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Un progetto per cambiare il mondo

La “Terrestrità” è un neologismo creato da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti

Un progetto per cambiare il mondo

Il progetto Memoria e Futuro, all’interno della Rete per l’educazione alla “Terrestrità”, è formalmente un “settore” dell’associazione Kronos Pro Natura, la quale fa appunto parte della coalizione dei Disarmisti Esigenti.

Memoria e Futuro

Il libro Memoria e futuro, in prossima uscita con Mimesis Edizioni, è strumento scientifico e culturale della promozione della Rete di educazione alla cultura della “Terrestrità”, progetto promosso dai Disarmisti esigenti.

La coalizione disarmista, nata rispondendo a un appello di Stéphane Hessel, il partigiano tra gli estensori della “Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo”,  è tra i membri italiani di ICAN, la Campagna internazionale per la proibizione delle armi nucleari, organizzazione insignita del premio Nobel per la pace nel 2017.

Il progetto Memoria e Futuro, all’interno della Rete per l’educazione alla “Terrestrità”, è formalmente un “settore” dell’associazione  Kronos Pro Natura, la quale fa appunto parte della coalizione dei Disarmisti Esigenti.

La “Terrestrità” è un neologismo creato da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti, nonviolento “storico” che ha pagato con varie detenzioni il suo impegno per la pace, lo smantellamento degli euromissili, l’obiezione di coscienza antimilitarista e l’istituzione del servizio civile, la chiusura dei progetti nucleari in Italia.

“Terrestrità” è, in sostanza, un aggiornamento di una concezione ancestrale: la specie umana appartiene alla Terra, e non è il contrario, non può arrogarsi di essere “padrona” della Natura.

L’aggiornamento sta nel mettere insieme internazionalismo sociale (sfruttati e oppressi di tutti i Paesi unitevi!), responsabilità comune verso l’unico ecosistema planetario ed infine ordinamento internazionale come nonviolenza efficace: l’affermazione della forza del diritto e dei diritti a livello mondiale che deve prevalere sul diritto della forza armata.

La missione di Disarmisti Esigenti, con il progetto Memoria e futuro, consiste nella condivisione e nella valorizzazione del grande patrimonio inestimabile della memoria della resistenza al nazifascismo con uno sguardo rivolto a un futuro possibile, a “un altro mondo possibile”: all’insegna della Terrestrità collegata e correlata ai temi della pace, dell’ambiente e della giustizia sociale.

Il presupposto della cultura della Terrestrità è il pensiero ancestrale dei popoli indigeni, ossia quello per cui è l’essere umano che appartiene alla Terra e non è la Terra ad appartenere all’essere umano; questo non in base a una visione religiosa e mitologica, ma con presupposti scientifici correlati all’evoluzione dimostrata della specie umana, animale e vivente.

Le premesse della Terrestità vanno rintracciate anche negli scritti giovanili di Marx che parlava già di umanesimo naturalistico e il tutto è stato elaborato sul paradigma della complessità da Morin a Hessel.

Un punto importante, una delle premesse della cultura della Terrestrità, è l’antifascismo sociale, che è tutt’uno con l’internazionalismo per un’umanità unica che deve e ha l’obbligo di salvaguardare e tutelare la specie vivente e la “Madre Terra” in base a una coscienza ecologica planetaria.

Questi punti devono essere riconosciuti, e in parte già lo sono, dal diritto internazionale che coincide con la nostra prospettiva e visione di nonviolenza efficace: i progressi del diritto internazionale contro il sovranismo assoluto degli Stati.

Un principio già contenuto nell’articolo 11 della Costituzione italiana che afferma: “(l’Italia) consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Tutte queste premesse e spunti e argomenti rientrano nel grande lavoro della pace del XXI secolo di cui il Trattato ONU di Proibizioni per le Armi Nucleari e le Cop per il clima – gli accordi di Parigi per la decarbonizzazione entro il 2050 – sono solo un tassello, insieme alle Costituzioni Nazionali nate dalla lotta al nazifascismo e alla dichiarazione universale dei diritti umani, alla Carta della terra e l’Agenda Onu 2030.

Come associazione Disarmisti Esigenti abbiamo una piattaforma web rivolta alle scuole, al mondo complesso dell’attivismo e dei ricercatori indipendenti e universitari con un canale video dal titolo: “Siamo tutti i premi Nobel per la pace con Ican”, creato dai Disarmisti Esigenti come strumento comunicativo che contiene testimonianze sul progetto storico del diritto internazionale ossia l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari.

Il canale video siamo tutti premi Nobel per la pace con Ican è un progetto ambizioso per la didattica della memoria viva e articolata ed è in collaborazione con il bollettino telematico Il Sole di Parigi, organo di Kronos Pro Natura.

Tutto questo diventerà una web TV con canali tematici comprendenti temi riguardanti l’educazione e la cultura della Terrestrità, in cui comprendiamo anche il modello universale e sociale di Riace esportabile in tutto il mondo. Inoltre sono predisposti materiali e archivi storici dalla fondazione Massimo Sani, uno dei più grandi registi di storia contemporanea che ha collaborato moltissimo con la Rai, fino al progetto “Per non dimenticare” sulla deportazione politica con oltre 220 video testimonianze di deportati civili per motivazioni politiche nei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti e un archivio su Genova 2001, che comprende materiali video sul movimento altermondialista in opposizione al summit del G8 svoltosi a Genova nel 2001, in collaborazione con Vittorio Agnoletto.

Abbiamo anche una sezione musica di impegno civile con cantautori per la pace e un archivio di pedagogia della memoria con centinaia di articoli pedagogici, libri, scritti e eventi e locandine di eventi delle innumerevoli presentazioni in pubblico dei libri prodotti.

Sono previsti anche corsi di formazione di didattica della memoria.

Il progetto Memoria e futuro che si ricollega alla rete di educazione alla cultura della Terrestrità propone e promuove anche l’appello No Arsenali, Si ospedali.

E’ un’iniziativa volta alla riduzione delle spese militari e nucleari e alla loro conversione in spese sociali, nell’ambiente, nell’istruzione, nella cultura.

Nel nostro progetto faremo confluire la parte vitale dell’esperienza del progetto “Per non dimenticare”, un importante archivio di materiale di testimonianze e di documentazione sulla memoria della deportazione politica – dovuto anche al lavoro decennale di Fabrizio Cracolici con la collaborazione della sottoscritta – e intendiamo ribadire la collaborazione con gli ambienti ANPI che continueranno a rappresentare un circuito importante per i nostri incontri culturali in pubblico.

Canale video “Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con Ican”:

https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

Tutti gli articoli di Laura Tussi sul sito PeaceLink.it in collaborazione con Fabrizio Cracolici.

https://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

https://www.peacelink.it/cerca/index.php?q=laura+tussi

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Il sale e gli alberi: recensione

Il Sito Volere la Luna, associazione diretta dal Magistrato Livio Pepino propone

Il sale e gli alberi: recensione

Basaglia, l’antipsichiatria, la chiusura dell’ospedale psichiatrico di Imola negli anni Ottanta. Di questo, e di molto altro, tratta “Il sale e gli alberi” di Ernesto Venturini: una piccola storia nella grande storia del processo di liberazione dell’essere umano, tra successi e contraddizioni.

Libro di Ernesto Venturini, Collaboratore di Franco Basaglia: "il sale e gli alberi", Negretto Editore, Mantova

Il sale e gli alberi. La linea curva della deistituzionalizzazione (edito nella collana Cause e affetti per la casa editrice mantovana Negretto) è un saggio di Ernesto Venturini dedicato al processo di liberazione promosso nel campo della salute mentale in Italia, con particolare attenzione agli eventi che portarono alla chiusura dell’ospedale psichiatrico di Imola, nonché della lotta contro la segregazione manicomiale in direzione della deistituzionalizzazione.

Ernesto Venturini ha conseguito la laurea in psichiatria a Roma. A Gorizia e Trieste ha collaborato con Franco Basaglia. Nel 1979 per Einaudi ha curato una lunga intervista e riflessione con Basaglia sulla allora recente legge 180 pubblicata in Il giardino dei gelsi. Ha concorso – in qualità di Direttore del DSM – alla chiusura dell’ospedale psichiatrico di Imola e ha condotto una significativa esperienza sulla salute mentale in vita comunitaria come esponente di un metodo di riforma che ha confidato nell’attuazione di comportamenti sociali solidali e accoglienti verso le persone più fragili. Il suo percorso biografico è fatto di importanti amicizie e collaborazioni tra cui l’incontro che portò, appunto, al sodalizio con Franco Basaglia.

Il sale e gli alberi racconta una piccola storia che è parte effettuale di una grande storia. La piccola storia riguarda il superamento degli ospedali psichiatrici di Imola negli anni ’80 e ’90: attraverso la partecipazione attiva delle varie componenti associative e istituzionali, diventa uno dei più chiari esempi di politica comunitaria nell’ambito della salute mentale. La grande storia è il processo di liberazione dell’essere umano che cerca, nelle contraddizioni storiche e sociali, i riferimenti ideali per promuovere i cambiamenti. In questa circostanza, l’orientamento di Venturini è il pensiero basagliano della deistituzionalizzazione: un processo dialettico che va oltre una semplice riforma e che cerca di dare concretezza ai valori di un’utopia concreta. È in gioco la ricerca di una rottura con ogni logica escludente di emarginazione che riflette e rifletteva una società di disuguali.

La deistituzionalizzazione si propone di trasformare la società, attraverso pratiche collettive che si muovono nelle correnti calde dell’immaginazione creativa. In questa prospettiva la vicenda di Imola degli anni ’80 continua a mantenere una forte attualità per il suo messaggio di speranza nella possibilità di riscatto e di emancipazione dell’essere umano.

Venturini si avvale di uno stile metaforico e di riferimenti e letture multidisciplinari: il lettore è condotto in ambiti diversi da quello della psicologia e della psichiatria, fino alla comprensione dei fenomeni che sostengono i processi della cura e della riabilitazione in psichiatria. In apertura del testo l’autore prende a prestito da uno dei più visionari architetti del Novecento, il brasiliano Oscar Niemeyer, la figura dell’onda per assumerla come rappresentativa del percorso di lotta contro l’esclusione dalla società dei suoi componenti più fragili: la deistituzionalizzazione non procede per linea retta, assumendo l’inflessibilità degli angoli retti, la durezza geometrica degli spigoli come propria natura. La visione aperta dalla linea retta è più capace di controllo a lunga distanza mentre la linea curva perde dominio di sguardo ad ogni svolta, ma lo svolgimento curvilineo acquista in creatività e in capacità di aderire alle pieghe imprevedibili del reale: «La curvatura abitua alla sorpresa – scrive Venturini –, consente di imbattersi nell’inaspettato, abitua all’imprevisto». In quest’ottica Venturini attua un’operazione intensa di commistione con il mondo della letteratura e dell’arte. Oltre al poeta Cavafis, il lettore potrà incontrare nel libro riflessioni su William Shakespeare, Italo Calvino, Jean-Paul Sartre, Giorgio Gaber, e molti altri: un modo per consigliare al lettore di percorrere la via lunga (aperta ai contributi dal basso dei cittadini tutti), non la via breve che pervenga da un potere che è tutto ancora da legittimare. Ovviamente il libro si muove anche tra le varie tendenze della psichiatria che accompagnarono la legge 180 spaziando da David Cooper, lo psichiatra sudafricano che utilizzò per primo, nel 1967, il termine antipsichiatria (divenuto presto un movimento eterogeneo che avversava la psichiatria vigente), allo psichiatra scozzese Laing (celebre per alcuni studi sulla psicosi che andavano contro l’ortodossia del tempo, ma che rifiutò sempre l’etichetta di antipsichiatrico) all’ungherese Thomas Szasz, vicino alle convinzioni dell’antipsichiatria, che sostenne la lotta all’istituto del manicomio e all’ospedalizzazione.

«La legge 180 – scrive Venturini – è stata una parte strutturale di una serie di storiche riforme civili dell’Italia negli anni ’70, risultanti sempre da una forte mobilitazione dell’opinione pubblica e della società civile: la legge sanitaria, per l’appunto, la legge sul divorzio, sull’aborto, sulla libertà alla contraccezione, lo Statuto dei lavoratori, la promozione – anche per gli istituti tecnici – di un decisivo accesso delle masse all’università. […] Non pensavamo naturalmente che Imola fosse diventata una società perfetta, dove fosse finita ogni forma di discriminazione, di sfruttamento di uomini su altri uomini. Infelicemente non era così. Ma quella città, e noi con lei, aveva raggiunto una ricchezza fondamentale: stava sperimentando la possibilità di una società senza manicomi. Noi eravamo testimoni che era possibile liberarci dalla nostra alienazione attraverso la liberazione delle persone fino a quel momento marginalizzate – i folli, ossia i più fragili, in questo caso».

Note: Dal Sito Volere la luna
https://volerelaluna.it/cultura/2020/12/29/il-sale-e-gli-alberi/

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EquAgenda per la Pace e la Solidarietà

Ecco la tua EquAgenda 2021!

EquAgenda per la Pace e la Solidarietà

Una produzione dell’associazione Ita-Nica e della cooperativa EquAzione della Comunità di base “le Piagge”

EquAgenda per la pace e la solidarietà

Ecco la tua EquAgenda 2021!

Una produzione dell’associazione Ita-Nica e della cooperativa EquAzione della Comunità di base “le Piagge”

 

Questa non è una semplice agenda, maneggiare con cautela! Si chiama eduCARE, fa incontrare l’arte di educare, per andare oltre e aprire nuove strade, con l’azione dell’I care, del prendersi cura, del non fare il menefreghista. L’EquAgenda presenta concetti sparsi che pensiamo utili per guardare con rinnovato coraggio e vigore il cambiamento che ci attende e che sembra spaventarci.

Insegnanti, scrittori, poeti, genitori, pedagogisti, attivisti, volontari e cittadini ci regalano perle di saggezza che vogliamo condividere con voi.

Contributi di:

Edoardo Albinati, Giuseppe Bagni, Danilo Dolci, Francoise Dolto, Paulo Freire, Giulio Girardi, Janusz Korczak, Alex Langer, Mario Lodi, Franco Lorenzoni, Loris Malaguzzi, Alberto Manzi, Lorenzo Milani,  Maria Montessori, Daniel Pennac, Clotilde Pontecorvo,  Massimo Recalcati, Gianni Rodari, Scuola degli Adulti delle Piagge, Bruno Tognolini, Simone Weil, Mariapia Veladiano.

 

Abbiamo pensato di chiederti se puoi ordinare una o piú copie di EquAgenda per fare un bel regalo in occasione delle feste ad amici. E’ un bel regalo equo! Il tema quest’anno è “EduCare”.

Viva la solidarietà !!! Questo anno, oltre che finanziare i soliti progetti di tutti gli anni, soprattutto con i due uragani, ETA e IOTA, che hanno distrutto tutto il Nicaragua e il Centroamerica, ci sarà ancora piú bisogno di aiuti umanitari ed invece ci troveremo con meno entrate!

 

 

La puoi acquistare  al prezzo di 10 €

presso la Bottega “Laboratorio della Solidarietà”

Prenotala subito per non perderla!

Cell.: +39-3409675268  (Mauro Rubichi) – Email: oltrequatore@gmail.com

Il ricavato sosterrà i vari progetti dell’Associazione Ita Nica Cooperazione

Associazione Ita – Nica

IBAN del conto di Banca Etica:  IT17W0501802800000011333622

Potete anche pagare con un bonifico a Associazione Ita – Nica  Cooperazione con IBAN: IT17W0501802800000011333622  e comunicare a me l’ordine per mail o telefono cell. N. 3409675268 (anche con messaggio watsapp) mandando l’indirizzo per farvela recapitare. Grazie

 

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Intervista a Vittorio Agnoletto: la democrazia necessita di umanità

Intervista per il lancio del Libro “Senza Respiro”

Intervista a Vittorio Agnoletto: la democrazia necessita di umanità

Intervista a Vittorio Agnoletto sul suo ultimo Libro “Senza Respiro” con prefazione del Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Intervista di Laura Tussi a Vittorio Agnoletto. Video di Fabrizio Cracolici

La democrazia necessita di umanità: intervista a Vittorio Agnoletto

 

Intervista a Vittorio Agnoletto sul suo ultimo Libro “Senza Respiro” con prefazione del Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

Intervista di Laura Tussi a Vittorio Agnoletto.

Video di Fabrizio Cracolici.

 

https://www.youtube.com/watch?v=PHSGQxRd6V0

 

Domanda 1 – La democrazia ha bisogno di umanità, come scrive nella prefazione al libro “Senza respiro” il presidente brasiliano Lula. Lui si ricollega anche all’assassinio di George Floyd, vittima della violenza e dello strapotere poliziesco negli Stati Uniti, nella società americana squassata dalle ingiustizie, al pari di tutte le società nel mondo, ciascuna in gradi e forme diverse.

Una Umanità vessata che ovunque implora di diventare più umani, rispettosi dei diritti e della dignità della vita. Perché Lula ha accettato di scrivere una prefazione al libro dell’amico Vittorio Agnoletto?

 

Risposta 1
Grazie per questa domanda che mi permette di ragionare su alcuni aspetti del libro che in genere non vengono approfonditi. Ho conosciuto Lula al Forum Sociale Mondiale (WSF) di Porto Alegre nel 2001 e  ci siamo rivisti all’interno del Consiglio Internazionale del WSF. Ho pensato di chiedergli di scrivere la prefazione a questo mio libro “Senza respiro” per vari motivi: primo perché siamo di fronte a una pandemia cioè a qualcosa che non riguarda solo e unicamente l’Italia, l’Europa, un continente, ma riguarda tutto il mondo e in Lula vedo una persona che è capace ed è stato capace di guardare l’orizzonte globale del mondo, ma anche tenendo i piedi molto ben piantati per terra nel suo paese e cioè in Brasile.

E quindi quando parla della pandemia – e anche in diversi discorsi recenti ha parlato della pandemia – per esempio riesce a mettere in luce un aspetto in genere che non si considera e cioè che la lotta contro il Coronavirus deve legarsi all’impegno per “costruire un mondo di opportunità uguali per tutti, in cui la vita, i diritti umani e l’ambiente siano valori reali e impossibili da spezzare.” Infatti, il virus ovviamente può colpire tutti: sia la persona ricca come la persona povera; ma l’evoluzione della malattia dipende dai determinanti sociali e cioè da come una persona vive nella sua vita quotidiana. Se deve andare al lavoro o può lavorare da casa in smart-working e recarsi a lavoro con un mezzo proprio o andarci con un mezzo pubblico: in questo momento mezzi pubblici sono un ambito molto a rischio per le infezioni. Oppure se vive in una grande casa; oppure se vive in 40 metri quadri con quattro persone, solo per fare degli esempi. Le condizioni di vita incidono molto sulla possibilità o meno di evoluzione della malattia. Lula in vari suoi interventi ha descritto la situazione che esiste in Brasile, per esempio, le condizioni delle popolazioni dell’Amazzonia abbandonate completamente a sé stesse senza nessuna assistenza sanitaria. Nella prefazione al libro Lula alza lo sguardo e si domanda come sia possibile che l’ONU non abbia assunto il coordinamento degli sforzi mondiali per fronteggiare la pandemia e perché il Fondo Monetario Internazionale non ha cominciato a fare prestiti agevolati ai Paesi che ne hanno maggior necessità. E’ una domanda, credo, assolutamente legittima che ovviamente rimane senza risposta. Poi si evidenzia un altro aspetto importante nelle riflessioni di Lula quando scrive: “Il futuro post pandemia non è garantito per nessuno. E’ oggetto di conflitto. Coloro che si affrettano a annunciare il ritorno alla vecchia normalità si riferiscono con tale espressione alla piena restaurazione dell’iniquità del passato e di un presente caduco che la pandemia ha squadernato e ingigantito” e prosegue “non ci sono precedenti di un ritorno alla normalità dopo una rottura dell’intensità e dell’ampiezza di una pandemia o di una guerra” e aggiunge che chi, come noi, vuole cambiare la situazione attuale ha di fronte una grande missione.  Qui si evidenzia un ragionamento che riguarda tutti noi. La pandemia non è una parentesi della Storia, superata la quale è sufficiente tornare a come il mondo era in precedenza. E’ proprio quello specifico modello di sviluppo – fondato sullo sfruttamento della natura in ogni angolo della terra, sul disboscamento e sugli allevamenti intensivi, solo per fare degli esempi – che produce i cambiamenti climatici e che ha favorito il salto di specie di vari agenti infettivi tra i quali quello che ha prodotto questa pandemia.

Quindi non dobbiamo tornare indietro, ma andare in avanti verso un mondo diverso; i cambiamenti nel modello di sviluppo devono viaggiare parallelamente ad una differente redistribuzione della ricchezza mettendo al centro l’uguaglianza e le libertà di tutti.

Intervista per il lancio del libro di Vittorio Agnoletto "Senza Respiro"

Domanda 2 – Il presidente Lula sostiene che la nostra comune umanità deve agire in modo coordinato, solidale e cooperativo per non rimanere “Senza respiro”, che non è solo un sintomo del virus pandemico, ma è una metafora dei nostri tempi affannosi, alla ricerca di soluzioni globali, di salde svolte a livello planetario. Come può avvenire, secondo te, che sei stato portavoce del Social Forum globale, tutto questo grandioso processo umano, che aveva mosso i suoi primi passi con il movimento alter-global arrestato durante la brutale repressione e soppressione dei movimenti e degli attivisti ecopacifisti che manifestavano contro il G8 di Genova 2001?

Risposta 2
Il libro “Senza respiro” è una cosa vera.

Rappresenta un’immagine reale. Non è solo una metafora. Ho intitolato il libro “Senza respiro” perché purtroppo molte persone durante questa pandemia, anche qui da noi in Italia, in particolare in Lombardia, sono decedute abbandonate a sé stesse e sono state “scartate” dalla possibilità di utilizzare le terapie disponibili perché non esistevano abbastanza macchinari per tutti e i miei colleghi hanno dovuto scegliere tra chi assistere e chi abbandonare al proprio destino.

Il libro si apre con una drammatica testimonianza di un primario che è interrogato da un familiare di una persona ricoverata e infettatasi in ospedale con il Coronavirus; il familiare ha l’impressione che suo fratello sia stato messo da parte e spostato su una “corsia laterale”, trasferito in un ospedale dove non esiste un dipartimento di emergenza e che si sia rinunciato a curarlo.

Il primario risponde al familiare: “Suo fratello se sta qui è morto. Se dovesse peggiorare, non potremmo più intubarlo. La dove andrà, abbiamo allestito un reparto protetto ma voglio dirle una cosa a proposito della sua domanda sulle scelte. Io sono un credente e nei giorni scorsi sono andato dal mio confessore e ho chiesto tramite lui perdono a Dio. Ho chiesto perdono per le scelte che sarò costretto a fare. Mi creda non è il caso di suo fratello. Faremo di tutto per tenerlo da qui, sotto osservazione, ma sarà tremendo per me…” Il medico sta spiegando che deve scegliere a chi somministrare le terapie e chi invece sarà lasciato al suo destino.

Quindi “Senza respiro” è qualcosa di reale che è accaduto, che abbiamo vissuto e che stiamo sperimentando in questi mesi.

“Senza respiro” però è anche l’immagine di un pianeta di un mondo che non riesce a respirare. Cosa accade quando noi respiriamo? Inspiriamo ossigeno, introiettiamo nuove energie che permettono di rimettere in moto tutto il nostro organismo.

E’ quello che il nostro pianeta non riesce più a fare.

Il livello di sfruttamento che gli esseri umani hanno praticato sulla terra e sugli altri viventi è andato oltre ogni limite. Ma il titolo “Senza Respiro” è metafora anche di un’altra realtà: di una umanità che rischia di non avere più prospettive e la pandemia è un segnale su quale scenario futuro potrebbe aspettarci se noi scegliessimo di andare avanti con questo modello di sviluppo.

Siamo noi, l’umanità, che non respiriamo e Lula giustamente riporta il discorso collettivo anche a un esempio individuale e singolo, l’immagine di George Floyd, fissando nella mente di ciascuno un’immagine, un evento che tutti quanti ormai conosciamo. Ecco perché la lotta contro questa pandemia è indissolubilmente legata alla lotta per un mondo diverso. Ma in questa tragedia vi è anche un altro messaggio importante che arriva a noi tutti. Davanti a una pandemia nessuno può risolvere la questione da solo. Possiamo cercare di risolvere la pandemia solo mettendoci tutti insieme e durante la pandemia scopriamo, ma io direi, tocchiamo con mano, qualcosa che abbiamo sempre detto, ma purtroppo in molti ci hanno accusato di essere idealisti o ideologici. No. Tocchiamo con mano una cosa semplicissima: se io metto la mascherina difendo la mia salute, ma difendo anche la tua e la vostra salute. E se tu metti la mascherina difendi te stesso, ma difendi anche me. Esiste un destino che ci lega attraverso dei comportamenti individuali e collettivi. La storia recente dell’umanità dimostra che, di fronte a tutte le epidemie sostenute da agenti infettivi trasmissibili, conta molto anche l’assunzione di responsabilità individuale e collettiva delle persone. Quest’aspetto può fare la differenza. E’ interessante osservare come la pandemia è gestita in altri Paesi dove vi è molta più abitudine ad agire collettivamente e dove la cura della salute non è solo delegata agli esperti, ma fa parte anche dell’esperienza quotidiana delle persone attraverso una maggior attenzione alle regole della convivenza sociale, attraverso percorsi di formazione realizzati durante il corso della vita di ciascuno.

Penso a quello che ad esempio sta accadendo a Cuba, ne abbiamo avuta una testimonianza indiretta attraverso l’esperienza delle brigate di medici cubani che sono arrivate in nostro aiuto. Da questa epidemia dobbiamo trarre anche un insegnamento che per noi diventa un incoraggiamento: serve un progetto generale collettivo a livello globale; per questa ragione sono stati molto utili i collegamenti online che abbiamo realizzato con rappresentanti della società civile organizzata e dei movimenti un po’ in tutto il mondo, dal Nicaragua fino all’Iraq; la prospettiva che ci aspetta è quella di un impegno comune. Non è un caso che le esperienze maturate nella lotta all’epidemia saranno al centro del prossimo Forum Sociale Mondiale che si realizzerà nel 2021 in Messico, per una parte dei messicani in presenza e per gli altri, ovviamente via web.

 

Domanda 3 – La crisi planetaria è alimentata da biechi e beceri dettami di potere del capitalismo neoliberista, nelle sue varie declinazioni, dagli squilibri tra ecosistemi ambientali che ormai arrancano sotto le pressioni e i misfatti dell’”uomo forte”, dall’assenza di controllo sanitario e dalle ingerenze negative della società che ha smarrito ogni senso del limite, e dal mancato controllo popolare sulla sanità dominata da Big Pharma, le multinazionali farmaceutiche. La nostra comune umanità e il sentimento e il sentire umano della nostra specie sono chiamate a affrontare e risolvere le gravi sfide globali, l’intreccio tra minaccia nucleare-militare, ecologica-climatica e della disuguaglianza e delle oppressioni sociali. La pandemia da covid come si inserisce in questo quadro?  

 

Risposta 3
Non vi è dubbio, come ho già detto, che questa pandemia è un prodotto dell’attuale modello di sviluppo. Leggerei alcune frasi che ho riportato nel libro, frasi profetiche scritte da David Quammen nel famoso libro “Spillover” “Non c’è alcun motivo di credere che l’AIDS rimarrà l’unico disastro globale della nostra epoca, causato da uno strano microbo saltato fuori da un animale. Qualche Cassandra ben informata parla addirittura del Next Big One il prossimo grande evento come di un fatto inevitabile. Sarà causato da un virus? Si manifesterà nella foresta pluviale? O in un mercato cittadino della Cina meridionale? Farà 30 o 40 milioni di vittime?

L’ipotesi ormai è così radicata che potremmo dedicarle una sigla: NBO. La differenza tra HIV e NBO potrebbe essere per esempio la velocità di azione. NBO potrebbe essere tanto veloce a uccidere quanto l’AIDS è relativamente lento. Gran parte dei virus nuovi lavorano alla svelta“.

E’ impressionante pensare che queste righe, che risultano una vera e propria profezia, siano state scritte nel 2012; il medesimo autore scrive, in un’altra occasione, questa frase che, pur nella sua sinteticità, ci aiuta a capire la nostra realtà: “Invadiamo foreste tropicali e altri paesaggi selvaggi che ospitano così tante specie di animali e piante e all’interno di quelle creature così tanti virus sconosciuti. Tagliamo gli alberi, uccidiamo gli animali o li mettiamo in gabbia e li mandiamo ai mercati.

Distruggiamo gli ecosistemi e liberiamo i virus dai loro ospiti naturali. Quando ciò accade hanno bisogno di un nuovo ospite. Spesso siamo noi“. E insiste “Noi abbiamo prodotto l’epidemia di coronavirus. Potrebbe aver avuto inizio con un pipistrello in una grotta ma l’attività umana l’ha scatenata“. E credo che su questo argomento non ci sia assolutamente null’altro da aggiungere. Mentre mi pare che possiamo approfondire l’altra riflessione che hai sviluppato.

Noi siamo stati totalmente impreparati a fronteggiare questa pandemia anche per un’altra questione. Cioè per il modello di sanità dominante nei nostri Paesi.

E’ un modello di sanità tutto centrato sul profitto dove il nostro corpo è trasformato in merce a disposizione dei grandi capitali che hanno investito nel mondo sanitario. Non dimentichiamo che le strutture sanitarie private rispondono alle logiche comuni a tutte le aziende private: massimizzare i profitti. E come massimizzano i profitti? Quante più malattie e quanti più malati ci sono, tanto più guadagnano e quindi non è paradossale affermare che per le strutture sanitarie private la prevenzione non ha alcun interesse, ma non solo, è una antagonista perché sottrae malati e malattie al loro business. Ma la sanità privata è parte integrante ormai di tutti i sistemi sanitari dell’Occidente compreso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano per non parlare della nostra regione. In Lombardia il 40% della spesa corrente sanitaria pubblica va ad aziende private convenzionate con il SSN e ovviamente queste scelgono anche quali reparti convenzionare con il settore pubblico, quelli che producono maggiori profitti, come la cardiologia, l’alta chirurgia e quelli destinati alle cure delle patologie croniche. Il sistema è totalmente disinteressato a investire in dipartimenti di emergenza e a investire nei pronto soccorsi. Il disastro – e qui arriviamo all’ultimo segmento della tua domanda – è che chi gestisce la sanità pubblica molte volte, e in Lombardia è accaduto questo, ha introiettato dentro di sé il modello di sviluppo e i disvalori della sanità privata e gestisce la sanità pubblica come se dovesse gestire la sanità privata. Il che è un controsenso anche dal punto di vista economico. Perché nella sanità pubblica quanto più si investe nella prevenzione tanto meno ci sono malati e malattie e tanto più si risparmia in termini di finanza pubblica. Mentre invece chi gestisce la sanità pubblica ha scelto un modello privato. Il risultato è la distruzione della sanità territoriale considerata sanità di serie Z: assenza completa della sorveglianza sanitaria e dell’epidemiologia, abbandono dei medici di base, non realizzazione dei tamponi come strumento per individuare la diffusione del virus, finanziamenti minimi per l’assistenza domiciliare e attivazione di un numero esiguo delle Usca, le Unità Speciali di continuità assistenziale, rivolte specificatamente ai malati di Covid. Tutte queste non sono scelte casuali. Ecco perché noi abbiamo in Lombardia una sanità di eccellenza se parliamo delle ultime terapie, degli ultimi trial clinici ancora in via di sperimentazione e degli interventi chirurgici complessi e ad alta specializzazione, ma sicuramente non abbiamo una sanità di eccellenza se invece guardiamo le urgenze che noi abbiamo oggi e che richiedono un altro tipo di priorità.

Vi è inoltre un altro aspetto fortemente “patologico”: la direzione della nostra sanità, tutta la catena di comando, dipende unicamente da scelte dettate in base alla vicinanza al politico e al partito che in quel momento sono al potere. I direttori generali delle Asl e degli ospedali (che in Lombardia si chiamano ATS o ASST) sono tutti di nomina politica e a loro volta i direttori generali scelgono i direttori sanitari e quindi si realizza una catena di fedeltà e non di competenza; ne consegue che le indicazioni che vengono date non si basano sull’autorevolezza conquistata sul campo, ma sul potere che deriva dalla forza del legame che lega il dirigente al potere politico.

 

Domanda 4 – Perché nel libro si paragona il virus pandemico globale a una bomba nucleare prevedibile?

 

Risposta 4
Di fronte allo sfascio e all’incapacità della sanità lombarda di rispondere al virus, l’assessore al welfare e alla sanità della Lombardia Giulio Gallera ha cercato di giustificarsi dicendo che non potevano fare altro, che era arrivata una bomba nucleare e nessuno poteva e avrebbe potuto agire meglio di loro. Questa è una grande ed enorme bugia; se proprio si vuole paragonare l’epidemia ad una bomba nucleare, allora dobbiamo dire che era una bomba nucleare prevedibile, perché in tutti questi anni sono stati lanciati vari allarmi da ricercatori, scienziati e intellettuali.

Nel 2009 dopo l’epidemia da H1N1 l’Unione Europea ha chiesto ai governi nazionali e alle regioni di aggiornare i piani pandemici nel caso ci si dovesse trovare di fronte ad una nuova epidemia. Nel 2010 la regione Lombardia fa un audit, cioè affida a soggetti esterni l’analisi del proprio piano pandemico; questa analisi termina con un documento che, se lo leggiamo adesso, fa venire i brividi perché sono elencate tutte le cose da fare e sono esattamente gli interventi che sarebbero stati necessari e utili per fronteggiare il coronavirus. Ma nulla è stato realizzato. Per esempio, vi è scritto che il meccanismo di comunicazione tra le RSA e la sanità pubblica non funziona correttamente, non è chiaro di chi sono determinate responsabilità; vi sono indicazioni precise sia per le RSA sia per le strutture pubbliche sulla necessità di accantonare le mascherine e tutti i dispositivi di protezione individuale; si sottolinea la necessità di rafforzare l’azione dei medici di medicina generale eccetera.

Non è vero che la pandemia era un evento assolutamente imprevedibile. Ma non hanno tenuto in considerazione nessuna delle raccomandazioni arrivate da settori importanti del mondo scientifico e dalle istituzioni sovranazionali; alla fine la situazione è quella che viviamo.

 

Domanda 5 – “Un altro mondo è necessario, è urgente e quindi è possibile”. Rimanere senza respiro, come scritto da Lula nella prefazione, è una metafora del nostro tempo. Con lo sfruttamento feroce delle risorse di madre terra con il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra (Earth Overshoot Day), che vede un modello di sviluppo irrispettoso degli equilibri tra tutti gli esseri umani e tra le specie viventi, l’umanità ha messo a rischio la propria sopravvivenza con le grandi problematiche che incombono su di essa: la disuguaglianza sociale, i dissesti climatici e l’attività militare che trova la sua massima espressione in una possibile e irreversibile guerra nucleare.

Risposta 5
Abbiamo affrontato questo tema. Solo una cosa vorrei aggiungere. L’Earth Overshoot Day quest’anno è arrivato quasi un mese più tardi.

E’ il giorno entro il quale, secondo gli scienziati di tutto il mondo, noi consumiamo la quantità di risorse che il pianeta è in grado di riprodurre in un anno. Tutto quello che noi consumeremo da quel momento in poi non è riproducibile dalla terra e quindi andiamo sempre verso una maggiore impoverimento del pianeta e delle sue risorse. Quest’anno quel giorno è arrivato quasi un mese più tardi dello scorso anno. Come mai? Le misure che in tanti Paesi del mondo sono state assunte con il lockdown hanno limitato il consumo di energia e lo sfruttamento del pianeta. Ma non possiamo pensare di vivere in lockdown per sempre. Non possiamo pensare di vivere chiusi in casa, per chi la casa ce l’ha. Però è un’indicazione; si può imparare a consumare di meno anche conducendo una vita quotidiana decente, senza restare chiusi in casa. E’ un messaggio importante, una riflessione che viene offerta a tutti noi.

In conclusione io direi che oggi – mentre stiamo registrando questa intervista – siamo ancora nel pieno del disastro e della tragedia e ogni sera ascoltiamo il bollettino dei morti. Per farcela, abbiamo bisogno anche di pensare al futuro con la capacità di cogliere i segnali e i messaggi che, dalla tremenda esperienza di questa pandemia, ci possono arrivare per trarre delle indicazioni sulla direzione che collettivamente dobbiamo prendere per restituire al pianeta una prospettiva di futuro.

Se avremo questa attenzione e queste capacità, tutto quello che è accaduto avrà almeno lasciato qualche messaggio di incoraggiamento e di speranza oltre a messaggi di morte. “Senza Respiro” vuole provare a dare un contributo in questa direzione.

Vorrei ringraziarvi, Laura e Fabrizio, perché in tutti questi anni state facendo un lavoro importantissimo di sollecitazione e di raccolta di testimonianze attorno ai grandi temi della nostra epoca; non sono molte le persone che, come volontari, dedicano tempo e capacità a studiare i grandi scenari che si rivelano all’umanità intera e quindi grazie a Laura e Fabrizio.

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Amore & Resistenza

Recensione al Libro di David Maria Turoldo. Il Resistente

Amore & Resistenza

Piccola recensione ritmica di Renato Franchi  & Gianfranco D’Adda, Musicisti, per il Libro “David Maria Turoldo. Il Resistente” di Guerino Dalola, con prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

David Maria Turoldo. Il Resistente, Libro di Guerino Dalola con Prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici. Recensione di Renato Franchi e Gianfranco D'Adda

Storie incredibili, straordinarie, di giustizia, speranza, libertà , amore, paura e coraggio, si incontrano nel leggere le pagine memorabili della resistenza partigiana: ragazzi, donne e uomini di ogni ceto sociale, che indignati e sopraffatti si ribellarono, salendo sulle montagne, lasciando case e affetti, per combattere la crudeltà del fascismo mussoliniano, ignorante e vigliacco, e l’invasore germanico con il suo terrificante e folle nazismo hitleriano, orrendo e feroce !

 

Una stagione di lotta armata per dare la libertà al nostro paese e alle generazioni future !!! Una libertà da cui nacque la nostra Costituzione e la democrazia!

 

In queste vicende che legano con un filo rosso questa straordinaria umanità, con la sua fede, la sua cultura profonda, l’amore per la poesia, la musica e l’incapacità di rimanere inerte di fronte al terrore, il crimine e le atrocità della guerra con le sue vittime, le macerie e il dolore, incontriamo la  figura religiosa ma emblematica e carismatica di  Padre David Maria Turoldo.

 

Un Prete “Resistente”, come cita il titolo del bellissimo e avvincente libro edito da Mimesis, curato da Guerino Dalola, dall’Anpi Franciacorta con la preziosa prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici e il contributo di importanti testimonianze di persone e amici che lo hanno conosciuto, stimato e apprezzato per il suo impegno sociale anche dopo la stagione della Resistenza!

 

In queste belle pagine, ci troviamo nei passaggi di tempo e di vita di questo sacerdote che scopriamo un po’ ribelle e controcorrente.

 

Siamo di fronte a un sognatore, un poeta, scrittore e autore  di opere saggistiche e letterarie, che senza sparare un colpo di fucile s’impegnò con tutta l’anima e il cuore nella stagione straordinaria della Resistenza.

 

“Resistenza”, parola sacra per Padre Turoldo, come sacro fu il suo cammino, in cui non accettava barbarie e ingiustizie, non definendosi mai Partigiano ma semplicemente “un resistente”.

 

Comportamento coerente intriso di pensiero culturale e sociale molto profondo, che nella lacrima di Dio lo contraddistinse per tutta la sua vita, con non pochi ostacoli da superare.

 

Alcuni momenti difficili, come la sua posizione controcorrente sul voto contro l’abrogazione della legge sul divorzio ne sono una testimonianza concreta e emblematica!

 

Straordinario il suo pensiero evangelico… così riassunto è ricordato nel libro …“ i principi religiosi non possono essere imposti a chi non crede: la religione va proposta e spiegata. Non imposta con una legge”.

 

E così il suo tentativo, nella stagione del terrorismo e degli anni di piombo, di avviare una trattativa con le brigate rosse per la liberazione di Aldo Moro, presidente della democrazia cristiana, azione che gli fu impedita e bloccata dalle gerarchie superiori.

 

Tra i tanti citiamo questi episodi significativi, che delineano la coerenza e la saggezza sociale, politica e religiosa di David Maria Turoldo.

 

Prima di continuare ad addentrarci oltre, ci teniamo scrupolosamente a precisare il fatto che io, Renato Franchi e Gianfranco D’Adda, siamo musicisti da una vita e non è il nostro mestiere scrivere recensioni di libri, in particolare come questo, che tratta un tema importante….siamo più avvezzi e allenati ovviamente a scrivere e comporre canzoni e testi e musiche e ritmi.

 

Ma quando Laura Tussi ci chiese e ci propose di scrivere il nostro pensiero, una breve recensione sul libro e sulla figura di Turoldo, ci sentimmo onorati, ma anche preoccupati di non riuscire nel compito prezioso che ci veniva affidato.

 

Ora ringraziamo Laura e Fabrizio per averci spronato a farlo, perché come a volte succede, qualcosa fa accendere la luce nella stanza buia e illumina gli occhi che si mettono a viaggiare e vanno oltre l’apparenza oggettiva delle difficoltà, e così è avvenuto questa volta, ed eccoci qui, con le nostre riflessioni nate dopo aver letto il libro!!

 

La lampadina, la luce, il lampione si accesero quando arrivammo a pagina 19  del testo, davanti agli occhi apparve una poesia, tra le tante scritte da padre Turoldo nel 1947, dedicata alla città di Milano, ancora ferita e sconvolta dagli avvenimenti bellici.

Il titolo, a nostro giudizio, e il contenuto poetico e sincero di quelle parole scritte con il cuore ancora sanguinante e addolorato ci hanno colpito profondamente.

 

Ecco alcuni frammenti del testo:

 

“Mia Povera Patria”

 

Parole,inerti, macerie

brandelli di esistenza disamorate,

panorama del mio paese …..

 

E i poeti non hanno più canti

non un messaggio di gioia

nessuno una speranza

 

E non più alberi

sulle nostre strade disperate …

 

Le vie non hanno più linee

gli archi sono cemento

 

e dentro le case

ognuno è solo con la sua diffidenza …

 

giorni che non sono che polvere

agli orli delle macerie

 

Questa non è più una città!

 

Fummo letteralmente folgorati da quelle parole immense, piene d’amore, sgomento e dolore, ma anche di un desiderio di rinascita, di vita! Pensieri che ci riportano direttamente ai nostri giorni, al tempo che viviamo, ai problemi sociali che stiamo attraversando!

 

Così si è accesa la scintilla per me e Gianfranco che ci ha portato a trovare la strada e il coraggio di scrivere questa breve recensione.

 

Con le parole di questa  poesia ci siamo trovati catapultati lì, sulle montagne, con gli occhi gonfi di paura a vivere la nostra Resistenza con Padre Turoldo, scalzi, senza un fucile, senza una pistola, una mitragliatrice, senza un colpo da sparare, un nemico da abbattere, ma soltanto una penna, un computer e così siamo salpati nell’oceano, sul vascello e nelle scarpe di questo prete ribelle e resistente, che come si racconta nel libro, le indossò per la prima volta a tredici anni.

 

La nostra barca del pensiero approda così ai giorni nostri alla riva di una canzone che sembra scritta da Padre Turoldo; la celeberrima “Povera Patria” di una toccante e dolorosa invettiva del maestro Franco Battiato, altra figura importante del panorama culturale e musicale italiano con cui si è collaborato attraverso Gianfranco che ha suonato in tanti suoi album e in un centinaio di live.

 

Povera patria (F. Battiato)

 

Povera patria

schiacciata dagli abusi del potere

 

Di gente infame

che non sa cos’è il pudore

 

Si credono potenti

e gli va bene quello che fanno

e tutto gli appartiene

 

Tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni

Questo paese è devastato dal dolore

Ma non vi danno un po’ di dispiacere

Quei corpi in terra senza più calore?

 

Non cambierà, non cambierà

No, cambierà, forse cambierà

 

Ma come scusare le iene

negli stadi e quelle dei giornali?

Nel fango affonda lo stivale dei maiali

Me ne vergogno un poco e mi fa male

Vedere un uomo come un animale

 

Non cambierà, non…

 

Pur  con temporalità e condizioni sociali diverse, si avverte una micidiale analogia e similitudine tra la dolorosa descrizione di Battiato di una patria alla deriva, che necessita di un freno al cinismo, di un cambiamento e di una svolta per evitare di precipitare nel baratro della distruzione sociale!

 

Anche qui però con la speranza sempre accesa che la primavera anche se tarda ad arrivare, prima o poi arriverà.

 

Come nella poesia di Turoldo, che fotografa una realtà di distruzione che richiede un bisogno e una forte volontà di ricostruire dalle macerie… anche, come la primavera di Battiato, prima o poi doveva arrivare!!

 

Questo per noi è un collegamento diretto del pensiero di chi non accetta e lotta contro le ingiustizie, ben descritto nel libro.

 

Canzoni, poesia , arte, cultura, valori profondi che accomunano  il pensiero dei pacifisti e degli antifascisti!!

 

Nelle belle pagine di questa pubblicazione in memoria di Padre Turoldo, nelle storie e nei racconti resistenti, troviamo i valori del cammino di questo sacerdote, così come altre figure di vari ceti sociali, dell’umanesimo contadino, del mondo ecclesiastico, che lo hanno visto protagonista sui sentieri  della straordinaria stagione della Resistenza partigiana … e non solo …assunti con coerenza, senza se e senza ma.

 

Il libro descrive con preziosi dettagli molte situazioni in cui Padre Turoldo si impegnò a costruire con tenacia, caparbietà e determinazione i suoi ideali di giustizia, il più delle volte combattendo contro l’ottusità e la prepotenza delle gerarchie e del potere!

 

Potremmo dire che in quelle scarpe indossate per la prima volta a 13 anni e in quella poesia sono racchiusi i valori dell’antifascismo, del pacifismo, che lo videro forte e determinato negli anni della guerra del golfo in Iraq, della nonviolenza, dei ragazzi di Nomadelfia di Don Zeno Santini, nel rispetto e nella lotta contro le ingiustizie e le diseguaglianze, per il mondo del lavoro, degli umili e degli sfruttati, delle fasce più fragili e deboli della società, e per l’immenso dolore per i morti durante la guerra e nei campi di concentramento nazifascisti, la sua passione per l’arte, la conoscenza, la musica e la cultura.

 

David Maria Turoldo, il Resistente, un libro da tenere con amore sul cuore… e anche se Padre David non amava definirsi Partigiano, ma solo Resistente, io e Gianfranco gli diciamo: tranquillo padre .. non temere … questo comunque è un libro Partigiano. Tu sei un Partigiano, perché racconti le tue scelte, il tuo coraggio, il tuo amore per la gente, perché come dice De Gregori nella sua bella canzone… sempre e per sempre da questa parte ci ritroveremo … la parte che, come hai fatto tu, si batte contro le ingiustizie per rendere migliore il mondo e la vita!!

 

Ciao Resistente

 

Renato Franchi – Musicista/Cantautore

Gianfranco D’Adda – Musicista/Batterista

 

Grazie a Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

 

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Manifesto contro il potere distruttivo

Recensione:

Manifesto contro il potere distruttivo

Perchè troppo spesso il governo delle famiglie e delle nazioni è in mano a chi rappresenta la parte peggiore o malata di noi. Libro di Maria Rita Parsi con Salvatore Giannella. Recensione di Laura Tussi. Edizioni Chiarelettere

Libro: Manifesto contro il potere distruttivo. Recensione di Laura Tussi

Il libro di Maria Rita Parsi, scritto in collaborazione con Salvatore Giannella, vuole identificare le radici del potere distruttivo e dare consigli utili per trascenderlo, come afferma lo storico della pace Johan Galtung, e alimentare il potere costruttivo. Il manifesto contro il potere distruttivo è stato pensato e scritto contro tutti i potenti e soprattutto contro tutti i dittatori e gli sfruttatori criminali che ancora perseguitano e opprimono moltissimi esseri umani in questo nostro martoriato pianeta al collasso con un’umanità al tracollo: un libro pensato e scritto, in modalità collettiva, con l’aiuto di molti intellettuali, per denunciare non solo i dittatori, ma anche tutti gli psicopatici – con tutto rispetto per gli psicopatici che soffrono per malattia e disagio mentale e orribili mali oscuri della psiche- e tutti i narcisisti maligni e gli accumulatori insaziabili e seriali di territori, beni comuni, armi, denaro ossia i signori della guerra, dell’atomo, del petrolio, dell’acciaio che innescano e alimentano conflitti, odio, orrori, miserie, pericoli nella nostra tanto bistrattata umanità.

Il potere distruttivo rappresenta e esprime nel microcosmo familiare e nel macrocosmo sociale e comunitario, un disagio psicologico perverso, che non è sofferenza e dolore impliciti, interiori, personali, ma un evidente e pernicioso disturbo mentale dettato dall’onnipotenza, dalla frustrazione, dalla rabbia, dalla paura, dall’angoscia di morte e dal senso di prevaricazione di chi lo accetta e lo sostiene facendolo esercitare a altri.

Al contrario il potere personale costruttivo e creativo appartiene a colui che si sente in equilibrio con se stesso, in interazione e in contatto con gli altri, senza scadere nell’isolamento e nel terrore dell’angoscia di morte. Il potere costruttivo è in grado di coniugare corpo, mente e immaginario in modo armonico e privo di contrasti e pulsioni negative, nel ricercare invece la crescita personale e collettiva tramite l’empatia e la responsabilità di un potere condiviso.

In contrasto netto con il potere personale costruttivo e creativo è il potere distruttivo che viene ingenerato dall’angoscia di morte e dalla propensione dell’autorità a innescare conflitti e guerre, e ingenerare istinti predatori e persecutori, come le persecuzioni antisemite di ieri e di oggi, come anche l’islamofobia tanto diffusa, lo strapotere dei poteri forti contro i dannati della terra, dai migranti a tutte le genti, le etnie, le minoranze oppresse e schiavizzate e sfruttate, nelle lotte di autodeterminazione dei popoli come i curdi e i palestinesi, nelle tante guerre civili e per procura come quella in Siria e in Libia, fino ad arrivare al Mediterraneo che è l’epicentro del terzo conflitto mondiale a frammenti, sempre più razzista e militarizzato, dove si innalzano muri d’odio e di indifferenza contro tutti gli ultimi della terra.

E ancora il potere distruttivo della Chiesa nel passato e nell’attualità come il cancro interno della pedofilia e della misoginia. Il potere è in mano ai folli, ma non nel senso della follia come genialità ed estro creativo, ma la pazzia come parte peggiore di noi, della supremazia implosiva dei potenti. Dunque per coloro che hanno una visione diversa, creativa e costruttiva del mondo e dell’umanità che lo abita, per chi è in cerca di un futuro amico e depurato dall’insicurezza e dalle paure dei potenti, per tutti quelli che amano attraversare il tempo della vita con la felicità dell’essere liberi e responsabili, è il momento di mobilitarsi contro il potere distruttivo, partendo dal sostegno alla femminilità e all’infanzia in primis. Nel segno della giovane Greta Thunberg e di Stéphane Hessel, autore di Indignatevi! best seller con cui il partigiano e deportato a Buchenwald chiede all’umanità di recuperare ambizioni e volontà di cambiamento di una società arrivata al bivio tra follia negativa e salvezza.