossia l’attività militare che potrebbe sfociare nella guerra nucleare, i gravissimi dissesti climatici e l’ingiustizia sociale globale. In tale contesto, mentre le tecnologie sembrerebbero poter risolvere qualsiasi problema, aumentano invece le differenze tra chi ha la possibilità di accedere alle conoscenze e alle tecnologie stesse e chi non ce l’ha. Se da un lato aumentano le possibilità di spostamento, dall’altro si diffonde il senso di precarietà e di disagio personale e anche psicologico. Mentre il mercato globalizzato dà la possibilità di procurarsi prodotti provenienti da luoghi lontani e disparati, le differenze tra ricchi e poveri si acuiscono e non senza conseguenze. Nello stesso momento in cui ci sembra di conoscere bene persone che non abbiamo mai incontrato, ci ritroviamo a non avere l’abitudine di condividere opinioni e cose con chi vive materialmente con noi lo spazio quotidiano. Mentre ci sembra di avere sempre un parere su tutto ciò che accade nel mondo, consideriamo spesso la politica un reparto riservato a troppo pochi soggetti che prendono le decisioni importanti. Le dinamiche del mondo contemporaneo e la nostra condizione attuale di esseri umani impongono un ripensamento delle stesse basi su cui poggiano i nostri concetti psicologici e pedagogici di individuo, di società, di solidarietà, di cittadinanza, di identità: di Terrestrità.

Intanto cresce la consapevolezza dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo il quale ha portato e continua a portare a una lunga serie di scompensi e di controindicazioni tanto a livello culturale quanto a livello psicologico, economico, a livello sociale e politico così come a livello ecologico, ambientale e ecosistemico soprattutto.

L’educazione in tutto ciò è cambiata? e sta cambiando? dovrebbe cambiare? educare oggi può essere considerato un compito identico a quello che era qualche decennio fa?

Ma come si può costruire e praticare un’educazione adeguata e una didattica pedagogica alternativa e introspettiva ai tempi che stiamo vivendo e come permettere che questa educazione in prospettiva di medio termine contribuisca sostanzialmente a migliorare i nostri stessi contesti e il contesto globale.

La scuola ha bisogno di mettere al centro queste domande, di approfondire quelle analisi che promettono di rileggere criticamente il nostro presente e di riflettervi pedagogicamente e psicologicamente per elaborare nuovi modi di svolgere appieno il suo compito sociale e culturale. La scuola non può rimanere isolata da ciò che accade fuori da essa. Deve collegarsi alla vita del territorio in cui si trova in una prospettiva che tenga ben presente l’inevitabile rapporto tra dimensione locale e dimensione universale: la dimensione anche psicologica e interioristica di Terrestrità e di ‘comunanza terrestre’ come sostiene Edgar Morin e riprende l’ecopacifista Alfonso Navarra.

È necessario che la scuola si ponga nelle dinamiche complesse del mondo di oggi come parte della soluzione non come parte del problema: proponendosi di formare dei soggetti autonomi, critici, dall’immaginario libero, indipendente, non omologato, per sostenere un nuovo modello di cittadinanza attiva, globale, universale. Questo significa andare oltre le frontiere e il sovranismo e la sovranità degli Stati e basare la propria azione sulla piena coscienza della dignità intrinseca all’essere umano e alla sua Terrestrità, sulla sua appartenenza a una ‘comunità terrestre’ locale e globale e sulla sua appartenenza a Madre Terra e sul suo impegno attivo per costruire un mondo più giusto e sostenibile che significhi sostenere e praticare un’idea e un ideale di cittadinanza globale.

La proposta pedagogica dell’educazione per una cittadinanza globale, universale e per una cultura della Terrestrità aspira dunque a integrare in una visione coerente e problematizzante tutte queste direttive educative mantenendo uno stretto legame tra questi ambiti e fra gli esseri umani in un pianeta la cui sostenibilità è minacciata e l’intera Madre Terra e l’umanità nella sua complessità si trovano addirittura al tracollo e al collasso.

Approfondimenti

Approfondimenti su Cittadinanza attiva e Cittadinanza Globale

Edgar Morin su Terra-Patria e Comunanza Terrestre

Progetti didattici e pedagogici sul portale per la scuola Funzione Obiettivo

Note bibliografiche:
Alfonso Navarra, Mario Agostinelli, Luigi Mosca “La follia del nucleare. Come uscirne con la rete ICAN” con prefazione di Alex Zanotelli. Introduzione di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, Mimesis Edizioni

Alfonso Navarra – Portavoce Associazione Disarmisti Esigenti http://www.disarmistiesigenti.org/2019/12/30/terrestrita/  e Laura Tussi
“Antifascismo e Nonviolenza” Mimesis Edizioni

Canale video “SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN”

Intervento di Alfonso Navarra – coordinatore Rete Educazione alla Terrestrità

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Medicina Democratica diffida la Regione Lombardia

Comunicato Stampa

Medicina Democratica diffida la Regione Lombardia

Basta con i ritardi per migliaia di cittadini “prigionieri” a casa in attesa di test e tamponi!

8 giugno 2020

Medicina Democratica

Medicina Democratica

Milano, 8 giugno 2020

Basta con i ritardi per migliaia di cittadini “prigionieri” a casa in attesa di test e tamponi!

Medicina Democratica diffida la Regione Lombardia

https://www.peacelink.it/ospiti/a/47771.html

 

“Basta con i ritardi per i tantissimi cittadini prigionieri a casa in attesa di test e tamponi”! È questa la richiesta alla base della diffida, inviata questa mattina da Medicina Democratica al Presidente della Regione Lombardia dott. Attilio Fontana e all’assessore al Welfare avv. Giulio Gallera, per la mancata esecuzione di test e tamponi a spese del Servizio Sanitario Regionale. “Occorre risolvere in tempi rapidi una situazione insostenibile, che vede coinvolte migliaia di persone, impossibilitate di fatto a riprendere le proprie attività lavorative e professionali e la vita sociale per i ritardi e le difficoltà per l’effettuazione dei tamponi COVID-19 e dei test sierologici”, ha dichiarato Vittorio Agnoletto, responsabile scientifico dell’Osservatorio Coronavirus, medico e professore a  contratto presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna “Globalizzazione e Politiche della Salute”. L’Osservatorio Coronavirus è stato creato da Medicina Democratica e dalla trasmissione radiofonica sulla salute 37e2, in onda tutti i giovedì su Radio Popolare.

Sono infatti innumerevoli le segnalazioni giunte all’Osservatorio Coronavirus e alla trasmissione “37e2” di cittadini obbligati a restare chiusi in casa, in attesa di test e/o tamponi che non vengono effettuati dalle ATS lombarde. “Ciò si traduce – ha sottolineato Vittorio Agnoletto- in un pesante disagio psicofisico, e in un aggravio economico sia per i singoli che per la collettività, che di fatto si trova a dover sostenere i costi del mancato rientro al lavoro, in termini previdenziali e assistenziali”. Nella diffida, inoltre, è fatta richiesta di rimborso totale dei costi sostenuti dai cittadini per l’effettuazione dei tamponi e test sierologici presso strutture private, alle quali sono costretti a rivolgersi; la richiesta di rimborso è motivata dal fatto che test e tamponi siano da ritenersi servizi LEA, Livelli Essenziali di Assistenza.

 

Dalle segnalazioni ricevute si possono indicare quattro gruppi di cittadini coinvolti in questa reclusione domiciliare “sine certa die”: 1) coloro che sono stati accertati come positivi al COVID-19 prima dell’11 maggio u.s. sono dichiarati guariti dopo 14 giorni di clinica silente e previo doppio tampone negativo a 24 ore di distanza, esami per i quali si riscontrano notevoli ritardi; 2) i cittadini posti in isolamento domiciliare fiduciario prima dell’11/5/2020 perché considerati “casi sospetti”, ma che non erano mai stati sottoposti a tampone. Secondo quanto definito dalla Regione per costoro l’isolamento si conclude, dopo 14 giorni di clinica silente o, per coloro che erano asintomatici ma venuti in contatto con una persona Covid positiva, dopo 14 giorni dall’ultimo contatto. Questa indicazione non fornisce al medico competente e al datore di lavoro alcuna specifica garanzia diagnostica della mancanza di contagiosità, essendo dimostrati casi di persone che sono risultate positive al tampone anche dopo 30 giorni trascorsi in assenza di sintomi. Molti lavoratori in queste condizioni hanno dovuto prolungare l’assenza dal lavoro. Per sbloccare la situazione il loro medico di medicina generale (MMG) ha richiesto all’ATS il test sierologico, al quale deve seguire, in caso di positività, un successivo tampone, ma i tempi di attesa per il test sierologico e l’eventuale tampone anche in questo caso risultano estremamente lunghi;3) i casi sospetti, segnalati dopo l’11 maggio u.s. hanno la possibilità di effettuare direttamente il tampone su prescrizione del MMG. In caso di tampone negativo, vengono rimandati alla valutazione del medico di famiglia mentre, in caso di tampone positivo, vengono considerati come casi accertati e sono riammessi nella vita sociale, ovvero sul luogo di lavoro, solamente previa effettuazione di due tamponi negativi. Anche in questa situazione, si sono riscontrati ritardi nella effettuazione dei due tamponi finalizzati alla riammissione al lavoro e alla vita sociale e, in caso di riscontro di positività ad uno di questi, un ulteriore ritardo nella programmazione e nell’effettuazione di quelli successivi e nella comunicazione dell’esito. In conseguenza di ciò, molti cittadini, si sono dovuti rivolgere p e r f a r e  tali esami  presso strutture private; 4) non possiamo dimenticare poi il  grave ritardo che si è verificato nell’effettuazione dei tamponi e dei test ai medici e agli operatori socio-sanitari con pesante pregiudizio per la loro salute e per il buon funzionamento del servizio sanitario regionale.

Medicina Democratica, ritenendo che i test diagnostici e i tamponi, resi necessari dalla emergenza COVID- 19, rientrano nei LEA Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) di cui all’art. 117, comma 2, lett. m della Costituzione e che pertanto devono essere tempestivamente garantiti, a cura della Regione, sull’intero territorio lombardo, nella diffida chiede di: 1) garantire la tempestiva effettuazione dei tamponi e dei test sierologici e la tempestiva comunicazione dei risultati alle persone appartenenti a tutti i gruppi sopra indicati; 2) modificare il portale di accesso dei MMG, prevedendo l’effettuazione del tampone e del test sierologico per coloro che sono stati segnalati dal medico di base come “casi sospetti” prima dell’11/5; 3) rimborsare l’intero costo sostenuto da coloro che, a causa della mancata disponibilità di strutture pubbliche, sono stati costretti a rivolgersi a strutture private per l’effettuazione del test sierologico e/o del tampone; 4) risarcire il danno subito dai singoli cittadini, a causa dei predetti ritardi, in termini di perdita totale o parziale di retribuzioni.

Per info:

Carmìna Conte, cell. 393 13 77616 ufficio stampa;

Vittorio Agnoletto cell. 3356356978 medico resp. scientifico “Osservatorio Coronavirus”

Note: Articolo inserito in PeaceLink da Laura Tussi
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Vittorio Agnoletto: “Senza Respiro”

Campagna di crowdfunding “SENZA RESPIRO”

Vittorio Agnoletto: “Senza Respiro”

“Senza Respiro” sarà un’inchiesta indipendente sull’epidemia Coronavirus in Lombardia, Italia e Europa, che Vittorio Agnoletto coordinerà con l’aiuto dell’equipe dell’ “Osservatorio Coronavirus”. “Altreconomia” sarà l’editore di questo libro

Laura Tussi

Laura Tussi (e Fabrizio Cracolici)

SENZA RESPIRO - Libro di inchiesta

Niente sarà più come prima

Vittorio Agnoletto è un medico che da sempre conduce lotte per i principi fondamentali del vivere civile e per il diritto alla salute e al bene comune.

Pensare a “un altro mondo possibile” significa, nel senso pieno della parafrasi, che non esistono confini, luoghi di appartenenza nazionalistica e provenienza localistica e logistica, privilegi di pochi nei confronti di molti e se questa parola “mondialità” viene analizzata nel senso della condivisione di ciò che è diritto di ogni singola persona in quanto tale, ecco in questa visione riscontriamo il pensiero profondo che sta nell’impegno, nell’agire e nelle lotte di Vittorio Agnoletto.

Per Vittorio Agnoletto non rappresentano un freno le restrizioni e gli ostacoli che il potere e il sistema gli impongono e gli hanno sempre imposto. Anzi questi costituiscono impulso per un continuo agire quotidiano di lotte, rivendicazioni e azioni continue e cogenti e contingenti di un impegno per un futuro migliore che non deve essere la riproposizione di un passato stantio, di un “prima” nostalgico, ma deve farsi carico delle difficoltà e degli ostacoli del presente.

Tutti noi siamo grati a Vittorio Agnoletto per il suo grande impegno e per l’impareggiabile dedizione nei confronti del prossimo, in questa condizione contemporanea di emergenza planetaria. E questa estenuante prova rende Vittorio un vero professionista ricercatore e attivista.

Questa è la motivazione che ci spinge a sostenere il grande e importante Progetto che vede coinvolta l’equipe dell’ “Osservatorio Coronavirus”: Senza Respiro.

 

Carissimi
“Senza Respiro” sarà un’inchiesta indipendente sull’epidemia Coronavirus in Lombardia, Italia ed Europa, che coordinerò con l’aiuto dell’equipe dell’ “Osservatorio Coronavirus”. Venerdì 22 maggio è stata lanciata da “Altreconomia”, che sarà l’editore del libro, la campagna di crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal basso”.  Trovate tutte le informazioni al link https://www.produzionidalbasso.com/project/senza-respiro/

Come sapete dal 21 febbraio, giorno del primo caso di Covid-19 identificato a Codogno, mi occupo ininterrottamente dell’emergenza epidemica con l’Osservatorio, una realtà di lavoro volontario, costituita da Medicina Democratica e da “37e2”. In questi mesi, oltre a fornire informazioni e supporto alle tantissime persone che ci hanno contattato, ci siamo scontrati con le disastrose conseguenze di scelte compiute dai responsabili istituzionali, principalmente della Lombardia, ma non solo, che purtroppo hanno favorito la diffusione del virus. Scelte derivanti da errori, ma anche da decisioni politiche recenti e passate che hanno fortemente compromesso la capacità di reazione del nostro Servizio Sanitario di fronte ad una emergenza di sanità pubblica.

“Senza Respiro” ricostruirà le tappe che hanno scandito le diverse fasi del contrasto al Coronavirus attraverso sia una raccolta/rielaborazione di dati, sia attraverso le testimonianze, raccolte dall’Osservatorio, dei cittadini e del personale sociosanitario. Studieremo le cause e le responsabilità di quanto avvenuto e cercheremo di elaborare delle proposte per evitare che possa ripetersi una situazione simile. Il focus sarà sulla Lombardia ma con una finestra sull’Italia e sull’Europa, anche per capire come risposte istituzionali differenti hanno prodotto risultati diversi. Ho scelto di destinare i diritti d’autore all’ospedale Sacco di Milano, una struttura pubblica che ha svolto un ruolo fondamentale durante la fase più critica dell’epidemia. Ringrazio fin da ora tutti coloro che decideranno di sostenere questa nostra ricerca, che vuole essere un’opera di verità e giustizia.

Note: Trovate tutte le informazioni al link https://www.produzionidalbasso.com/project/senza-respiro/
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Emergenza e pace: un messaggio di speranza guardando al futuro

Intervista a Gianmarco Pisa

Emergenza e pace: un messaggio di speranza guardando al futuro

Ne parliamo con Gianmarco Pisa, operatore di pace, segretario dell’IPRI – CCP, l’Istituto Italiano di Ricerca per la Pace – Corpi Civili di Pace
a cura di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

Intervista a Gianmarco Pisa

https://www.peacelink.it/pace/a/47471.html

Il mondo si scopre improvvisamente colpito da un virus che sta letteralmente cambiando il modo di vivere e di concepire la vita della stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta. L’emergenza ci pone dei quesiti, in ampia misura, inediti, sulla nostra salute, sulle nostre società, sul nostro stile di vita; ma ci impone anche di ripensare ad alcune nostre scelte, e di guardare al mondo nella prospettiva dell’eco-sistema, di Gaia. Quali idee possiamo condividere, quali proposte possiamo avanzare nella situazione della crisi e per il futuro? Ne parliamo con Gianmarco Pisa, operatore di pace, segretario dell’IPRI – CCP, l’Istituto Italiano di Ricerca per la Pace – Corpi Civili di Pace.

 

Quali pratiche occorre attivare per risolvere a livello planetario emergenze che sempre più coinvolgono l’intera umanità?

 

Non c’è dubbio che l’emergenza epidemiologica legata alla diffusione del contagio da coronavirus abbia scatenato effetti su scala mondiale: è un effetto in sé legato alle modalità del contagio, ma è anche una conseguenza di un fatto che, invece, è in sé positivo, la cosiddetta “interconnessione dello spazio-mondo”. Ciò comporta anche l’esigenza, tuttavia, di un cambio di “sguardo”, prima ancora che di un cambio di “paradigma”, sul mondo: l’attuale situazione di crisi e di emergenza, come sempre di fronte alle grandi emergenze planetarie, ci spinge a ragionare e ad agire in termini di un “mondo unito”, proprio perché interconnesso, quindi in ottica eco-sistemica. Siamo tutti e tutte parte di un unico eco-sistema e come la rottura dell’equilibrio in un punto di questo “sistema” scatena ripercussioni, dirette o indirette, su qualsiasi altro punto, così il tipo di risposte che proviamo a offrire dovrebbero porsi all’altezza di questa esigenza, scalare la dimensione planetaria, immaginare un diverso modo di produzione e un differente sistema di relazioni a livello generale. Anche perché questo tema va anche letto tra le righe: hanno ripetuto come un mantra, per decenni, nelle ricche metropoli dell’Occidente, che «il nostro stile di vita non è negoziabile», oggi siamo tutti alla prese con la riformulazione, non sempre in positivo, di pratiche che davamo per scontate.

 

Come l’umanità deve attivarsi per invertire questa rotta e per ricominciare a costruire una socialità vicina alle esigenze e necessità di una madre terra sempre più in difficoltà?

 

La questione, insieme, sociale e democratica, mi sembra, in uno ovviamente con l’emergenza sanitaria, la più scottante. Abbiamo cioè di fronte tre grandi sfide. In primo luogo, sul versante sanitario, dove le strutture ospedaliere e il personale sanitario profondono uno sforzo quotidiano per contenere la diffusione del contagio e prestare le cure necessarie alle persone. Quindi, sul versante civile, dove la necessaria esigenza delle misure di contenimento del contagio va accompagnata alla altrettanto necessaria esigenza di implementare tutte le misure restrittive entro i limiti rigorosi del nostro dettato costituzionale e della piena conformità democratica. E, in definitiva, sul versante economico e sociale, soprattutto in riferimento a quegli strumenti che le autorità pubbliche hanno messo a disposizione per fare fronte a situazioni di bisogno, povertà e, in taluni casi, vera e propria deprivazione, che la situazione di emergenza sta facendo, spesso drammaticamente, emergere. Alcune risposte sono necessarie e non più derogabili: l’esigenza di sistemi sanitari pubblici, statali, adeguatamente finanziati, organizzati e attrezzati, nello sfondo, più complessivo, di un sistema di protezione sociale universalistico; il rilancio del tema, cruciale, di una programmazione economica democratica, che ponga a tema non solo l’esigenza di politiche economiche espansive e di finanziamenti consistenti per le politiche sociali, ma anche il cimento di un orientamento pubblico, con una regia statale, della produzione e degli investimenti, rispondendo ai quesiti classici del “cosa”, “come” e “quanto” produrre. E, chiaramente, la difesa della democrazia, di una democrazia sostanziale, nel senso sempre di «tutti i diritti umani per tutti e per tutte». Quanto sta accadendo, proprio in queste ore, in Ungheria, non può non suscitare un vero e proprio allarme democratico.

 

Le spese militari nel mondo aumentano e i servizi sanitari vengono drasticamente ridotti.

Come attivarsi per un’inversione di questa tendenza?

 

L’incremento esponenziale delle spese militari (e, insieme con questo, dei finanziamenti per la guerra e tutto ciò che ruota intorno alla guerra) e la riduzione, cui abbiamo assistito per anni, delle spese sociali, per la sanità, per l’istruzione, per la ricerca, per la casa, per le pensioni, costituiscono uno dei più clamorosi scandali della nostra modernità, in particolare nelle società capitalistiche. Secondo il SIPRI, nel 2018 la spesa militare mondiale ha superato i 1.800 miliardi di dollari: significa il 2 % del PIL di tutto il mondo, o ancora circa 240 dollari a testa. Per l’Italia, la spesa militare supera abbondantemente i 20 miliardi di euro, e abbiamo anche il triste primato di essere tra i primi dieci esportatori di armi al mondo. Quanti asili nido, quanti posti in terapia intensiva, quanti accessi al sostegno alimentare riusciremmo a garantire con tutti questi soldi? È ovvio che è l’intero modello che deve essere ripensato: occorre passare, cioè, da un modo di produzione pesantemente energivoro, a fortissimo impatto sociale ed ecologico, in cui la ricerca è troppo spesso piegata alle esigenze del complesso militare-industriale e la logica di sicurezza, troppo spesso militare, finisce per penetrare anche in ambiti che con la logica militare non dovrebbero avere nulla a che fare, ad un altro modo di produzione, sostenibile sotto il profilo sociale e sotto l’aspetto eco-sistemico, avviando la riconversione delle produzioni militari e di quelle a maggiore impatto, inaugurando una strategia di difesa difensiva e, in prospettiva, di transarmo, e un rafforzamento della difesa civile, della difesa popolare nonviolenta, della cooperazione e della solidarietà internazionale.

 

Le Nazioni Unite, nell’emergenza da coronavirus, hanno proposto un “cessate il fuoco globale”.

Come possiamo agire per la pace nella stagione dell’emergenza?

 

A maggior ragione nella situazione di emergenza che stiamo attraversando, la pace rimane la grande domanda inevasa del nostro tempo. La guerra non è un destino, non è una fatalità, né tantomeno è inevitabile. Come scrive l’UNESCO nel preambolo dello statuto, siccome la guerra nasce nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che vanno costruite le difese della pace: questo significa sia lavorare per l’educazione, la sensibilizzazione, l’informazione e il giornalismo di pace, sia agire concretamente, nelle zone di conflitto e nei nostri territori, per prevenire la guerra, e costruire gli anticorpi della violenza. La pace richiede sempre una iniziativa attiva di “costruzione”: ricordiamo quanto dice Johan Galtung, o quello che tante volte ha ripetuto, qui in Italia, tra gli altri, Alberto L’Abate, che è necessario lottare per affermare la pace, sulla base dei presupposti della nonviolenza e della giustizia, e che la pace stessa deve essere «pace positiva», vale a dire «pace con giustizia». Agire per la pace nella stagione dell’emergenza significa quindi, tra le altre cose, costruire le condizioni della giustizia, a partire dalla giustizia sociale, proteggere la vita umana e tutelare i diritti umani, realizzare i presupposti per un diverso modello di sviluppo. È necessario dare seguito alla richiesta del Segretario Generale delle Nazioni Unite per un “cessate il fuoco” generale: lo dice lui stesso, perché «i conflitti armati imperversano nel mondo»; perché «al virus non interessano nazionalità, gruppi etnici, credo religiosi e fazioni»; e perché, in particolare, «sono sempre i più vulnerabili a pagare il prezzo più alto e a rischiare sofferenze e perdite devastanti a causa del virus».

 

Come possiamo da questa tragica esperienza trarre nuova energia per affrontare le grandi sfide del Terzo Millennio?

 

Penso che ci siano dei segnali positivi e che ci sia molto da fare per fare in modo che le idee che abbiamo fin qui scambiato possano “trovare gambe”: l’importanza della cooperazione e della solidarietà internazionale, ad esempio, di cui anche il nostro Paese ha beneficiato, grazie agli aiuti umanitari provenienti, ad esempio, dalla Cina e da Cuba; Cuba socialista, sotto embargo da decenni, continua ad avere un eccellente sistema sanitario ed aiuta i popoli ai quattro angoli del pianeta; l’importanza anche della lotta per la prevenzione dei conflitti armati e per la costruzione della pace positiva, che è un cimento tipico dei Corpi Civili di Pace, tenendo sempre insieme il contrasto alle crisi e la tutela dei diritti umani; un nuovo modello di sviluppo ed una nuova idea di società, una società umana, solidale, inclusiva. In una parola, una nuova idea eco-sistemica di società.

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Coronavirus: La denuncia di Vittorio Agnoletto

Più che raddoppiati i decessi tra gli ospiti delle Rsa

Coronavirus: La denuncia di Vittorio Agnoletto

Le parole non bastano piu’. Ora deve muoversi la Procura. I Magistrati di Milano diano l’esempio

 

Vittorio Agnoletto

La denuncia di Vittorio Agnoletto

Milano città: marzo 2020 decessi di residenti 2155; marzo 2019 decessi 1224, marzo 2018 decessi 1206.
Finalmente, grazie all’insistenza di Radio Popolare, che giorno dopo giorno chiedeva i dati dei morti nel capoluogo lombardo, oggi l’amministrazione ha dovuto dare una risposta.
L’aumento dei decessi nel mese di marzo tra il 2019 e il 2020 è del 76%; gran parte di questi decessi si sono verificati negli ultimi 10gg di marzo e in questo periodo sono “più che raddoppiati tra gli ospiti delle Rsa cittadine e nelle abitazioni private” ha dichiarato l’assessora ai Servizi civili del Comune Roberta Cocco.

Esattamente quello che stiamo ripetendo da giorni: stanno lasciando morire come mosche i nostri anziani nelle RSA, trasformate in luoghi di morte e abbandonati nelle loro case. Altro che la favola che la regione Lombardia ci racconta ogni giorno: sono diminuiti gli accessi ai Pronto Soccorsi e i ricoveri nei dipartimenti d’emergenza, segno che le cose stanno migliorando. Diminuiscono gli accessi e i ricoveri perché nessuno li porta in ospedale.

Questa strage non può continuare. Gli anziani che non stanno bene, tutti, compresi quelli ricoverati in RSA, devono essere sottoposti a tampone: curati quelli risultati positivi e tutelati, con le precauzioni necessarie, coloro che sono risultati negativi. E il personale che lavora nelle RSA ha il diritto di essere tutelato nella sua incolumità senza rischare la vita
Le parole, lo sdegno, la commozione non sono più sufficienti. Ora tocca alla Procura aprire un’inchiesta, di fronte a questa situazione e ai bollettini di morte che giungono dalle RSA di ogni parte d’Italia. non è necessario aspettare che qualche parente disperato presenti una denuncia. Va aperta un’inchiesta cominciando, come primo passo, da un’indagine su quello che è avvenuto e che sta accadendo nelle RSA.

Come è accaduto in altri momenti storici, quando la Procura di Milano si è mossa molti magistrati ne hanno seguito l’esempio in ogni parte d’Italia.

Allora l’avversario era la corruzione, ora sotto accusa c’è il disprezzo della vita umana dei più deboli.

Note: Articolo pubblicato da Laura Tussi
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Che fare per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19?

Coronavirus: emergenza effetto del riscaldamento globale e delle guerre

Che fare per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19?

La proposta di realtà e personalità ispirate dalla cultura della Terrestrità e della pace: convertire le spese militari in investimenti per la salute
Laura Tussi19 marzo 2020

Emergenza Coronavirus

Coronavirus: emergenza collegata alla distruzione degli habitat, effetto del riscaldamento globale e delle guerre

Promossa da Alfonso Navarra, Fabrizio Cracolici, Laura Tussi

Con invito ad aderire, sostenere, diffondere

 

Emergenza coronavirus: è chiaro che “dopo” la crisi in cui siamo tragicamente immersi ben poco resterà come “prima”. E noi, i promotori del presente appello, siamo tra quelli che vorremmo un “dopo” di grande cambiamento in direzione positiva, in cui il “prima” – il malsviluppo dell’accumulazione per il profitto e per la potenza che ci ha condotto alla catastrofe – sia consapevolmente abbandonato.
Questo “dopo” dovrebbe incorporare i valori che, praticati “durante”, ci permetteranno di superare nel miglior modo possibile questo difficile momento: dopo anni di chiusure nazionalistiche, di razzismi, di odi e conflitti armati, un senso di solidarietà tra le persone e tra i popoli; dopo l’attacco a tutto ciò che è statale e le privatizzazioni selvagge, una rivalutazione della sfera pubblica e degli interventi programmati da parte governativa; e soprattutto un inizio di consapevolezza della dipendenza e fragilità umana rispetto alle forze della Natura, che deve tradursi in comportamenti individuali e collettivi sobri e prudenti, di rispetto per tutta la comunità dei viventi. L’ecosistema globale sconvolto reagisce e ci attacca con nuovi virus, in attesa di colpi ancora più tremendi che verranno da tempeste, alluvioni, siccità, desertificazione, carestie…
Potremmo ora, edotti dalla drammatica esperienza che stiamo affrontando, finalmente percepire che tutti gli esseri umani, articolati nei vari popoli, sono una unica famiglia che appartiene alla Madre Terra e che, come consigliava Martin Luther King: “Dobbiamo imparare a vivere tutti insieme come fratelli, altrimenti periremo tutti insieme come idioti”.

La componente ecopacifista dell’arcipelago nonviolento, ispirata dai Disarmisti esigenti, membri della Rete ICAN (Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari), premio Nobel per la pace 2017, sulla base di questi presupposti di convivenza e collaborazione pacifica universale, propone che si inizi la conversione del sistema militare anche per sostenere le spese sanitarie urgenti necessarie per sconfiggere l’epidemia in corso, evitando la catastrofe.
L’apparato militare-industriale-fossile-nucleare è la principale causa delle minacce che incombono sull’umanità tutta; minacce tra le quali, aggiungendosi alla disuguaglianza economica e all’oppressione delle donne e dei diversi, si staglia in primo piano l’intreccio pericolosissimo tra minaccia climatica e minaccia nucleare.
E’ necessario, allora, che le risorse pubbliche ad esso destinate comincino a essere dirottate verso un serio “Green New Deal”, una conversione ecologica dell’economia, uno stop all’accumulazione illimitata e un focus sui bisogni umani e di salvaguardia dell’ambiente, realizzante la piena occupazione; un ecosviluppo che vede tra i suoi pilastri anche una sanità pubblica messa in grado di fronteggiare emergenze come quella terribile da coronavirus.

Come richiesta urgente per l’Italia, proponiamo in particolare che le spese militari, a partire da quelle incostituzionali degli F35 e dei sistemi d’arma offensivi, siano dirottate subito verso misure sanitarie a beneficio della vita e della salute dei cittadini.

Reiteriamo la richiesta che l’Italia ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari, contribuendo alla sua entrata in vigore. E’ mai possibile – non possiamo non chiederci – che una maggioranza al governo che vota per questo Trattato in Europa poi si sottragga a questo impegno in Italia e permette che si continuino a buttare soldi per mantenere le bombe atomiche americane in Europa (e sul nostro territorio)?

Nel mondo sono in corso varie guerre violente, di cui tre proprio di fronte al nostro balcone mediterraneo: Siria, Yemen e Libia, questa ultima che vede più direttamente implicata l’Italia, a difesa dell’ENI, in intricatissime partite geopolitiche con il petrolio e le altre risorse energetiche come posta principale.
Dal punto di vista dell’epidemia queste guerre potrebbero essere devastanti, come a suo tempo lo fu la famigerata influenza “spagnola”.
Qui citiamo le parole dell’illustre infettivologo Aldo Morrone, direttore del San Gallicano:
“Se ci fosse una vera volontà di contrasto dell’epidemia bisognerebbe partire da un immediato stop alle guerre, da un immediato riconoscimento del diritto alla mobilità dei migranti e dei rifugiati, in sicurezza. Non è una fissazione pacifista ma una necessità scientifica”.

Ascoltiamo queste parole e decidiamo di ritirarci unilateralmente da queste guerre e di revocare le missioni militari all’estero.
Sosteniamo l’alternativa della difesa civile non armata e nonviolenta promuovendo in particolare i corpi civili e le ambasciate di pace.
Orientiamo fondi pubblici verso la riconversione produttiva della industria bellica verso il settore civile: non bombe e cannoni ma, ad esempio, i ventilatori e le attrezzature mediche di cui abbiamo tutti bisogno.
Ricordiamo il celebre adagio del mai dimenticato Presidente partigiano Sandro Pertini: “Si svuotino gli arsenali di guerra portatori di morte, si colmino i granai sorgenti di vita per milioni di persone che soffrono”.