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Home / Articoli taggati “dialogo”

Tag: dialogo

Pubblicato il 10 Ottobre 2021 di Laura Tussi — Lascia un commento

Contro l’intolleranza

Gli ideali illuministi: risposta e alternativa alle strategie inquisitoriali

Contro l’intolleranza

Nella Spagna del Settecento, i resoconti dei viaggiatori concordano nella descrizione di una chiesa intollerante, caratterizzata dalla persistenza di forme di religiosità barocche e da una forte presenza dell’inquisizione
Laura Tussi

Laura Tussi

Contro l'intolleranza

Gli ideali illuministi: risposta e alternativa alle strategie inquisitoriali.

 

In modo più o meno accentuato, gran parte dei numerosi viaggiatori inglesi che visitano la Spagna nella seconda metà del settecento, in forma ufficiale o privata, viene colpita dalla corposità della presenza della macchina inquisitoriale: affissione sulle porte delle chiese di libri francesi proibiti, intervento nelle università tese a impedire le penetrazioni di testi sostitutivi di Aristotele e dei padri della Chiesa.

I resoconti dei viaggiatori concordano nella descrizione di una chiesa intollerante, caratterizzata dalla persistenza di forme di religiosità barocche e soprattutto da una forte presenza dell’inquisizione.

Proprio questa marcata dimensione di intransigenza ha impedito, in Spagna, la possibilità di un confronto con la cultura della tolleranza di matrice erasmiana, che ritrova una sua attualità nel contatto con gli ideali illuministi, ponendosi anche come risposta e messa in discussione delle strategie inquisitoriali.

L’immagine che ci è stata consegnata dalle cronache di viaggio non fa che anticipare i risultati della più recente indagine storiografica volta a non ridurre il ruolo e l’attività dell’inquisizione a una funzione esclusivamente simbolica. Certamente sono finiti gli spettacolari auto de fe, ossia castighi pubblici degli inquisiti, e l’ultima persecuzione contro i giudaizzanti si era consumata sotto il regno di Filippo V.

Il problema ebraico aveva infatti subito un notevole ridimensionamento a causa delle conversioni forzate, pena l’esilio, e delle espulsioni che si erano succedute a partire dal 1492.

Inoltre il dispotismo illuminato di Carlo III e la politica regalista perseguita dai politici riformatori esercita una funzione di freno nei confronti del potere giurisdizionale dell’inquisizione.

Tuttavia essa non rinuncia a momenti di ammonizione esemplare, come il processo intentato a Pablo de Olavide, politico riformatore e amico di Voltaire e, nella cui casa a Siviglia si potevano consultare le principali opere dell’Illuminismo francese. Censura, proibizione, messa agli indici dei nuovi eretici quali Diderot, Rousseau, Montesquieu e soprattutto l’odiatissimo Voltaire, sono le prime e principali attività del Santo ufficio. Né vengono meno alcune strutture invarianti proprie della mentalità inquisitoriale: la delazione, la coercizione delle coscienze, la pubblicazione esemplare delle condanne. Controlli tesi a impedire l’ingresso e la divulgazione in Spagna delle opere proibite vengono effettuati alle frontiere, nei porti, nelle librerie, nelle case dei privati.

I confessori sono obbligati a consigliare ai fedeli la delazione di libri ritenuti sospetti ed eventuali lettori: le condanne emesse dal consiglio supremo dell’inquisizione vengono trasmesse agli inquisitori locali e affisse in luoghi pubblici. Sicuramente nella seconda metà del settecento si va attenuando quel clima di paura che i due secoli prima faceva scrivere all’umanista Luis Vives nella sua ultima lettera a Erasmo da Rotterdam: “viviamo in tempi difficili in cui non possiamo né parlare né tacere senza pericolo”.

La lettura degli indici che sono stati compilati nel corso dei secoli offre dati illuminanti su quanto fosse forte la paura del libro e soprattutto della sua fruizione popolare e soprattutto della sua funzione pedagogica e educativa e culturale.

La difesa della tolleranza nella Spagna del settecento ha come obiettivi fondamentali non solo la libertà di pensiero, di scrittura e di culto, ma anche la lotta al fanatismo e alla superstizione in nome del recupero di una religiosità ispirata al messaggio evangelico. Tuttavia i libri, i pamphlet, i giornali continuano a entrare attraverso i porti utilizzando complicati sistemi di contrabbando, o tramite la frontiera dei Pirenei, con l’aiuto di diplomatici attratti dalle nuove idee, e in qualche caso, eludendo la sorveglianza di non troppo solerti doganieri. Il pensiero illuminista diventa oggetto di dibattito e di riflessione da parte di intellettuali, scrittori, personalità religiose e influenti politici. In Spagna l’Illuminismo è caratterizzato dal tentativo di conciliare il recupero di un autentico spirito cristiano con le idee riformatrici.

Nella maggior parte degli scrittori illuministi spagnoli, l’inquisizione é oggetto di critica secondo l’interpretazione datane da Voltaire. Voltaire nell’Enciclopedia definisce l’inquisizione come un tribunale fanatico, eterno ostacolo ai progressi dell’ingegno, alla cultura delle arti, all’introduzione della felicità. Il ritardo culturale della Spagna e il perdurare di una mentalità fanatica e superstiziosa come risultato dell’inquisizione sono temi che ricorrono frequentemente nel teatro critico. Fino allo scoppio della rivoluzione francese, si intensifica la diffusione del libero pensiero e della sua rielaborazione da parte di intellettuali spagnoli.

Ne sono strumento di divulgazione numerosi periodici e pamphlet e manifesti.

Note: Bibliografia ragionata –

Erasmo da Rotterdam, Contro la guerra, a cura di F.Gaeta, L’Aquila

A. Elorza, Documenti e discorsi del militare ingenuo, San Sebastian

Trattato sulla tolleranza, a cura di Palmiro Togliatti, Editori Riuniti Roma

Parole chiave: educazione alla pace, dialogo, intercultura, religioni, illuminismo

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Categoria: Uncategorized
Tag: dialogo, educazione alla pace, illuminismo, intercultura, laura tussi, peacelink, religioni
Pubblicato il 13 Maggio 2021 di Laura Tussi — Lascia un commento

Dinamiche relazionali nei gruppi e interventi educativi

M@GM@ Rivista Internazionale di Scienze Umane e Sociali propone

Dinamiche relazionali nei gruppi e interventi educativi

M@GM@ Rivista Internazionale di Scienze Umane e Sociali – Osservatorio Processi Comunicativi Associazione Culturale Scientifica propone vari interventi psicopedagogici inerenti le dinamiche relazionali nei gruppi e interventi educativi
Laura Tussi

Laura Tussi

M@GM@ propone vari interventi psicopedagogici

M@GM@ Rivista Internazionale di Scienze Umane e Sociali – Osservatorio Processi Comunicativi
Associazione Culturale Scientifica propone vari interventi psicopedagogici inerenti le dinamiche relazionali nei gruppi e interventi educativi

Perché si muore?
Forse perché non si sogna abbastanza.
Fernando Pessoa

Dieci anni fa, parlando di “educazione di strada”, si faceva riferimento soprattutto alla prevenzione contro i fenomeni di devianza come la droga, mentre attualmente con “lavoro di strada” si intendono tutti quegli interventi molto diversi di aggregazione di giovani con adulti, non necessariamente in situazioni estreme, a rischio. L’operatore grezzo rappresenta una figura di riferimento adulta che si trova naturalmente nell’ambito del settore territoriale di intervento, nel quartiere dove si orienta l’operazione educativa di pedagogia militante (per esempio, l’edicolante, il barista, il panettiere), figure che si cercava di coinvolgere, in una prospettiva di educazione permanente e militante, attuando i principi valoriali della comunità aperta ed educante, di learning society, attraverso un sistema formativo integrato, interagente ed attivo, che è essenzialmente collaborazione di comunità, che si pone a contatto con la complessità delle situazioni di disagio diffuso nelle difficoltà relazionali, con le diversità, le differenze intergenerazionali, di genere, di ruoli, tra adulti ed adolescenti, superando così una visione esclusivamente centrata su una parte di popolazione campione.

Nella comunità sociale il gruppo di pari comprende individui di uguale età, non solo adolescenti o bambini, ma anche adulti e anziani che vivono insieme, collettivamente, le stesse esperienze amicali, ludico/ricreative, per cui si trovano insiemi comunitari per esempio tra gli ex combattenti, alla bocciofila come ai giardini, piuttosto che in parrocchia. Per l’adolescente è fondamentale nello sviluppo psicoaffettivo l’esperienza gruppale, in quanto egli vive la necessità di passare da un gruppo all’altro nel ritorno inconscio ad un nucleo protettivo come la famiglia d’origine. Ma il gruppo dei pari assume gli aspetti di una famiglia allucinatoria, apparentemente protettiva e difensiva, perché in realtà pone di fronte alla vita, ai rischi, alle prime inevitabili esigenze d’evasione e conseguenti esperienze di trasgressione. Risulta importante osservare come l’adolescente sia un soggetto ancora debole, fragile emotivamente, che si ritiene forte, invulnerabile, in grado di poter affrontare le difficoltà della vita, proteggendosi dentro una “corazza” caratteriale in realtà effimera, ostentando spavalderia, presunzione, aperta ribellione con atteggiamenti eccentrici, irriverenti, mascherando così intime insicurezze. Il gruppo dei coetanei aiuta ad affrontare le esigenze umane, gli impulsi naturali nel percorso di iniziazione all’età adulta, che consistono nell’osare, provocare, rischiare, trasgredire, “andare oltre” le regole, le norme, i tabù, i divieti, le imposizioni, sconfessando valori acquisiti, smascherando ipocrisie latenti, opponendosi alla banalità di futili convenzioni, rifiutando doveri, procastinando scadenze sine die, sfidando e sovvertendo usi e costumi ricorrenti, divertendosi e soffrendo, reagendo alla disperazione in modo frenetico, esibendo, ostentando la propria immaturità come un vessillo, rivelando così l’intimo e sofferto rifiuto di nascita al mondo, anche se attraverso “evasioni” spesso modeste, puerili, vivendo fino all’estremo un desiderio di trasgressione aperta contro ogni forma di autorevolezza e imposizione, rivendicando attenzioni mai concesse, mettendosi così a contatto con la sperimentazione effettiva del vivere. Per cui, oltre la trasposizione metaforica, il giovane avverte la realtà concreta dell’esistenza da accettare come tale senza utopie ed idealizzazioni astratte, spesso deludenti che svelano disincanto e disillusione, sempre costellata, lungo il suo corso di difficoltà, inciampi, disagi, delusioni, pericoli e paure esistenziali, finalizzati a mete da raggiungere, a traguardi da conquistare, per cui risulta difficile ritenere negativa l’esigenza di natura trasgressiva, in quanto fa parte dei passaggi esistenziali, dei continua, delle mete apicali che caratterizzano i percorsi formativi. L’importanza pedagogica, per esempio, dello scoutismo consiste nel creare, ricostruire la situazione di pericolo e di vivere ed affrontare il rischio in una sorta di ambiente protettivo, famigliare, ma al contempo, in competizione con gli altri e la natura circostante, simulando, fuor di metafora, condizioni e situazioni richieste dal percorso di vita e dall’esperienza, creando una dimensione di avventura esistenziale (dal latino ad-venio, le cose che si incontrano), di ricerca e sperimentazione continue sul significato ed il senso dell’essere al mondo, dell’esistere.

Nello scoutismo la trasgressione, l’avventura vengono idealizzate e finalizzate, assumendo i caratteri di un imprescindibile valore di matrice pedagogica per imparare a “diventare adulti” o almeno comprendere che la maturità e con essa il mito della perfezione, saranno mete vagheggiate per tutta la vita, che nel desiderio della loro piena realizzazione, costituiranno lo slancio valoriale, l’anelito esistenziale nel percorso di formazione, per vivere nel quotidiano la progettualità presente e futura. Ogni gruppo umano ha bisogno di costituirsi tale perché individualmente non si otterrebbero risultati. L’insieme gruppale si istituisce per realizzare il senso di appartenenza insito nell’individuo, il quale ha bisogno di una comunità che protegga e che, in realtà, si rivela uno strumento per realizzarsi, emanciparsi per diventare persona, individuo, soggetto autonomo, in una condizione di passaggio, di transito, di cambiamento esistenziale e formativo sostanziale. Infatti se in adolescenza non si sperimenta questa condizione collettiva, di appartenenza ad un insieme, si sogna un gruppo, si cerca una comunità per tutta la vita.

All’interno di una prospettiva pedagogica si indaga “cosa” il mondo retrospettivo, il vissuto, l’esperienza ha insegnato, “come” abbiamo appreso, “cosa” riusciamo a trasmettere ad altri, in base al nostro bagaglio esperienziale, culturale, valoriale, “come” siamo cambiati e “in che modo” inventiamo, suscitiamo progetti di cambiamento negli altri. I gruppi assumono una funzione pedagogica soprattutto quando ci allontaniamo da essi per inventarne e costituirne altri creati da noi, in base alle nostre esigenze e mete, secondo obiettivi prefissati.

La comunità dei coetanei assume una funzione difensiva, protettiva dalle ansie per la perdita dell’infanzia, permettendo di superare gradualmente il distacco affettivo, la separazione psicologica, emotiva, tramite la “desatellizzazione” dalla famiglia d’origine, ma soprattutto consente di iniziare a prendere le distanze dal passato, dalla propria fanciullezza (pubertà), spesso evocatrice di minorità, inferiorità per l’adolescente che ad essa attribuisce l’acquisizione delle regole gerarchiche, del senso di giustizia, del danno psicologico dell’ingiustizia, dell’offesa, del torto, delle prime discriminazioni, delle prime sofferenze esistenziali, frustrazioni affettive, difficoltà ed incomprensioni relazionali nell’avversione viscerale contro l’acritico rispetto delle norme, nell’intolleranza profonda nei confronti di ruoli impositivi.

Il gruppo dei pari, di coetanei adolescenti, a scuola, ai giardini, ovunque, diventano luogo intimo di appartenenza emotiva ed affettiva, dove si iniziano a sperimentare le prime forme di seduzione, di sessualità, a vivere l’errore, il “desiderio di erranza” esistenziale, sperimentando il significato del trascorrere del tempo, della sua perdita, del suo spreco smisurati, eccessivi, in fantasie, discorsi, elucubrazioni apparentemente futili, ma necessari per la maturazione di un’identità interiore, per imparare a “poetare l’irraggiungibile”, “quando l’immaturità coincida con una dimensione del mondo interiore coltivata fin da piccoli e con l’aiuto di qualche adulto, preveggente, un poco immaturo, prezioso mèntore” (Demetrio, 1998).

Nel gruppo si vive l’esigenza di trascorrere il tempo senza concludere nulla avvertendo la sensazione ed il privilegio di poterlo perdere in tutto ciò che apparentemente potrebbe risultare insignificante, ma che è indispensabile all’adolescente per sviluppare e crearsi un’interiorità, una dimensione intima e segreta, come risorsa esistenziale creativa, per alimentare il “puer” poetico che lo accompagnerà nel corso dell’esistenza, “che sarebbe povera ed insignificante senza una tensione verso una maturità irraggiungibile”, “pensando così ad un’altra immaturità che sappia continuare ad alimentare la nostra vita di innocenza e speranza, che possa rivelarsi una risorsa creativa”, valoriale, il cui potere sia quello di cambiarci, rinnovarci verso nuove esperienze e progetti decisionali di coraggiosa svolta radicale: un luogo dell’anima che non coincide sempre col disagio e la malattia, da coltivare con una mente, libera da preconcetti (Tussi, 1999). “La personale dimensione interiore, sempre fonte di nuova ricerca autobiografica, deve essere prima di tutto coltivata individualmente ed autogestita consapevolmente, per poi essere ripartecipata e risocializzata, scoprendo così che l’origine della propria vita, la matrice dell’esistenza personale, il vero “luogo natio” è quello dove sempre ognuno presta uno sguardo consapevole nella dimensione interiore, individuale del sé”.

I gruppi dei pari secondo un’analisi antropologica permettono di vivere l’ancestrale esperienza tribale con i suoi totem, simboli, oggetti di culto, tensioni passionali, in una dimensione arcana, primitiva, originaria che riporta agli episodi di drammaticità delle situazioni relazionali con il mondo esterno in posizione di aperta ostilità, ostinata irriverenza nei confronti dell’autorità, provocazione, trasgressione ed aggressione i cui aspetti latenti e tragiche manifestazioni, secondo una prospettiva sociologica ed antropologica, costituiscono processi e dinamiche collettive inevitabili. Per gli educatori ed i pedagogisti alcuni eventi, condizioni e circostanze di aggregazione di gruppi, costituiscono realtà oggettive da osservare in quanto dinamiche processuali a livello sociale di carattere devastante, distruttivo ed aggressivo, secondo il disappunto critico ed una certa inquietudine pedagogica per i fenomeni trasgressivi degeneranti e incontrollabili.

La dimensione pedagogica si rende conto del contrasto tra civiltà ed inciviltà, e si dimostra in grave imbarazzo per alcuni aspetti e fenomeni trasgressivi di aperta sfida contro il mondo e il sistema che scaturiscono dai gruppi. La preoccupazione nei confronti della trasgressione rientra nella deontologia professionale di qualsiasi educatore e pedagogista, che non si accontenta di descrivere, osservare ed analizzare le fenomenologie sociali (come per la psicosociologia e l’antropologia), ma deve intervenire nei gruppi in modo effettivo, concreto, reale, per renderli im-pari, secondo una prospettiva di intervento militante, per creare, all’interno dell’apparente inoppugnabile coesione, una propizia scissione interna, innescando dinamiche di confutazione e di messa in discussione di presunte e idealizzate affinità, disgregando legami elettivi spesso inibitori, per suscitare tensioni interne di cambiamento e rinnovamento, introducendo insopportabili e scomode diversità, generando in tal modo la feconda dissociazione degli elementi, orientandoli e finalizzandoli ad attività costruttive e creative, sublimandone le potenzialità intrinseche, le cariche emotive e pulsionali, in quanto “smettere di cercare, di imparare, di avventurarsi altrove è più devastante del morire”.

Gli adulti educatori devono affrontare, provocare, sfidare l’intrinseca coesione apparentemente indissolubile del gruppo per intervenire, dove poi subentrerà un consequenziale e naturale scioglimento, una scissione interna sofferta, perturbatrice e foriera di sentimenti nostalgici di abbandono da parte dei componenti dell’insieme collettivo. Quest’ultimo diventerà col tempo dis-pari ed assumerà gli aspetti ed i caratteri intrinseci di un gruppo amicale, non più dei pari, con la perdita dolorosa di alcuni elementi e l’acquisizione spontanea o voluta di altri, imparando così ad elaborare la sofferenza emotiva della separazione, il trauma del distacco affettivo, a convivere con il dolore della solitudine, con la fatica, le difficoltà dell’esistere, assimilando e trasformando tali stati d’animo in risorse positive, valoriali, creative e ricreative, per accettare la propria identità e proiettarla in un futuro possibile, realizzabile, attuabile e concreto.

L’educatore si assume la responsabilità di un ruolo scomodo finalizzato all’esecuzione di un compito disgregante, perturbatore, che infastidisce, creando momenti di frattura che disorientano, frangenti di scarto, situazioni di intolleranza, condizioni di pesante disagio, sentimenti di recondita insofferenza e ostilità, provocando laceranti e dannosi incidenti di percorso, affinchè il gruppo si attribuisca finalmente una nuova identità, una rinnovata configurazione che acceleri il processo di crescita, favorendo occasioni per innestare la dinamica processuale di disgregazione, creando propizi fenomeni di individualizzazione ed individuazione dei destini, oltre le barriere intersoggettive e i muri caratteriali, oltre le difficoltà, le diversità intergenerazionali, l’intolleranza ostile, sradicando convinzioni precostituite, declassando divi inconsistenti e miti preconfezionati, attraverso una “funzione di ‘decondizionamento’ dai massmedia, proponendo ambienti sociali di ‘disintossicazione’ dalla commercializzazione dei messaggi consumistici” (Tussi, 1999) per formare uomini e donne liberi e consapevoli. Chi in gioventù è formato da tale esperienza di dinamica processuale, inevitabile a livello gruppale, affronta in futuro la vita con un accentuato senso di individualità, soggettività e conseguente stimolo progettuale. Quindi gli elementi del gruppo transitano dalla coesione interna ad un processo di individuazione, di emancipazione soggettiva, dove “identificarsi”, individuarsi, come sostiene la psicanalisi junghiana, significa dividersi, disgregarsi, separarsi dall’insieme, dalla matrice, dal tutto complessivo e omnicomprensivo.

La società contemporanea ha bisogno di processi di individuazione perché attraversa un periodo a forte rischio di standardizzazione ed omologazione. Secondo dinamiche ed operazioni perverse imposte dal sistema, dai mezzi di comunicazione massmediale, volti a sradicare il senso di dignità individuale e personale, il valore ed il significato di una dimensione a livello intimo interiore, attraverso meccanismi mercificatori di omologazione, per cui la vita privata, segreta, intima dell’individuo si rivela a rischio di appiattimento, di standardizzazione.

La funzione pedagogica dell’adulto educatore consiste quindi nel creare ostacoli invalicabili nel gruppo, che implicano resa, accettazione, sconfitta, rassegnazione, come gravi e irrimediabili incidenti di percorso, fratture emotive ed affettive, al fine di instaurare e avviare il processo di individuazione che si ottiene, per esempio, trasformando un insieme collettivo di pari, di coetanei e avviando una progettualità futura, una prospettiva interna al gruppo per sperimentare un senso unitario ed un significato sotteso, finalizzati ad una meta ad uno scopo e obiettivo da raggiungere, con un portato valoriale intrinseco.

Il lavoro di strada si compie allontanando, dissociando i ragazzi dal luogo abituale di incontro, di ritrovo consueto del gruppo, generando uno “spiazzamento” affettivo, emotivo e cognitivo, introducendo la novità, la diversità, l’alterità, inserendo nel gruppo “accidenti” tutelati dall’educatore che introduce, tramite un atteggiamento dialogico aperto, di interscambio, esperienze di novità, di pensiero, di parole, messaggi e simboli che altrimenti verrebbero respinti e non si integrerebbero con progetti che apportino interrogativi, dubbi, perplessità, ricorrendo anche ad una serie di mezzi e strumenti a carattere artistico, espressivo, ludico/ricreativo e sportivo.

La prospettiva pedagogica per avviare e realizzare il processo di emancipazione individuale tramite lo spiazzamento a livello emotivo, cognitivo ed affettivo, utilizza il metodo autobiografico, l’approccio narrativo, per cui la relazione si fonda sul racconto e l’importanza di comprendere le storie di vita altrui, per accoglierle, valorizzarle, interiorizzarle, facendone tesoro.

La pedagogia narrativa permette di accedere alle storie dei singoli elementi, degli individui appartenenti al gruppo, dove la commistione delle vicende narrate ed ascoltate non deve perdere il profilo del contenuto esperienziale, del senso sotteso e del significato intrinseco che accomuna e rende partecipi all’altruità. La specificità della competenza pedagogica consiste appunto nel raccogliere, rievocare, riconnettere, rimembrare e relazionare storie e resoconti di eventi che il gruppo non ha mai ascoltato veramente con interesse, prestando attenzione al contenuto e all’implicito significato, attualizzando così la trasposizione nella modernità dell’antica funzione narrativa degli aedi, griot, poi cantastorie e cantori che narrano, rievocano vicende per inserirsi in gruppi e comunità, attraverso l’esposizione narrativa di storie ed eventi di vita che vengono riattualizzati, riesumati dal passato, rievocati, e di rimando rilanciati per ottenere l’incontro, l’appuntamento abituale, al fine di riincontrarsi e ritrovarsi, in una prospettiva rinnovata di cambiamento, attraverso l’obiettivo fondamentale, il focus educativo del recupero della memoria passata, personale e collettiva, sottesa alle implicite e consequenziali dinamiche metabletiche dell’autonarrazione.

Così nel gruppo, con l’apporto della “pedagogia della memoria”, attraverso il ricordo fecondo di idee, l’educatore innesta processi di autoriflessione, rimemorizzazione dell’accaduto nel passato personale, da dove attingere per rianimare e sviluppare una consapevole dimensione progettuale, decisionale autogestita ed autoamministrata, in una prospettiva finalmente individuale, non più d’insieme.

La scrittura di sé, la poesia, la narrazione, secondo l’apporto e contributo autobiografico attraverso la pedagogia della memoria narrativa del passato, risultano pratiche creative che costituiscono notevoli e significative occasioni di interiorizzazione di valori e di introspezione, dove la forza motrice dell’educazione consista nell’innestare lo stimolo del recupero e della rivalutazione di una risorsa interiore, di una forma mentis creativa e ricreativa, catartica perché rigenerante, nel risveglio di una coscienza personale, individuale, di cui ogni storia costituisce un’esperienza. Una vita ed un dialogo interiori che possano riunire, fare incontrare, in comunità, in affinità, per recuperare il proprio sé, per ritrovarsi soggettivamente ed individualmente, imparando a tollerare ed elaborare condizioni inevitabili di solitudine esistenziale, pur appartenendo ad un insieme. “Uno sforzo di memoria autobiografica con uno straordinario valore educativo e culturale nella sua concreta pratica di formazione ed educazione permanente, che mira ad ottenere il fondamentale obiettivo di recuperare e tutelare le specificità delle esperienze soggettive e la loro unicità, che sa creare un argine diffuso e condiviso contro la violenta pervasività del pensiero unico veicolato dai massmedia e dall’uniformazione delle coscienze che la cultura consumistica ha l’esigenza di ottenere. Contro l’ipocrisia e la falsa coscienza di una rappresentazione virtuale dell’esistenza, dove saltimbanchi, buffoni ed imbonitori uniformano la cultura popolare nel nulla televisivo. Contro l’eliminazione di ogni differenza, contro una visione dove ogni cosa ne vale un’altra, contro un insipiente e fallimentare appiattimento della prospettiva storica su un presente ricorrente in modo ossessivo come unico luogo di concretezza del mercato, contro una prospettiva che valorizza solo ciò che possiede un valore immediato ed economico” (Tussi, 2001).

BIBLIOGRAFIA

Demetrio Duccio, Elogio dell’immaturità. Poetica dell’età irraggiungibile, RCE, Milano 1998.
Tussi Laura, I centri territoriali sociali e la fruizione del tempo libero, in “bollettino IRRSAE”,n.66/67, marzo/giugno 1999.
Tussi Laura, L’”Università” per il recupero della memoria storica popolare e dell’identità culturale: le storie di vita e le relazioni d’ascolto, ne “Il Voltaire. Cultura, scuola, società”, Franco Angeli, Milano, gennaio 2001.

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TUSSI Laura tussi.laura@tiscalinet.it. La complessità introspettiva: la dialogicità interiore nel disagio psicofisico vol.4 n.4 ottobre/dicembre 2006 [HTML]

 

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Parole chiave: dialogo, pedagogia

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Categoria: Uncategorized
Tag: dialogo, educazione, educazione alla pace, intercultura, laura tussi, nonviolenza, Pace, peacelink, pedagogia
Pubblicato il 8 Aprile 2021 di Laura Tussi — Lascia un commento

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Laura Tussi7 aprile 2021

Laura Tussi

Giovanni Sarubbi

Caro Giovanni, oggi mercoledì 7 aprile 2021, ci sentiamo tutti più soli.
Soli perché ci mancherai tantissimo e ci mancherà il tuo modo di essere amante della vita e grande uomo di Pace.
Hai dedicato la tua esistenza ad una pratica e a una fede: la Resistenza.
Ma chi è Giovanni per chi non lo sapesse?
Giovanni Sarubbi, fondatore e direttore della rivista telematica ildialogo.org è, e da adesso lo descriveremo sempre vivo nelle nostre lotte, un grande pacifista che mai “si è girato dall’altra parte” davanti a un’ingiustizia. Mai ha negato il suo aiuto amico ai più fragili.
Persona schietta di quelle che “non le manda a dire”, Giovanni prima di tutto orgogliosamente si dichiara Antifascista e Comunista.
Due parole, due modelli di vita che oggi danno parecchio fastidio.
Ebbene sì. Giovanni ama dare fastidio e lo fa con la cultura trasmessa dalla Resistenza Partigiana Antifascista e dalla Nonviolenza attiva.
Attento analista del tempo moderno, Giovanni da sempre indaga e denuncia ogni forma di ingiustizia sociale, da ogni tipo di violenza al razzismo, dalla mala politica al suprematismo. Forte critico del modello e del sistema finanziario, politico, sociale attuale. Decostruttore del costrutto capitalista e demolitore del pensiero unico neoliberista. Sempre contro tutti i prepotenti e i guerrafondai.
Del dialogo tra religioni fa il suo cavallo di battaglia e lo fa partendo dalle comunità di base, ossia da chi pratica il proprio concetto di religione libero da strutture di potere che ne possano infrangere il significato originario più profondo, e facendosi fervente e attivo promotore della Giornata del Dialogo Cristiano-Islamico.
Leggere e comprendere i suoi editoriali significa tradurre nella pratica quotidiana la tanto amata frase di Don Milani “I care”. Sì, perché a differenza del pensiero fascista del “Me ne frego”, Giovanni contrappone il pensiero dell’amore, della vita, della nonviolenza e della lotta e il verbo inclusivo di chi ha veramente compreso e fatto proprio il portato valoriale dell’eredità che ci è stata trasmessa da donne e uomini che per amore e dignità e non per odio hanno saputo riscattare tutti i mali del mondo.
Tanto abbiamo da dire su e per te caro Giovanni, ma la cosa migliore che possiamo fare ora è continuare il tuo operato, ringraziando ogni giorno che abbiamo avuto l’onore di trascorrere con te.
Un abbraccio che accoglieLaura e Fabrizio

Note: Testo di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi
Parole chiave: pace, sarubbi

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Tag: dialogo, Fabrizio Cracolici, giovanni sarubbi, ildialogo.org, laura tussi, Pace, peacelink, sarubbi
Pubblicato il 31 Marzo 2021 di Laura Tussi — Lascia un commento

Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele

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Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele

Embargo contro Israele, un dossier a cura di BDS Italia. Con il sostegno di PeaceLink e con la collaborazione del collettivo A Foras. Israele applica un regime di apartheid nei confronti della popolazione palestinese, violandone i diritti umani e politici.
Laura Tussi

Laura Tussi

Recensione al Dossier Embargo militare contro Israele

Mosaico di Pace presenta: Recensione al Dossier Embargo militare contro Israele

Embargo militare contro Israele. Dossier a cura di BDS Italia. Con il sostegno di PeaceLink. Con la collaborazione del collettivo A Foras.

Recensione di Laura Tussi

Il libro-dossier Embargo militare contro Israele raccoglie voci autorevoli del pacifismo italiano che denunciano un aspetto geopolitico storico molto rilevante, ossia la durata e l’estrema difficoltà della resistenza palestinese di fronte a un’aggressione coloniale di insediamento, così determinata, durevole, violenta e spietata senza precedenti nella storia recente e contemporanea. Questa occupazione avviene inoltre da parte di un aggressore così razzista, suprematista e così tanto superiore negli armamenti e nella volontà di deportazione e di autentico e lento sterminio e stillicidio di un presunto nemico, in realtà innocente, mite, pacifico, colpevole esclusivamente di vivere tranquillo in quella terra che con sottile inganno chi vuole rubarla e derubarla a mano armata pretenderebbe di definire contesa.

BDS Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni

Questo dossier è a cura di BDS Italia, con la collaborazione del collettivo A Foras e con il sostegno dell’associazione PeaceLink – Telematica per la Pace. La sapiente postfazione è di Giorgio Beretta. Coordinatore del progetto è Raffaele Spiga. Perché tutte queste realtà e tutti noi attivisti per la pace nel mondo e Amnesty International e molti governi chiediamo l’embargo militare totale nei confronti di Israele?Questo embargo militare è volto alla cessazione e al blocco degli scambi commerciali, scientifici, accademici di tipo militare e securitario con Israele. Il governo di Israele spende una grandissima parte del suo prodotto interno lordo per il settore militare. Tutto questo complesso di difesa e il sistema militare e il quantitativo in armi vengono veicolati e utilizzati per commettere gravissime infrazioni dei diritti politici e umani, in violazione con il diritto internazionale, nei confronti del popolo palestinese e a perpetuare un regime di discriminazione e segregazione, un’imposizione di durissimo Apartheid contro i palestinesi. Come avvenne ai tempi dell’Apartheid in Sudafrica, nei primi anni ’80 del secolo scorso, la mobilitazione dei vari governi e il diritto internazionale hanno tutta la possibilità e potenzialità di contribuire a destituire e rovesciare, anche con sanzioni e disincentivi e disinvestimenti, il sistema coloniale e il regime di segregazione che Israele impone ai palestinesi. L’Italia e l’Unione Europea sono purtroppo conniventi con Israele e coinvolte nell’interscambio di tecnologie nei sistemi di sicurezza e a uso bellico, tramite manovre di collaborazione in settori strategici e con finanziamenti, mentre gli Stati Uniti forniscono sostegni, incentivi e investimenti a tutto il settore militare israeliano per decine di milioni di dollari al giorno.

Per tutte queste motivazioni risulta quanto mai urgente attivare un embargo militare totale contro Israele, fino a quando questo governo infame non riconoscerà l’uguaglianza dei diritti umani a tutti gli abitanti della Palestina storica. Israele dovrà ritirarsi da tutti i territori occupati e dovrà liberare tutti i prigionieri politici detenuti nelle sue famigerate carceri e dovrà permettere il ritorno di tutti i profughi. La società civile palestinese chiede da molto tempo un embargo militare contro Israele finalizzato a porre un divieto e una fine alla complicità tra le potenze militari dell’Unione Europea, degli USA e dell’Italia e per rendere sempre palese e evidente la responsabilità del governo di Israele in tutti i suoi crimini di guerra che ledono pesantemente la dignità degli essere umani e per porre finalmente la parola ‘fine’ nella storia alla violenza perpetrata dal governo militare di Israele contro il popolo palestinese.

Per approfondimenti e nomi degli autori del dossier: https://www.peacelink.it/disarmo/a/48161.html

Parole chiave: palestina, israele, gaza, solidarietà, pace, recensione, diritti umani, educazione alla pace, intercultura, dialogo

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Tag: dialogo, diritti umani, educazione alla pace, Fabrizio Cracolici, gaza, intercultura, israele, laura tussi, Pace, palestina, peacelink, recensione, solidarietà
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