Pacifista, Renato Accorinti da sempre lotta in favore degli ultimi, per i diritti umani, per un mondo migliore. Sindaco di Messina dal giugno 2013 a giugno 2018 e della città metropolitana di Messina dal 2016 al 2018, è tra i fondatori del movimento “No Ponte”, che si oppone alla costruzione del Ponte sullo stretto di Messina. In questa intervista lancia la proposta di un Ministero della pace.
La proposta che hai fatto in piazza dell’Unione Europea a Messina in cosa consiste?
Partiamo dall’inizio. Da molti anni avevo pensato di proporre l’istituzione di un Ministero della Pace, proposta che però è rimasta chiusa in un cassetto. Negli ultimi anni, per la prima volta avvertiamo la paura della guerra reale tanto che il tema del riarmo è argomento quotidiano a livello europeo. Farsi prendere dalla paura non serve.
Ma cosa possiamo fare? Come opporci alla corsa forsennata e criminale al riarmo che porta a una inesorabile escalation militare e nucleare?
Noi cittadini abbiamo un ruolo fondamentale, votiamo per eleggere persone responsabili, ma possiamo anche fare proposte utili per la collettività. Dopo la Seconda Guerra Mondiale tutta l’umanità voleva mettersi alle spalle l’orrore, il dolore, la morte. Non a caso tutte le più importanti istituzioni come l’ONU, la nostra Costituzione, la Carta dei diritti dell’uomo sono nate per dire “no” alla guerra e per avere Pace. Queste altissime carte dei diritti umani sono l’emblema del diritto alla pace. Perché di diritto si tratta per l’umanità intera che sogna di vivere nella felicità senza la paura delle guerre e dei conflitti nucleari. Nella nostra Costituzione l’articolo 11 ( “l’Italia ripudia la guerra”) e l’articolo 3, che parla di libertà ed uguaglianza, ci ricordano di non distrarci, di tenere sempre presente e alto il valore dei valori: la Pace.
Renato Accorinti con il tuo importante impegno di una vita per la nonviolenza vuoi lanciare la proposta di un Ministero della pace sia a livello nazionale sia Europeo. In cosa consiste questo progetto ambizioso che sfiora l’utopia?
In concreto, il Ministero della Pace deve diventare il più grande laboratorio di idee, di proposte, di percorsi educativi, per stimolare le nuove generazioni e non solo, a essere pacifiche, a credere nel genere umano, nell’interculturalità che arricchisce, nell’incontro tra le religioni, per attuare e approfondire la nonviolenza come stile di vita. E tanto altro!
Come agisce e come si declinano le istanze pacifiste e nonviolente del Ministero della Pace?
Il Ministero della Pace dà vita a un percorso di maturità e trasformazione che si nutre dell’interagire con gruppi e associazioni e singoli cittadini per poter generare proposte concrete e favorire nel tempo un clima pacifico nell’intera società, liberandoci dall’enorme aggressività tossica che respiriamo ovunque. Il Ministero della Pace ribalta il vecchio modello pericoloso e costosissimo dell’armarsi sempre di più per avere “sicurezza”, con la proposta dirompente del percorrere la potente via della saggezza pacifica, che crede nel genere umano e nella sua umanità. È un percorso culturale lento, virtuoso e profondo, che dobbiamo fare tutti insieme, istituzioni e cittadini, per iniziare a cambiare prima ognuno di noi, e costruire un futuro colmo di umanità e di gioia. Dobbiamo avere consapevolezza che la democrazia, come la libertà e la pace, non sono conquistate e acquisite per sempre, ma vanno protette e alimentate con il nostro impegno deciso e amorevole tutti i giorni. Diamo dignità alla sacralità delle istituzioni. Siamo concreti come dei sognatori come diceva Gaber. Insieme faremo crescere questa proposta per poi chiedere ai partiti di discuterla in Parlamento per farla diventare realtà. Chiederemo anche di creare il Ministero della Pace al Parlamento Europeo e a tutti i 27 stati membri.
Tutto questo è solo l’inizio, un primo passo per far crescere il desiderio di vedere concretizzato il Ministero della Pace.
L’importanza delle migliaia di libri esposti al salone internazionale della fiera del libro di Torino per l’alto valore e ideale della conoscenza e del sapere che si tramandano di generazione in generazione nella storia dell’umanità.
Libri che spaziano tra varie tematiche dalla pace al disarmo ora esposti al salone internazionale del libro di Torino, insieme ad altre eminenti realtà editoriali e importanti case editrici, tra cui la nostra Multimage, la casa editrice dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza.
Multimage APS, un’associazione editoriale no-profit, mira a diffondere l’Umanesimo Universalista, valorizzando diritti umani, pace, nonviolenza, inclusione, diversità, economia solidale e spiritualità.
Tutto questo per ribadire un forte ripudio della guerra imposta dai poteri forti in ogni longitudine e latitudine del pianeta, dalla guerra in corso in Ucraina al genocidio in atto a Gaza e in Cisgiordania. E non dobbiamo mai smettere, in qualità di intellettuali, di denunciare con i nostri libri e articoli le barbarie perpetrate nel mondo e questa continua militarizzazione della società a tutti i livelli delle istituzioni e l’immane escalation militaresca e bellicista. Con i missili ipersonici siamo molto vicini alla crisi atomica o peggio all’ecatombe nucleare. Il tutto dovuto a una escalation criminale irrefrenabile.
La valenza pedagogica e culturale della scrittura e della lettura rappresentano un antidoto, un modo per fornire strumenti al fine di sviluppare anticorpi contro l’indifferenza, l’odio, l’ignoranza e quindi contro ogni forma di violenza e di razzismo e contro la guerra.
Proprio per questo motivo, momenti e eventi come il Salone internazionale del libro sono fondamentali e soprattutto è di fondamentale importanza la partecipazione di piccole, ma molto attive e creative, realtà editoriali come Multimage.
Il Salone del Libro di Torino! È uno degli eventi culturali più importanti in Italia, dedicato ai libri e alla lettura. Si tiene ogni anno a Torino, solitamente a maggio, e attira migliaia di visitatori, autori e editori da tutto il mondo.
È uno dei principali appuntamenti per gli amanti dei libri e della lettura. Con le Edizioni Multimage tutto questo si arricchisce di una innovativa validità e idealità e fondamentale presenza con importanti autori del mondo della Nonviolenza e del pacifismo sempre più che mai attuali in una congiuntura drammatica come quella contemporanea con la terza guerra mondiale a frammenti in prospettiva e il genocidio di Gaza e Cisgiordania in atto.
Durante il Salone, a cui quest’anno parteciperà anche Multimage Edizioni, si potranno trovare tra una decina di libri delle edizioni Multimage, tra cui i saggi di Alberto L’Abate e Gianmarco Pisa, anche il nuovo saggio di impegno e attivismo di Pierpaolo Loi, dal titolo profondo e al contempo accattivante e provocatorio, “Il Dio in cui non credo”, con la mia prefazione.
La mia prefazione a un libro a cui credo. “Il Dio in cui non credo”. Saggio del nostro amico Pierpaolo Loi. E sono felice e lusingata e entusiasta di aver contribuito a questa significativa opera autobiografica e storica e pedagogica con la mia prefazione.
I Libri sono correlati e collegati da un medesimo leitmotiv, da uno stesso filo conduttore, da un coerente filo rosso che trasporta e conduce il lettore nella fascinazione della lettura e della conoscenza dal concetto di pace e nonviolenza attiva all’esigenza del disarmo nucleare, per il clima e la pace e la solidarietà tra i popoli, le genti e le minoranze.
Per questo invitiamo ad andare a visitare il salone internazionale del libro di Torino e a leggere la nostra cospicua produzione che si pone l’obiettivo di aiutare e sostenere e solidarizzare con le varie realtà e comunità di impegno civile e di resistenza attiva contemporanea e di nonviolenza creativa presenti oggi nella nostra realtà nazionale e internazionale di attivismo nonviolento.
Presso lo stand di Toscana Libri saranno presenti appunto alcuni libri di Multimage Edizioni:
Le porte dell’arte (di Gianmarco Pisa)
Vuoi fare pace (di Cassarà, Bruno, Meloni)
Giovani e pace (di Alberto L’Abate)
Il Samudaripen: genocidio dei rom e sinti nella Seconda guerra mondiale (a cura di Andrea Vitello)
Il Dio in cui non credo (di Pierpaolo Loi)
Carcere ai ribell3 (a cura di Nicoletta Salvi)
La scatola dei biscotti (di Giovanni Mereghetti)
Il Pelecidio (di Luca Sciacchitano)
La guerra all’idrossiclorochina al tempo della Covid-19 (di Lorenzo Poli)
Erbe di casa (di Emanuela Annetta).
Sostiene Pierpaolo Loi, autore importante di Multimage: “Grazie a Laura Tussi per la prefazione alla mia raccolta di scritti dal titolo “IL DIO IN CUI NON CREDO. Alla scuola di Oscar Arnulfo Romero martire per la giustizia la nonviolenza la pace”, Multimage 2025. Ringrazio la Multimage, la casa editrice dei diritti umani, per la fiducia accordatami e per l’accurato lavoro editoriale. Il libro sarà presente, insieme ad altri volumi della Multimage, al Salone del libro di Torino, stand Regione Toscana, dal 9 al 13 maggio. […] La prefazione – per l’impegno encomiabile di Laura Tussi – è stata pubblicata su diversi organi di informazione. La potete leggere anche sul portale Unimondo oltre che su vari siti web”.
Un dio in cui non credo perché non può essere rappresentato dal dio denaro, dal dio petrolio, dal dio terre rare e dal dio di tutti i beni comuni e preziosi che offre Madre Terra e che invece sono sottratti con la violenza ai popoli più fragili e inermi con azioni di forza e con la guerra a oltranza con atti bellicisti e di mano militare e di prepotenza e prevaricazione fascista e colonialista di brutale intensità accompagnati dalla propaganda di guerra tramite i mezzi di comunicazione di massa.
La Multimage al Salone del Libro di Torino è un’occasione perfetta per affrontare anche questi temi e scoprire nuovi autori, acquistare libri e vivere l’atmosfera culturale della città.
Sei un appassionato di letture?
Durante il Salone, si potranno trovare Stand di editori e librerie con le ultime novità e bestseller e interagire con incontri con autori e dibattiti su temi attuali tramite presentazioni di libri e workshop per adulti e bambini e mostre e installazioni artistiche ispirate ai libri.
Il Salone del Libro di Torino è un’occasione unica per approfondire e aprire i nostri orizzonti culturali e letterari.
Se siamo appassionati di libri, il Salone del Libro di Torino è un evento che non si può perdere!
“Sillabe resistenti” è un’espressione poetica che evoca l’idea di parole e suoni che resistono al tempo, alla dimenticanza e alle avversità.
In poesia e prosa, le sillabe resistenti possono essere quelle che creano un’eco emotiva profonda e sono legate a ricordi o esperienze significative e esprimono una verità universale o un sentimento comune e hanno un suono o un ritmo particolarmente efficace. Come ad esempio, in questo caso, l’attivismo convinto e idealista per il Pacifismo e la lotta per l’Antifascismo di tutta ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, come ente morale per la pace.
Alcuni esempi di Sillabe resistenti nella poesia e nella prosa sono unità foniche e scansioni di parole in suoni che continuano a risuonare e riecheggiare nella nostra cultura e nella nostra immaginazione, anche dopo secoli. Come speriamo tutti accadrà con la Storia della Resistenza Partigiana Antifascista durante la Seconda Guerra Mondiale e con la conseguente Liberazione dal nazifascismo nel 25 Aprile 1945.
Questa introduzione per raccontarvi che con Fabrizio Cracolici siamo stati ospiti della sezione ANPI Oggiono in provincia di Lecco in qualità di relatori della presentazione del libro “I partigiani della Pace”, edito da Emi – Editrice Missionaria Italiana.
Il nostro stupore nel vedere un pubblico numeroso e molto motivato di attiviste e attivisti che compone la sezione Anpi Oggiono una realtà che produce una pubblicazione autonoma e autogestita e autocreativa. Appunto “Sillabe resistenti”.
La pubblicazione ormai da un anno esce a cadenza settimanale e consiste in un libello e in un pamphlet di riflessioni sul mondo attuale e con chiose a eventi della realtà che circonda e purtroppo impegna e preoccupa molto tutti noi attivisti e resistenti. Simile a un manifesto di intenti e istanze e soprattutto idealità contro il fascismo in tutte le sue forme in ogni longitudine e latitudine del nostro martoriato pianeta.
Il titolo di questo libro, composto dai vari pamphlet che escono a cadenza settimanale, è appunto “Sillabe resistenti” e è da poco diventato un autentico saggio con il medesimo titolo. È particolare notare come un ente morale importante come ANPI produca e rediga e crei dalla base e con le esperienze dei suoi tesserati e attivisti delle pubblicazioni autonome e autogestite che si trasformano in importanti riflessioni sulla società attuale e sullo stato della politica mondiale e a livello globale.
Tra i fondatori della sezione ANPI di Oggiono Claudio Ravasi e il curatore del libro “Sillabe resistenti”, l’eclettico rimatore Moreno Rossi, in collaborazione con le altre componenti della Redazione molto attiva, Simonetta Donghi e Emanuela Leoncini, tutte e tutti con un grande carisma organizzativo e soprattutto creativo che fornisce molti stimoli ai numerosi aderenti e ai tesserati che si riscoprono creativi e abili nelle loro doti narrative e di scrittura e di stesura eclettica di racconti di vario genere e soprattutto di pensiero sull’attualità di una congiuntura così complessa e nefasta e mefitica come la realtà presente.
Il fatto che ha spinto alcuni degli attivisti ANPI a dar vita a questa rubrica settimanale che ha tutte le peculiarità del Dazibao, il giornale murale nato durante Rivoluzione Culturale cinese e diffusosi poi in Occidente e nel mondo dando voce alle proteste di Berkley, Parigi, Roma e Tokio, è l’insopportabile climax che caratterizza l’informazione in Italia e non solo!
Dazibao, cioè controinformazione e formazione, al fine di contrastare, in noi stessi innanzitutto e soprattutto, l’assuefazione a un pensiero omologante, mirante a edificare, per dirla con Marcuse, l’uomo ad una dimensione!
Se consideriamo ad esempio tutti gli editoriali dei giornali cosiddetti mainstream, per non parlare dei servizi dei telegiornali, è evidente il tentativo più o meno sottinteso di convincerci che il riarmo, con conseguente aumento delle spese militari, sarebbe una scelta ineluttabile. ”Si vis pacem, para bellum”, ossia “Se vuoi la pace prepara la guerra”, recita infatti un vecchio adagio, peraltro di incerta origine.
Oltre a non fare discernimento sulle cause di quella che il Pontefice definiva “Terza Guerra Mondiale a pezzi”, tale motto è però menzognero: basterebbe leggere gli storici dell’antichità, da Tucidide a Tito Livio, per rendersi conto che se prepari la guerra viene la guerra!
Con la coincidenza tragica che viviamo tra l’autoritarismo liberticida praticato dall’oligarchia fascistoide che ci governa, il piano criminale “Rearm Europe”, il genocidio di Gaza, i conflitti alimentati dalla NATO in Ucraina, Medio Oriente e Africa, l’inasprirsi del progetto imperialista USA.
Tempo fa, Sua Eccellenza il Presidente del Consiglio, rivolgendosi alle opposizioni prima sui social e poi in Parlamento, ha citato un altro motto latino affermando di essere la roccia mentre i suoi detrattori sarebbero acqua!
“Gutta cavat lapidem, non vi, sed saepe cadendo”, la goccia perfora la roccia, non per la forza, ma con la persistenza!
Non sappiamo se per protervia o per ignoranza (le due cose vanno di pari passo) la nostra premier abbia completamente travisato l’insegnamento del proverbio. Ma sappia lei e sappiano i fascioleghisti di qualsiasi latitudine, lo diciamo apertis verbis, che noi e questa rubrica di ANPI Oggiono siamo stati, siamo e saremo quella goccia!
Mettendo in pratica questo proverbio, gli attivisti di ANPI Oggiono sono la goccia che ogni mercoledì che il cielo manda in terra, feste comandate comprese, con perseveranza è caduta sulle coscienze allo scopo di inquietare e far indignare il lettore. In punta di penna e senza cedere a trivialità tipiche dei giornali della destra, dove, dietro agli insulti, traspare il più becero conformismo, i R-esistenti di ANPI tentano di raccontare come va il mondo, ma anche come e perché la Storia non procede in senso pacifico e con giustizia sociale tramite la cooperazione tra genti e popoli e minoranze.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza un appassionato lavoro collettivo, accompagnato dalla ferrea volontà di tutta la Redazione!
È aria di fascismo. Non (o non solo) quello storico, istituzionalizzato nel Ventennio, sconfitto dalla Resistenza partigiana, bensì uno in vesti aggiornate che altro non è, come sempre, se non la faccia nefasta dell’imperialismo in crisi, il sostegno in forma di violenza alle politiche economiche e sociali neoliberiste della classe dominante, il substrato necessario alla crescita delle disuguaglianze.
Questo il leitmotiv del libro “Liberalfascismo, come i liberali distruggono la democrazia e ci portano in guerra” di Giorgio Cremaschi edito con Mimesis Edizioni.
Il fascismo è democrazia? Per niente. La globalizzazione liberista e la politica economica neoliberista stanno dominando il mondo a discapito delle sinistre social-liberali.
Attualmente viviamo la prevaricazione del liberalfascismo, ossia della supremazia dei partiti di destra e di quelle componenti politiche asservite al potere del capitale che equivalgono al neoliberismo imperante.
In passato il fascismo è cresciuto con i finanziamenti ricevuti da multinazionali, come si evince anche dal caso e dall’assassinio Matteotti. Attualmente il fascismo si manifesta con il liberismo imposto e dettato dal neoliberismo prevaricante che ha preso piede a livello globale a partire dal 1973 con l’omicidio di Salvador Allende in Cile e poi ancora con l’ascesa della dittatura di Pinochet e l’avvento della masnada dei Chicago Boys che culmina con il trattato tra Reagan e Thatcher e Wojtyla negli anni ‘80.
Il libro di Giorgio Cremaschi pone un quesito che risponde alla questione: ma i fascisti non ci sono più o esistono ancora? Il discrimine lo troviamo nel modello politico dell’Unione Europea che non ha nulla a che vedere con il grande progetto visionario e utopico di Ventotene e di Altiero Spinelli. L’Europa delle genti e dei popoli e delle minoranze senza più guerre e conflitti armati, nel rispetto delle carte costituzionali.
Attualmente invece vige e impera l’Europa delle multinazionali e delle grandi banche armate che finanziano le guerre in ogni parte del globo a discapito di un’Europa utopica fondata sull’accoglienza e la solidarietà e l’antifascismo, ma non quello atlantista naturalmente. Oggi viviamo un’Europa incapace di svolgere il proprio ruolo di ago della bilancia di un sistema globale che sempre più si rifiuta di contrapporsi all’escalation militaresca e all’avanzata del potenziale sterminio nucleare e dei signori dell’atomo, del petrolio, della guerra, dell’acciaio che sono i detentori dell’apocalisse atomica.
Giorgio Cremaschi afferma di non conoscere ormai la società, ma solo individui. In quanto l’individualismo è concepito come prevaricazione di potere e competitività sfrenata e corsa al riarmo e al controllo delle risorse globali a discapito dell’uguaglianza economica che è soppiantata da una incredibile sperequazione che conduce alla concentrazione di grandi quantità di risorse e beni comuni nelle mani di pochi potenti detentori del capitale.
Mentre la società si trasforma sempre più in un agglomerato individualista secondo i dettami fascisti e le imposizioni gerarchiche. Questa invece dovrebbe incarnare un esempio, un monito di comunità laica, un sentire comunitario condiviso, fondato sulla solidarietà, l’accoglienza e l’inclusione e l’amore tra le persone e i popoli.
Il liberalfascismo deporta le persone verso una democrazia dello sfruttamento in un’accezione estremamente negativa dove il più debole e il più fragile e l’ultimo dell’anello sociale sono posti ai margini dall’individualismo che permea in senso dannoso e deleterio l’attuale società.
Quindi l’austerità contro la democrazia. Ossia si chiede sempre più un estremo sacrificio e illecita sottomissione da parte degli ultimi e di tutti i cittadini e lavoratori che vivono con il solo loro reddito al fine di incrementare la ricchezza nelle mani dei privati e non dello Stato sociale e dei servizi pubblici e al contrario nella concentrazione del massimo benessere e profitto nelle tasche dei più potenti e dei padroni che detengono il capitale.
Per questo Cremaschi tratta di una ‘democrazia di Apartheid’ dove gli ultimi della società ‘civile’ scontano il lavoro coatto e la miseria di un nefasto e funesto sistema accumulatorio e predatorio che avvantaggia sempre i più potenti a livello globale e i benestanti e benpensanti e i padroni e i signori della guerra.
Per questo non si vive in una democrazia sana e basata sugli ideali della Costituzione Repubblicana nata dalla lotta al nazifascismo in tutta Europa nel novecento, ma ci si scontra su un modello di ‘democrazia anticomunista’ che equipara, in modo revisionista, il modello comunista con la spregiudicatezza del fascismo e l’orrore e la barbarie di quello che è stato il nazifascismo nell’Europa del cosiddetto e nefasto secolo breve. Quindi risulta una ‘democrazia truccata’ perché non si attiene ai dettami e agli ideali e ai valori della costituzione e del diritto internazionale. Ma si avvale di disvalori mefitici, moralmente guasti e pericolosi, del fascismo più abietto con il tramite del militarismo che pervade attualmente e inizialmente il sistema scolastico e l’università e infine la società nel suo complesso.
Il motto più usuale in questo contesto appunto mefitico è Dio, patria, famiglia in quanto non si lascia spazio alla libertà di pensiero, alla libertà di scelta e alla laicità inclusiva e alla diversità delle differenze in nome di un bigottismo e un provincialismo e menefreghismo e della borghesizzazione del sociale che portano alla fascistizzazione del concetto e contesto comunitario come sosteneva don Milani.
Cremaschi denuncia un ritorno a un’Italia dei fasti repubblichini dove si assiste a un travaglio di passività di molte frange della popolazione e in contrapposizione a moti di ribellione soprattutto di diverse parti dei giovani che non vogliono sottostare alle imposizioni neoliberiste e alle minacce e emergenze che attanagliano la società a livello glocale e l’umanità a partire dall’universale. Per cui si assiste ad un ‘bivio della paura’ farneticante che porta a sgomento e allo stesso tempo a volontà di riflessione e di azione e rivolta da parte di alcune frange giovanili.
I giovani di Fridays for Future e di Extinction Rebellion e di Ultima Generazione e gli studenti universitari e tutti i pacifisti, i disertori, i renitenti e gli obiettori che nel mondo si rifiutano di imbracciare le armi e di andare in trincea per combattere e andare incontro all’autodistruzione immediata, ma anche e soprattutto all’annientamento dell’intero genere umano sono le variegate realtà di lotta e resistenze estrema che tutti insieme dobbiamo sostenere come società libere e pensanti in una nuova stagione di resistenza per la pace universale, contro i metodi autoritari del fascismo all’interno dell’ideologia liberale come esito della capitalizzazione a destra del sistema neoliberista. Infatti, la globalizzazione liberista e la politica economica neoliberista stanno dominando stabilmente il mondo a discapito delle sinistre social-liberali che non vogliono le guerre e i genocidi e lottano e resistono, al contrario di questo contemporaneo sistema congiunturale distorto, per il valore e l’ideale più alto: la pace.
A pochi giorni dalla apertura all’ONU della terza conferenza degli Stati parte del Trattato di Proibizione delle armi nucleari TPNW. In Lombardia il pericolo di una guerra nucleare viene avvertito e si adottano misure di mitigazione.
Il medico Vittorio Agnoletto, docente presso l’Università Statale di Milano, è noto non solo per essere stato portavoce del Genoa Social Forum nel 2001 in occasione del G8, ma anche per il suo impegno nel dibattito pubblico su temi che mettono in relazione salute, ambiente e giustizia sociale. In particolare, ha lavorato attivamente nell’ambito della medicina sociale, promuovendo una riflessione critica sugli effetti delle politiche economiche e neoliberiste sul benessere delle popolazioni. Attraverso il suo lavoro accademico e la partecipazione a numerosi convegni e iniziative, Agnoletto ha contribuito a far luce sul legame tra salute pubblica e dinamiche sociali ed economiche, cercando di stimolare un approccio più umano e sostenibile alle politiche sanitarie. Lo ha intervistato la nostra Laura Tussi
Con il medico e attivista per la pace Vittorio Agnoletto commentiamo una serie di provvedimenti che la regione Lombardia ha adottato negli ultimi mesi per rispondere a una eventuale minaccia nucleare. La regione Lombardia si sta preparando all’emergenza nucleare. A dicembre 2022, ha approvato una delibera che stabilisce le procedure di emergenza per il rischio radiologico e nucleare. Un atto che potrebbe sembrare una semplice misura di prevenzione, ma che solleva interrogativi inquietanti: perché proprio ora? Perché includere riferimenti a scenari di terrorismo o incidenti industriali? A due anni dall’approvazione, il piano regionale ha portato alla creazione di depositi di ioduro di potassio e a corsi di formazione per operatori sanitari.
Il 28 dicembre del 2022 la regione Lombardia ha approvato una delibera che riporta come titolo “Approvazione delle procedure regionali per le emergenze radiologiche e nucleari.” In questa delibera la regione prende in considerazione una possibile situazione di contaminazione diffusa e non chiaramente circoscrivibile. Tutto questo che significato ha? Queste sono le parole presenti nella delibera e riporta degli esempi, tra i quali: atto terroristico, lavorazione accidentale di sorgenti, incendio con coinvolgimento di sorgenti. Non nomina ovviamente la possibilità della guerra nucleare, ma non bisogna essere particolarmente furbi per notare che questa delibera avviene esattamente 10 mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina e riprende una direttiva dell’Euratom che esisteva già da tempo la n. 59 del 2013.
Quindi cosa significa che per nove anni non se ne è fatto assolutamente nulla? Dieci mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina la regione Lombardia approva questa delibera ed è una delibera a 360 gradi. Tant’è vero che contiene quattro allegati. Il primo allegato è relativo alla “Linee di indirizzo regionale per la gestione delle emergenze radiologiche nucleari” e dà tutte le indicazioni agli ambiti sanitari di come devono muoversi. Il secondo allegato tratta delle “Indicazioni per il campionamento di matrici alimentare di origine vegetale e acque destinate al consumo umano, nel caso di emergenze radiologiche e nucleari” e il terzo contiene le “Indicazioni per la protezione e il controllo degli animali produttori di alimenti e il controllo degli alimenti per animali e di quelli di origine animale destinati al consumo umano.”
Il quarto allegato dà le “Linee di indirizzo regionali per la gestione ospedaliera di persone esposte a irradiazioni e/o contaminazioni acute in relazione ed eventuali emergenze radiologiche.”
Quindi è proprio un quadro a 360 gradi? Sì. Certamente. Vengono presi in considerazione tutti gli aspetti che possono verificarsi in caso di una contaminazione nucleare e sono fornite indicazioni precise alle ATS, alle ASST, agli ospedali e all’ARPA; in ogni ATS si precisa chi deve coordinare l’azione da un punto di vista sanitario e i diversi ruoli che dovranno svolgere gli operatori di queste strutture.
Trascorrono altri dieci mesi e alla fine di ottobre del 2023 subentra una seconda delibera. “Approvazione di schema di intesa tra regione Lombardia e Ministero della Salute per la custodia e messa in disponibilità di antidoti nei depositi regionali di regione Lombardia”.
Viene deciso di istituire 30 micro depositi sparsi nel territorio regionale dedicati allo stoccaggio di milioni di compresse di ioduro di potassio.È vero? E’ così. Lo ioduro di potassio dovrebbe proteggere la tiroide dell’assorbimento di iodio radioattivo emesso in seguito a un incidente nucleare, però chiunque sa che le conseguenze sul corpo umano in caso di un’esplosione nucleare non si fermano certo alla tiroide e non dipendono solo dallo ioduro di potassio: vi possono essere problematiche che riguardano anche cesio, plutonio ed altri isotopi. Le conseguenze causate da alcuni isotopi radioattivi possono coinvolgere anche uno spazio situato a centinaia di chilometri di distanza da dove si verifica la tragedia nucleare.
Come procede in seguito la Lombardia? Passa ancora un anno e arriviamo al novembre del 2024, quando la direzione generale del welfare della Lombardia organizza un corso intitolato “Procedure regionali per l’emergenza radiologiche e nucleari” che è rivolto agli operatori di Regione Lombardia, dell’ARPA e dell’ATS; inoltre, la Regione invita tutte le ATS a organizzare un corso simile. Non è un caso che il primo incontro venga organizzato dall’ATS di Brescia attorno a metà dicembre, mi pare il 18 dicembre, rivolto sempre al personale delle istituzioni citate prima.
Perché non è un caso? Perché in provincia di Brescia vi è la cittadina di Ghedi dove sono stoccate delle bombe nucleari che non sono, oltretutto, neanche gestite dall’Italia, ma dagli Stati Uniti nel quadro di una collaborazione Nato.
Che cosa vuol dire? Questo significa che, in caso di guerra nucleare, Ghedi diventa immediatamente un obiettivo.
Sono state poi individuate le strutture capofila? Certo. E per quanto riguarda Milano, la struttura capofila per gestire soggetti potenzialmente esposti alle radiazioni, nonché soggetti provenienti da zone limitrofe, è l’ospedale di Niguarda. Questi i fatti.
Allora chiariamo bene alcuni passaggi. Primo, in questo caso, non ho nulla da criticare rispetto all’azione dell’assessore al welfare. È compito delle istituzioni provvedere alla protezione dei cittadini e di coloro che abitano il territorio e quindi da questo punto di vista, la regione sta prendendo le precauzioni che è in grado di assumere. Noi sappiamo che nel caso di una guerra nucleare servono a poco, ma non critico la scelta della regione di attivare questo tipo di interventi, perché sono interventi che hanno l’obiettivo di proteggere la popolazione. Siamo comunque di fronte ad un’indicazione nazionale proveniente dal governo, non è una scelta unicamente della regione Lombardia.
Significa che chi ci governa ha messo in considerazione che uno degli scenari futuri, possa essere quello del conflitto nucleare? Certamente. Perché altrimenti non si sarebbero mossi immediatamente dal dicembre del 2022. Infatti, le armi nucleari a Ghedi ci sono da ben più che due anni.
Queste delibere lombarde sono la conferma di quello che noi pacifisti continuiamo a dire, ossia: attenzione perché, se andiamo avanti così, vi sarà un rischio di guerra nucleare con tutto quello che comporta. Ricordiamo quanto diceva Einstein: «Non so con quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clave e pietre».
Quindi questo che cosa vuol dire? Significa che non siamo solo noi pacifisti a dire: guardate che sussiste il pericolo di un conflitto nucleare; chi ci governa ne è consapevole e mette in conto questo possibile rischio. Solo che questo rischio è dovuto anche alle scelte che stanno facendo e che hanno fatto e che faranno quelli che stanno governando; quindi, loro sono una delle cause di questo pericolo e anziché fermarsi e modificare le loro scelte politiche danno indicazioni per attivare precauzioni che, tutti sappiamo, sarebbero comunque insufficienti.
In questa situazione quasi contemporaneamente è avvenuto un altro fatto. Il 16 dicembre 2024 un’azienda ha comprato una pagina intera del Corriere della Sera, quindi ha pagato una bella cifra, per annunciare che, dal febbraio 2025, quindi adesso, metterà a disposizione un kit per i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari al modico prezzo di 1200 euro.
La paura della guerra come strumento per moltiplicare i propri profitti attraverso una pubblicità destinata a sua volta ad aumentare la paura del conflitto.
Dunque, morte, profitto, paura sono tre elementi fondamentali dell’attuale narrazione dominante? Questo è lo scenario. Vi è anche chi alimenta la paura per specularci sopra politicamente e/o economicamente. Ho riflettuto molto se rendere pubblico tutto questo, perché io non voglio diventare a mia volta uno strumento per creare paura.
Poi però ho pensato che fosse un dovere civile spiegare quello che sta accadendo, perché questo può aiutare il movimento pacifista per dire: “non accusateci più di raccontare delle storie e non accusateci di creare falsi allarmismi, infatti la situazione è talmente seria che voi stessi, che siete al governo, avete dato ordine di fare tutto quello che ho raccontato fino adesso”
La mia scelta di rendere pubblica questa vicenda ha come obiettivo quello di cercare di aumentare la consapevolezza dei rischi che stiamo correndo e quindi di dare uno strumento in più al movimento pacifista.
Aggiungiamo che a Brescia si è formato ed è attivo da tanto tempo un comitato che lavora su questi argomenti, che ha mandato una lettera al prefetto di Brescia per sapere quali piani di prevenzione a livello territoriale sono stati presi per proteggere la popolazione così come previsto dalla legge. Qual è la risposta? Il comitato ha detto mandateci i piani di prevenzione territoriale attuali e se non sono aggiornati, mandateci almeno quelli precedenti. Non è arrivato nulla. Le istituzioni hanno invece il dovere di preparare la popolazione su come si deve comportare in caso di un incidente nucleare. Questo in generale, nella zona di Brescia a maggior ragione a causa degli ordigni nucleari che sono presenti e quindi questi piani di protezione e di evacuazione dovrebbero essere pronti da tempo.
Aggiungo che oggi è ancora più importante dare queste informazioni di quanto lo poteva essere anche solo un mese fa, perché oggi il nostro governo ha scoperto le carte e ha detto chiaramente che ha intenzione di rilanciare il nucleare e i rischi, seppure differenti, ci possono essere anche con un utilizzo del nucleare civile.
Il governo vuole fare cartastraccia di un referendum? Noi, società civile, ci opporremo e useremo tutti gli strumenti necessari per evitare un ritorno al nucleare.
Nel centenario della nascita di Danilo Dolci torniamo a parlarvi del suo impegno politico, sociale ed educativo attraverso le parole e i ricordi del figlio Amico Dolci.
A cento anni di distanza dalla sua nascita, Danilo Dolci resta una delle figure più importanti in Italia nel Secondo Dopoguerra per l’impegno politico, sociale ed educativo. Candidato al Nobel per la pace con il suo progetto di sottrarre la Sicilia alla mafia, alla povertà e all’ignoranza, il suo messaggio e la sua opera continuano a lasciare un segno grazie al Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci, presieduto dal figlio Amico Dolci. Lo abbiamo incontrato nuovamente per farci raccontare momenti di vita vissuta e partecipata insieme al padre.
«Noi bambini e ragazzini più grandicelli partecipavamo preparando i grandi cartelli che poi avrebbero sfilato durante le marce, le manifestazioni, i digiuni. “LAVORO NELLA NOSTRA TERRA”, “FUORI I MAFIOSI DAGLI INCARICHI PUBBLICI”, “L’ACQUA È VITA”, “LA DIGA È FIDUCIA” erano alcune delle frasi esibite». Afferma Amico Dolci.
Libri in casa. Amico, la vostra era una casa piena di testi significativi e dei tipi più diversi.
Una casa piena di testi importanti e dei generi più disparati per una famiglia che leggeva moltissimo e in tutte le occasioni
In casa nostra circolavano tanti libri, sia quelli di scuola che quelli di nostro papà o degli amici a lui collegati; ma entravano anche tanti altri che noi liberamente sceglievamo ogni tanto, andando nelle librerie di Partinico o di Palermo, o ancora quelli che papà ci regalava individualmente: ricordo per esempio a Chiara tutto il teatro di Ibsen, nelle splendide edizioni Einaudi “I Millenni”, a me un bellissimo cofanetto con tutto il Teatro di Shakespeare, alla mamma Vincenzina tutti i Racconti di Cechov.
Anche i libri economici della BUR giravano molto tra voi, comodissimi nelle loro dimensioni ridotte, anche se un po’ scomodi alla lettura per le dimensioni molto ridotte dei caratteri a stampa
Tante avventure di Giulio Verne, raccolte di aforismi di Leonardo Da Vinci, libri umoristici di Jerome K. Jerome, fino ad Oscar Wilde … Alcuni brani ce li leggevamo tra di noi, ad alta voce, o in auto durante le lunghe gite – tra grandi risate -, oppure in attesa del pic-nic tra i prati.
Puoi spiegarci le vicissitudini del celebre Sciopero alla rovescia ideato da tuo padre Danilo Dolci e il ruolo di Calamandrei in quella vicenda.
Durante la fine della mia Scuola elementare, e poi i primi anni di Scuola media – quindi tra il 1967 e il 1970 circa – mi ero appassionato della lettura di Processo all’art. 4, cioè tutto il resoconto della vicenda dello sciopero alla rovescia del 1956, sulla “trazzera vecchia” di Partinico. Sapevo per grandi linee di quell’evento (a quell’epoca io non ero ancora nato), ma la lettura diretta dei dialoghi tra gli avvocati, il Pubblico Ministero e gli imputati – cioè mio papà, Turiddu Termine, Ignazio Speciale, Carlo Zanini e qualche altro ancora – mi presentavano chiaramente il paradosso di qualcuno che veniva arrestato … solo perché faceva del bene agli altri!
Ti ricordi ancora nei particolari l’arringa di Piero Calamandrei?
Ricordo benissimo che mi commuovevo all’arringa finale di Piero Calamandrei, il quale cercava di chiarire che quel Processo non era contro Danilo e i suoi amici disoccupati, ma andava considerato come un’occasione per affermare che la Costituzione italiana esisteva già da dieci anni, ma aveva bisogno di essere inverata, realizzata, grazie al contributo di ciascuno, Giudici compresi. In realtà era poi la mamma Vincenzina che, alle mie domande, dava più risposte e dettagli al mio bisogno di capire;
Tu Amico affermi :”papà era invece sempre più rivolto al futuro, quindi meno interessato alle vicende di ormai oltre dieci anni prima, e accennava piuttosto alle nuove iniziative che si andavano preparando”.
Amico Dolci figlio di Danilo Dolci
Raccontaci delle manifestazioni pubbliche come occupazioni, digiuni, marce e il ruolo di coordinamento di Franco Alasia
Tra queste, noi bambini e ragazzini più grandicelli partecipavamo preparando i grandi cartelli che poi avrebbero sfilato durante le marce, le manifestazioni, i digiuni: LAVORO NELLA NOSTRA TERRA, FUORI I MAFIOSI DAGLI INCARICHI PUBBLICI, L’ACQUA È VITA, LA DIGA È FIDUCIA, e tanti altri; coordinava il lavoro di noi piccoli Franco Alasia, carissimo nostro quasi-zio che preparava i materiali, i bastoncini di legno e i pannelli di compensato che noi avremmo poi riempito con pennellate dai colori accesi, Blu scuro, Rosso fiammante, Nero scurissimo; per accentuare il più possibile la visibilità di quelle frasi, anche durante il movimento, a piedi o sui caratteristici “carretti siciliani”.
Il nuovo Centro Educativo di Mirto e la poesia
Oltre che per la costruzione della diga sul fiume Jato, ormai avviata, altre proteste, altri digiuni erano necessari per ottenere la realizzazione delle opere che le amministrazioni pubbliche erano tenute a portare a termine, come la realizzazione del nuovo Ospedale o della strada di accesso al bellissimo Centro educativo di Mirto che ormai il Centro Studi e Iniziative aveva realizzato nel 1974-’75. Usciva intanto in quegli anni il Poema umano, bellissimo libro di poesie che già conoscevo sia nelle precedenti stesure de Il limone lunare che nei fogli ciclostilati che papà ci dava per una prima lettura ed eventuali consigli di cambiamenti, variazioni, eccetera.
Hai sempre seguito la produzione letteraria di tuo padre e ti soffermavi molto nel leggerne le poesie, scrivendone anche la musica, ossia animandole musicalmente e musicando i versi
Da quei momenti ho sempre seguito la nascita di tutte le poesie di papà, in particolare il successivo poema Il Dio delle zecche, libro che esce nuovamente proprio in questi giorni per la casa editrice Mesogea di Messina. In quel periodo – siamo ora nel 1975-’76 mentre papà si occupava soprattutto della sperimentazione della maieutica reciproca con i bambini e gli educatori a Mirto – io lì facevo musica con i piccoli – nascevano appunto le pagine de Il Dio delle zecche, e io ne scrivevo la musica, in funzione anche di momenti pubblici in cui musica e poesia erano anche esse occasione di discussione e riflessione insieme; sia in Italia che all’estero questi momenti erano organizzati dai vari comitati di sostegno, anche per la raccolta di fondi per continuare il lavoro educativo a Mirto. Il Centro Studi non ha mai ricevuto, dallo Stato italiano, una lira!
Danilo Dolci architetto, sociologo, poeta, e i Carteggi
Oltre che grande lettore – sin da giovanissimo papà si alzava presto la mattina per potere leggere indisturbato, prima della scuola e le altre attività, come la musica o lo sport – papà era molto interessato ai concetti di struttura, progettazione, costruzione; tutti termini che, a ben vedere, confluiscono in seguito in tutto il suo lavoro sociale, educativo, poetico.
La produzione scritta di Danilo Dolci come Architetto e l’adesione a Nomadelfia
Quindi dopo la maturità aveva intrapreso gli studi di Architettura, pubblicando addirittura due manuali tecnici sulla scienza delle costruzioni, molto utilizzati poi per diversi anni come dispense per gli studenti. In realtà poi non si laureò, perché aveva conosciuto Don Zeno di Nomadelfia e aderì a quel progetto di vita, considerando che come architetto avrebbe costruito delle case per i ricchi, per chi aveva tanti soldi, mentre intanto lui aveva conosciuto gente poverissima che dal dopoguerra in poi cercava di ricostruirsi una vita, una famiglia.
Di quel periodo, metà degli anni ’50, sono molto importanti i Carteggi, le lettere che lui scriveva agli amici di prim’ordine che intanto aveva conosciuto: Mario Luzi, Bruno Zevi, Norberto Bobbio, Carlo Levi, Aldo Capitini
Di quest’ultimo la Carocci ha pubblicato anni fa uno splendido libro: A. Capitini – D. Dolci, Lettere 1952-1968, a cura di Giuseppe Barone e Sandro Mazzi, Roma, Carocci, 2008. Ricostruisce nella sua interezza l’ampio rapporto epistolare tra Capitini e Dolci.
Ma proprio di recente abbiamo pubblicato un altro Carteggio, importantissimo, tra il Prof. Tommaso Fiore, di Altamura – Bari, e mio padre. Verrà presentato il 7 dicembre ad Altamura, all’interno di una serie di incontri su quel periodo e le iniziative di questi due personaggi così importanti per la cultura italiana, e non solo: T. Fiore – D. Dolci, Il Professore e l’Architetto, Carteggio 1953-1970, a cura di Giuseppe Dambrosio, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2024.
Come ricordate il Centenario dalla nascita di Danilo Dolci?
Ricordando Danilo Dolci a 100 anni dalla nascita è un incontro a cura di Giuseppe Dambrosio che in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro ha organizzato una due giorni dedicati a queste due importanti figure e quanto sia Fiore che Dolci ci hanno lasciato. Le due giornate si articoleranno in dibattiti e presentazioni e si svolgeranno nell’Agorateca di Altamura.
La Terza Marcia Mondiale per la pace e la Nonviolenza che parte a ottobre dal Costa Rica. Per lanciare messaggi di pace e ponti di dialogo contro le guerre.
Con la preziosa collaborazione di Alessandro Capuzzo
La Terza Marcia Mondiale per la pace e la nonviolenza inizierà a San José de Costa Rica, il 2 ottobre 2024, Giornata internazionale della nonviolenza. Attraverserà i 5 continenti e si concluderà in Costa Rica il 5 gennaio 2025
La Marcia Mondiale è un progetto di sensibilizzazione sulla situazione internazionale riguardo ai conflitti armati, alla violenza e alla discriminazione in atto nel mondo, e di proporre la riduzione progressiva delle spese militari dei vari paesi e lo smantellamento degli arsenali nucleari.
Le idealità e gli obiettivi della Marcia Mondiale per la pace e la nonviolenza. E’ stata la prima marcia mondiale su queste tematiche svoltasi nella storia
A quattordici anni dalla Prima Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, le ragioni che l’avevano motivata, lungi dal ridursi, si sono rafforzate. Oggi, la Terza Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza è ancora più necessaria. Per denunciare la pericolosa situazione mondiale caratterizzata da conflitti crescenti, creare coscienza, valorizzare le azioni positive, dare voce alle nuove generazioni e alla cultura della nonviolenza in tutte le sue forme e aspetti e declinazioni.
Una realtà sempre più disumanizzata e disumanizzante con migranti che richiedono asilo e assistenza e accoglienza e solidarietà nei nostri territori e fuggono da disastri ambientali e guerre e terrorismo e manovre economiche dove le Nazioni Unite perdono di credibilità e forza
Viviamo in un mondo in cui la disumanizzazione sta crescendo, e nemmeno le Nazioni Unite sono più un riferimento nella risoluzione dei conflitti internazionali. Un mondo devastato da numerose guerre, in cui lo scontro tra le potenze dominanti ed emergenti colpisce prima di tutto le popolazioni civili.
L’occidente cosiddetto civilizzato persegue, invece di risolvere le guerre e le migrazioni forzate, in una politica di riarmo e guerrafondaia e le spese militari nel mondo crescono e aumentano esponenzialmente generando pericoli per l’umanità come l’incremento militaresco e bellicista e l’escalation nucleare
Un mondo con milioni di migranti, rifugiati e sfollati ambientali e profughi costretti ad attraversare confini permeati di ingiustizia e morte, e in cui le guerre e i massacri trovano giustificazione in dispute per risorse sempre più limitate.
La disuguaglianza globale per cui un ristretto numero di potenti detiene la stragrande maggioranza dei beni comuni del pianeta indispensabili per il sostentamento e la sopravvivenza dell’intera umanità
Un mondo in cui la concentrazione del potere economico nelle mani di pochi compromette, persino nei paesi sviluppati, ogni speranza di realizzare una società basata sul benessere per tutti.
In sintesi, è un mondo in cui la giustificazione della violenza, in nome della “sicurezza”, porta alla crescita di scontri bellici di proporzioni incontrollabili
Il 22 gennaio 2021, ricorre l’entrata in vigore del Trattato di Proibizione delle armi nucleari. Come festeggiare il suo terzo anniversario mentre continuano ad aumentare gli stati che lo ratificano e siamo già giunti al secondo incontro/confronto tra di loro?
Perché l’Italia e tutte le nazioni sotto il controllo Nato non ratificano il TPNW? E la Marcia Mondiale si fa portavoce del TPNW, nonostante tutti gli ostacoli imposti dal sistema di guerra e dall’establishment belligerante e di militarizzazione dei popoli
Dal lontano 1945, la bomba atomica ha fatto la sua entrata trionfante anche nella nostra immaginazione. Innumerevoli opere, dal fumetto al cinema, hanno descritto cosa potrebbe accadere in caso di un conflitto nucleare, ci hanno immerso in un futuro in cui l’energia atomica avrebbe potuto migliorare la vita di tutti o ci hanno rivelato i retroscena di eventi fondamentali del secolo scorso.
La mostra “La bomba” ci racconta il fenomeno dell’atomica attraverso il mondo contemporaneo del fumetto e dell’immaginario, presentando tavole originali, manifesti cinematografici, riviste e giornali dell’epoca, video e oggetti simbolici
Con il Museo del Fumetto, come Marcia Mondiale per la Pace e per la Nonviolenza, abbiamo allo studio diverse iniziative, tra queste una mostra sui fumetti dedicati alla Nonviolenza.
Verso la terza Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza con partenza a ottobre dal Costa Rica.
Dopo le due marce mondiali del 2009-2010 e del 2019-2020 che hanno percorso i cinque continenti, la Terza Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza è prevista per il 2024 e il 2025.
La presenza di Rafael de la Rubia, ideatore della Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza e coordinatore delle prime due edizioni, ha consentito di organizzare una serie di incontri in Italia per lanciare la terza Marcia Mondiale, in programma dal 2 ottobre 2024 al 5 gennaio 2025, con partenza e arrivo a San José in Costa Rica.
Il primo di questi incontri si è svolto sabato 4 febbraio 2024 a Bologna al Centro di Documentazione delle Donne. Rafael de la Rubia ha approfittato dell’occasione per un breve ricordo delle prime due edizioni della marcia
La prima, partita dalla Nuova Zelanda il 2 ottobre 2009 e terminata a Punta de Vacas il 2 gennaio 2010 ha aggregato intorno al progetto più di duemila organizzazioni. Data l’importanza dei temi della pace e della nonviolenza e il forte valore simbolico che fin da subito ha acquisito la prima marcia mondiale, si è pensato per la seconda di cambiare paradigma e di tentare di organizzare una nuova marcia a partire dalle attività di base, senza un’organizzazione centralizzata.
La riuscita della Marcia per la Pace e la Nonviolenza in America Latina ha consentito di verificare che questo tipo di approccio funziona, con le attività di base e senza una organizzazione centralizzata
Così è partito il progetto della seconda Marcia Mondiale. Partita da Madrid il 2 ottobre 2019 e conclusa sempre della capitale spagnola l’8 marzo 2020. Ha coinvolto più organizzazioni locali della precedente Marcia ed é durata diversi giorni di più, malgrado i problemi generati, soprattutto in Italia, dall’inizio della pandemia Covid19.
Un nuovo inizio ufficiale in Italia dopo la convulsa conclusione del 2020 quando la pandemia impedì il passaggio della delegazione internazionale
E nonostante questo l’entusiasmo, il desiderio di continuare insieme permea ancora tutte le realtà legate alla marcia, con la grande consapevolezza e concretezza del momento che stiamo vivendo.
Gli incontri del 2023 a supporto della marcia mondiale per la pace e la nonviolenza tenuti a Brescia con istituzioni e associazioni
Il Presidente dell’ANPI ha garantito che investirà la sua associazione di una discussione sul tema nell’ottica di trovare modalità di azione utili a far conoscere l’iniziativa della Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza e a sostenerla.
Una ingente e consistente presenza e partecipazione del mondo pacifista e antimilitarista e dell’attivismo nonviolento in contrasto e opposizione con le basi militari e nucleari della Nato
La delegazione di attivisti pacifisti attribuisce una valutazione positiva degli incontri ed invita tutte le realtà pacifiste ed antimilitariste a svolgere iniziative analoghe a questa, a partire da Pordenone-Aviano, sedi nucleari e basi Nato, consegnando il testo della Denuncia a Prefetture, Province e Comuni capoluogo delle città ove essi operano. Contestualmente i denuncianti faranno circolare un invito a condividere il testo della Denuncia a cittadini ed associazioni sensibili.
Conoscete il Blog di Lavoratori e Delegati Sindacali?
Si tratta di un piccolo grande esperimento di #informazione libera da influenze e da copyright, che raccoglie al suo interno istanze, richieste e problematiche provenienti dal mondo del lavoro…ma non solo!
Un Blog di Lavoratori e Delegati sindacali che nasce a Pisa per raccogliere e diffondere le istanze e le richieste e problematiche provenienti dal mondo del lavoro, anche a livello nazionale e internazionale. Ma non solo. Nello specifico, per fare informazione collegata all’attualità e approfondimenti di un passato più o meno recente, con prospettive orientate verso il futuro prossimo. Ne parliamo con il direttore Federico Giusti.
Abbiamo chiesto a Federico Giusti, tra gli animatori del blog delegati e lavoratori indipendenti, di raccontarci della loro esperienza iniziata anni or sono e ormai consolidata. Nel panorama asfittico della informazione, il blog si presenta come strumento aperto e incline alla libera discussione. Federico Giusti tiene a precisare che oggi sia indispensabile ricostruire una cassetta degli attrezzi aggiornata che unisca la critica al pensiero della sinistra neoliberale a una opposizione contro i dettami di Maastricht, fino a analizzare lo smantellamento del welfare per restituire linfa vitale ai precetti neoliberisti dello stato leggero e della centralità del mercato e delle spese belliche e militari. Gli animatori del blog hanno recentemente criticato la supponenza anche di settori della informazione comunista europea verso le elezioni europee e al contempo la sottovalutazione delle contraddizioni che vanno emergendo rispetto alla cosiddetta svolta green. Abbiamo rivolto a Federico alcune domande che ci auguriamo siano di interesse per i nostri lettori.
Partire dal lavoro, dai lavoratori e dalle lavoratrici per approdare a temi quali il pacifismo, la critica al neoliberismo, l’attualità politica, il sindacalismo. È questo l’obiettivo del blog dei lavoratori e delegati sindacali di Pisa, un piccolo grande esperimento di informazione libera da influenze e da copyright, come ci spiega uno dei curatori Federico Giusti.
Pisa, Toscana – «Oggi è indispensabile ricostruire una cassetta degli attrezzi aggiornata che unisca la critica al pensiero della sinistra neoliberale a una opposizione contro i dettami di Maastricht, fino a analizzare lo smantellamento del welfare per restituire linfa vitale ai precetti neoliberisti dello stato leggero e della centralità del mercato e delle spese belliche e militari». Esordisce così Federico Giusti, fra gli animatori del blog di lavoratori e delegati sindacali di Pisa.
Un progetto prima di tutto d’informazione che nasce per raccogliere e diffondere le istanze e le richieste e problematiche provenienti dal mondo del lavoro, anche a livello nazionale e internazionale. Ma non solo. Nello specifico, per fare informazione collegata all’attualità e approfondimenti di un passato più o meno recente, con prospettive orientate verso il futuro prossimo.
Come nasce il blog delegati e lavoratori indipendenti?
Nasce per due bisogni reali: costruire informazione a partire dai luoghi di lavoro e dopo avere preso atto della inadeguatezza dei siti sindacali che sovente non offrono spazi adeguati agli approfondimenti, la stessa considerazione vale per alcune testate divenute organo di organizzazioni politiche. Il blog si avvicina anche ai grandi temi geostrategici e della politica internazionale
Quali sono i vostri obiettivi e quali risultati vi ponete?
Volevamo un blog autoprodotto, magari anche un po’ rozzo, ma senza spendere un euro dei soldi raccolti con le sottoscrizioni e le deleghe sindacali che devono essere indirizzati a scopi proficui, un blog per offrire spazio alle lotte in corso, anche quelle intraprese da soggetti sindacali diversi dal nostro. Ovviamente con lo sguardo rivolto agli scenari attuali e contro le guerre in atto nel mondo.
Un Blogper aprirsi poi al contributo critico di quanti vogliono cooperare al rovesciamento della narrazione mainstream, in una sorta di libera agorà per animare dibattiti e confronti anche sulle prospettive dei negoziati e delle trattative di pace. Giusto?
Il nome è nato per caso partendo tuttavia da due principi per noi basilari: la indipendenza del sindacato da organizzazioni politiche, più o meno grandi, e dalla necessità di rimettere al centro il lavoro e le soggettività che lo caratterizzano dopo i processi di ristrutturazione avviati sul finire degli anni Settanta, con le lotte per liberare i popoli oppressi dall’imperialismo statunitense.
Quindi questi i vostri obiettivi: dare voce al conflitto e alla discussione, alle lotte sociali per la pace e offrire strumenti contro i processi di militarizzazione della società, del variegato mondo della conoscenza e al contempo guardare ad altri continenti animati da proteste e iniziative delle quali si sa ben poco
Noi siamo lontani dalla narrazione guerresca mainstream e dall’ortodossia bellicista e comunicativa dei media.
Molti articoli non hanno autore anche se a scriverli poi resta un gruppo ristretto, per noi chiunque li condivida è libero di riprenderli anche senza menzionarne la fonte, nel caso di articoli a firma individuale è un altro discorso
Blog e radio e ora anche un centro di studi? Vero?
Da quasi due anni collaboriamo attivamente con Radio Grad, molti interventi su due rubriche settimanali in particolari: Il Megafono e Cub informa, rubriche frutto del lavoro di ricerca realizzato dal Blog. Pensiamo che tra scritto e parlato si possa realizzare il giusto mix per costruire informazione e coscienze diffuse, per fornire strumenti utili ad aprire vertenze conflittuali e acquisire un punto di vista critico su innumerevoli questioni anche di geopolitica internazionale.
Volete dare vita a un centro studi con la collaborazione di ricercatori sociali. Per essere sempre più indipendenti da realtà politiche e sigle sindacali e così via
In queste settimane poi dovrebbe prendere corpo l’idea nata con Stefano Macera ed Emiliano Gentili, due ricercatori sociali con i quali si collabora proficuamente da oltre un anno. Abbiamo dato vita a un centro studi aperto per discutere di alcuni argomenti senza dipendere da qualche realtà politica o sigla sindacale, ci mettiamo a disposizione invece delle realtà sindacali e sociali di base per approfondire i temi del lavoro e le più svariate argomentazioni politiche e inerenti le molteplici realtà sociali.
Avete una idea del vostro lettore medio?Quante visualizzazioni avete in media? ma stanno crescendo…
Quotidianamente abbiamo circa 500 visualizzazioni. Sono poche al confronto di altri siti, ma se pensiamo al carattere volontario dei contributi, al fatto che gli animatori del blog hanno altri impegni prioritari, ad un prodotto realizzato a costo zero, il risultato è sicuramente positivo. E ultimamente, con il contributo di altri volontari e giornalisti, ci stiamo ampliando. Ci legge chi naviga su Fb, militanti sindacali e politici, ma anche semplici cittadini, lavoratori e lavoratrici che sui motori di ricerca si imbattono in qualche articolo del blog e iniziano a visualizzare ogni giorno dei pezzi magari diffondendoli via social.
Avete una tipologia di lettori solo militanti o di altro tipo?
Non pensiamo di avere una tipologia di lettori solo militanti, prova ne siano anche gli apprezzamenti per articoli scritti da singoli e che trattano argomenti non spendibili nell’immediato per qualche vertenza sociale. Tenete conto che abbiamo pubblicato anche pezzi già editi su altri siti dopo averli letti e apprezzati. Non siamo mai stati amici del copyright trovandolo ostacolo per la libera discussione e circolazione delle idee sui contesti più caldi di lotte e di idee e ideali per la pace nel mondo.
Voi pensate di essere un sito autosufficiente? o vi aprite a molteplici collaborazioni?
Dovremmo prendere atto che non esiste un sito autosufficiente. Chi pensa di esserlo ha talvolta trasformato la controinformazione in fonte di reddito, noi vorremmo anche aprirci ad altre collaborazioni senza la pretesa di essere la sola fonte rivoluzionaria oggi esistente. Ci fa un po’ ridere l’idea di chi pensa di potere competere con i grandi media, il nostro compito è ben diverso.
Ultimamente alcuni giornalisti free lance e volontari stanno animando le vostre pagine con articoli e scritti e reportage e persino saggi di ampio spessore
E così visioniamo e valutiamo e constatiamo un maggior numero di visite generali sul blog riguardanti ampie argomentazioni scottanti sui temi più caldi della geopolitica internazionale che ripercorrono le fasi politiche più salienti per giungere all’analisi e all’argomentazione di eventuali accordi di pace tra le controparti in conflitto armato che sussistono attualmente nel nostro pianeta.
Tre mesi attraverso 5 continenti per parlare di #Pace e #Nonviolenza!
Con Alessandro Capuzzo abbiamo parlato della World March for Peace and Nonviolence, la marcia mondiale per la pace e la nonviolenza che partirà il 2 ottobre da San Josè, in Costa Rica, per farvi ritorno il 5 gennaio.
Tante anche le tappe in Italia! Per scoprirle leggete l’articolo della nostra Laura Tussi
La marcia mondiale per la pace e la nonviolenza. Un lungo cammino contro le guerre.
In cosa consiste e il perché della terza marcia mondiale per la pace e la nonviolenza e le motivazioni e gli ideali.
Ne parliamo con Alessandro Capuzzo uno dei principali coordinatori e animatori.
Una marcia aperta a tutte le persone che toccherà decine di paesi e attraverserà l’intero pianeta, partendo e tornando in Costa Rica. È la Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza, un grande evento giunto alla sua terza edizione che vuole sensibilizzare i popoli e spingere le istituzioni a bandire le armi, in particolare quelle nucleari.
Denunciare la pericolosa situazione mondiale caratterizzata da conflitti crescenti, creare coscienza, valorizzare le azioni positive, dare voce alle nuove generazioni e alla cultura della nonviolenza. È questo l’obiettivo dichiarato della terza marcia mondiale per la pace e la nonviolenza, promossa dall’associazione internazionale Mondo senza guerre e senza violenza. L’edizione 2024 della marcia durerà un anno intero: partirà infatti il 2 ottobre da San Juan, capitale del Costa Rica, e farà tutto il giro del pianeta per rientrare il 5 gennaio di nuovo in Costa Rica, dove è prevista una grande manifestazione finale.
Alessandro Capuzzo è uno dei referenti italiani della marcia, un’idea nata e promossa dall’ampio movimento umanista internazionale che ha le sue basi di riferimento specifiche in Sudamerica. Ma sono diverse le istanze che alimentano questa iniziativa: «La marcia – spiega Alessandro Capuzzo – prende le mosse dal movimento umanista in quanto tale, ma con tutte le sue forme sfaccettate che sono diverse, e partecipano anche persone e associazioni esterne al movimento umanista. Io per esempio non ho mai fatto parte di quel movimento, però sono stato coinvolto nella marcia fin dalla prima edizione e personalmente vivo a Trieste, estremo nord-est della cosiddetta Italia che è meta di tutte e tre le edizioni della marcia».
La terza marcia mondiale per la pace e la nonviolenza è promossa da un’associazione internazionale che si chiama Mondo senza guerre e senza violenza e è già giunta alla terza edizione. E la prima si è svolta nel 2009. La seconda si è svolta nel 2020 e questa terza edizione durerà tre mesi. Quali sviluppi?
La terza edizione della marcia partirà il 2 ottobre da San Juan Costa Rica e farà tutto il giro del pianeta e tornerà il 5 gennaio di nuovo in Costa Rica dove è prevista ovviamente una grande manifestazione finale.
La marcia è stata una idea promossa cioè nata grosso modo dal movimento umanista internazionale che ha le sue basi di riferimento specifiche in Sudamerica ed è un’idea che ha preso spunto non solo dal movimento umanista. Da quali altre istanze?
Quindi la marcia prende le mosse dal movimento umanista in quanto tale, ma con tutte le sue forme sfaccettate che sono diverse, e partecipano anche persone e associazioni esterne al movimento umanista.
Per esempio non ho mai fatto parte di quel movimento – afferma Alessandro Capuzzo – però sono stato coinvolto nella marcia fin dalla prima edizione e personalmente vivo a Trieste, estremo nord-est della cosiddetta Italia che è meta di tutte e tre le edizioni della marcia.
La marcia ha come suoi ideali principali, come dice il nome stesso, la nonviolenza e in questo caso la nonviolenza attiva e come primo atto di tutte le tre edizioni è stato posto la contrarietà alle armi nucleari. Atto imprescindibile.
Infatti già nella scorsa edizione, la seconda, è stato fatto un buon lavoro di affiancamento di Ican coalizione internazionale che ha promosso il nuovo trattato di proibizione delle armi nucleari fin dalla presentazione di quella seconda edizione a Madrid. Questo spunto diciamo viene portato avanti anche nella terza edizione dove si sta cominciando a parlare di denuclearizzazione del Golfo di Trieste dove vivo, afferma Alessandro Capuzzo. Ma soprattutto di una nuova edizione con un secondo trattato.
Il trattato per la Nuclear Free Zone del Sudamerica e del centro America è stato ratificato una ventina di anni fa e nel team internazionale della terza marcia mondiale per la pace vorrebbe produrre una seconda edizione del trattato stesso in modo che diventi aderente ai principi del TPAN
Certo il TPAN/TPNW trattato di proibizione delle armi nucleari poiché la Nuclear Free Zone è stata concepita ben prima. Ovviamente. Ecco questo diciamo è un nuovo argomento che è entrato non ora, ma nelle edizioni passate della marcia mondiale e è il bisogno di obiettori di coscienza. Quindi in questa terza edizione si cerca e si cercherà di metterci in collegamento con le organizzazioni e i personaggi e personalità che si occupano attivamente di obiezione di coscienza nelle sue varie forme.
Ecco una forma in particolare viene molto tenuta d’occhio e considerata ed è l’intervento civile di pace cioè quella che Langer chiamava i corpi civili di pace. Queste per sommi capi le principali direttive?
Poi ci sono diverse altre questioni che fanno parte del manifesto della terza marcia mondiale. Ma insomma sarebbe dilungarsi troppo nell’elencarle tutte. Specialmente la marcia è strutturata in un coordinamento internazionale e sussiste e sovrintende ed è quello che esprime anche l’équipe che fa più o meno il giro del mondo e questo organismo diciamo si suddivide poi in team che chiamiamo le segreterie continentali e poi corrispondono a delle chat di attività.
Insomma ogni continente ha le sue persone addette che fanno parte degli International team, ma che si occupano anche nello specifico proprio di quel continente. Giusto?
E poi ci sono le realtà statuali. Cioè ogni paese ha un suo coordinamento. Con una base sufficiente per costruire un percorso credibile all’interno di quel singolo Stato. Non tutti gli Stati possono venir percorsi in tre mesi dalla marcia mondiale: questo è ovvio. Quindi si fa una cernita degli Stati in cui sussiste una base sufficiente per costruire un percorso credibile e attivo. Ecco per quanto adesso non so fare l’elenco preciso degli Stati coinvolti, magari questo lo vedremo in un altro momento. Però funziona così. Un team internazionale dove ci sono dei coordinamenti continentali e poi man mano dei comitati nazionali. Ancora più in basso, se così si può dire, ci sono le realtà cittadine locali. Perché nelle varie città ad esempio Milano, dove voi abitate, vi è un comitato milanese di accoglienza della marcia mondiale che sta organizzando iniziative in preparazione dell’arrivo della marcia e di accoglienza per il momento in cui la marcia arriva.
Da questa edizione che, a differenza delle prime due, si svolge non a dieci, ma a cinque anni di distanza tra la seconda e la terza, è in programma di proseguire a cadenza quinquennale da qui in avanti con le marce mondiali successive. E’ così? Quali saranno i passi che seguiranno questa terza edizione?
Si è così. Per questo si sta pensando anche a costruire eventi e iniziative dopo il passaggio della marcia mondiale. Prima ovviamente della manifestazione finale del Costa Rica, ma anche a seguire per mantenere in un certo senso viva l’attenzione durante il periodo che intercorre fra una marcia e l’altra e ovviamente con iniziative pensate appositamente per questo.
Con chi si svolge l’iniziativa e in partnership con quali istituzioni e con quali persone?
Ti posso rispondere che faccio parte dell’équipe internazionale e mi occupo in specifico dell’area di Alpe Adria e l’area che circonda la mia città Trieste e che comprende grosso modo il Triveneto fino a Bologna in Italia e che comprende l’Austria parte della Germania e la Cechia e la Slovenia e la Croazia. Stiamo tentando di vedere se riusciamo a coinvolgere in qualche modo anche la Bosnia. Ecco questa è l’area di mia competenza diciamo dove cerco di innescare i gangli della marcia mondiale per la pace e la nonviolenza sia nei termini di passaggio sia per il coordinamento delle attività nei singoli paesi e nelle singole località.
Promotrice Mondo senza guerre e senza violenza che sono una realtà internazionale presente anche in Italia. E chi vi partecipa?
Ovviamente, esatto. All’iniziativa partecipa il pubblico. Quindi il pubblico e tutti. Forse anche nessuno qualche volta. Ma insomma di solito è tutto il pubblico: può essere l’attivista come può essere il curioso come può essere qualcuno che magari la pensa diversamente in modo negativo, ma comunque è il pubblico. E’ la marcia mondiale a rendere evidente il discorso della Pace al più alto livello possibile. Ma soprattutto nel creare una coscienza internazionale il più vasta possibile della tematica pacifista.
In che modo si possono creare legami fra territori così eterogenei?
E creare connessioni, cioè far sapere qui quello che succede nelle Filippine piuttosto che in Cile piuttosto che in Messico o altrove ancora e mettere per quanto possibile in contatto realtà che non sono tanto distanti o culturalmente troppo diverse tra loro come per esempio l’interno dell’Europa e la Spagna con l’Italia piuttosto che la Slovenia con l’Austria e così via.
Oggi è fondamentale sensibilizzare rispetto all’importanza della pace. Ci sono speranze?
Insomma certo cercando anche di vedere questa difficoltà incredibile, se si riesce a fare qualcosa con la Palestina, dove la marcia passerà in Europa e arriverà in Europa intorno all’8 novembre mentre in seguito passerà in Italia. Quindi la marcia passerà per una ventina di città italiane. Già molte realtà si sono organizzate tramite questo comitato nazionale che esiste per ospitare il passaggio della marcia mondiale con le loro iniziative.
Personalmente come ti poni nei confronti di questa iniziativa? Quali sono le tue aspettative?
Come organizzatore e come facente parte di queste équipe di motivazioni che dipendono strettamente da noi, ma dipendono anche dalla situazione in cui ci troviamo nel confrontarci. Questo è chiaro.
Credo che la marcia sia in questo momento una buona opportunità per far emergere quel sentimento contrario alla guerra che esiste nella base di tanti popoli e del nostro in particolare. Vero?
Si è così. Se riusciamo a sfondare formativamente, il riscontro fra la gente può essere senz’altro positivo. Non so se si riesce a raggiungere uno zenit diciamo di influenza diretta su quanto succede sulle istituzioni eccetera, però qualcosa di positivo credo che la marcia lo lascia senz’altro. A meno che non vada a finire, e questo ci tengo a dirlo, lo stavo dimenticando, a meno che non vada a finire come nel 2019/2020 quando a febbraio 2020 due giorni prima dell’ingresso in Italia del team internazionale della marcia è scoppiata la pandemia e una ventina di città che avevano preparato una marea di iniziative sono rimaste completamente bloccate e è stato un vero trauma. Letteralmente.
Ero allora una giovane studentessa, quando, con il liceo classico che frequentavo e l’ITIS di Desio (Monza e Brianza), tramite il Club Tenco e lo storico presentatore del Premio, dedicato appunto a Luigi Tenco – che si svolge annualmente presso il teatro Ariston di Sanremo – il Preside Antonio Silva, abbiamo organizzato un importante evento con il Maestro Francesco Guccini.
In quell’occasione, Guccini ha regalato un’esclusiva e davvero molto preziosa e apprezzata anteprima, riservata a noi ragazzi, del suo allora, ultimo libro, ancora in via di produzione, dal titolo “Vacca d’un Cane” – correva l’anno 1992 – in cui raccontava dei luoghi del dopoguerra che gli sono rimasti nel cuore.
All’interno del libro, edito, successivamente, nel 1993, il musico diviene scrittore e descrive le difficoltà di un itinerario praticato attraverso il disastro postbellico, a cui si aggiunge la ritrosia di Francesco, bambino di soli cinque anni, a seguire i genitori, lasciando il famigliare e sicuro nido di Pàvana per un incerto e imprevedibile inurbamento, come lui ama ricordare nella canzone Piccola Città “cento finestre, un cortile, le voci, le liti e la miseria: io, la montagna nel cuore, scoprivo l’odore del dopoguerra”. Insomma quando il nostro Guccini canta, con felice sintesi, di questa “piccola città, bastardo posto”, traduce la memoria storica degli eventi ed esplicita un suo malessere personale, un disagio esistenziale, che non si discosta molto dalla realtà sociale di quegli anni. In un quartiere di Modena situato tra “la Via Emilia e il West”, Guccini comincia a conoscere i suoi compagni di avventura musicale e non solo, con i quali si esibisce in modi e ambiti al limite dell’informalità e della trasgressione, in bar, osterie, circoli culturali, carceri, fabbriche occupate e dismesse, teatri e teatrini, prima di approdare alle dimensioni degli stadi e dei palasport. Fino alla sua prima maturità, Guccini si è sempre esibito con modalità artigianali, vicine alla tradizione del cantastorie più che del cantautore, affrontando i sentieri delle osterie, dei cabaret, dell’affabulazione fulminante e coinvolgente, dell’esibizione schietta, essenziale e immediata che denuncia la precarietà dell’esistere, caratterizzata dal sottile spleen di baudelairiana memoria, da una velata malinconia e al contempo agguerrita passione di denuncia sociale.
Tutta questa narrazione è raccolta nel nostro libro dal titolo “Francesco Guccini in concerto”, in cui Giunti Editore vuole rendere un altro omaggio al Maestro, avvalendosi dell’impegno di due straordinari ricercatori e collezionisti, Claudio Sassi e Odoardo Semellini, che hanno raccolto e riesumato una notevole e impressionante quantità di materiali inediti, dal profondo degli archivi, da cui hanno estrapolato manifesti, memorabilia, locandine, ritagli di giornale, interviste e biografie. Alle testimonianze, raccolte appositamente per questo volume, si sono aggiunti i racconti e le memorie dei tanti musicisti che hanno accompagnato il Cantautore nel tempo, da Flaco Biondini a Ellade Bandini, fino alle performance con il Club Tenco e ai duetti con Vecchioni, la Nannini, Ligabue, tramite approfondimenti collegati alla sua attività in studio e alla vita quotidiana, negli anni delle leggendarie notti all’Osteria delle Dame a Bologna e nel paesaggio pittoresco dell’Appennino Tosco Emiliano, intriso del clima triste e dimesso del dopoguerra, che, invece, è diventato, col tempo, una dimensione mitologica e poi storica della prima canzone d’Autore nel nostro Paese.
Tutto questo nella straordinaria e sconosciuta trama esistenziale, intrisa di dialoghi, incontri, rapporti, progetti, in seguito a date, eventi occasioni di un Cantautore che negli anni, ha saputo intrattenere il suo pubblico, creando un legame empatico, caldo, coinvolgente, raccontato in questo nostro libro biografico che si è trasformato, man mano che veniva composto e prendeva forma, nel racconto pittoresco e avvincente di uno dei personaggi più impegnati e contestatori della canzone italiana, schierato per i significati ultimi della giustizia sociale, dell’uguaglianza dei diritti tra tutti gli esseri umani, con imprescindibile e costante coerenza, attraverso le doti artistiche più alte della semplicità, dell’immediatezza, dell’umanità, dell’impegno sociale, dell’amore per la musica e per il pubblico in un connubio armonioso, nel crescendo entusiastico dei concerti, senza eccessi maldestri di protagonismo, ma sempre al limite del goliardico, nel gusto della trasgressione sagace, nella ricerca dell’ironia, attraverso il piacere della compagnia, dell’avventura, alla luce della sapiente e vissuta sperimentazione artistica e musicale.