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La scuola al centro del cambiamento

Costruire un mondo giusto a partire dalla scuola

La scuola al centro del cambiamento

L’insegnante e l’educazione al cambiamento per una cittadinanza attiva, globale e universale nell’ottica di una innovativa cultura della Terrestrità
Laura Tussi

https://www.peacelink.it/ospiti/a/47932.html

Rete Educazione alla TerrestritàPuò l’educazione aiutare le bambine, i bambini, i giovani a prendere coscienza di se stessi e del mondo in cui viviamo? può l’educazione aiutarci a comprendere le cause della povertà e degli interessi che portano la distruzione dell’ambiente e dell’intero assetto ecosistemico? può aiutare a combattere il razzismo, il maschilismo, l’omofobia e qualunque tipo di esclusione sociale? dunque aspiriamo mediante l’educazione a coltivare per i nostri giovani un certo senso di rispetto per l’interdipendenza e la responsabilità globale e universale e per una innovativa cultura della Terrestrità.

Siamo entrati in un’epoca nuova caratterizzata da numerosi fenomeni e processi che risultano particolarmente complessi da interpretare, che hanno introdotto nelle nostre vite numerose e pervasive novità, non solamente materiali, ma anche concettuali e addirittura paradigmatiche.

Infatti questo nostro tempo è caratterizzato da insicurezza, instabilità, senso di angoscia a tutti i livelli e ambiti: a livello di riconoscimento e ruolo sociale e persino a livello di prospettive interpersonali e planetarie soprattutto sotto l’influenza della pandemia covid.

Come sottolineano alcuni tra i pensatori più caustici dei nostri tempi, l’aumento delle libertà individuali e i dispositivi di tutela del singolo da parte della collettività alimentano l’ansia e la paura che sono così sbalzate dalla dimensione della sicurezza personale. Tutto questo a causa dello smottamento dovuto al crollo delle certezze e della sicurezza collettiva per questi fenomeni apocalittici, le tre minacce che incombono sull’umanità, ossia l’attività militare che potrebbe sfociare nella guerra nucleare, i gravissimi dissesti climatici e l’ingiustizia sociale globale. In tale contesto, mentre le tecnologie sembrerebbero poter risolvere qualsiasi problema, aumentano invece le differenze tra chi ha la possibilità di accedere alle conoscenze e alle tecnologie stesse e chi non ce l’ha. Se da un lato aumentano le possibilità di spostamento, dall’altro si diffonde il senso di precarietà e di disagio personale e anche psicologico. Mentre il mercato globalizzato dà la possibilità di procurarsi prodotti provenienti da luoghi lontani e disparati, le differenze tra ricchi e poveri si acuiscono e non senza conseguenze. Nello stesso momento in cui ci sembra di conoscere bene persone che non abbiamo mai incontrato, ci ritroviamo a non avere l’abitudine di condividere opinioni e cose con chi vive materialmente con noi lo spazio quotidiano. Mentre ci sembra di avere sempre un parere su tutto ciò che accade nel mondo, consideriamo spesso la politica un reparto riservato a troppo pochi soggetti che prendono le decisioni importanti. Le dinamiche del mondo contemporaneo e la nostra condizione attuale di esseri umani impongono un ripensamento delle stesse basi su cui poggiano i nostri concetti psicologici e pedagogici di individuo, di società, di solidarietà, di cittadinanza, di identità: di Terrestrità.

Intanto cresce la consapevolezza dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo il quale ha portato e continua a portare a una lunga serie di scompensi e di controindicazioni tanto a livello culturale quanto a livello psicologico, economico, a livello sociale e politico così come a livello ecologico, ambientale e ecosistemico soprattutto.

L’educazione in tutto ciò è cambiata? e sta cambiando? dovrebbe cambiare? educare oggi può essere considerato un compito identico a quello che era qualche decennio fa?

Ma come si può costruire e praticare un’educazione adeguata e una didattica pedagogica alternativa e introspettiva ai tempi che stiamo vivendo e come permettere che questa educazione in prospettiva di medio termine contribuisca sostanzialmente a migliorare i nostri stessi contesti e il contesto globale.

La scuola ha bisogno di mettere al centro queste domande, di approfondire quelle analisi che promettono di rileggere criticamente il nostro presente e di riflettervi pedagogicamente e psicologicamente per elaborare nuovi modi di svolgere appieno il suo compito sociale e culturale. La scuola non può rimanere isolata da ciò che accade fuori da essa. Deve collegarsi alla vita del territorio in cui si trova in una prospettiva che tenga ben presente l’inevitabile rapporto tra dimensione locale e dimensione universale: la dimensione anche psicologica e interioristica di Terrestrità e di ‘comunanza terrestre’ come sostiene Edgar Morin e riprende l’ecopacifista Alfonso Navarra.

È necessario che la scuola si ponga nelle dinamiche complesse del mondo di oggi come parte della soluzione non come parte del problema: proponendosi di formare dei soggetti autonomi, critici, dall’immaginario libero, indipendente, non omologato, per sostenere un nuovo modello di cittadinanza attiva, globale, universale. Questo significa andare oltre le frontiere e il sovranismo e la sovranità degli Stati e basare la propria azione sulla piena coscienza della dignità intrinseca all’essere umano e alla sua Terrestrità, sulla sua appartenenza a una ‘comunità terrestre’ locale e globale e sulla sua appartenenza a Madre Terra e sul suo impegno attivo per costruire un mondo più giusto e sostenibile che significhi sostenere e praticare un’idea e un ideale di cittadinanza globale.

La proposta pedagogica dell’educazione per una cittadinanza globale, universale e per una cultura della Terrestrità aspira dunque a integrare in una visione coerente e problematizzante tutte queste direttive educative mantenendo uno stretto legame tra questi ambiti e fra gli esseri umani in un pianeta la cui sostenibilità è minacciata e l’intera Madre Terra e l’umanità nella sua complessità si trovano addirittura al tracollo e al collasso.

Approfondimenti

Approfondimenti su Cittadinanza attiva e Cittadinanza Globale

Edgar Morin su Terra-Patria e Comunanza Terrestre

Progetti didattici e pedagogici sul portale per la scuola Funzione Obiettivo

Note bibliografiche:
Alfonso Navarra, Mario Agostinelli, Luigi Mosca “La follia del nucleare. Come uscirne con la rete ICAN” con prefazione di Alex Zanotelli. Introduzione di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, Mimesis Edizioni

Alfonso Navarra – Portavoce Associazione Disarmisti Esigenti http://www.disarmistiesigenti.org/2019/12/30/terrestrita/  e Laura Tussi
“Antifascismo e Nonviolenza” Mimesis Edizioni

Canale video “SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN”

Intervento di Alfonso Navarra – coordinatore Rete Educazione alla Terrestrità

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    4 giugno 2020 – Laura Tussi
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Solidarietà e cultura della Terrestrità

Intervista a Laura Tussi

Solidarietà e cultura della Terrestrità

“In collaborazione con Fabrizio Cracolici, che è Presidente ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) sezione “Emilio Bacio Capuzzo” di Nova Milanese, trattiamo spesso di Pedagogia della Resistenza, di formazione e educazione”
Giusy Capone

Intervista di Giusy Capone a Laura Tussi

Intervista a Laura Tussi della Professoressa Giusy Capone

 

Lei non è una storica, è una pedagogista: qual è la premessa metodologica con cui affronta i temi della memoria, della pace e del razzismo? Cosa s’intende per “Pedagogia della Resistenza”?

 

In collaborazione con Fabrizio Cracolici, che è Presidente ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) sezione “Emilio Bacio Capuzzo” di Nova Milanese, trattiamo spesso di Pedagogia della Resistenza, di formazione e educazione. In questo ambito, nei miei libri, propongo un percorso di accompagnamento alla formazione e allo sviluppo della conoscenza dei diritti civili e dei diritti inalienabili della persona. Insomma, un percorso di sviluppo della democrazia, della cittadinanza attiva, della partecipazione. Quello che presentiamo anche nelle scuole come un percorso globale di sviluppo educativo si scontra però, spesso, con gli ambienti esterni alla scuola e con la famiglia, che sono portatori di valori diversi, a volte opposti e contrastanti. Questi sono quesiti molto aperti che ci poniamo sempre. Il ministro Luigi Berlinguer aveva tentato di introdurre lo studio della storia contemporanea, quindi la didattica della storia e della Shoah, nell’ultimo segmento di ogni ordine di scuola. E aveva tentato di introdurre metodologie per leggere e comprendere il presente. Successivamente, però, con i ministri Moratti e Gelmini, l’istituzione scolastica è stata depauperata proprio di questa sua missione formativa e soprattutto informativa, piuttosto che rimanere invece nell’attualità del presente. Per educare all’antifascismo, all’antirazzismo e alla nonviolenza, secondo il monito di Stéphane Hessel occorre ripartire proprio dall’istituzione scuola. Noi non troviamo altra soluzione, perché la scuola, ancora prima della famiglia, rispecchia il pluralismo e la diversità impliciti nella società. Pluralismo e diversità che si vengono a manifestare nel processo educativo: nel percorso didattico si scoprono le caratterialità, le criticità, le implicite diversità, le esigenze del singolo studente che mutua e assimila varie istanze e diverse forme di contenuto dal nucleo famigliare di origine. La scuola, tra l’altro, in un passato che non dobbiamo dimenticare e archiviare, ha subito la discriminazione e l’intolleranza: basti pensare alle leggi razziali nazifasciste del 1938. E la scuola, pur con diversa entità ed intensità, continua ancora a discriminare e a prendere provvedimenti contro i più deboli. Anche il finanziamento pubblico alle scuole private è una forma di discriminazione. La riduzione degli insegnanti di sostegno ai bambini diversamente abili, la negazione della mensa ai meno abbienti sono forme di discriminazione. I quesiti sono sempre aperti perché auspichiamo una scuola che si apra sempre più alle differenze, agli altri, e non solo da parte degli studenti, ma anche da parte degli insegnanti. Anche il mondo adulto viene messo in discussione nell’ambito e nell’ambiente scuola. Noi veniamo sempre più messi in discussione nei nostri affetti, assetti, nelle nostre convinzioni, nei nostri dogmi e paradigmi caratteriali, a contatto con il mondo infantile. Quindi una scuola più aperta. Una scuola che si apra alle implicite esigenze di ciascuno, ai caratteri di cui ognuno è portatore, alle difficoltà implicite che ciascuno presenta. È necessario costruire una scuola senza discriminazione, dove l’altro sia considerato depositario di un’autentica ricchezza da risocializzare e ripartecipare, una ricchezza da condividere nella convivenza del quotidiano secondo un impegno di responsabilità e di indignazione contro tutte le discriminazioni, contro l’intolleranza, il non rispetto e la violazione dei diritti umani. Una nuova ricchezza sociale partecipativa che vada a incrementare un discorso di civiltà a misura di persona, per una comunità, per un assetto sociale e civile aperto alle differenze, alle divergenze, anche al conflitto, come sostiene il nostro amico Daniele Novara, direttore del centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti di Piacenza. Infatti, il conflitto è implicito nell’educazione. Noi parliamo di nonviolenza, ma con questo concetto non intendiamo un’idea di passività, di rassegnazione, di debolezza, di lassismo, di incoerenza, di menefreghismo; intendiamo nonviolenza, in senso stretto, come cooperazione, interdipendenza, interconnessione su quelli che sono i diritti umani, quindi cooperazione di tutti i popoli secondo lo slogan proletari e pacifisti di tutto il mondo unitevi. Quindi cooperazione, solidarietà e interdipendenza, come sosteneva una grande pedagogista, Maria Montessori, che fu perseguitata dal fascismo. Mentre in tutt’Italia, in Europa e nel mondo divampava la violenza del secondo conflitto mondiale, Maria Montessori portava nei suoi convegni messaggi di speranza e di pace per l’intera umanità, a partire dall’infanzia. Inizialmente fu vezzeggiata dal fascismo, perché Mussolini voleva strumentalizzare le sue scuole, ma l’impostazione di pensiero di Maria Montessori contrastava nettamente con l’ideologia fascista e l’indottrinamento del regime; basti pensare ai principi di istruzione su cui si fondavano i dettami fascisti per indottrinare la Gioventù Balilla, basati sull’individualismo, sulla competitività ad oltranza, sul disprezzo, sull’aggressività nei confronti dell’altro. Disvalori fascisti che, anche secondo Hessel, sono attualmente veicolati dai mezzi di comunicazione di massa: come la cultura dell’oblio, il consumismo sempre più esasperato, estetizzante e individualistico, la competizione di tutti contro tutti; in sostanza il pensiero unico, capitalista e neoliberista. Tornando al concetto di nonviolenza, Maria Montessori ne era promotrice, e il suo celebre motto L’educazione come arma della pace è un importante ossimoro per sostenere che tutto si gioca a partire dall’educazione, a partire dalla scuola, per creare contesti di socialità e di solidarietà, per andare oltre le dittature, i totalitarismi, gli sciovinismi, i nazionalismi, proprio per costruire ambienti di pace nel quotidiano. Secondo Montessori, il bambino è portatore di pace già nel suo contesto quotidiano, a livello microsociale, per arrivare a un livello di costruzione della pace universale e globale.

 

Il libro “Dialogo per la pace” ricorda il motto di Vittorio Arrigoni “Restiamo Umani”, nel continuare a credere convintamente in un mondo senza bandiere, barriere, limiti, confini. La “coscienza planetaria” può essere costruita e con quali mezzi?

 

Il mondo vive continui e nuovi processi storici che stanno trasformando il nostro macrosistema. Le donne e gli uomini sono connessi e interdipendenti e rafforzano in tal modo una “coscienza planetaria” che unisce i figli della Madre Terra in un’unica comunità di origine e di destino, in quanto appartenenti al genere umano e abitanti globali, nell’opportunità condivisa di creare nuovi spazi e ricche forme di incentivazione al pensiero riflessivo, al dibattito democratico e partecipativo, con la formulazione di proposte alternative, nello scambio di esperienze e nell’azione congiunta. Negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza che l’attuale modello di sviluppo risulta insostenibile perché l’umanità vive al di sopra delle proprie possibilità: le capacità del pianeta e dell’ecosistema non sono più in grado di fornirci il necessario. Il modello di sviluppo dei paesi ricchi del nord impone il radicamento dell’impoverimento e della dipendenza dei paesi del sud, perché la ripartizione del benessere, delle risorse, del potere è esponenzialmente disuguale. Le povertà e l’emarginazione sociale incidono anche sulle economie in transizione e sui paesi industrializzati e non sono esclusivamente fattori appartenenti ai tanti sud del mondo. Nel mondo attuale tutto viene globalizzato, in particolare la comunicazione e il mercato, con gravi rischi per la politica partecipativa, le economie e le culture locali. Il modello di sviluppo della globalizzazione, ingiusto e insostenibile, favorisce il processo della concentrazione del capitale e delle ricchezze nelle mani di pochi, piegandosi alle logiche di mercato, obbedendo ai dettami del neoliberismo, che sono basati sull’individualismo solipsistico, sulla precarietà a oltranza, sulla competitività esacerbata, generando un aumento smisurato delle povertà, dell’esclusione, dell’emarginazione sociale e l’incremento sempre più massiccio delle migrazioni forzate. Tuttavia siamo coscienti che non esiste una lettura univoca della globalizzazione. È necessario discernere tra una pluralità di punti di vista, alcuni dei quali evidenziano anche le enormi potenzialità dei processi globali in chiave di partecipazione, azione comune, solidarietà. La comparsa di tecnologie dell’informazione e della comunicazione può incrementare l’esclusione sociale. I massmedia e i nuovi media sono sempre più cruciali e costituiscono una delle più importanti chiavi di accesso al dibattito pubblico nella moderna agorà globale. Dunque occorre interrogarsi sulle regole che governano il sistema mondiale della comunicazione e promuovere forme di informazione più accessibili, democratiche e plurali, che necessitano di cittadine e cittadini non solo competenti, ma anche critici, responsabili, riflessivi. Contro l’idea dell’assimilazione, fortemente perseguita da alcuni settori sociali e politici, è necessario costruire regole di un’etica pubblica, un ethos civile condiviso, partendo dal dialogo tra culture, in una società al contempo plurale e coesa, rispettando le necessità e le identità di genti, popoli e minoranze. Le società ‘glocali’ sono sempre più plurali e eterogenee e coabitate da diverse identità, culture e religioni. Le diversità culturali sono una ricchezza e costituiscono contemporaneamente sfide educative, sociali, politiche, rispetto al modello di inte(g)razione e coesione sociale in prospettive interculturali. Il tessuto ecologico si sta lacerando per la perdita di biodiversità, causata da processi di deforestazione e dallo sfruttamento incontrollato dei mari, con l’impatto dei nostri stili di consumo e spreco che devastano l’ambiente e mettono a repentaglio la nostra salute, tramite la tendenza alla privatizzazione e alla liberalizzazione dei beni comuni dell’umanità, tra cui l’acqua e le sementi. Non esiste futuro per l’uomo se non nel rispetto e nella tutela del sistema ambientale: per questo ogni progetto capace di futuro deve essere necessariamente ecocompatibile. L’attivismo e l’impegno contro il degrado ambientale, contro le cause dei cambiamenti climatici, contro la riduzione della biodiversità e per il diritto all’acqua e agli altri beni comuni essenziali comportano così il coinvolgimento di tutti gli attori sociali e politici a costruire un nuovo contesto culturale che comprenda la prospettiva della decrescita e altri stili di vita personali e comunitari più sobri e responsabili. Le donne sono più colpite dalla povertà e faticano a accedere alle opportunità, all’istruzione, subendo disparità di genere. In diversi paesi di tutti i continenti, le donne sono le vittime più frequenti della violenza e si continua a favorire la discriminazione tramite la diffusione di ruoli e stereotipi che non promuovono il cambiamento nelle relazioni tradizionali, tipiche del patriarcalismo, tra donne e uomini. Per questo occorre favorire le relazioni di genere egualitarie che facilitino le pari opportunità, l’opposizione ai sistemi di conoscenza androcentrici, il superamento del sistema patriarcale, la corresponsabilità. La guerra e la violenza irrompono tra persone e società con interventi armati umanitari, guerre preventive contro il fondamentalismo e il terrorismo fondamentalista, guerra chirurgica, interventi che si giustificano con il pretesto di esportare democrazia, scontro di civiltà: sono fattori sempre diffusi dai poteri forti, politici e economici e che penetrano nell’opinione pubblica mondiale. Le spese militari per gli armamenti continuano a crescere, provocando miseria, guerre e pericoli per l’umanità come il rischio dell’apocalisse nucleare. Interi popoli vivono situazioni disumane di conflitto armato e di genocidi perpetrati in funzione dell’interesse di pochi potenti. La speranza in un superamento della guerra e della piena promozione dei diritti umani deriva da una sapiente politica multilaterale, coraggiosa nella difesa dei più deboli e che accordi veramente all’Onu la sua funzione, con la crescita e la maturazione di una società civile, di una cittadinanza attiva e una democrazia partecipativa vigili, capaci di denuncia e mobilitazione. Una nuova “coscienza planetaria” che si rifaccia ai principi della cultura della Terrestrità come ampiamente spiegano Edgar Morin e Stéphane Hessel.

 

Pace, memoria ed inter-cultura: sono questi gli snodi critici su cui è possibile ricostituire le relazioni sociali sotto l’egida della giustizia e della libertà?

 

L’educazione interculturale è condizione strutturale della società che presenta molteplici culture, perché il compito educativo, in questo tipo di tessuto sociale, assume il carattere specifico di mediazione tra le diverse realtà, animatore di un continuo attivo confronto tra modelli differenti.
Il confronto e l’interazione tra molteplici istanze culturali avvalora il significato della democrazia, perché la diversità valoriale e identitaria risulta una risorsa positiva per i complessi processi di crescita delle persone e del sistema comunitario e sociale multiforme. La convivenza costruttiva all’interno dei singoli Stati democratici deve essere promossa nella prospettiva della ricerca della pace a livello mondiale, come processo che congloba lo sviluppo economico, la giustizia sociale, la difesa dell’ambiente, la democrazia, il rispetto della diversità e della dignità di ogni uomo e dei diritti umani. La prospettiva interculturale permette di educare alle tematiche della pace che comportano il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità dello sviluppo, perché viviamo in una società multiculturale composta di mosaici etnici in cui la diversità non è eccezione, ma norma. La valorizzazione delle differenze sviluppa la capacità di favorire la comprensione dell’altro e l’eliminazione dei pregiudizi, con la consapevolezza che la compresenza di diverse culture testimonia l’apertura al plurale e permette di promuovere l’armonia interetnica e gli scambi interculturali, nello sviluppo di una migliore comprensione tra differenze, grazie all’evidenza di valori, attitudini, pratiche e credenze. L’interculturalità riconosce l’interdipendenza tra persone in un processo comune verso una società multietnica, dove non esista la divisione in razze, ma la concezione di un’unica specie umana, sperando in un avvenire di progresso per l’umanità, dove non esista una civiltà inferiore e superiore, ma diverse società creative.
L’interculturalità permette di tessere ponti tra le varie identità, dove l’incontro e il riconoscimento dell’altro conducano alla creazione di una collettività identitaria del nostro vissuto quotidiano, ricevendo gli apporti culturali dell’altro, in modalità positive, offrendo contemporaneamente le nostre ricchezze, nella solidarietà, nella tolleranza e nel confronto che valorizzi le alterità. L’apporto interculturale si esprime con il rispetto nei confronti dell’altro, non necessariamente lo straniero, ma anche il portatore di handicap, il compagno di classe rumoroso che disturba, l’alunno che non capisce le lezioni, colui che non condivide o contrasta le idee altrui.
L’insegnante si incammina così verso la realizzazione di una pedagogia dell’interazione e non solo dell’integrazione, poiché la valorizzazione delle culture, delle identità, delle differenze altre equivale ad una pratica educativa che conduce oltre l’espressione di una solidarietà verso il più debole, in quanto, suscitando interazioni e il riconoscimento dei diritti del diverso, il formatore educa alla convivenza e alla democrazia culturale.
La pedagogia si occupa di organizzare le condizioni più favorevoli all’integrazione e all’interazione fra mondi di diversa origine e tradizione etnica, preoccupandosi di facilitare la conoscenza reciproca, la disponibilità all’incontro e allo scambio, ma anche il cambiamento vicendevole di chi ospita e di chi è ospitato. Una mente formata in senso plurietnico è più complessa e ricca di capacità connettive, propensa alla teorizzazione e a comprendere le ragioni degli altri, in una vocazione cosmopolita e laica, attenta, più che alla difesa incondizionata del particolare e dell’interesse locale, all’interazione sistemica tra le parti, tra le persone e i soggetti interessati, in un ambiente di confronto, scambio e di cambiamento delle varie identità interagenti. Compito della pedagogia interculturale è porre le condizioni per far convivere le diverse culture senza ignorarsi, perché la non conoscenza del pensiero dell’altro da sempre innalza muri, barriere, limiti e confini, aggravando stereotipi e pregiudizi e alimentando conflitti aperti e sotterranei. La didattica dell’educazione all’interazione delle culture e allo sviluppo sostenibile conduce l’interessato a coltivare valori che condizionano realmente l’espletamento concreto del concetto di pace e, di conseguenza, dei diritti umani, delle pari opportunità, della tutela dell’ambiente, della solidarietà internazionale, dell’importanza del ricordo e della memoria storica, in un’ottica pluralista dei contenuti e dei concetti culturali e valoriali. La didattica dell’educazione allo sviluppo sostenibile e all’interazione deve fornire agli allievi una cultura del vivere e costruire insieme un altro mondo, evidenziando e formulando i problemi dell’attualità, ponendosi in situazioni problematiche, incentivando la ricerca, lo studio, il sorgere di questioni aperte tra generazioni.
L’obiettivo di tale procedimento deve sfociare in una sensibilizzazione dei giovani ai concetti di solidarietà, tolleranza, diversità e uguaglianza culturale, nell’importanza di predisporre le menti a una costruzione del sapere critica e aperta al confronto, al cambiamento vicendevole e reciproco, al rispetto e alla valorizzazione delle differenze.
Ogni disciplina scolastica si deve fondare sull’insegnamento delle diversità concepite come propulsione al rispetto dell’ambiente del nostro pianeta, alla tutela ecologica, alla rievocazione della memoria storica dei diritti umani e delle pari opportunità, in una rivisitazione intergenerazionale dell’importanza di questi concetti valoriali, dove la storia si ponga come processo conoscitivo dialettico tra il passato e il futuro e tra le vecchie e giovani generazioni. La costruzione dei programmi di ogni disciplina scolastica deve permettere alla scuola di rinnovarsi, integrando continuamente le grandi risoluzioni tratte dalle conferenze internazionali organizzate dalle Nazioni Unite e rendere ogni disciplina scolastica il luogo ideale dove coltivare la solidarietà tra generazioni. L’educazione interculturale, tramite l’intera comunità educativa, deve orientare allo sviluppo sostenibile per creare negli allievi una coscienza di pace e di solidarietà internazionale, per la costruzione di un avvenire migliore, di un mondo globale di civiltà aperte e interagenti, di differenze diasporiche e diversità pensanti, in prospettive teoriche globali, cosmopolite ed internazionali. Intercultura, ambiente e sviluppo sono profondamente connessi, perché l’educazione tra le culture pone in evidenza l’intreccio dei grandi problemi del mondo, facendo comprendere i legami tra il vicino e il lontano, il qui ed ora, il presente e il passato. Il futuro dell’educazione è la cooperazione tra persone di culture diverse, nell’integrazione e nel rapporto tra identità e alterità, dove la società interculturale è la risultante di tensioni dialettiche che scuotono le certezze abitudinarie nel prendere consapevolezza della crescente dipendenza tra i popoli nella solidarietà, sancita dai valori di libertà e uguaglianza, per cui l’educazione non deve essere compensazione del diverso, ma evoluzione collettiva nelle diversità.

 

Chi è il costruttore di pace?

 

Il Costruttore di Pace è colui che agisce per la solidarietà e per la cultura e  il sentimento di Terrestrità, che comprende il concetto di “coscienza planetaria”. Ognuno di noi è implicitamente Costruttore di pace. Ognuno di noi può e deve costruire la pace.

 

Il Dialogo per la Pace mobilita ad una responsabilità all’interno degli ambienti A.N.P.I., Scuola ed Associazionismo sociale e culturale affinchè venga attualizzato e concretizzato l’ammonimento del Partigiano, Deportato e Padre Costituente dell’ONU Stéphane Hessel: “La nonviolenza è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere”. Quali sono le criticità che ravvede per l’attuazione di siffatto monito?

 

Il Dialogo per la Pace richiama a un impegno all’interno degli ambienti A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), nella Scuola e nell’Associazionismo sociale e culturale, per attualizzare e realizzare il monito del Partigiano, Deportato e Padre Costituente dell’ONU Stéphane Hessel: “La nonviolenza è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere”. Il nostro contributo si focalizza su una innovativa “Pedagogia della Resistenza” (“Creare è resistere, resistere è creare”, sempre Stéphane Hessel) che porti a riconoscere l’Essere Umano quale appartenente a un’unica razza e famiglia: quella umana. Per questo motivo il libro rievoca il motto di Vittorio Arrigoni “Restiamo Umani”, nel continuare a credere convintamente in un mondo senza bandiere, barriere, limiti, confini. La “coscienza planetaria” realizza un’appartenenza culturale e cosmopolita della donna e dell’uomo contemporanei, sempre uguali nei diritti e diversi nei propri caratteri, indipendentemente da ogni longitudine e latitudine, “contro ogni razzismo”. Stéphane Hessel (scomparso nel 2013) è stato anche un promotore di ICAN – Campagna per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari e annuncia un alto monito di speranza con il motto “Esigete un disarmo nucleare totale”. Questo suo alto monito per la salvezza dell’Umanità si è concretizzato con il TPAN, il trattato Onu del luglio 2017, trattato di proibizione delle armi nucleari varato a New York a palazzo di vetro con 122 nazioni e la società civile organizzata in ICAN – Campagna per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari, che è valsa, a tutta la nostra vasta rete di attivisti a livello mondiale, per il disarmo nucleare universale, il Premio Nobel per la Pace nel 2017. E la nonviolenza è il tramite di questo percorso che porti la persona a concepirsi figlia e figlio di una unica Madre Terra da tutelare e salvaguardare, in una mondiale concezione di Terrestrità, ossia di appartenenza alla complessità dell’esistente.

 

 

Laura Tussi: Docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell’ambito delle scienze della formazione e dell’educazione. Coordinamento Campagna “Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con ICAN”: Rete Internazionale ICAN – Premio Nobel per la Pace 2017 per il disarmo nucleare universale. Collabora con diverse riviste telematiche tra cui Pressenza, Peacelink, Il dialogo, Unimondo, AgoraVox ed ha ricevuto il premio per l’impegno civile nel 70esimo Anniversario della Liberazione M.E.I. – Meeting Etichette Indipendenti, Associazione Arci Ponti di Memoria e Comune di Milano. Autrice dei libri: Sacro (EMI 2009), Memorie e Olocausto (Aracne 2009), Il dovere di ricordare (Aracne 2009), Il pensiero delle differenze (Aracne 2011), Educazione e pace (Mimesis 2012), Un racconto di vita partigiana – con Fabrizio Cracolici, presidente ANPI Nova Milanese (Mimesis 2012), Dare senso al tempo-Il Decalogo oggi. Un cammino di libertà. Con Prefazione del Cardinale Carlo Maria Martini (Paoline 2012), Il dialogo per la pace. Pedagogia della Resistenza contro ogni razzismo (Mimesis 2014), Giovanni Pesce. Per non dimenticare (Mimesis 2015) con i contributi di Vittorio Agnoletto, Daniele Biacchessi, Moni Ovadia, Tiziana Pesce, Ketty Carraffa, Antifascismo e Nonviolenza (Mimesis 2017), con Alfonso Navarra, Adelmo Cervi, Alessandro Marescotti. Collabora con diverse riviste di settore, tra cui: “Scuola e didattica” – Editrice La Scuola, “Mosaico di Pace”, “GAIA” – Ecoistituto del Veneto Alex Langer, “Rivista Anarchica”. Promotrice del progetto per non dimenticare delle Città di Nova Milanese e Bolzano www.lageredeportazione.org e del progetto Arci Ponti di memoria www.pontidimemoria.it.

 

Note: Note bibliografiche:
Alfonso Navarra, Mario Agostinelli, Luigi Mosca “La follia del nucleare. Come uscirne con la rete ICAN” con prefazione di Alex Zanotelli. Introduzione di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, Mimesis Edizioni

Alfonso Navarra – Portavoce Associazione Disarmisti Esigenti http://www.disarmistiesigenti.org/2019/12/30/terrestrita/  e Laura Tussi
“Antifascismo e Nonviolenza” Mimesis Edizioni

Canale video “SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN”
https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A  

Intervento di Alfonso Navarra – coordinatore Rete Educazione alla Terrestrità
https://www.youtube.com/watch?v=x1SxjoRDOGc&t=585s   

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Riflessioni e azioni per nostra Madre Terra

Intervista per un progetto:

Riflessioni e azioni per nostra Madre Terra

L’internazionale della Educazione alla Terrestrità a partire dalla Campagna per l’abolizione delle armi nucleari ICAN
Laura Tussi18 marzo 2020

Progetto Rete Educazione alla Terrestrità

di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi,

ANPI sezione Emilio Bacio Capuzzo Nova Milanese (Monza e Brianza)

con l’approvazione di padre Alex Zanotelli

 

La Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari:

ICAN – ha una sua rete in Italia. I Disarmisti Esigenti (www.disarmistiesigenti.org) sono membri di questa rete internazionale che comprende 500 organizzazioni in 100 paesi. La coalizione ha lanciato una proposta in Italia per approfondire ed estendere l’adesione di questa campagna che può ottenere a livello mondiale l’abolizione giuridica delle armi nucleari: un canale video YouTube dal titolo “Siamo tutti premi Nobel per la pace con Ican”.

Si vada su:

https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

 

Una intervista di Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti, lancia ora la proposta all’interno di questo canale video dedicato a promuovere ICAN, di una iniziativa molto collegata agli obiettivi e alle finalità della nostra campagna disarmista.

 

Qui trascriviamo il parlato di questa intervista registrata, rinvenibile alla URL:  https://www.youtube.com/watch?v=x1SxjoRDOGc&t=84s

 

“Vogliamo proporre (in questo canale video – ndr) una sezione dedicata all’educazione alla Terrestrità.

Cosa c’entra l’abolizione delle armi nucleari con l’educazione alla terrestrità? Nell’abolizione giuridica delle armi nucleari abbiamo due concetti fondamentali: un rivolgersi a una sfida comune dell’umanità che deve costruire una società di pace attraverso il disarmo; e anche la necessità che questo obiettivo sia riconosciuto all’interno della cornice giuridica internazionale: il diritto internazionale. Quello che Papa Francesco propone come ‘nonviolenza efficace’. La frase di Papa Francesco è “la nonviolenza efficace sono i progressi del diritto internazionale”. Quindi noi eliminiamo una delle principali minacce che pesano sulla testa dell’umanità, cioè la minaccia della guerra nucleare che può scoppiare anche per caso e per errore, attraverso una codificazione del diritto internazionale. Una istanza che libera tutta l’umanità, intesa come insieme, da una minaccia comune. E la libera anche tenendo presente che la minaccia nucleare si intreccia con l’emergenza climatica. L’educazione alla Terrestrità è un nuovo concetto che diamo a questa umanità come famiglia unica. Questa umanità come famiglia unica la vediamo come collegata a un’interconnessione organica con la natura e la madre terra. Quindi Terrestrità. Noi siamo figlie e figli della terra e dell’evoluzione naturale. Da qui lo slogan positivo “Non è la terra, il pianeta, che appartiene all’umanità ma è l’umanità che appartiene alla terra”. E’ un internazionalismo ecologico di tipo nuovo quello che proponiamo che è implicito in quello che porta avanti la campagna per l’abolizione delle armi nucleari. Cioè l’umanità come unica famiglia e parte della natura.

Il fatto che vogliamo che questo concetto sia codificato nel diritto internazionale, che la terra è nostra madre e noi apparteniamo a essa, e non il contrario, significa che anche l’umanità non può essere padrona della terra come bene comune, come proprietà comune e privata, obbliga e impone un diritto, una responsabilità, un dovere all’umanità: il dovere di rispettare l’ecosistema globale e gli ecosistemi particolari. Avere il concetto della Terrestrità, cioè dell’umanità che appartiene alla terra, ha conseguenze pratiche. Ossia fonda culturalmente il dovere dell’umanità di rispettare equilibri ed ecosistemi che hanno una consistenza indipendente e autonoma. È un nostro dovere non alterare questi cicli e equilibri.

Il diritto internazionale deve codificare tutto questo.

Già questo è in nuce. Perché quest’idea non nasce dal nulla, ma è un’idea che cogliamo nello spirito del tempo, nelle lotte di tutti i movimenti alternativi di questi anni: i movimenti ecologisti e ambientalisti, i nuovi movimenti che stanno nascendo sull’onda dell’emergenza climatica. Ma è anche un’idea in nuce in quelle che sono le concezioni, le carte e i trattati che la stessa Organizzazione delle Nazioni Unite ha approvato.

Vogliamo incardinare nel diritto internazionale un nuovo trattato: il trattato per la proibizione delle armi nucleari che entrerà in vigore quando 50 Stati lo ratificheranno, attualmente siamo a 30 ratifiche.

Ma ci sono tanti altri trattati: la carta della terra, l’agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile, il diritto alla pace, che rientrano in questo spirito che nasce da come la stessa ONU – Organizzazione delle Nazioni Unite ha avuto origine. Figlia del trauma della seconda guerra mondiale, un trauma sanguinosissimo in cui abbiamo visto dove portano i sovranismi e i militarismi concepiti nella loro espressione e concezione più brutale. Da questo trauma, da questi 65 milioni di morti è nata una reazione, sono nati i principi come la dichiarazione universale dei diritti umani, le carte dei diritti sociali e ambientali che possono portare all’idea di un diritto internazionale che fonda una comunità degli Stati che si legittima per il rispetto dei diritti dell’umanità e della natura.

Non la sovranità assoluta degli Stati, che attualmente è un avversario culturale, come i sovranismi, i Trump, i Johnson, i Putin, gli Erdogan, con i loro slogan negativi ossia prima i russi, prima gli americani, prima gli italiani, prima i turchi eccetera. Questo rappresenta lo Stato visto come elemento fondante della regola dei rapporti internazionali che poi diventa diritto della forza degli Stati.

Noi vogliamo invece una comunità internazionale in cui la forza del diritto prevalga sul diritto della forza e che le organizzazioni politiche siano legittimate perché rispondono, devono regolare e attivare quelli che sono i diritti fondamentali e originali, appunto fondativi e istituenti, i diritti dell’uomo già stabiliti nella dichiarazione del 1948, altri diritti sociali, ambientali e quelli nuovi, i diritti delle nuove generazioni, dell’umanità in quanto unica famiglia e i diritti indipendenti della natura da cui nasce il dovere di rispettare gli equilibri: tutti questi diritti vanno codificati. Quindi la legittimità negli Stati non è assoluta. Gli Stati sono organizzazioni che devono essere al servizio dell’attuazione di queste istanze e devono costituire una comunità armonica. Questo il discorso del progetto della ‘nonviolenza efficace’.

È un progetto che significa un’idea da proporre ai popoli del mondo per combattere la visione subculturale che attualmente rischia di portarci alle esperienze vissute nella seconda guerra mondiale.

E’ proprio con le carte dei diritti, con l’idea della costituzione mondiale dell’ONU, che vogliamo perfezionare partendo da queste campagne, i tanti risultati che ha conquistato la società civile. Dunque vogliamo continuare, con l’impegno che prodighiamo in queste istituzioni.

Personalmente ero alla conferenza del 2017 dell’ONU che ha votato il trattato di proibizione delle armi nucleari e ho partecipato alle varie conferenze Cop sul clima. Quindi siamo la società civile internazionale, ma dobbiamo riuscire a mobilitare sulle emergenze nucleari e climatiche i popoli e la gente comune. Si presenta un grande risveglio di mobilitazione e di coscienza. Stanno nascendo movimenti nuovi, di respiro mondiale come Fridays For Future, Extinction Rebellion; sono movimenti che vogliono esprimere una ribellione contro un sistema che ci sta spingendo verso il baratro. Per questo motivo dobbiamo unire questa modifica, questa trasformazione democratica dell’organizzazione sovranazionale del diritto internazionale con la mobilitazione della gente, dei popoli plurali. E per far questo dobbiamo approfondire i vari elementi e argomenti della cultura della Terrestrità; uno è quello della politica, della democrazia internazionale di pace. Ma poi anche il discorso di come organizzare la conversione ecologica del mondo e come l’economia dobbiamo subordinarla alla conversione ecologica. Un’idea è il Green New Deal. Occorre dare concretezza alla conversione ecologica. Sul sole 24 ore: titoloni sui finanzieri che stanno studiando la svolta dell’economia e del capitalismo verde.

Dobbiamo discutere sull’organizzazione dell’economia, subordinata all’ecologia su bisogni e meccanismi completamente diversi. Poi dobbiamo intervenire sul discorso della cultura, nel senso del rapporto dell’oppressione della donna, e come la donna si collega con la rivoluzione culturale della Terrestrità: il femminismo e l’ecofemminismo.

Infine il discorso sulla pedagogia della Terrestrità, della democrazia cognitiva; come andiamo a controllare gli aspetti critici e problematici dello sviluppo scientifico e tecnologico che possono portare a sbocchi negativi. Si parla di transumano e postumano, cioè di schiavizzazione dell’uomo rispetto a logiche meccaniche e macchiniche e agli algoritmi dell’intelligenza artificiale. Quindi non abbiamo soluzioni, vogliamo costruire una rete in cui queste problematiche siano proposte globali e siano discusse e in cui i vari soggetti costituenti che si occupano dalla memoria del passato fino alla nonviolenza, facciano un salto di qualità e discutano di queste problematiche in tale orizzonte globale che è l’unica alternativa all’egemonia culturale del sovranismo militarista che è organizzato e ha slogan negativi e quindi tutti noi dobbiamo rispondere con la forza delle idee”.

***

Noi dell’ANPI di Nova Milanese, tra i costituenti della coalizione dei Disarmisti esigenti, abbiamo deciso di collaborare con entusiasmo e con un apporto autonomo di competenze e di idee a questo progetto cosi’ bene espresso dall’intevista di Alfonso Navarra, che ne è l’ideatore originario ed il primo sviluppatore.

Ricordiamo che tra i Disarmisti esigenti è stato concordato che  la Rete di Educazione alla Terrestrità intende, come primo passo, contrapponendo valori e idee alla deriva sovranista, militarista e “cattivista”, e coordinandosi con la “Carta della Terra UNESCO”, promuovere e valorizzare esperienze formative ed educative riconducibili al valore di una cittadinanza universale in simbiosi con la Natura.

Dopo aver visionato la nostra presentazione video (vedi link sopra indicato https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A) e dopo aver dato l’adesione al nostro progetto, possibilmente con un intervento video registrato da parte vostra, proponiamo che il primo atto in cui voi date corpo alla Rete sia, appunto, quello di collaborare alla sezione TV che, come Disarmisti esigenti, abbiamo aperto su YouTube .

Potreste, in aggiunta al vostro breve intervento motivato di adesione, spedirci del materiale video che avete già pronto sulle problematiche che abbiamo tratteggiato (vedi lettera su www.disarmistiesigenti.org); materiale che, a vostro giudizio, ritenete possa rispondere con taglio didattico alla domanda su come oggi si può essere cittadini del mondo per la pace nella società umana e tra la società umana e la Terra.

In seguito, possiamo e dobbiamo pensare insieme altri passi successivi. Nella consapevolezza che abbiamo da rimboccarci le maniche per aprire il confronto, per offrire varie e plurali declinazioni del progetto della terrestrità e dei percorsi culturali che possano farla crescere: visione comune in grado di orientare la convergenza dei movimenti alternativi al sistema antropocida ed ecocida che ci sta conducendo alla barbarie e verso il baratro.

 

Il nostro contributo originale e specifico di “partigiani dell’ANPI” alla elaborazione culturale implicata dal progetto intende svolgersi lungo due direttrici:

  • la memoria dei movimenti storici che hanno creato le basi culturali in nuce della terrestrità (basterebbe citare Edgar Morin e Stéphane Hessel ed il loro ruolo nella resistenza europea antifascista)
  • L’impegno pedagogico di tipo nuovo che deve rispondere alla domanda: come formare i “cittadini della Terra”?

Vale a dire: come concretizzare la terrestrità in istituzioni e pratiche didattiche nuove? E come influenzare le istituzioni educative attuali perché siano contagiate (in senso buono!) dalla cultura della pace del XXI secolo?

Non abbiamo le risposte gia’ belle e pronte e per questo motivo contatteremo i centri culturali che sentiamo affini e sensibili in questo nostro desiderio di ricerca, di approfondimento, di sperimentazione.

Contattare: coordinamentodisarmisti@gmail.com cell. 340-0736871 www.disarmistiesigenti.org

Note: Nota: Abbiamo telefonato a padre Alex Zanotelli e ci ha riferito la sua totale adesione ai contenuti di questa presentazione ufficiale del Progetto Educazione alla Terrestrità