Intervista per il MEI – Meeting artisti e etichette indipendenti:
Dal libro di Laura Tussi, Fabrizio Cracolici, Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli e altri , RIACE. MUSICA PER L’UMANITA’, Mimesis Edizioni
Intervista di Laura Tussi a Gianfranco D’Adda con Renato Franchi
Un senso al “Fare Musica”
Conversazione di Laura Tussi con Gianfranco D’Adda, storico batterista di Franco Battiato.
Comporre dischi di livello e spessore non è scontato e automatico. La sperimentazione musicale svolta negli anni con Franco Battiato ti ha condotto ad avere ancora argomenti da proporre dopo 30 anni di impegno musicale e artistico. Come vivi la tua scelta?
Ottima domanda che mi porta direttamente e piacevolmente indietro nel tempo.
E qui, nel decollo di questa importante intervista, vorrei se me lo concedi prendermi un po’ di spazio.
Prima di tutto ti ringrazio, perché mi ritrovo cosi felicemente proiettato nel tempo, nei luoghi e negli spazi di bambino della mia infanzia. Mi rivedo lì, dove con la mia passione per il cinema (il parroco di Rescaldina, per questa mia attenzione mi affidò la conduzione della macchina di proiezione dei film all’oratorio, un po’ alla Nuovo Cinema Paradiso) iniziai a battere il tempo con dei legni sulle scatole di cartone di una nota marca di detersivo, con la preoccupazione dei miei genitori che aumentava velocemente, quando percuotevo assieme tutti gli oggetti che mi capitavano fra le mani e che creavano suono e ritmo.
Fu così che, dopo poco tempo, con qualche anno in più sulle spalle, con l’avvento delle onde sonore del beat con i Beatles e i Rolling Stones, all’età di 15 anni i miei genitori mi comprarono una batteria e formai il primo “complesso” denominato The New Vox, con il cantautore Renato Franchi, con cui ancora oggi continuo la mia strada nella musica con una band che viaggia nel mare del rock d’autore.
Capitò poi che a seguito della convocazione della casa discografica Aura Edizioni Fonografiche con sede in via Vitruvio a Milano, mi trovai per la prima volta per incidere un disco, misurandomi in questa nuova esperienza emozionante, con la band The New Vox, per la registrazione di un provino in uno studio in corso Sempione sempre a Milano vicino alla RAI, anche se poi del disco non se ne fece nulla. Questa è stata un’esperienza professionale che servì molto per la mia crescita personale, sia come musicista sia come persona e me la ricordo sempre come fosse ieri con grande piacere.
Da questa prima esperienza, dopo qualche anno il mio cammino di musicista a seguito dell’incontro con Franco Battiato divenne professionale: fu con lui che, nel mio ruolo di batterista nelle fila della band, suonai nei suoi dischi più famosi e in centinaia di concerti live. Mi trovai catapultato nel pieno di un movimento culturale e musicale che partiva e fondava la sua matrice sonora nel terreno della sperimentazione pura; si guardava con grande attenzione a musicisti sperimentali e fuori dagli schemi classici come Terry Riley, John Cage e Stockhausen e ovviamente alle grandi band innovative che arrivavano dal mondo del rock.
Penso agli album prodotti e promossi dalla Bla Bla di Pino Massara e dalla mente innovativa e creativa dell’Art Work Gianni Sassi della storica etichetta Cramps che ha pubblicato gli album degli Area di Demetrio Stratos, di Eugenio Finardi e altri ancora. Mi ricordo tutto il lavoro creativo e di ricerca che sta alla base di dischi come Fetus, Pollution, Clic, Sulle corde di Aries, seguiti poi da L’era del cinghiale bianco, La voce del padrone. Album storici realizzati con l’impronta di forte carattere sperimentale e di rottura sia nella musica, sia nei testi, nella comunicazione, nella proposta grafica e d’immagine (storica la copertina con la fotografia di un feto che scandalizzò i perbenisti ma che fu premiata poi dalla rivista “Bilboard”).
Sono molto orgoglioso di aver vissuto quei momenti artistici da protagonista, in quanto questa intuizione che nasce dalla creatività e dalla ricerca minuziosa di Franco Battiato, che si sviluppa nel suono e nelle ritmiche anche con la mia collaborazione al fianco di quella di Gianni Mocchetti e altri musicisti di rilievo, ha dato inizio a una fase di sperimentazione sonora unica in Italia, oggi apprezzatissima e a mio parere, tranne qualche maldestro tentativo, ancora insuperata.
Credo che il valore intrinseco e sperimentale del mio lavoro o meglio della creazione del suono, nella costruzione e registrazione di queste proposte discografiche, che restano tra gli album più importanti e ricordati dai fan di Franco Battiato e nella storia della musica italiana, mi ha nei fatti consolidato una formazione musicale e un’attenzione all’aspetto artistico, che rifugge dalle consuete caratteristiche commerciali e da mainstream fine a se stesse. E questa è una delle ragioni per cui ancora oggi dopo tanti anni di palchi, registrazioni e concerti sulle spalle, mi ritrovo, come in un ritorno al futuro, al fianco di Renato Franchi nella sua Orchestrina del Suonatore Jones, ancora in viaggio con tanta passione, emozione e argomenti da proporre nel bel cammino di una musica di qualità, che racconta storie d’amore, d’impegno e di grande sensibilità sociale, con lo stesso entusiasmo di quando io e Renato siamo partiti.
Il mare immenso della canzone e del rock d’autore è tutto da navigare, scoprire e da esplorare, tante sono le gemme e le perle nascoste fra le sue alte onde, e oggi per dirla come il titolo di una canzone di Renato… sono sempre in viaggio con entusiasmo, “Dopo le strade” con un sogno più in là.
Potresti raccontare la lunga esperienza di collaborazione con il musicista Renato Franchi e l’Orchestrina del Suonatore Jones?
E qui la storia è veramente lunga e gonfia di ricordi, che a raccontarla un po’ mi commuovo. Tanti sono i momenti e le emozioni che insieme abbiamo vissuto e ancor oggi stiamo attraversando con successo e consenso. Mettiamola così, cercherò di essere breve, senza entrare in troppi particolari per non far scorrere troppe lacrime dentro il cesto dei bei ricordi che ho nel cuore.
Eravamo ragazzini con tanti sogni e tanti problemi nella testa, ma sia io sia Renato eravamo anche testardi, il nostro primo incontro fu un’intesa fulminea sulla strada della musica che – immediatamente e come ho già detto con il reciproco amore e passione per Beatles e i Rolling Stones, The Who, Kinks, Otis Redding, Wilson Pickett e del beat italiano, dall’Equipe 84 ai Rokes sino a Lucio Battisti – formammo i The New Vox, che esordirono come tipica formazione beat al teatro La Torre di Rescaldina, spazio culturale che purtroppo oggi non esiste più, proponendo alcuni pezzi famosi dei Troggs, Rolling Stones, Spencer Davis e Beatles, Corvi e Equipe 84. Tutto partì da qui e da allora non ci siamo fermati.
Poi fu un fiorire di richieste per serate nelle sale da ballo, dancing, feste popolari e di piazza, arrivando a ottenere ingaggi anche in regioni lontane e con presenze per serate in locali importanti di Milano.
Queste esperienze ci permisero di conoscere artisti e cantanti popolari in quel periodo come Giovanna, Delfo; fu dopo l’esperienza con questo vocalist durata circa un anno, che conobbi Gianfranco “Gianni” Mocchetti e con lui all’inizio del 1970 nacquero i Cristalli Fragili e poi Genco Puro Old Company, con Riccardo Rolli, con il quale realizzammo un album oggi ricercatissimo dai collezionisti del vinile.
Musicalmente parlando, io e Renato ci separammo seguendo tutti e due strade interessanti ma diverse, io con Battiato e Renato nella musica cantautorale e d’impegno sociale, sino a ritrovarci dopo diversi anni, a suonare ancora insieme sui palchi in un viaggio che non si è ancora fermato.
Da lì l’incontro con Battiato, i dischi, i concerti, i tour, i miei incontri e collaborazioni con i grandi nomi del rock italiano e internazionale, senza mai perdere i contatti con Renato che come me proseguiva con successo e positivi riscontri nel suo viaggio e nei suoi progetti sonori, acquisendo con tenacia, talento e professionalità un meritato spazio nel mondo del rock d’autore e della canzone di qualità.
Scelte musicali che ho sempre condiviso, e quando mi fu chiesta la disponibilità a collaborare con l’Orchestrina del Suonatore Jones ancora al fianco di Renato, il mio consenso fu immediato.
Con Renato, che considero un seminatore di belle idee, un poeta, un artista vero e puro che rifiuta le regole banali e ovvie, sempre con grande rispetto, educazione e umiltà e pur se fuori dagli sfarzi delle grandi luci di scena continua il suo viaggio nel sentiero e nella bellezza della canzone d’autore.
Oggi con lui e con l’Orchestrina abbiamo realizzato dei bellissimi album che a mio giudizio meriterebbero maggiore risalto di quello che già positivamente hanno avuto; ma si sa oggi i tempi per la buona musica sono difficili e complessi e disordinati, e qui servirebbe un’attenta e profonda riflessione critica antropologica e sociologica sull’industria discografica, sul valore della cultura, sul ruolo poco felice e preparato dei media, sulla promozione di un artista di una band, sul ruolo delle etichette indie e indipendenti, e delle major, che ormai è ridotto allo squallore illusorio dei talent, e infine sulle complessità per l’assenza di spazi e visibilità per le nuove proposte e la produzione di qualità artistica della musica.
Sono aspetti, che a mio giudizio, sono peggiorati e ci vorrebbe veramente una rivoluzione, una rivolta culturale per porre le giuste basi di un cambiamento radicale e valoriale.
La politica musicale dell’Orchestrina del Suonatore Jones, con Renato Franchi, crea anche nuove comunità culturali e creative con migliaia di persone a sostegno di progetti compositivi davvero alternativi: avete rotto con il pensiero unico della produzione musicale in Italia. Il vostro gruppo musicale, diretto da Renato Franchi, ha preso nettamente le distanze da mercati e case discografiche, per comporre in modo indipendente. Come si delinea questa svolta artistica?
La politica e le scelte musicali, l’organizzazione e la professionalità dei musicisti dell’Orchestrina, sono le ragioni per cui ho accolto volentieri e senza esitazione la proposta di collaborazione che Renato mi ha fatto.
I contenuti di quello che suoniamo e cantiamo, gli arrangiamenti rock blues con cui porgiamo le nostre canzoni nei concerti e nei dischi, la bravura dei musicisti sono a mio giudizio alcune delle motivazioni che danno un senso oggi al “fare musica”, allo scrivere canzoni d’amore, intimistiche, o racconti sonori di storie di denuncia, di lotta, di vittorie e sconfitte o del vivere quotidiano.
Il percorso musicale dell’Orchestrina e di Renato, che come ho detto condivido senza se e senza ma, è volutamente indirizzato alla valorizzazione culturale della musica e della canzone, con grande e meticolosa attenzione alla qualità della proposta musicale.
Renato Franchi e l’Orchestrina del Suonatore Jones, producono in totale autonomia, dalla creazione alla scrittura, agli arrangiamenti, alla registrazione, sino alla masterizzazione e alla grafica dei loro album. Tutto in piena libertà e senza i condizionamenti tipici delle produzioni discografiche delle major; i dischi o cd, vengono poi distribuiti e diffusi con l’etichetta L’Atlantide che non pone nessun elemento di condizionamento artistico sul lavoro della band.
Questo vale anche per i concerti e le attività live del gruppo; sono sostanzialmente scelte derivate in parte dalle difficoltà oggi presenti nel mondo della discografia, di cui ho già accennato, e in parte per la costante ricerca del massimo d’autonomia creativa e propositiva che nel tempo pur nelle complessità ha dato i suoi risultati.
Oggi Renato e la band riscontrano una buona credibilità e un seguito di amici e fan che sostengono con la loro presenza e affetto le nostre iniziative, i concerti e i progetti.
Inoltre la collaborazione con figure e persone importanti del mondo musicale, artistico e letterario è oggi una parte importante e una caratteristica culturale del nostro percorso musicale, che ha dato valore aggiunto alla creatività delle proposte che Renato & l’Orchestrina sono in grado di porgere al “mercato”.
Ritengo straordinarie queste scelte di autonomia operativa e di creatività: ritrovo senza la retorica della nostalgia in una nuova fase creativa, le belle esperienze vissute con Battiato, la Bla Bla e la Cramps.
Mi appassiona totalmente questo percorso, che è una delle caratteristiche artistiche di Renato; la valorizzazione della cultura e della bellezza del nostro immenso patrimonio musicale, queste scelte valoriali e d’autonomia creativa ci permettono di viaggiare sulle alte onde del proporre e far conoscere al fianco di nostre canzoni originali e di band e personaggi del momento che noi amiamo come i fratelli Severini, Massimo Bubola, De Gregori e altri, anche artisti a volte dimenticati o poco conosciuti dalle nuove generazioni, come Tenco, Bertoli, Endrigo, Della Mea, Jannacci per citarne alcuni.
Come per Renato anche per me è importante oltre che bellissimo suonare e cantare le loro canzoni, far conoscere e comprendere il valore immenso della canzone d’autore e della cultura popolare, dai canti del lavoro e Resistenza partigiana a quelli che raccontano la memoria storica del nostro Paese e del mondo.
Tutto questo patrimonio artistico, è ciò che mi appassiona e con Renato & l’Orchestrina lo proponiamo nei nostri concerti e nei nostri dischi, per la semplice ragione che questo crossover artistico di culture, che passa dalle canzoni dei Gang, di De Gregori, Bubola, Battiato, Fossati e De André, e si sposa con Dylan, i Beatles, Rolling Stones, Choen, il soul, il blues, ha il profumo di un fiore culturale fuggito dalle serre dello show business del mercato.
Questo è per me e per Renato il vero rock d’autore, ovvero la ragione per cui vale la pena, anzi diventa un piacevole dovere, rivendicare il diritto di suonare, per vivere intensamente, come dice la bella canzone di Renato i nostri Giorni Cantati
Giorni cantati (di Renato Franchi)
In questo mondo di volti e parole, giorni cantati splendenti nel sole
Ho incontrato angeli e fango, uragani tempeste, diavoli e lampo
In questo tempo, di lacrime e spari, cadute e ferite, sangue e sicari
Ho trovato, finestre e ripari, fiori e chitarre, rifugi e sentieri
Ho rallentato e accelerato, come un treno sulla ferrovia
Ho camminato e aspettato i tuoi occhi al centro della via
In questo mondo, di sorrisi e di vento, di nuvole e polvere, scintille e spavento
Ho trovato, pane rose e catene, campi di grano, ruggine e spine
In questa storia, di valigie e partenze, di nuovi indirizzi, programmi e sentenze
Ho trovato amori e bandiere, sorrisi diamanti e primavere
Ho rallentato… e accelerato, come un treno sulla ferrovia
Ho camminato e aspettato e il mio cuore è volato via
Molte vostre canzoni recuperano i valori e l’etica della Resistenza partigiana antifascista, che era stata recepita nel dopoguerra, a livello letterario, da personaggi straordinari, tra cui Calvino, Fenoglio, Pavese e molti altri, nei più svariati campi artistici: un grande fenomeno di letteratura, cinematografia e arte. Poi è subentrato un vuoto politico e istituzionale, ma proprio da questo baratro artistico è emerso un nuovo attuale movimento culturale sulla Resistenza. Come vi ponete rispetto a questi temi?
L’attenzione di Renato ai temi della storia del nostro Paese – dalla Resistenza alla memoria, fino alle storie d’amore e di guerra che per dirla alla De Gregori “abbiamo letto da milioni di libri o ci hanno raccontato quelli che non sanno nemmeno parlare” – è l’essenza e la base fondante di questa band che, a partire da De André di cui portiamo il nome tratto dal titolo di una sua canzone “Il Suonatore Jones”, sia io sia gli altri musicisti della band condividiamo pienamente.
Il rock d’autore del gruppo è fortemente connotato da sempre da un percorso musicale di forte sensibilità sociale che vede come persone e come musicisti “suonatori contro” tutte le logiche guerrafondaie e al fianco della costruzione di una “cultura della pace”.
Non è un caso che uno dei nostri album, Dopo le strade, Renato ha scelto di dedicarlo alla figura di un pacifista come Vittorio Arrigoni, che ha perso e dato la sua vita per questo valore universale, essendo stato ucciso a Gaza per il suo impegno concreto di aiuto e di pacifismo.
La nostra “funzione”, come già anticipato e come dici tu, è proprio quella di scrivere e proporre canzoni nostre, della canzone italiana d’autore e non solo, della tradizione e cultura popolare, a volte attualizzandole con sonorità attuali e con una veste rock, formula e miscela sonora, che oltre a rispondere ai notri gusti musicali, vuole essere anche un momento d’appeal per i giovani che non conoscono queste canzoni.
La riteniamo altresì necessaria per colmare e respingere, per quanto possibile, il tentativo sempre presente di revisionismo e di cancellazione della memoria, e per il recupero della giusta dignità e il giusto valore di un patrimonio artistico musicale che nell’immaginario collettivo viene considerato superato e vecchio, commettendo così un grave errore e affronto e forse, non a caso, un voluto boicottaggio culturale, deviando così gli elementi di necessaria conoscenza della storia e della memoria dei fatti, delle ingiustizie e delle vicende tragiche di questo Paese.
A testimonianza di quanto dichiaro si pensi alle canzoni di Renato come I passi nel mattino, che recupera la triste vicenda del massacro da parte dei nazisti e dei fascisti di 15 partigiani il 10 agosto del ’44 in piazzale Loreto a Milano, o Genova 2001 sui fatti del G8 e della morte di Carlo Giuliani in piazza Alimonda: sono passati pochi anni e già questa canzone ha il compito importante di salvaguardare la memoria.
Ecco ci poniamo di fronte a un orizzonte tutto da scoprire, da ricordare e da proporre; come dice Renato: “si canta la storia per non dimenticare il futuro” e per dare una piccola ma importante luce nel panorama oggi svilito e squallido della canzone e della musica in generale.
Pensiamo che i ragazzi e le nuove generazioni abbiano il diritto di conoscere e non solo subire, solo così potranno democraticamente e consapevolmente decidere che musica ascoltare, scegliere cosa leggere, che film o che programma televisivo guardare.
La penso esattamente come Renato, che in più occasioni ha affermato che solo così sarà possibile invertire il nichilismo culturale che ci sta travolgendo in questi tempi confusi e disordinati.
Potresti attribuire un giudizio e dare una spiegazione alle motivazioni dell’involuzione psicologica del ceto politico e al conseguente livello di degrado anche culturale dell’attuale classe dirigente? L’istituzione scuola dovrebbe avere una missione formativa, ma soprattutto informativa, inerente ai processi di coscientizzazione e conoscenza del presente, dei conflitti contemporanei, delle cosiddette “guerre umanitarie” sdoganate per “missioni di pace”, in contrasto con l’articolo 11 della Costituzione. Quali strumenti dare ai giovani per comprendere il presente, tramite scelte scolastiche orientate a comprendere la Storia, come strumento di lettura dell’attualità, oltre le prevaricazioni neofasciste dei revisionismi e dei negazionismi?
Questa è una domanda difficile, articolata e complessa, per cui faccio i miei complimenti per avermela posta. Chiaramente mi viene difficile trovare una sola chiave di lettura, una risposta univoca, ci provo, la tento in modo sintetico, senza la presunzione di avere la chiave giusta per aprire la porta della verità.
Esprimo semplicemente il mio modesto pensiero, che è anche il risultato delle mie esperienze di vita quotidiana, del mio essere musicista e cittadino, che suona, che va a fare la spesa, fa la fila alla posta, che vota e spera, che ascolta, critica, giudica.
Esprimo un’idea anche sulla base di quanto ho appreso dalla spiritualità e la profondità di pensiero di Battiato e oggi dall’impegno sociale e culturale che vivo nel suonare le canzoni di Renato, di De André e gli altri autori che in parte ho già citato.
La politica e la sua involuzione, il suo degrado bella domanda! Se mi è possibile, visto i miei trascorsi musicali con lui, rispondo citando una canzone che racchiude a mio giudizio molte verità, si tratta di Povera Patria di Franco Battiato
Povera Patria (di Franco Battiato)
Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere, di gente infame, che non sa cos’è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! Questo paese è devastato dal dolore, ma non vi danno un po’ di dispiacere quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà, no cambierà, forse cambierà.
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali? Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà, sì che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali che possa contemplare il cielo e i fiori, che non si parli più di dittature se avremo ancora un po’ da vivere… La primavera intanto tarda ad arrivare…
Ecco in questo testo, cantato su una melodia che è un’armonia altrettanto bella e struggente, ritrovo molte delle motivazioni del degrado politico e culturale, come la sete e l’arroganza del potere, l’assassinio della nobiltà della politica con la pratica dell’affarismo infame e senza pudore per scopo e arrichimento personale, l’arrivismo a tutti i costi, l’incompetenza e la spocchia di quello che io chiamo, parafrasando una definizione di Leonardo Sciascia, “il cretinismo intelligente”, ovvero perché hai un diploma o una laurea in tasca ti permetti un cinismo e un’assenza totale di umanità… e poi la violenza, le stragi, i manganelli, le guerre, gli armamenti, il terrorismo, i morti nelle piazze e sul lavoro, le vittime innocenti delle stragi.
Lo scenario è allarmante, che se non modificato ci porta dritti alla deriva sociale, il fascismo sdoganato dalla destra berlusconiana, i recenti attacchi alla Costituzione democraticamente respinti con il voto e certamente la mancanza di un ruolo più incisivo, democratico, attualizzante e formativo della scuola sono alla base di questo degrado, e non sono variabili indipendenti di quanto stiamo vivendo da diverso tempo.
La formazione e la conoscenza come dicevo per la musica sono la base di una vera costruzione della coscienza democratica… se sai scegli, se non sai subisci…credo e penso come dice la canzone che “se la primavera tarda ad arrivare” noi dobbiamo andarle incontro senza aspettare, seminando i fiori del diritto con la speranza che le cose debbano e possano cambiare, che le ingiustizie, i razzismi, le prevaricazioni e le diseguaglianze sociali non possano essere parte di una società che si dichiara civile.
Su quali presupposti basare il cambiamento della società, a partire dall’attuazione autentica della Costituzione, troppo spesso travisata?
Personalmente con Renato e l’Orchestrina attraverso la nostra passione per la musica, per quanto ci è concesso, a volte a strappi, in altri momenti con continuità, con le nostre canzoni, i nostri dischi, i nostri concerti, cerchiamo senza presunzione di dare un piccolo contributo al processo per la costruzione di una cultura di pace e del rispetto, che passa dall’applicazione vera e concreta della nostra Costituzione.
È un compito ambizioso che va ampliato e allargato a più soggetti della cultura, musicisti, scrittori, pittori, del mondo del lavoro, della società civile e anche della politica, artisti in generale, forse o solo in questo modo, con una flotta di sognatori di questo tipo sarà possibile vedere arrivare la primavera meno in ritardo di quanto oggi pensiamo.
Latouche con il pensiero della “decrescita felice” apre orizzonti a un sistema basato sull’ecosostenibilità, sull’utilizzo delle energie alternative, contro le lobby del nucleare, dell’acciaio e delle armi, aprendo a prospettive di “conversione ecologica”, per citare Alex Langer. Qual è il tuo contributo a questo pensiero?
Come per una canzone l’uso del computer deve servire ad aiutare la costruzione e la composizione e la registrazione di un arrangiamento musicale e quindi deve essere al servizio del musicista per realizzare un “prodotto” di qualità e non il contrario.
Questo principio penso e immagino debba valere anche per i bisogni del nostro vivere quotidiano, lo sviluppo deve essere sostenibile e le tecnologie devono essere al servizio dell’uomo.
Mi è difficile dire qual è o come può essere il mio contributo di coerenza al pensiero di Langer per attuare il processo di “una conversione ecologica della società, dell’economia e degli stili di vita”.
Per un cambiamento verso un modello equo e giusto di sostanziale controllo della crescita desueta e dissipativa, ribadisco quello che già ho detto nel percorso legato alla musica, credo sia necessaria una coerenza soggettiva, come raccomandarsi di porre attenzione al rispetto dell’ambiente e della natura che ci circonda, esercitare un auto-controllo sui consumi necessari come quello energetico o l’aspetto del consumismo fine a stesso, dell’alimentazione, insomma quei modesti e piccoli comportamenti legati al nostro vivere e alle faccende quotidiane, che se attuati da tutti potrebbero dare qualche positiva risposta al sistema distorto dello sviluppo dissipativo oggi in atto e sostenuto con arroganza (ecco che entra in gioco la politica) dal capitalismo vorace e feroce.
Questi principi soggettivi chiaramente vanno affiancati a momenti di grande presenza di massa, per contrastare i poteri forti e le forze occulte e palesi che hanno interessi economici nell’alimentare guerre per vendere gli armamenti, nello sfruttamento e nella speculazione e inquinamento dell’ambiente per vantaggi economici, in contrasto a un modello di sviluppo democratico e sostenibile.
Per concludere questa intervista e in coerenza con questa tematica, mi viene in mente una straordinaria canzone di Pierangelo Bertoli, sempre presente nei nostri concerti, che ci ricorda che se teniamo gli occhi aperti e non ci facciamo abbindolare dalle falsità del parolaio di turno seduto al talk show televisivo, mettendoci una piccola fetta d’impegno in più, come la storia dell’uomo, della nostra Resistenza partigiana ci insegna, le cose possono cambiare, perché nonostante tutto… il vento soffia ancora…
Eppure soffia (di Pierangelo Bertoli)
E l’acqua si riempie di schiuma il cielo di fumi, la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi
Uccelli che volano a stento malati di morte, il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte
Un’isola intera ha trovato nel mare una tomba, il falso progresso ha voluto provare una bomba
Poi pioggia che toglie la sete alla terra che è viva, invece le porta la morte perché è radioattiva
Eppure il vento soffia ancora, spruzza l’acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie, bacia i fiori li bacia e non li coglie
Un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale, ha dato il suo putrido segno all’istinto bestiale
Ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario, e tutta la terra si è avvolta di un nero sudario
E presto la chiave nascosta di nuovi segreti, così copriranno di fango persino i pianeti
Vorranno inquinare le stelle la guerra tra i soli, i crimini contro la vita li chiamano errori
Eppure il vento soffia ancora, spruzza l’acqua alle navi sulla prora
E sussurra canzoni tra le foglie, bacia i fiori li bacia e non li coglie
Eppure sfiora le campagne, accarezza sui fianchi le montagne
E scompiglia le donne fra i capelli, corre a gara in volo con gli uccelli.