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Vittorio Agnoletto. Quattro anni dal primo lockdown: dimenticarsi della pandemia mette a rischio il nostro futuro

su Il Fatto Quotidiano:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/03/09/quattro-anni-dal-primo-lockdown-dimenticarsi-della-pandemia-mette-a-rischio-il-nostro-futuro/7471861/

9 marzo 2020, scattava il lockdown nazionale. Il 21 febbraio 2020 era stato individuato il primo caso italiano di infezione da Covid-19. Erano giorni tremendi, di paura e sgomento. Ma anche di confusione, errori e di inconfessabili pressioni. Non è casuale che fino ad ora il triste anniversario sia passato nel silenzio di quasi tutti i media mainstream. Proprio per questo è bene ricordare cosa accadde.

Non dimentichiamoci che…

28 febbraio 2020: i positivi in Lombardia erano già 531 dei quali 103 nella zona bergamasca. L’allora assessore al Welfare, Giulio Gallera, dichiarava, riferendosi ad Alzano: “Nuove zone rosse non sono all’ordine del giorno nell’ordinanza che abbiamo preso”.

2 marzo: i contagi a Bergamo in 24 ore sono quasi raddoppiati da 100 a 209, Gallera annuncia: “Stiamo lavorando intensamente… per rafforzare il personale negli ospedali e coinvolgere anche i soggetti privati che da oggi entreranno nella cabina di regia per ampliare la rete dei posti in terapia intensiva, compresa al gestione dei casi ordinari”. Ci sono voluti undici giorni dal primo caso a Codogno, prima che regione Lombardia decidesse di coinvolgere, nel contrasto alla pandemia, le strutture private convenzionate con Il Servizio Sanitario Nazionale, SSN.

Il 2 marzo, secondo un’inchiesta della giornalista Francesca Nava pubblicata in The Post Internazionale, l’Istituto Superiore di Sanità aveva richiesto la creazione della zona rossa a Nembro e Alzano. Non se ne fece nulla, il contagio continuò a diffondersi e il numero dei morti ad aumentare. Pochi giorni prima, il 27 febbraio, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, pubblicava sui suoi profili social, il video “Milano non si ferma”. Il giorno prima Giorgio Gori, sindaco di Bergamo postava sulla sua pagina Facebook l’appello: “Bergamo non ti fermare!”.

Rimuovere quello che è accaduto è pericoloso

Il desiderio di rimuovere quanto avvenuto è un fenomeno comprensibile per una collettività che tanto ha sofferto, ma non possiamo né dobbiamo dimenticare cosa è accaduto e le responsabilità di chi ha compiuto determinate scelte con le loro tragiche conseguenze. Non possiamo rischiare che la storia si ripeta. Abbiamo pagato un prezzo altissimo, siamo tra le prime dieci nazioni per decessi Covid. Non dimentichiamoci i medici nei dipartimenti d’emergenza costretti a scegliere, chi curare e chi abbandonare al proprio destino. Abbiamo giurato a noi stessi che simili situazioni non avrebbero dovuto ripetersi. Un’occasione persa.

I soldi in arrivo con il Pnrr avrebbero dovuto costituire il volano per rilanciare il Servizio sanitario nazionale. Ma quei fondi sono stati indirizzati altrove, utilizzati perfino per grandi opere destinate a peggiorare ulteriormente la già precaria situazione ambientale; alla sanità restano solo le briciole. Dei 191 miliardi del Pnrr circa 15, pari all’8% del totale, erano destinati alla sanità, poi il governo Meloni ha cancellato 414 case e 96 ospedali di comunità e i fondi sono stati tagliati ulteriormente. I soldi del Pnrr sono destinati quasi solo a costruire edifici e ad acquistare strumenti diagnostici, non ad assumere personale; molte delle strutture costruite verranno quindi affidate in gestione al privato. Non sono stati aumentati in modo generalizzato gli stipendi di medici e infermieri ed è quindi proseguita la fuga all’estero che in vent’anni ha coinvolto 180.000 operatori sanitari. Le liste d’attesa sono infinite, i pronti soccorsi sono sempre più simili ai gironi danteschi nonostante lo sforzo di chi ci lavora, i medici di Medicina generale soffocano nella burocrazia.

Nel frattempo, aumentano i farmaci diventati introvabili, che lasciano nella solitudine e nella disperazione i malati. I servizi territoriali vengono tagliati, i consultori ridotti, decine di migliaia di adolescenti e di bambini, che dopo quanto sofferto durante la pandemia avrebbero necessità di un sostegno psicologico, sono abbandonati a sé stessi con CPS e UONPIA, Unità Operative di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, prive di personale e di risorse economiche.

Non c’è dubbio che siamo messi peggio che nel 2019, in epoca prepandemica. Se dovesse arrivare una nuova pandemia, oggi avremmo meno strumenti.

Una grande missione

Chi ci governa procede coniugando la furia devastatrice verso il Ssn, le cui spoglie vengono consegnate al privato, con un’irresponsabilità autodistruttiva ormai fuori da ogni controllo. Scrive Lula, presidente del Brasile: “Il futuro post pandemia non è garantito per nessuno. È oggetto di conflitto… Coloro che, come noi, cercano da tempo di costruire un mondo di opportunità uguali per tutti, in cui la vita, i diritti umani e l’ambiente siano valori reali e impossibili da spezzare, hanno di fronte una grande missione” (“Senza respiro Un’inchiesta indipendente sulla pandemia Coronavirus in Lombardia, Italia, Europa. Come ripensare un modello di sanità pubblica” Vittorio Agnoletto, ed. Altreconomia 2020 pag. 9-10).

La lotta per il diritto universale alla salute è un obiettivo prioritario per tutti coloro che si oppongono allo stato delle cose presenti e che vogliono ancora immaginare un futuro possibile.


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No profit on pandemic

No profit on pandemic

di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

 

Spot con le Videotestimonianze di Vittorio Agnoletto, Luigi Ciotti, Moni Ovadia, Gino Strada.

La disuguaglianza dei vaccini ha un profondo impatto sociale ed economico sui paesi con bassi tassi di vaccinazione. L’economia mondiale perderà trilioni di dollari, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito.

Il COVID-19 si diffonde a macchia d’olio. Le soluzioni devono diffondersi ancora più velocemente. Nessuno è al sicuro fino a che tutti non avranno accesso a cure e vaccini sicuri ed efficaci.

“Non si chiede – ha dichiarato la dott.ssa Bottazzi – alle multinazionali di cambiare il loro modo di lavorare, ma di pensare a come aiutare il resto del mondo, favorendo la decolonizzazione per lo sviluppo dei prodotti anche nei Paesi più poveri, lasciando da parte in questo momento il business”. Ma le sue parole sono cadute nel vuoto.

Raramente un’ingiustizia è stata così evidente. Né le dichiarazioni di Papa Francesco, né l’appello di oltre cento premi Nobel ed ex capi di stato hanno convinto l’Ue, l’Uk e la Svizzera a modificare la propria posizione contraria alla proposta di moratoria temporanea dei brevetti sui vaccini e i kit diagnostici per il Covid-19 e alla contemporanea richiesta di socializzare il know-how, proposte avanzate nell’ottobre 2020 da India, Sudafrica e sostenuta da oltre cento Paesi. Non è “solo” una questione di giustizia verso popoli lontani; i nostri governanti hanno il dovere di difendere la salute dei propri cittadini, anche facendo di tutto per evitare che si sviluppino delle varianti che potrebbero riportarci a nuovi lockdown e non solo.

Abbiamo tutti diritto a una cura.

Firma questa iniziativa dei cittadini europei per essere sicuri che la Commissione europea faccia tutto quanto in suo potere per rendere i vaccini e le cure anti-pandemiche un bene pubblico globale, accessibile gratuitamente a tutti e tutte.

Un video che in pochi secondi riassume le nostre ragioni. Un video da far girare ovunque possibile.

 

Link al video:

https://www.facebook.com/right2cure.it/videos/674159166920250

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Tempi di Fraternità – Vittorio Agnoletto: democrazia e umanità

Tempi di Fraternità – Intervista per il lancio del Libro “Senza Respiro”

Tempi di Fraternità – Vittorio Agnoletto: democrazia e umanità

Tempi di Fraternità – Intervista a Vittorio Agnoletto sul suo ultimo Libro “Senza Respiro” con prefazione del Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Intervista di Laura Tussi a Vittorio Agnoletto. Video di Fabrizio Cracolici

Vittorio Agnoletto: democrazia e umanità

Intervista:

La democrazia necessita di umanità: intervista a Vittorio Agnoletto

 

Intervista su Tempi di Fraternità a Vittorio Agnoletto sul suo ultimo Libro “Senza Respiro” con prefazione del Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

Intervista di Laura Tussi a Vittorio Agnoletto.

Video di Fabrizio Cracolici.

 

https://www.youtube.com/watch?v=PHSGQxRd6V0

 

Domanda 1 – La democrazia ha bisogno di umanità, come scrive nella prefazione al libro “Senza respiro” il presidente brasiliano Lula. Lui si ricollega anche all’assassinio di George Floyd, vittima della violenza e dello strapotere poliziesco negli Stati Uniti, nella società americana squassata dalle ingiustizie, al pari di tutte le società nel mondo, ciascuna in gradi e forme diverse.

Una Umanità vessata che ovunque implora di diventare più umani, rispettosi dei diritti e della dignità della vita. Perché Lula ha accettato di scrivere una prefazione al libro dell’amico Vittorio Agnoletto?

 

Risposta 1
Grazie per questa domanda che mi permette di ragionare su alcuni aspetti del libro che in genere non vengono approfonditi. Ho conosciuto Lula al Forum Sociale Mondiale (WSF) di Porto Alegre nel 2001 e  ci siamo rivisti all’interno del Consiglio Internazionale del WSF. Ho pensato di chiedergli di scrivere la prefazione a questo mio libro “Senza respiro” per vari motivi: primo perché siamo di fronte a una pandemia cioè a qualcosa che non riguarda solo e unicamente l’Italia, l’Europa, un continente, ma riguarda tutto il mondo e in Lula vedo una persona che è capace ed è stato capace di guardare l’orizzonte globale del mondo, ma anche tenendo i piedi molto ben piantati per terra nel suo paese e cioè in Brasile.

E quindi quando parla della pandemia – e anche in diversi discorsi recenti ha parlato della pandemia – per esempio riesce a mettere in luce un aspetto in genere che non si considera e cioè che la lotta contro il Coronavirus deve legarsi all’impegno per “costruire un mondo di opportunità uguali per tutti, in cui la vita, i diritti umani e l’ambiente siano valori reali e impossibili da spezzare.” Infatti, il virus ovviamente può colpire tutti: sia la persona ricca come la persona povera; ma l’evoluzione della malattia dipende dai determinanti sociali e cioè da come una persona vive nella sua vita quotidiana. Se deve andare al lavoro o può lavorare da casa in smart-working e recarsi a lavoro con un mezzo proprio o andarci con un mezzo pubblico: in questo momento mezzi pubblici sono un ambito molto a rischio per le infezioni. Oppure se vive in una grande casa; oppure se vive in 40 metri quadri con quattro persone, solo per fare degli esempi. Le condizioni di vita incidono molto sulla possibilità o meno di evoluzione della malattia. Lula in vari suoi interventi ha descritto la situazione che esiste in Brasile, per esempio, le condizioni delle popolazioni dell’Amazzonia abbandonate completamente a sé stesse senza nessuna assistenza sanitaria. Nella prefazione al libro Lula alza lo sguardo e si domanda come sia possibile che l’ONU non abbia assunto il coordinamento degli sforzi mondiali per fronteggiare la pandemia e perché il Fondo Monetario Internazionale non ha cominciato a fare prestiti agevolati ai Paesi che ne hanno maggior necessità. E’ una domanda, credo, assolutamente legittima che ovviamente rimane senza risposta. Poi si evidenzia un altro aspetto importante nelle riflessioni di Lula quando scrive: “Il futuro post pandemia non è garantito per nessuno. E’ oggetto di conflitto. Coloro che si affrettano a annunciare il ritorno alla vecchia normalità si riferiscono con tale espressione alla piena restaurazione dell’iniquità del passato e di un presente caduco che la pandemia ha squadernato e ingigantito” e prosegue “non ci sono precedenti di un ritorno alla normalità dopo una rottura dell’intensità e dell’ampiezza di una pandemia o di una guerra” e aggiunge che chi, come noi, vuole cambiare la situazione attuale ha di fronte una grande missione.  Qui si evidenzia un ragionamento che riguarda tutti noi. La pandemia non è una parentesi della Storia, superata la quale è sufficiente tornare a come il mondo era in precedenza. E’ proprio quello specifico modello di sviluppo – fondato sullo sfruttamento della natura in ogni angolo della terra, sul disboscamento e sugli allevamenti intensivi, solo per fare degli esempi – che produce i cambiamenti climatici e che ha favorito il salto di specie di vari agenti infettivi tra i quali quello che ha prodotto questa pandemia.

Quindi non dobbiamo tornare indietro, ma andare in avanti verso un mondo diverso; i cambiamenti nel modello di sviluppo devono viaggiare parallelamente ad una differente redistribuzione della ricchezza mettendo al centro l’uguaglianza e le libertà di tutti.

Domanda 2 – Il presidente Lula sostiene che la nostra comune umanità deve agire in modo coordinato, solidale e cooperativo per non rimanere “Senza respiro”, che non è solo un sintomo del virus pandemico, ma è una metafora dei nostri tempi affannosi, alla ricerca di soluzioni globali, di salde svolte a livello planetario. Come può avvenire, secondo te, che sei stato portavoce del Social Forum globale, tutto questo grandioso processo umano, che aveva mosso i suoi primi passi con il movimento alter-global arrestato durante la brutale repressione e soppressione dei movimenti e degli attivisti ecopacifisti che manifestavano contro il G8 di Genova 2001?

Risposta 2
Il libro “Senza respiro” è una cosa vera.

Rappresenta un’immagine reale. Non è solo una metafora. Ho intitolato il libro “Senza respiro” perché purtroppo molte persone durante questa pandemia, anche qui da noi in Italia, in particolare in Lombardia, sono decedute abbandonate a sé stesse e sono state “scartate” dalla possibilità di utilizzare le terapie disponibili perché non esistevano abbastanza macchinari per tutti e i miei colleghi hanno dovuto scegliere tra chi assistere e chi abbandonare al proprio destino.

Il libro si apre con una drammatica testimonianza di un primario che è interrogato da un familiare di una persona ricoverata e infettatasi in ospedale con il Coronavirus; il familiare ha l’impressione che suo fratello sia stato messo da parte e spostato su una “corsia laterale”, trasferito in un ospedale dove non esiste un dipartimento di emergenza e che si sia rinunciato a curarlo.

Il primario risponde al familiare: “Suo fratello se sta qui è morto. Se dovesse peggiorare, non potremmo più intubarlo. La dove andrà, abbiamo allestito un reparto protetto ma voglio dirle una cosa a proposito della sua domanda sulle scelte. Io sono un credente e nei giorni scorsi sono andato dal mio confessore e ho chiesto tramite lui perdono a Dio. Ho chiesto perdono per le scelte che sarò costretto a fare. Mi creda non è il caso di suo fratello. Faremo di tutto per tenerlo da qui, sotto osservazione, ma sarà tremendo per me…” Il medico sta spiegando che deve scegliere a chi somministrare le terapie e chi invece sarà lasciato al suo destino.

Quindi “Senza respiro” è qualcosa di reale che è accaduto, che abbiamo vissuto e che stiamo sperimentando in questi mesi.

“Senza respiro” però è anche l’immagine di un pianeta di un mondo che non riesce a respirare. Cosa accade quando noi respiriamo? Inspiriamo ossigeno, introiettiamo nuove energie che permettono di rimettere in moto tutto il nostro organismo.

E’ quello che il nostro pianeta non riesce più a fare.

Il livello di sfruttamento che gli esseri umani hanno praticato sulla terra e sugli altri viventi è andato oltre ogni limite. Ma il titolo “Senza Respiro” è metafora anche di un’altra realtà: di una umanità che rischia di non avere più prospettive e la pandemia è un segnale su quale scenario futuro potrebbe aspettarci se noi scegliessimo di andare avanti con questo modello di sviluppo.

Siamo noi, l’umanità, che non respiriamo e Lula giustamente riporta il discorso collettivo anche a un esempio individuale e singolo, l’immagine di George Floyd, fissando nella mente di ciascuno un’immagine, un evento che tutti quanti ormai conosciamo. Ecco perché la lotta contro questa pandemia è indissolubilmente legata alla lotta per un mondo diverso. Ma in questa tragedia vi è anche un altro messaggio importante che arriva a noi tutti. Davanti a una pandemia nessuno può risolvere la questione da solo. Possiamo cercare di risolvere la pandemia solo mettendoci tutti insieme e durante la pandemia scopriamo, ma io direi, tocchiamo con mano, qualcosa che abbiamo sempre detto, ma purtroppo in molti ci hanno accusato di essere idealisti o ideologici. No. Tocchiamo con mano una cosa semplicissima: se io metto la mascherina difendo la mia salute, ma difendo anche la tua e la vostra salute. E se tu metti la mascherina difendi te stesso, ma difendi anche me. Esiste un destino che ci lega attraverso dei comportamenti individuali e collettivi. La storia recente dell’umanità dimostra che, di fronte a tutte le epidemie sostenute da agenti infettivi trasmissibili, conta molto anche l’assunzione di responsabilità individuale e collettiva delle persone. Quest’aspetto può fare la differenza. E’ interessante osservare come la pandemia è gestita in altri Paesi dove vi è molta più abitudine ad agire collettivamente e dove la cura della salute non è solo delegata agli esperti, ma fa parte anche dell’esperienza quotidiana delle persone attraverso una maggior attenzione alle regole della convivenza sociale, attraverso percorsi di formazione realizzati durante il corso della vita di ciascuno.

Penso a quello che ad esempio sta accadendo a Cuba, ne abbiamo avuta una testimonianza indiretta attraverso l’esperienza delle brigate di medici cubani che sono arrivate in nostro aiuto. Da questa epidemia dobbiamo trarre anche un insegnamento che per noi diventa un incoraggiamento: serve un progetto generale collettivo a livello globale; per questa ragione sono stati molto utili i collegamenti online che abbiamo realizzato con rappresentanti della società civile organizzata e dei movimenti un po’ in tutto il mondo, dal Nicaragua fino all’Iraq; la prospettiva che ci aspetta è quella di un impegno comune. Non è un caso che le esperienze maturate nella lotta all’epidemia saranno al centro del prossimo Forum Sociale Mondiale che si realizzerà nel 2021 in Messico, per una parte dei messicani in presenza e per gli altri, ovviamente via web.

Domanda 3 – La crisi planetaria è alimentata da biechi e beceri dettami di potere del capitalismo neoliberista, nelle sue varie declinazioni, dagli squilibri tra ecosistemi ambientali che ormai arrancano sotto le pressioni e i misfatti dell’”uomo forte”, dall’assenza di controllo sanitario e dalle ingerenze negative della società che ha smarrito ogni senso del limite, e dal mancato controllo popolare sulla sanità dominata da Big Pharma, le multinazionali farmaceutiche. La nostra comune umanità e il sentimento e il sentire umano della nostra specie sono chiamate a affrontare e risolvere le gravi sfide globali, l’intreccio tra minaccia nucleare-militare, ecologica-climatica e della disuguaglianza e delle oppressioni sociali. La pandemia da covid come si inserisce in questo quadro?  

 

Risposta 3
Non vi è dubbio, come ho già detto, che questa pandemia è un prodotto dell’attuale modello di sviluppo. Leggerei alcune frasi che ho riportato nel libro, frasi profetiche scritte da David Quammen nel famoso libro “Spillover” “Non c’è alcun motivo di credere che l’AIDS rimarrà l’unico disastro globale della nostra epoca, causato da uno strano microbo saltato fuori da un animale. Qualche Cassandra ben informata parla addirittura del Next Big One il prossimo grande evento come di un fatto inevitabile. Sarà causato da un virus? Si manifesterà nella foresta pluviale? O in un mercato cittadino della Cina meridionale? Farà 30 o 40 milioni di vittime?

L’ipotesi ormai è così radicata che potremmo dedicarle una sigla: NBO. La differenza tra HIV e NBO potrebbe essere per esempio la velocità di azione. NBO potrebbe essere tanto veloce a uccidere quanto l’AIDS è relativamente lento. Gran parte dei virus nuovi lavorano alla svelta”.

E’ impressionante pensare che queste righe, che risultano una vera e propria profezia, siano state scritte nel 2012; il medesimo autore scrive, in un’altra occasione, questa frase che, pur nella sua sinteticità, ci aiuta a capire la nostra realtà: “Invadiamo foreste tropicali e altri paesaggi selvaggi che ospitano così tante specie di animali e piante e all’interno di quelle creature così tanti virus sconosciuti. Tagliamo gli alberi, uccidiamo gli animali o li mettiamo in gabbia e li mandiamo ai mercati.

Distruggiamo gli ecosistemi e liberiamo i virus dai loro ospiti naturali. Quando ciò accade hanno bisogno di un nuovo ospite. Spesso siamo noi”. E insiste “Noi abbiamo prodotto l’epidemia di coronavirus. Potrebbe aver avuto inizio con un pipistrello in una grotta ma l’attività umana l’ha scatenata”. E credo che su questo argomento non ci sia assolutamente null’altro da aggiungere. Mentre mi pare che possiamo approfondire l’altra riflessione che hai sviluppato.

Noi siamo stati totalmente impreparati a fronteggiare questa pandemia anche per un’altra questione. Cioè per il modello di sanità dominante nei nostri Paesi.

E’ un modello di sanità tutto centrato sul profitto dove il nostro corpo è trasformato in merce a disposizione dei grandi capitali che hanno investito nel mondo sanitario. Non dimentichiamo che le strutture sanitarie private rispondono alle logiche comuni a tutte le aziende private: massimizzare i profitti. E come massimizzano i profitti? Quante più malattie e quanti più malati ci sono, tanto più guadagnano e quindi non è paradossale affermare che per le strutture sanitarie private la prevenzione non ha alcun interesse, ma non solo, è una antagonista perché sottrae malati e malattie al loro business. Ma la sanità privata è parte integrante ormai di tutti i sistemi sanitari dell’Occidente compreso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano per non parlare della nostra regione. In Lombardia il 40% della spesa corrente sanitaria pubblica va ad aziende private convenzionate con il SSN e ovviamente queste scelgono anche quali reparti convenzionare con il settore pubblico, quelli che producono maggiori profitti, come la cardiologia, l’alta chirurgia e quelli destinati alle cure delle patologie croniche. Il sistema è totalmente disinteressato a investire in dipartimenti di emergenza e a investire nei pronto soccorsi. Il disastro – e qui arriviamo all’ultimo segmento della tua domanda – è che chi gestisce la sanità pubblica molte volte, e in Lombardia è accaduto questo, ha introiettato dentro di sé il modello di sviluppo e i disvalori della sanità privata e gestisce la sanità pubblica come se dovesse gestire la sanità privata. Il che è un controsenso anche dal punto di vista economico. Perché nella sanità pubblica quanto più si investe nella prevenzione tanto meno ci sono malati e malattie e tanto più si risparmia in termini di finanza pubblica. Mentre invece chi gestisce la sanità pubblica ha scelto un modello privato. Il risultato è la distruzione della sanità territoriale considerata sanità di serie Z: assenza completa della sorveglianza sanitaria e dell’epidemiologia, abbandono dei medici di base, non realizzazione dei tamponi come strumento per individuare la diffusione del virus, finanziamenti minimi per l’assistenza domiciliare e attivazione di un numero esiguo delle Usca, le Unità Speciali di continuità assistenziale, rivolte specificatamente ai malati di Covid. Tutte queste non sono scelte casuali. Ecco perché noi abbiamo in Lombardia una sanità di eccellenza se parliamo delle ultime terapie, degli ultimi trial clinici ancora in via di sperimentazione e degli interventi chirurgici complessi e ad alta specializzazione, ma sicuramente non abbiamo una sanità di eccellenza se invece guardiamo le urgenze che noi abbiamo oggi e che richiedono un altro tipo di priorità.

Vi è inoltre un altro aspetto fortemente “patologico”: la direzione della nostra sanità, tutta la catena di comando, dipende unicamente da scelte dettate in base alla vicinanza al politico e al partito che in quel momento sono al potere. I direttori generali delle Asl e degli ospedali (che in Lombardia si chiamano ATS o ASST) sono tutti di nomina politica e a loro volta i direttori generali scelgono i direttori sanitari e quindi si realizza una catena di fedeltà e non di competenza; ne consegue che le indicazioni che vengono date non si basano sull’autorevolezza conquistata sul campo, ma sul potere che deriva dalla forza del legame che lega il dirigente al potere politico.

 

Domanda 4 – Perché nel libro si paragona il virus pandemico globale a una bomba nucleare prevedibile?

 

Risposta 4
Di fronte allo sfascio e all’incapacità della sanità lombarda di rispondere al virus, l’assessore al welfare e alla sanità della Lombardia Giulio Gallera ha cercato di giustificarsi dicendo che non potevano fare altro, che era arrivata una bomba nucleare e nessuno poteva e avrebbe potuto agire meglio di loro. Questa è una grande ed enorme bugia; se proprio si vuole paragonare l’epidemia ad una bomba nucleare, allora dobbiamo dire che era una bomba nucleare prevedibile, perché in tutti questi anni sono stati lanciati vari allarmi da ricercatori, scienziati e intellettuali.

Nel 2009 dopo l’epidemia da H1N1 l’Unione Europea ha chiesto ai governi nazionali e alle regioni di aggiornare i piani pandemici nel caso ci si dovesse trovare di fronte ad una nuova epidemia. Nel 2010 la regione Lombardia fa un audit, cioè affida a soggetti esterni l’analisi del proprio piano pandemico; questa analisi termina con un documento che, se lo leggiamo adesso, fa venire i brividi perché sono elencate tutte le cose da fare e sono esattamente gli interventi che sarebbero stati necessari e utili per fronteggiare il coronavirus. Ma nulla è stato realizzato. Per esempio, vi è scritto che il meccanismo di comunicazione tra le RSA e la sanità pubblica non funziona correttamente, non è chiaro di chi sono determinate responsabilità; vi sono indicazioni precise sia per le RSA sia per le strutture pubbliche sulla necessità di accantonare le mascherine e tutti i dispositivi di protezione individuale; si sottolinea la necessità di rafforzare l’azione dei medici di medicina generale eccetera.

Non è vero che la pandemia era un evento assolutamente imprevedibile. Ma non hanno tenuto in considerazione nessuna delle raccomandazioni arrivate da settori importanti del mondo scientifico e dalle istituzioni sovranazionali; alla fine la situazione è quella che viviamo.

 

Domanda 5 – “Un altro mondo è necessario, è urgente e quindi è possibile”. Rimanere senza respiro, come scritto da Lula nella prefazione, è una metafora del nostro tempo. Con lo sfruttamento feroce delle risorse di madre terra con il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra (Earth Overshoot Day), che vede un modello di sviluppo irrispettoso degli equilibri tra tutti gli esseri umani e tra le specie viventi, l’umanità ha messo a rischio la propria sopravvivenza con le grandi problematiche che incombono su di essa: la disuguaglianza sociale, i dissesti climatici e l’attività militare che trova la sua massima espressione in una possibile e irreversibile guerra nucleare.

Risposta 5
Abbiamo affrontato questo tema. Solo una cosa vorrei aggiungere. L’Earth Overshoot Day quest’anno è arrivato quasi un mese più tardi.

E’ il giorno entro il quale, secondo gli scienziati di tutto il mondo, noi consumiamo la quantità di risorse che il pianeta è in grado di riprodurre in un anno. Tutto quello che noi consumeremo da quel momento in poi non è riproducibile dalla terra e quindi andiamo sempre verso una maggiore impoverimento del pianeta e delle sue risorse. Quest’anno quel giorno è arrivato quasi un mese più tardi dello scorso anno. Come mai? Le misure che in tanti Paesi del mondo sono state assunte con il lockdown hanno limitato il consumo di energia e lo sfruttamento del pianeta. Ma non possiamo pensare di vivere in lockdown per sempre. Non possiamo pensare di vivere chiusi in casa, per chi la casa ce l’ha. Però è un’indicazione; si può imparare a consumare di meno anche conducendo una vita quotidiana decente, senza restare chiusi in casa. E’ un messaggio importante, una riflessione che viene offerta a tutti noi.

In conclusione io direi che oggi – mentre stiamo registrando questa intervista – siamo ancora nel pieno del disastro e della tragedia e ogni sera ascoltiamo il bollettino dei morti. Per farcela, abbiamo bisogno anche di pensare al futuro con la capacità di cogliere i segnali e i messaggi che, dalla tremenda esperienza di questa pandemia, ci possono arrivare per trarre delle indicazioni sulla direzione che collettivamente dobbiamo prendere per restituire al pianeta una prospettiva di futuro.

Se avremo questa attenzione e queste capacità, tutto quello che è accaduto avrà almeno lasciato qualche messaggio di incoraggiamento e di speranza oltre a messaggi di morte. “Senza Respiro” vuole provare a dare un contributo in questa direzione.

Vorrei ringraziarvi, Laura e Fabrizio, perché in tutti questi anni state facendo un lavoro importantissimo di sollecitazione e di raccolta di testimonianze attorno ai grandi temi della nostra epoca; non sono molte le persone che, come volontari, dedicano tempo e capacità a studiare i grandi scenari che si rivelano all’umanità intera e quindi grazie a Laura e Fabrizio.

Parole chiave: vittorio agnolettoagnolettocovidcoronavirussenza respirolulasanitàintervistasolidarietàlibrolibri

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Intervista a Vittorio Agnoletto sul suo ultimo Libro “Senza Respiro” con prefazione del Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

Intervista di Laura Tussi a Vittorio Agnoletto.

Video di Fabrizio Cracolici.

 

https://www.youtube.com/watch?v=PHSGQxRd6V0

 

Domanda 1 – La democrazia ha bisogno di umanità, come scrive nella prefazione al libro “Senza respiro” il presidente brasiliano Lula. Lui si ricollega anche all’assassinio di George Floyd, vittima della violenza e dello strapotere poliziesco negli Stati Uniti, nella società americana squassata dalle ingiustizie, al pari di tutte le società nel mondo, ciascuna in gradi e forme diverse.

Una Umanità vessata che ovunque implora di diventare più umani, rispettosi dei diritti e della dignità della vita. Perché Lula ha accettato di scrivere una prefazione al libro dell’amico Vittorio Agnoletto?

 

Risposta 1
Grazie per questa domanda che mi permette di ragionare su alcuni aspetti del libro che in genere non vengono approfonditi. Ho conosciuto Lula al Forum Sociale Mondiale (WSF) di Porto Alegre nel 2001 e  ci siamo rivisti all’interno del Consiglio Internazionale del WSF. Ho pensato di chiedergli di scrivere la prefazione a questo mio libro “Senza respiro” per vari motivi: primo perché siamo di fronte a una pandemia cioè a qualcosa che non riguarda solo e unicamente l’Italia, l’Europa, un continente, ma riguarda tutto il mondo e in Lula vedo una persona che è capace ed è stato capace di guardare l’orizzonte globale del mondo, ma anche tenendo i piedi molto ben piantati per terra nel suo paese e cioè in Brasile.

E quindi quando parla della pandemia – e anche in diversi discorsi recenti ha parlato della pandemia – per esempio riesce a mettere in luce un aspetto in genere che non si considera e cioè che la lotta contro il Coronavirus deve legarsi all’impegno per “costruire un mondo di opportunità uguali per tutti, in cui la vita, i diritti umani e l’ambiente siano valori reali e impossibili da spezzare.” Infatti, il virus ovviamente può colpire tutti: sia la persona ricca come la persona povera; ma l’evoluzione della malattia dipende dai determinanti sociali e cioè da come una persona vive nella sua vita quotidiana. Se deve andare al lavoro o può lavorare da casa in smart-working e recarsi a lavoro con un mezzo proprio o andarci con un mezzo pubblico: in questo momento mezzi pubblici sono un ambito molto a rischio per le infezioni. Oppure se vive in una grande casa; oppure se vive in 40 metri quadri con quattro persone, solo per fare degli esempi. Le condizioni di vita incidono molto sulla possibilità o meno di evoluzione della malattia. Lula in vari suoi interventi ha descritto la situazione che esiste in Brasile, per esempio, le condizioni delle popolazioni dell’Amazzonia abbandonate completamente a sé stesse senza nessuna assistenza sanitaria. Nella prefazione al libro Lula alza lo sguardo e si domanda come sia possibile che l’ONU non abbia assunto il coordinamento degli sforzi mondiali per fronteggiare la pandemia e perché il Fondo Monetario Internazionale non ha cominciato a fare prestiti agevolati ai Paesi che ne hanno maggior necessità. E’ una domanda, credo, assolutamente legittima che ovviamente rimane senza risposta. Poi si evidenzia un altro aspetto importante nelle riflessioni di Lula quando scrive: “Il futuro post pandemia non è garantito per nessuno. E’ oggetto di conflitto. Coloro che si affrettano a annunciare il ritorno alla vecchia normalità si riferiscono con tale espressione alla piena restaurazione dell’iniquità del passato e di un presente caduco che la pandemia ha squadernato e ingigantito” e prosegue “non ci sono precedenti di un ritorno alla normalità dopo una rottura dell’intensità e dell’ampiezza di una pandemia o di una guerra” e aggiunge che chi, come noi, vuole cambiare la situazione attuale ha di fronte una grande missione.  Qui si evidenzia un ragionamento che riguarda tutti noi. La pandemia non è una parentesi della Storia, superata la quale è sufficiente tornare a come il mondo era in precedenza. E’ proprio quello specifico modello di sviluppo – fondato sullo sfruttamento della natura in ogni angolo della terra, sul disboscamento e sugli allevamenti intensivi, solo per fare degli esempi – che produce i cambiamenti climatici e che ha favorito il salto di specie di vari agenti infettivi tra i quali quello che ha prodotto questa pandemia.

Quindi non dobbiamo tornare indietro, ma andare in avanti verso un mondo diverso; i cambiamenti nel modello di sviluppo devono viaggiare parallelamente ad una differente redistribuzione della ricchezza mettendo al centro l’uguaglianza e le libertà di tutti.

Intervista per il lancio del libro di Vittorio Agnoletto "Senza Respiro"

Domanda 2 – Il presidente Lula sostiene che la nostra comune umanità deve agire in modo coordinato, solidale e cooperativo per non rimanere “Senza respiro”, che non è solo un sintomo del virus pandemico, ma è una metafora dei nostri tempi affannosi, alla ricerca di soluzioni globali, di salde svolte a livello planetario. Come può avvenire, secondo te, che sei stato portavoce del Social Forum globale, tutto questo grandioso processo umano, che aveva mosso i suoi primi passi con il movimento alter-global arrestato durante la brutale repressione e soppressione dei movimenti e degli attivisti ecopacifisti che manifestavano contro il G8 di Genova 2001?

Risposta 2
Il libro “Senza respiro” è una cosa vera.

Rappresenta un’immagine reale. Non è solo una metafora. Ho intitolato il libro “Senza respiro” perché purtroppo molte persone durante questa pandemia, anche qui da noi in Italia, in particolare in Lombardia, sono decedute abbandonate a sé stesse e sono state “scartate” dalla possibilità di utilizzare le terapie disponibili perché non esistevano abbastanza macchinari per tutti e i miei colleghi hanno dovuto scegliere tra chi assistere e chi abbandonare al proprio destino.

Il libro si apre con una drammatica testimonianza di un primario che è interrogato da un familiare di una persona ricoverata e infettatasi in ospedale con il Coronavirus; il familiare ha l’impressione che suo fratello sia stato messo da parte e spostato su una “corsia laterale”, trasferito in un ospedale dove non esiste un dipartimento di emergenza e che si sia rinunciato a curarlo.

Il primario risponde al familiare: “Suo fratello se sta qui è morto. Se dovesse peggiorare, non potremmo più intubarlo. La dove andrà, abbiamo allestito un reparto protetto ma voglio dirle una cosa a proposito della sua domanda sulle scelte. Io sono un credente e nei giorni scorsi sono andato dal mio confessore e ho chiesto tramite lui perdono a Dio. Ho chiesto perdono per le scelte che sarò costretto a fare. Mi creda non è il caso di suo fratello. Faremo di tutto per tenerlo da qui, sotto osservazione, ma sarà tremendo per me…” Il medico sta spiegando che deve scegliere a chi somministrare le terapie e chi invece sarà lasciato al suo destino.

Quindi “Senza respiro” è qualcosa di reale che è accaduto, che abbiamo vissuto e che stiamo sperimentando in questi mesi.

“Senza respiro” però è anche l’immagine di un pianeta di un mondo che non riesce a respirare. Cosa accade quando noi respiriamo? Inspiriamo ossigeno, introiettiamo nuove energie che permettono di rimettere in moto tutto il nostro organismo.

E’ quello che il nostro pianeta non riesce più a fare.

Il livello di sfruttamento che gli esseri umani hanno praticato sulla terra e sugli altri viventi è andato oltre ogni limite. Ma il titolo “Senza Respiro” è metafora anche di un’altra realtà: di una umanità che rischia di non avere più prospettive e la pandemia è un segnale su quale scenario futuro potrebbe aspettarci se noi scegliessimo di andare avanti con questo modello di sviluppo.

Siamo noi, l’umanità, che non respiriamo e Lula giustamente riporta il discorso collettivo anche a un esempio individuale e singolo, l’immagine di George Floyd, fissando nella mente di ciascuno un’immagine, un evento che tutti quanti ormai conosciamo. Ecco perché la lotta contro questa pandemia è indissolubilmente legata alla lotta per un mondo diverso. Ma in questa tragedia vi è anche un altro messaggio importante che arriva a noi tutti. Davanti a una pandemia nessuno può risolvere la questione da solo. Possiamo cercare di risolvere la pandemia solo mettendoci tutti insieme e durante la pandemia scopriamo, ma io direi, tocchiamo con mano, qualcosa che abbiamo sempre detto, ma purtroppo in molti ci hanno accusato di essere idealisti o ideologici. No. Tocchiamo con mano una cosa semplicissima: se io metto la mascherina difendo la mia salute, ma difendo anche la tua e la vostra salute. E se tu metti la mascherina difendi te stesso, ma difendi anche me. Esiste un destino che ci lega attraverso dei comportamenti individuali e collettivi. La storia recente dell’umanità dimostra che, di fronte a tutte le epidemie sostenute da agenti infettivi trasmissibili, conta molto anche l’assunzione di responsabilità individuale e collettiva delle persone. Quest’aspetto può fare la differenza. E’ interessante osservare come la pandemia è gestita in altri Paesi dove vi è molta più abitudine ad agire collettivamente e dove la cura della salute non è solo delegata agli esperti, ma fa parte anche dell’esperienza quotidiana delle persone attraverso una maggior attenzione alle regole della convivenza sociale, attraverso percorsi di formazione realizzati durante il corso della vita di ciascuno.

Penso a quello che ad esempio sta accadendo a Cuba, ne abbiamo avuta una testimonianza indiretta attraverso l’esperienza delle brigate di medici cubani che sono arrivate in nostro aiuto. Da questa epidemia dobbiamo trarre anche un insegnamento che per noi diventa un incoraggiamento: serve un progetto generale collettivo a livello globale; per questa ragione sono stati molto utili i collegamenti online che abbiamo realizzato con rappresentanti della società civile organizzata e dei movimenti un po’ in tutto il mondo, dal Nicaragua fino all’Iraq; la prospettiva che ci aspetta è quella di un impegno comune. Non è un caso che le esperienze maturate nella lotta all’epidemia saranno al centro del prossimo Forum Sociale Mondiale che si realizzerà nel 2021 in Messico, per una parte dei messicani in presenza e per gli altri, ovviamente via web.

 

Domanda 3 – La crisi planetaria è alimentata da biechi e beceri dettami di potere del capitalismo neoliberista, nelle sue varie declinazioni, dagli squilibri tra ecosistemi ambientali che ormai arrancano sotto le pressioni e i misfatti dell’”uomo forte”, dall’assenza di controllo sanitario e dalle ingerenze negative della società che ha smarrito ogni senso del limite, e dal mancato controllo popolare sulla sanità dominata da Big Pharma, le multinazionali farmaceutiche. La nostra comune umanità e il sentimento e il sentire umano della nostra specie sono chiamate a affrontare e risolvere le gravi sfide globali, l’intreccio tra minaccia nucleare-militare, ecologica-climatica e della disuguaglianza e delle oppressioni sociali. La pandemia da covid come si inserisce in questo quadro?  

 

Risposta 3
Non vi è dubbio, come ho già detto, che questa pandemia è un prodotto dell’attuale modello di sviluppo. Leggerei alcune frasi che ho riportato nel libro, frasi profetiche scritte da David Quammen nel famoso libro “Spillover” “Non c’è alcun motivo di credere che l’AIDS rimarrà l’unico disastro globale della nostra epoca, causato da uno strano microbo saltato fuori da un animale. Qualche Cassandra ben informata parla addirittura del Next Big One il prossimo grande evento come di un fatto inevitabile. Sarà causato da un virus? Si manifesterà nella foresta pluviale? O in un mercato cittadino della Cina meridionale? Farà 30 o 40 milioni di vittime?

L’ipotesi ormai è così radicata che potremmo dedicarle una sigla: NBO. La differenza tra HIV e NBO potrebbe essere per esempio la velocità di azione. NBO potrebbe essere tanto veloce a uccidere quanto l’AIDS è relativamente lento. Gran parte dei virus nuovi lavorano alla svelta“.

E’ impressionante pensare che queste righe, che risultano una vera e propria profezia, siano state scritte nel 2012; il medesimo autore scrive, in un’altra occasione, questa frase che, pur nella sua sinteticità, ci aiuta a capire la nostra realtà: “Invadiamo foreste tropicali e altri paesaggi selvaggi che ospitano così tante specie di animali e piante e all’interno di quelle creature così tanti virus sconosciuti. Tagliamo gli alberi, uccidiamo gli animali o li mettiamo in gabbia e li mandiamo ai mercati.

Distruggiamo gli ecosistemi e liberiamo i virus dai loro ospiti naturali. Quando ciò accade hanno bisogno di un nuovo ospite. Spesso siamo noi“. E insiste “Noi abbiamo prodotto l’epidemia di coronavirus. Potrebbe aver avuto inizio con un pipistrello in una grotta ma l’attività umana l’ha scatenata“. E credo che su questo argomento non ci sia assolutamente null’altro da aggiungere. Mentre mi pare che possiamo approfondire l’altra riflessione che hai sviluppato.

Noi siamo stati totalmente impreparati a fronteggiare questa pandemia anche per un’altra questione. Cioè per il modello di sanità dominante nei nostri Paesi.

E’ un modello di sanità tutto centrato sul profitto dove il nostro corpo è trasformato in merce a disposizione dei grandi capitali che hanno investito nel mondo sanitario. Non dimentichiamo che le strutture sanitarie private rispondono alle logiche comuni a tutte le aziende private: massimizzare i profitti. E come massimizzano i profitti? Quante più malattie e quanti più malati ci sono, tanto più guadagnano e quindi non è paradossale affermare che per le strutture sanitarie private la prevenzione non ha alcun interesse, ma non solo, è una antagonista perché sottrae malati e malattie al loro business. Ma la sanità privata è parte integrante ormai di tutti i sistemi sanitari dell’Occidente compreso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano per non parlare della nostra regione. In Lombardia il 40% della spesa corrente sanitaria pubblica va ad aziende private convenzionate con il SSN e ovviamente queste scelgono anche quali reparti convenzionare con il settore pubblico, quelli che producono maggiori profitti, come la cardiologia, l’alta chirurgia e quelli destinati alle cure delle patologie croniche. Il sistema è totalmente disinteressato a investire in dipartimenti di emergenza e a investire nei pronto soccorsi. Il disastro – e qui arriviamo all’ultimo segmento della tua domanda – è che chi gestisce la sanità pubblica molte volte, e in Lombardia è accaduto questo, ha introiettato dentro di sé il modello di sviluppo e i disvalori della sanità privata e gestisce la sanità pubblica come se dovesse gestire la sanità privata. Il che è un controsenso anche dal punto di vista economico. Perché nella sanità pubblica quanto più si investe nella prevenzione tanto meno ci sono malati e malattie e tanto più si risparmia in termini di finanza pubblica. Mentre invece chi gestisce la sanità pubblica ha scelto un modello privato. Il risultato è la distruzione della sanità territoriale considerata sanità di serie Z: assenza completa della sorveglianza sanitaria e dell’epidemiologia, abbandono dei medici di base, non realizzazione dei tamponi come strumento per individuare la diffusione del virus, finanziamenti minimi per l’assistenza domiciliare e attivazione di un numero esiguo delle Usca, le Unità Speciali di continuità assistenziale, rivolte specificatamente ai malati di Covid. Tutte queste non sono scelte casuali. Ecco perché noi abbiamo in Lombardia una sanità di eccellenza se parliamo delle ultime terapie, degli ultimi trial clinici ancora in via di sperimentazione e degli interventi chirurgici complessi e ad alta specializzazione, ma sicuramente non abbiamo una sanità di eccellenza se invece guardiamo le urgenze che noi abbiamo oggi e che richiedono un altro tipo di priorità.

Vi è inoltre un altro aspetto fortemente “patologico”: la direzione della nostra sanità, tutta la catena di comando, dipende unicamente da scelte dettate in base alla vicinanza al politico e al partito che in quel momento sono al potere. I direttori generali delle Asl e degli ospedali (che in Lombardia si chiamano ATS o ASST) sono tutti di nomina politica e a loro volta i direttori generali scelgono i direttori sanitari e quindi si realizza una catena di fedeltà e non di competenza; ne consegue che le indicazioni che vengono date non si basano sull’autorevolezza conquistata sul campo, ma sul potere che deriva dalla forza del legame che lega il dirigente al potere politico.

 

Domanda 4 – Perché nel libro si paragona il virus pandemico globale a una bomba nucleare prevedibile?

 

Risposta 4
Di fronte allo sfascio e all’incapacità della sanità lombarda di rispondere al virus, l’assessore al welfare e alla sanità della Lombardia Giulio Gallera ha cercato di giustificarsi dicendo che non potevano fare altro, che era arrivata una bomba nucleare e nessuno poteva e avrebbe potuto agire meglio di loro. Questa è una grande ed enorme bugia; se proprio si vuole paragonare l’epidemia ad una bomba nucleare, allora dobbiamo dire che era una bomba nucleare prevedibile, perché in tutti questi anni sono stati lanciati vari allarmi da ricercatori, scienziati e intellettuali.

Nel 2009 dopo l’epidemia da H1N1 l’Unione Europea ha chiesto ai governi nazionali e alle regioni di aggiornare i piani pandemici nel caso ci si dovesse trovare di fronte ad una nuova epidemia. Nel 2010 la regione Lombardia fa un audit, cioè affida a soggetti esterni l’analisi del proprio piano pandemico; questa analisi termina con un documento che, se lo leggiamo adesso, fa venire i brividi perché sono elencate tutte le cose da fare e sono esattamente gli interventi che sarebbero stati necessari e utili per fronteggiare il coronavirus. Ma nulla è stato realizzato. Per esempio, vi è scritto che il meccanismo di comunicazione tra le RSA e la sanità pubblica non funziona correttamente, non è chiaro di chi sono determinate responsabilità; vi sono indicazioni precise sia per le RSA sia per le strutture pubbliche sulla necessità di accantonare le mascherine e tutti i dispositivi di protezione individuale; si sottolinea la necessità di rafforzare l’azione dei medici di medicina generale eccetera.

Non è vero che la pandemia era un evento assolutamente imprevedibile. Ma non hanno tenuto in considerazione nessuna delle raccomandazioni arrivate da settori importanti del mondo scientifico e dalle istituzioni sovranazionali; alla fine la situazione è quella che viviamo.

 

Domanda 5 – “Un altro mondo è necessario, è urgente e quindi è possibile”. Rimanere senza respiro, come scritto da Lula nella prefazione, è una metafora del nostro tempo. Con lo sfruttamento feroce delle risorse di madre terra con il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra (Earth Overshoot Day), che vede un modello di sviluppo irrispettoso degli equilibri tra tutti gli esseri umani e tra le specie viventi, l’umanità ha messo a rischio la propria sopravvivenza con le grandi problematiche che incombono su di essa: la disuguaglianza sociale, i dissesti climatici e l’attività militare che trova la sua massima espressione in una possibile e irreversibile guerra nucleare.

Risposta 5
Abbiamo affrontato questo tema. Solo una cosa vorrei aggiungere. L’Earth Overshoot Day quest’anno è arrivato quasi un mese più tardi.

E’ il giorno entro il quale, secondo gli scienziati di tutto il mondo, noi consumiamo la quantità di risorse che il pianeta è in grado di riprodurre in un anno. Tutto quello che noi consumeremo da quel momento in poi non è riproducibile dalla terra e quindi andiamo sempre verso una maggiore impoverimento del pianeta e delle sue risorse. Quest’anno quel giorno è arrivato quasi un mese più tardi dello scorso anno. Come mai? Le misure che in tanti Paesi del mondo sono state assunte con il lockdown hanno limitato il consumo di energia e lo sfruttamento del pianeta. Ma non possiamo pensare di vivere in lockdown per sempre. Non possiamo pensare di vivere chiusi in casa, per chi la casa ce l’ha. Però è un’indicazione; si può imparare a consumare di meno anche conducendo una vita quotidiana decente, senza restare chiusi in casa. E’ un messaggio importante, una riflessione che viene offerta a tutti noi.

In conclusione io direi che oggi – mentre stiamo registrando questa intervista – siamo ancora nel pieno del disastro e della tragedia e ogni sera ascoltiamo il bollettino dei morti. Per farcela, abbiamo bisogno anche di pensare al futuro con la capacità di cogliere i segnali e i messaggi che, dalla tremenda esperienza di questa pandemia, ci possono arrivare per trarre delle indicazioni sulla direzione che collettivamente dobbiamo prendere per restituire al pianeta una prospettiva di futuro.

Se avremo questa attenzione e queste capacità, tutto quello che è accaduto avrà almeno lasciato qualche messaggio di incoraggiamento e di speranza oltre a messaggi di morte. “Senza Respiro” vuole provare a dare un contributo in questa direzione.

Vorrei ringraziarvi, Laura e Fabrizio, perché in tutti questi anni state facendo un lavoro importantissimo di sollecitazione e di raccolta di testimonianze attorno ai grandi temi della nostra epoca; non sono molte le persone che, come volontari, dedicano tempo e capacità a studiare i grandi scenari che si rivelano all’umanità intera e quindi grazie a Laura e Fabrizio.

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La scuola al centro del cambiamento

Costruire un mondo giusto a partire dalla scuola

La scuola al centro del cambiamento

L’insegnante e l’educazione al cambiamento per una cittadinanza attiva, globale e universale nell’ottica di una innovativa cultura della Terrestrità
Laura Tussi

https://www.peacelink.it/ospiti/a/47932.html

Rete Educazione alla TerrestritàPuò l’educazione aiutare le bambine, i bambini, i giovani a prendere coscienza di se stessi e del mondo in cui viviamo? può l’educazione aiutarci a comprendere le cause della povertà e degli interessi che portano la distruzione dell’ambiente e dell’intero assetto ecosistemico? può aiutare a combattere il razzismo, il maschilismo, l’omofobia e qualunque tipo di esclusione sociale? dunque aspiriamo mediante l’educazione a coltivare per i nostri giovani un certo senso di rispetto per l’interdipendenza e la responsabilità globale e universale e per una innovativa cultura della Terrestrità.

Siamo entrati in un’epoca nuova caratterizzata da numerosi fenomeni e processi che risultano particolarmente complessi da interpretare, che hanno introdotto nelle nostre vite numerose e pervasive novità, non solamente materiali, ma anche concettuali e addirittura paradigmatiche.

Infatti questo nostro tempo è caratterizzato da insicurezza, instabilità, senso di angoscia a tutti i livelli e ambiti: a livello di riconoscimento e ruolo sociale e persino a livello di prospettive interpersonali e planetarie soprattutto sotto l’influenza della pandemia covid.

Come sottolineano alcuni tra i pensatori più caustici dei nostri tempi, l’aumento delle libertà individuali e i dispositivi di tutela del singolo da parte della collettività alimentano l’ansia e la paura che sono così sbalzate dalla dimensione della sicurezza personale. Tutto questo a causa dello smottamento dovuto al crollo delle certezze e della sicurezza collettiva per questi fenomeni apocalittici, le tre minacce che incombono sull’umanità, ossia l’attività militare che potrebbe sfociare nella guerra nucleare, i gravissimi dissesti climatici e l’ingiustizia sociale globale. In tale contesto, mentre le tecnologie sembrerebbero poter risolvere qualsiasi problema, aumentano invece le differenze tra chi ha la possibilità di accedere alle conoscenze e alle tecnologie stesse e chi non ce l’ha. Se da un lato aumentano le possibilità di spostamento, dall’altro si diffonde il senso di precarietà e di disagio personale e anche psicologico. Mentre il mercato globalizzato dà la possibilità di procurarsi prodotti provenienti da luoghi lontani e disparati, le differenze tra ricchi e poveri si acuiscono e non senza conseguenze. Nello stesso momento in cui ci sembra di conoscere bene persone che non abbiamo mai incontrato, ci ritroviamo a non avere l’abitudine di condividere opinioni e cose con chi vive materialmente con noi lo spazio quotidiano. Mentre ci sembra di avere sempre un parere su tutto ciò che accade nel mondo, consideriamo spesso la politica un reparto riservato a troppo pochi soggetti che prendono le decisioni importanti. Le dinamiche del mondo contemporaneo e la nostra condizione attuale di esseri umani impongono un ripensamento delle stesse basi su cui poggiano i nostri concetti psicologici e pedagogici di individuo, di società, di solidarietà, di cittadinanza, di identità: di Terrestrità.

Intanto cresce la consapevolezza dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo il quale ha portato e continua a portare a una lunga serie di scompensi e di controindicazioni tanto a livello culturale quanto a livello psicologico, economico, a livello sociale e politico così come a livello ecologico, ambientale e ecosistemico soprattutto.

L’educazione in tutto ciò è cambiata? e sta cambiando? dovrebbe cambiare? educare oggi può essere considerato un compito identico a quello che era qualche decennio fa?

Ma come si può costruire e praticare un’educazione adeguata e una didattica pedagogica alternativa e introspettiva ai tempi che stiamo vivendo e come permettere che questa educazione in prospettiva di medio termine contribuisca sostanzialmente a migliorare i nostri stessi contesti e il contesto globale.

La scuola ha bisogno di mettere al centro queste domande, di approfondire quelle analisi che promettono di rileggere criticamente il nostro presente e di riflettervi pedagogicamente e psicologicamente per elaborare nuovi modi di svolgere appieno il suo compito sociale e culturale. La scuola non può rimanere isolata da ciò che accade fuori da essa. Deve collegarsi alla vita del territorio in cui si trova in una prospettiva che tenga ben presente l’inevitabile rapporto tra dimensione locale e dimensione universale: la dimensione anche psicologica e interioristica di Terrestrità e di ‘comunanza terrestre’ come sostiene Edgar Morin e riprende l’ecopacifista Alfonso Navarra.

È necessario che la scuola si ponga nelle dinamiche complesse del mondo di oggi come parte della soluzione non come parte del problema: proponendosi di formare dei soggetti autonomi, critici, dall’immaginario libero, indipendente, non omologato, per sostenere un nuovo modello di cittadinanza attiva, globale, universale. Questo significa andare oltre le frontiere e il sovranismo e la sovranità degli Stati e basare la propria azione sulla piena coscienza della dignità intrinseca all’essere umano e alla sua Terrestrità, sulla sua appartenenza a una ‘comunità terrestre’ locale e globale e sulla sua appartenenza a Madre Terra e sul suo impegno attivo per costruire un mondo più giusto e sostenibile che significhi sostenere e praticare un’idea e un ideale di cittadinanza globale.

La proposta pedagogica dell’educazione per una cittadinanza globale, universale e per una cultura della Terrestrità aspira dunque a integrare in una visione coerente e problematizzante tutte queste direttive educative mantenendo uno stretto legame tra questi ambiti e fra gli esseri umani in un pianeta la cui sostenibilità è minacciata e l’intera Madre Terra e l’umanità nella sua complessità si trovano addirittura al tracollo e al collasso.

Approfondimenti

Approfondimenti su Cittadinanza attiva e Cittadinanza Globale

Edgar Morin su Terra-Patria e Comunanza Terrestre

Progetti didattici e pedagogici sul portale per la scuola Funzione Obiettivo

Note bibliografiche:
Alfonso Navarra, Mario Agostinelli, Luigi Mosca “La follia del nucleare. Come uscirne con la rete ICAN” con prefazione di Alex Zanotelli. Introduzione di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, Mimesis Edizioni

Alfonso Navarra – Portavoce Associazione Disarmisti Esigenti http://www.disarmistiesigenti.org/2019/12/30/terrestrita/  e Laura Tussi
“Antifascismo e Nonviolenza” Mimesis Edizioni

Canale video “SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN”

Intervento di Alfonso Navarra – coordinatore Rete Educazione alla Terrestrità

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